Il
Buddhismo Tendai (
天台宗,
Tendai-shū) è una scuola giapponese del Buddhismo Mahāyāna.
Fondata da Saichō, discende della scuola buddhista cinese Tiāntái
(
天台宗,
Tiāntái zong, Wade-Giles:
T'ien-t'ai tsung), anche
conosciuta come scuola del
Sutra del Loto e fondata da Zhìyǐ
(
智顗)
nel VI secolo.
Storia
I primi insegnamenti Tiāntái (天台宗)
furono trasferiti in Giappone intorno alla metà dell'VIII secolo dal
monaco cinese Jiànzhēn (鑑眞,
giapp. Ganjin; 688-763) patriarca della scuola Ritsu (律宗
Ritsu shū).
Nell'805, il monaco giapponese Saichō
(最澄,
fondatore del Buddhismo Tendai e noto anche con il titolo postumo di
Dengyō Daishi (傳教大師,
cin. Chuánjiào Dàshī; 767-822) ritornò dalla Cina con
ulteriori insegnamenti cinesi del Tiāntái e fece del tempio che
aveva precedentemente eretto sul Monte Hiei (比叡山,
giapp. Hieizan), denominato nell'823 come Enryaku-ji (延暦寺),
un centro per lo studio e per la pratica di quello che divenne il
Tendai, la versione giapponese della scuola cinese Tiāntái.
La scuola Tendai fondata da Saichō,
seppur non deviando dal punto di vista dottrinale dalla scuola cinese
Tiāntái, conserva delle importanti integrazioni con gli
insegnamenti di altre scuole buddhiste. Saichō, infatti, riportò
dalla Cina anche insegnamenti Chán, sia della scuola Beizōng
(北宗,
Chan settentrionale) che della scuola Niútóuchán (牛頭宗,
Niútóu zōng, giapp. Gozu shū, scuola della Testa di
Bufalo, fondata da Fǎróng, 法融,
594-657), e soprattutto insegnamenti esoterici (密教
mikkyō) della scuola Zhēnyán (眞言宗,
Zhēnyán zōng, giapp. Shingon).
La tendenza ad includere via via una
serie di insegnamenti di altre dottrine buddhiste, soprattutto
esoterici (mikkyō) derivati dallo Shingon, divenne più
marcata negli sviluppi del Tendai da parte dei successori di Saichō,
come Ennin (圓仁,
794-864) ed Enchin (圓珍,
814-891).
Nei suoi primi secoli di vita la scuola
Tendai fiorì sotto il diretto patronato della famiglia imperiale,
divenendo dunque la forma più importante del Buddhismo giapponese,
generando a sua volta buona parte delle scuole giapponesi tutt'oggi
esistenti. Nichiren (日蓮,
1222-1282), Hōnen (法然,
1133-1212), Shinran (親鸞,
1173-1263), Eisai (榮西,
1141-1215) e Dōgen (道元,
1200-1253) – fondatori di alcune importanti scuole buddhiste
giapponesi rispettivamente della Nichiren shū (法華宗),
Jōdo shū (浄土宗),
Jōdo shin-shū (浄土真宗),
Zen Rinzai-shū (臨濟宗)
e Zen Sōtō shū (曹洞宗),
erano infatti tutti monaci ordinati nei monasteri Tendai. A causa del
patronato imperiale e della sua popolarità sempre più crescente fra
i ceti aristocratici, la scuola Tendai divenne politicamente e
militarmente potente. Durante il Periodo Kamakura (鎌倉時代,
Kamakura-jidai, 1185-1333), il Tendai utilizzò il suo potere
per tentare di sopprimere la sviluppo di scuole antagoniste in
particolar modo della Nichiren-shu che iniziava a diffondersi presso
la borghesia e della Jōdo shū che si diffondeva presso le classi
più povere. L'Enryaku-ji, il potente tempio costruito sul Monte
Hiei, divenne un centro non solo frequentato da monaci asceti ma
anche da brigate militari di monaci guerrieri (gli sōhei, 僧兵)
che lottavano nell'interesse del tempio. Nel 1571 Enryaku-ji fu
distrutto e i suoi monaci massacrati da Oda Nobunaga (織田信長,
1534-1582) in un progetto politico-militare testo alla riunificazione
del Giappone. Il tempio Enryaku-ji fu ricostruito più tardi e
continua a rappresentare oggi il maggiore tempio della scuola Tendai.
