Dob Dob
Tutti noi immaginiamo il Tibet con eremi conficcati tra vette Himalayane abitati da mistici che praticano la dottrina Buddista: meditano, “vibrano” l’OM e mantra per raggiungere gli stati elevati della Conoscenza e della Consapevolezza detta Illuminazione o Nirvana.
Ma tutte le filosofie e le religioni hanno dovuto pagare un tributo di sangue, di violenze, di contraddizioni.
La lotta fra il bene e il male è pieno di sfumature, di trabocchetti, di strade parallele.
Questo paese dedito alla pace e al misticismo ha al suo interno dei guerrieri i Dob Dob che servivano a mantenere l’ordine pubblico e a difendere il paese.
Il Tibet non ha solo monasteri e mistici, ma commercianti, agricoltori, artigiani, politici che non erano mistici né perseguivano la pace. Nacquero così intorno al XV secolo i Dob Dob-monaci guerrieri (gli “Shaolin” Tibetani o i “Cavalieri di Malta” Tibetani oppure gli “Ospitalieri” Tibetani).
I Dob Dob prendevano i voti e si organizzavano in confraternite in cui eleggevano il proprio leader che rimanevano all’interno dei vari ordini e monasteri (Gelug- uno dei più famosi è quello di Sera). Erano dei guerrieri-poliziotti ai quali venivano affidate varie mansioni dall’ordine pubblico a quello di scortare altri prelati, funzionari, ma anche nobili che attraversavano zone infestati da banditi e briganti.
Presero piede soprattutto a Lhasa. L’educazione dei monaci guerrieri era la stessa dei monaci Tibetani, ma l’obiettivo, e l’impossibilità di usare gli stessi strumenti del monaco per eccellenza, rendeva difficile la Realizzazione spirituale, anche se dopo i quarant’anni deponevano le armi e venivano reintegrati nel monastero.
La vestizione, la capigliatura, le armi (spade e coltelli) e l’allenamento alle armi e sportivo (salto in lungo, lancio del peso, corsa lotta: che si concludevano in tornei) differenziavano il monaco mistico dal monaco guerriero.
Norbu sicuramente è molto famoso in Tibet, il suo carattere ribelle e talvolta violento lo ha portato a diventare Dob Dob (così non perdeva le agevolazioni che i monaci avevano a quei tempi). Intorno al 1950 si racconta abbia perso un braccio combattendo contro tre guerrieri, ma subito dopo sfidò un guerriero di un altro ordine monastico e con un braccio solo riuscì ad ucciderlo. Da quel momento divenne una leggenda.
Come i Samurai e in particolar modo i ronin andavano nei vari dojo a sfidare il maestro e a far valere la propria scuola (ryu), così le confraternite Tibetane si sfidavano (anche se era vietato) confrontando i propri campioni. Non era certamente un incontro sportivo con regole e arbitri: vinceva chi rimaneva in piedi. Siamo un po’ lontani dalla strada del misticismo o delle regole monastiche. Ma non dimentichiamo che le strade per l’illuminazione non sono lineari e asfaltate, ma piene di viottoli, di soste, di deviazioni, un percorso pieno di ciottoli e buche.
Le leggende dei monaci guerrieri di qualsiasi nazione sono piene di contraddizioni e di uomini dal carattere dualistico. Un altro famoso Dob Dob di nome Uandu era solito donare tutto ai mendicanti di Lhasa, ma poi nelle locande mangiava e beveva senza pagare.
SOHEI
I monaci guerrieri del Giappone Sohei-monaco soldato (chiamati anche Akuso-monaco cattivo, cioè in armi), erano armate private costituite nei monasteri intorno al X secolo, combattevano contro i samurai e contro i guerrieri degli altri monasteri. Insomma il desiderio umano di sopraffare, di emergere, di dimostrare la propria superiorità non si ferma neanche all’interno di una struttura monastica, la maggior parte degli Sōhei erano monaci delle scuole Tendai, Hossō, Shingon e in seguito Jōdo.
Queste armate private o confraternite che per ferocia, aspetto e armamenti non avevano niente da invidiare ai samurai, si organizzavano in sette fanatiche.
Una delle più famose fu la Ikko-ikki nata intorno al XV secolo.
Anche loro Buddisti non praticavano meditazione o altro, ma credevano nella beatitudine eterna e quindi combattevano senza paura della morte.