La dottrina dell'enyū santai (圓融三諦)
e il Sutra del Loto (妙法蓮華經)
Il Tendai conserva molti insegnamenti
della scuola Tiāntái cinese fondata nel VI sec. da Zhìyǐ. In
particolar modo si fonda sulla dottrina della Triplice verità
(giapp. enyū santai, cin. 圓融三諦
yuánróng sāndì), un originale sviluppo cinese della scuola
madhyamaka indiana fondata da Nāgārjuna. Questa dottrina sostiene
che dal punto di vista della Verità assoluta (sans. paramārtha-satya
o śūnyatā-satya, cin. 空諦
kōngdì, giapp. kūtai) tutta la Realtà
che ci appare è vuota di proprietà inerente: essa è impermanente
dal punto di vista temporale e, nel contempo, non c'è un fenomeno
che non dipenda dagli altri fenomeni. Questa vacuità (sans. śūnyatā,
cin. 空
kōng, giapp. kū) della Realtà si
poggia tuttavia sulla Verità convenzionale (sans. saṃvṛti-satya,
cin. 假諦
jiǎdì, giapp. ketai) dove i singoli
fenomeni vengono percepiti nella loro singolarità. La sintesi
esperienziale di queste due Verità, apparentemente contraddittorie,
porta alla realizzazione della terza verità, la Verità di mezzo
(sanscrito mādhya-satya, cin. 中諦
zhōngdì, giapp. chūtai).
Il Tendai sostiene, inoltre, che
essendo tutti gli esseri espressioni della natura di Buddha (sans.
buddhatā, tathāgatagarbha, cin. 佛性
fóxìng, giapp. busshō) che soggiace
all'intera Realtà, il Buddha Śākyamuni non era che una
manifestazione realizzata di questa natura. Tale natura di Buddha è
realizzabile da tutti gli esseri mediante l'Illuminazione (sanscrito
bodhi, cin. 菩提
pútí, giapp. bodai) in questo corpo e
in questa vita.
Come per il Tiāntái anche per il
Tendai, il Sutra del Loto (sanscrito Saddharmapundarīkasūtra,
giapp. 妙法蓮華經
Myōhō renge kyō o Hokkekyō) è il
testo che conserva gli insegnamenti più profondi e completi della
dottrina buddhista (dottrina perfetta, giapp. engyo). Altra
caratteristica del Tendai è quello di risultare sincretico nelle
dottrine e nelle pratiche e ha teso, lungo i secoli, ad assorbire ed
elaborare numerosi insegnamenti buddhisti. Coerentemente con alcuni
insegnamenti dell'antico Buddhismo dei Nikāya, la scuola Tendai
consente ai propri seguaci giapponesi di fare offerte alle divinità
locali (神, Kami) proprie dello
Shintoismo viste anch'esse nella propria natura di Buddha.
Infine l'insegnamento Tendai, per cui
il mondo fenomenico e mondando se ben compreso alla luce della
Triplice Verità non è distinto dal Dharma buddhista in quanto tutte
le cose e tutta la Realtà additano all'Illuminazione, lascia spazio
alla riconciliazione dell'estetica, e della vita ordinaria, con più
ascetici insegnamenti buddhisti. La poesia, ad esempio, può essere
considerata come un mezzo che conduce al perfezionamento spirituale.
La contemplazione della poesia è semplicemente contemplazione del
Dharma. Ciò può essere affermato per ogni altra forma d'arte, di
studio e di attività.
La dottrina dell'ichinen sanzen (一念三千)
La lettura del Sutra del Loto alla luce
della elaborazione, di impronta madhyamaka, della Triplice verità
porta la scuola Tendai (come già la scuola Tiāntái) ad elaborare
la dottrina dello ichinen sanzen ("tremila mondi in un istante
di vita", cin. 一念三千 yīniàn
sānqiān ). Questa dottrina esprime un complesso olismo e
omnicentrismo radicale che caratterizza l'unicità dell'insegnamento
Tiāntái e Tendai nel panorama delle dottrine buddhiste. Essa
sostiene che, dal punto di vista del pensiero, tutti i mondi (le
singole esperienze e la individuazione dei singoli oggetti di
esperienza) esistono certamente, ma la pratica meditativa consente di
scorgerne la loro ambiguità, la loro indeterminatezza. Essi esistono
solo in quanto la mente li delimita in modo arbitrario sia dal punto
di vista spaziale che da quello temporale. Visti nella loro
continuità temporale e nel loro condizionamento reciproco questi
'mondi' non possono essere considerati che 'vuoti', privi di una
identità inerente. Ma il pensiero, ovvero la vita, non si accontenta
della loro vacuità, soffrendo d'altro canto per la loro incostante
'esistenza' (ogni fenomeno appare, esiste e scompare): è l'ambiguità
di questi 'mondi' a generare la sofferenza negli esseri senzienti
(sanscrito sattva, cin. 衆生
zhòngshēng, giapp. shūjō) ed è il
continuo esercizio di consapevolezza (pratica dello shikan, 止觀)
sulla dottrina dello ichinen sanzen che può portare la salvezza da
questa condizione.
Le realtà possibili in un solo
pensiero (sans. eka-kṣaṇa, cin. 一念
yīniàn, giapp. ichinen) indicati in
questa dottrina, sono tremila (sanscrito tri-sāhasra, cin. 三千
sānqiān, giapp. sanzen) in quanto
inglobano tutte le condizioni esperibili: 10 sono le condizioni
esistenziali (Dieci mondi, 十界
cin. shíjiè, giapp. jùkai) che vanno
dalla condizione infernale (sanscrito apāya-bhūmi, 地獄
cin. dìyù, giapp. jigoku) allo stato di
Buddha (佛
cin. Fó, giapp. butsu), tali condizioni
esistenziali vanno moltiplicate per se stesse in quanto tutte queste
condizioni, da quella infernale a quella buddhica, implicano
potenzialmente le altre nove esistenze al loro stesso interno. Queste
cento potenziali esistenze vanno poi moltiplicate per le 10 talità
(vera natura dei dharma, sans. tathātā , 如是實相
cin. rúshì shíxiàng, giapp. nyoze jissō)
indicate nel Sutra del Loto e che corrispondono a: caratteristiche,
natura, essenza, forza, azione, causa, condizione, retribuzione,
frutto e uguaglianza di tutte queste talità tra loro. Questi mille
dharma vanno poi moltiplicati per i tre mondi (sans. loka,
世 cin.
shì, giapp. se) ovvero per i cinque aggregati (sans.
pañca skandha, 五蘊
cin. wǔyùn, giapp. goun), per gli
esseri costituiti dai cinque aggregati (sanscrito sattva, cin.
衆生
zhòngshēng, giapp. shūjō) e per il
luogo in cui essi vivono (sanscrito talima, 地
cin. dì, giapp. ji), raggiungendo il
numero di tremila mondi (sanscrito tri-sāhasra, cin. 三千
sānqiān, giapp. sanzen).
La vita può manifestarsi in queste
tremila condizioni cambiando costantemente anche a seconda dei
vissuti della mente, ma questi tremila mondi sono, per la dottrina
Tiāntái, tutti immancabilmente vuoti (sans. śūnyatā, cin. 空
kōng, giapp. kū) e non sono né
esistenti né non esistenti.
La dottrina dell'hongaku (本覺)
Altro elemento
dottrinario tipico della scuola Tendai è la concezione dell'hongaku
(
本覺, illuminazione
originaria) che, seppur già presente nel
Dàshéng qǐxìn lùn
(
大乘起信論,
giapp.
Daijō kishin ron, Il risveglio nella fede del
Mahayana), sutra di probabile origine Huáyán (
華嚴宗,
Huáyán
zōng), fu ulteriormente sviluppato dai monaci del Monte Hiei
alla luce della Triplice Verità e del Sutra del Loto. Tale
attenzione su questa particolare dottrina deriva probabilmente dal
fatto che lo stesso fondatore del Tendai, Saichō, era un monaco
Kegon, ovvero seguace della scuola che rappresentava la versione
giapponese dello Huáyán cinese. È molto probabile che Saichō,
prima di ritirarsi sul Monte Hiei, ebbe modo di studiare il
Dàshéng
qǐxìn lùn e il suo commento
Dàshéng qǐxìn lùn yìjì
(
大乘起信論義記,
giapp.
Daijō kishinron giki T.D. 1846.44.240-287), opera del
patriarca cinese Huáyán, Fāzàng (
法藏,
643–712).