YAMABUSHI
I monaci guerrieri della montagna Yamabushi “Colui che si trova tra le montagne”. ( in origine Yamahoshi-uomini solitari, santoni della montagna conosciuti anche con altri nomi kenja, kenza e shugenja).
Guerrieri invincibili con poteri soprannaturali dovuti a severi “allenamenti” ascetici sul corpo e sullo spirito. Seguivano e seguono la dottrina Shugendo una combinazione di elementi delle dottrine buddista e scintoista.Occasionalmente parteciparono anche a battaglie a fianco dei samurai e dei sōhei . Le loro origini possono essere fatte risalire agli hijiri solitari dell'VIII e del IX secolo.
“Seguivano e studiavano gli insegnamenti della setta Tendai del Buddhismo, o della setta Shingon. Lo Shingon fu una delle principali sette del mikkyo (密教) o Buddhismo esoterico, secondo il quale l'illuminazione si trova attraverso l'isolamento, lo studio e la contemplazione di sé stessi, nonché della natura e di immagini esoteriche chiamate mandala. Sia la setta Shingon che quella Tendai vedevano le montagne come il luogo ideale per questo tipo di isolamento e per la contemplazione della natura. Nei loro ritiri di montagna, questi monaci studiavano non solo la natura e testi e immagini religiosi o spirituali, ma anche una varietà di arti marziali. È dubbio se essi sentissero la necessità di difendersi dai banditi, dagli altri monaci o dagli eserciti dei samurai, ma l'idea di studiare le arti marziali come mezzo per migliorarsi mentalmente e spiritualmente, e non soltanto fisicamente, ha sempre avuto un posto centrale nella cultura giapponese, al di là dei principi specifici di una setta religiosa o di un'altra. Così, al pari dei sōhei, gli yamabushi divennero tanto guerrieri quanto monaci.”
Verso il Periodo Nanboku-cho, nel XII e XIV secolo, gli yamabushi avevano formato confraternite organizzate chiamate konsha, le quali, insieme ai sōhei e ad altri monaci, cominciarono ad assumere la direzione dei templi centrali delle loro sette.
Parecchi secoli dopo, nel Periodo Sengoku, gli yamabushi si potevano trovare tra i consiglieri e gli eserciti di quasi tutti i più importanti contendenti per il dominio sul Giappone. Alcuni, guidati da Takeda Shingen, aiutarono Oda Nobunaga contro Uesugi Kenshin nel 1568, mentre altri, compreso l'abate Sessai Choro, consigliarono Tokugawa Ieyasu. Molti combatterono accanto ai loro compagni monaci, gli ikkō-ikki, contro Nobunaga, che alla fine li annientò e mise fine all'epoca dei monaci guerrieri.
Come gli altri tipi di monaci guerrieri, gli yamabushi erano abili nell'uso di un'ampia varietà di armamento. Non deve perciò sorprendere trovare riferimenti che li mostrano mentre combattono con arco e freccia, o con spada e pugnale. Tuttavia, al pari dei sōhei e degli ikkō-ikki, l'arma di elezione per gli yamabushi era la naginata.
In aggiunta alle loro abilità spirituale o mistiche, gli yamabushi erano spesso ritenuti abili praticanti del ninjutsu, l'arte dei ninja. Si sa che i monaci della montagna ingaggiarono i ninja per combattere al loro fianco e per aiutarli in vari modi, più clandestini. E si sa anche che i ninja si travestivano spesso da monaci o asceti della montagna, in modo da passare più facilmente inosservati in certi ambienti. Molto probabilmente, questa può essere stata l'origine della confusione tra le due figure; sembra infatti improbabile che un numero elevato di yamabushi fossero stati addestrati nel ninjutsu dai clan ninja delle isole giapponesi.
In realtà, secondo talune ipotesi, lo stile di vita e l'organizzazione dei clan ninja sarebbero derivati da quelli degli yamabushi, rielaborati alla luce delle particolari concezioni del ninpo (la forma più alta del ninjutsu) e di altre influenze di tipo popolare.
SAMURAI
Sembrerebbe che in questo elenco di monaci guerrieri non ci sia affinità, ma per molti di loro il percorso fu inverso. Lo studio della filosofia buddista e soprattutto zen (Mu il nulla, il vuoto) li aiutava ad affrontare la morte sublimandola e non solo la continua pratica li portava a sublimare anche l’arte marziale che diventava strumento, come per gli Shaolin, per trasformare il carattere e la mente e quindi pronte per affrontare un cammino spirituale e il raggiungimento del Satori.
E dopo aver trucidato, ucciso e massacrato deponevano le armi come i Dob Dob e si richiudevano nei monasteri buddisti percorrendo una strada spirituale e non più guerriera.
SHAOLIN
Ma i più noti monaci guerrieri sono i Shaolin ordine che nacque nel 540 d.c. con la costruzione sul monte Songshan, nella provincia cinese di Henan, del primo tempio Shaolin.
La storia e l’origine sono alla portata di tutti, in particolar modo di coloro che praticano le arti marziali cinesi e anche da coloro che praticano le arti marziali giapponesi.
Il monastero Shaolin ebbe una caratteristica fondamentale la riunione, l’amalgazione, il perfezionamento e la codificazione delle varie discipline marziali che già erano praticate in Cina in un rituale e in uno strumento per l’illuminazione, ma anche di autodifesa che venne chiamato Shaolin Chuan – Pugilato della piccola foresta.
I famosi telefilm Kung fu con Carradine rappresentano molto bene la storia, la filosofia, lo studio e gli obiettivi dei monaci Shaolin.
Conclusione
Ancora oggi sembra che lo spirito di questi monaci-guerrieri alberghi nel corpo di molti buddisti nel mondo.
I monaci escono dai loro monasteri per mischiarsi con la popolazione a combattere per i diritti umani, politici e geografici.
"Di questi tempi predicare non è abbastanza. I monaci devono agire per migliorare la società, per eliminare il male" dice Samdhong Rinpoche, primo ministro del governo tibetano in esilio e lama di alto rango. Ed aggiunge "È una responsabilità di ciascun individuo, monaci e laici, di agire
per migliorare la società".
In Thailandia i seguaci di una setta buddista, la Santi Asoke, hanno preso parte a dimostrazioni che hanno portato fa alla cacciata del primo ministro Thaksin Shinawatra.
Nello Sri Lanka il partito ultra nazionalista Jathika Hela Urumaya, condotto da monaci, ha insistito per l'uso della forza bruta contro i ribelli tamil del paese.
Nel 1959 un monaco assassinò un primo ministro per una legge che offriva una qualche protezione alla lingua tamil.
Nonostante l'aspetto passivo e pacifista di questa fede, la scuola buddhista Mahayana, praticata in Giappone, Corea, Cina e Tibet è la più agguerrita. I sohei, monaci giapponesi, hanno combattuto aspre battaglie tra di loro e contro clan laici per oltre 600 anni fino a circa il 1600.
Al tempio Shaolin cinese, ancora oggi un centro di arti marziali, è stato permesso di avere monaci guerrieri a partire dal settimo secolo da imperatori che a volte li usavano per reprimere ribellioni e banditismo.
Il monaco Saya San è diventato un eroe nazionale negli anni '30 in Myanmar - allora Burma - guidando una rivolta. I colonialisti britannici lo impiccarono dopo aver impegato 12.000 soldati per reprimere il suo esercito di contadini.
L'auto-immolamento del monaco Thich Quang Duc in una strada di Saigon è diventato un'icona della protesta contro la guerra in Vietnam.
Prima dell'occupazione del Tibet da parte della Cina nel 1959, monaci guerrieri a volte avevano più potere - e armi - dell'esercito.
Il monastero Sera di Lhasa, fonte delle recenti proteste, era particolarmente noto per i suoi guerrieri di élite, i "Dob-Dob", che nel 1947 presero parte ad una ribellione che costò 300 vite.
"Usate i mezzi pacifici quando sono appropriati, ma quando non fossero appropriati, non esitate a ripiegare sull'uso della forza" disse il penultimo, ora morto, Dalai Lama quando il Tibet combatté i cinesi negli anni '30.
Anche Dio si arrabbia (il Diluvio universale- Sodoma e Gomorra) e Gesù fa piazza pulita dei commercianti all’interno della sinagoga e tutti i grandi Avatar e Condottieri Spirituali hanno combattuto anche con la forza il ripristino dei Valori Umani. Insomma il Guerriero della Luce che è in noi sa essere mite, ma guai a chi cerca di intralciare il suo cammino verso l’obiettivo finale.