La dottrina dell'hongaku
(hongaku-shiso) sostiene che ogni cosa possiede una
illuminazione intrinseca, originaria (giapp. hongaku),
unitamente all'illusione (不覺
fugaku, che dipende tuttavia strettamente
dall'hongaku) e che la relazione tra queste due può produrre
l'illuminazione realizzata (始覺,
shigaku). Tale dottrina vuole radicalizzare la vacuità
(śunyātā, giapp. 空
kū) anche nella percezione dell'illuminazione
che non deve essere mai distinta dall'illusione pena la creazione di
una discriminazione tra le due e quindi una ricaduta nell'illusione
discriminante così criticata da Nāgārjuna e da Zhìyǐ. Quindi per
il Tendai tutti gli aspetti duali del mondo poggiano in realtà,
sempre e comunque, sulla non-dualità. Il mondo va sempre affermato
come espressione stessa della buddhità. Non c'è altra illuminazione
al di fuori del mondo e delle sue apparenze. Così Ennin nel Shoji
kakuku sho (Vita e morte come illuminazione): "Il
meraviglioso giungere del non giungere, la vera, la vera vita della
non vita, il perfetto andare del non andare, la grande morte della
non morte, l'unità di vita e morte, la non dualità di vacuità ed
esistenza". Un brano che riecheggia lo Yuándùn zhǐguān
(圓頓止觀,
giapp. Endon shikan) del patriarca cinese di scuola Tiāntái,
Guàndǐng (灌頂,
561-632), quando, già nel VI secolo, affermava: "Poiché tutti
gli aggregati e le forme di sensibilità sono la realtà così come
è, non c'è alcuna sofferenza da cui liberarsi. Poiché la nescienza
e le afflizioni sono identiche al corpo illuminato, non c'è alcuna
origine della sofferenza da sradicare. Poiché i due punti di vista
estremi sono il Mezzo e le visioni erronee sono la Verità, non c'è
alcun percorso da praticare. Poiché il saṃsāra è identico al
nirvāṇa, non c'è alcuna estinzione della sofferenza da
realizzare". La concezione dell'hongaku venne ripresa,
seppur in modo critico, sia negli insegnamenti di Dōgen (fondatore
dello Zen Sōtō) che da quelli di Nichiren (fondatore del Buddhismo
Nichiren).
Le dottrine del taimitsu (台密)
A differenza di Zhìyǐ e dei maestri
cinesi del Tiāntái, Saichō proclamò l'equivalenza tra le pratiche
meditative e dottrinali Tiāntái e il Buddhismo esoterico (密教
Mikkyō) da lui appreso in Cina dal maestro di scuola Zhēnyán
(眞言宗), Shunxiao (順曉,
n.d.) e, in Giappone, dal fondatore della scuola Shingon (真言宗
Shingon-shū), Kūkai (空海,
774-835) e che ha fondamento nel Mahāvairocanāsūtra o
Mahāvairocanābhisaṃbodhi-vikurvitādhiṣṭhāna-vaipulyasūtra
(Il sutra di Mahavairocana, 大日經
cin. Dàrì jīng, giapp. Dainichikyō).
Tale equivalenza era stabilita da Saichō anche sul piano della
salvezza personale la quale, seguendo una di queste due vie, poteva
realizzarsi in questa stessa vita (sokushin jobutsu). Tali vie
rappresentavano delle vie immediate (直道
jikidō, cin. zhídào) all'illuminazione
(bodai). Tuttavia Saichō, differentemente da Kūkai che
riteneva l'esoterismo prevalente sulla dottrina e la meditazione, non
ritenne superiore una via sull'altra. Ennin (圓仁,
794-864) quarto patriarca Tendai, recatosi in Cina nell'838, dove
risiedette per otto anni sul Monte Wǔtái (五臺山,
oggi nella provincia dello Shanxi), tornò in Giappone portando con
sé le dottrine del nembutsu (念佛)
e ulteriori dottrine esoteriche che denominò taimitsu (台密)
per distinguerle da quelle denominate tōmitsu (東密)
di derivazione Shingon. Ennin eseguì rituali taimitsu al cospetto
della Corte imperiale e ciò permise al Tendai di superare in
popolarità lo stesso esoterismo dello Shingon. Il successore di
Ennin, Enchin (圓珍, 814-891),
recatosi anche lui in Cina nell'852, dove risiedette sui Monti
Tiāntái e a Chang'an per sei anni, tornò con ulteriori
insegnamenti che permisero al Tendai di superare definitivamente in
popolarità lo Shingon, consentendo inoltre al monastero Miidera
(三井寺, conosciuto anche
come 園城寺
Onjoji), di cui Enchin era abate, di essere
affiliato direttamente all'Enryaku-ji. Morto Ennin, nell'868 Enchin
divenne abate dell'Enryaku-ji e quinto patriarca Tendai.
Le sottoscuole Jimon (持門)
e Sanmon (山門)
Dopo la morte di Ennin e di Enchin, nel
corso del IX e del X secolo la scuola Tendai crebbe in numero di
seguaci e di templi diffusi in tutto il Giappone. Presto tra i due
templi principali, l'Enryaku-ji e il Miidera si avviarono dei
conflitti inerenti alla preminenza. Il primo si designò come Sanmon
(山門,
Ordine della montagna, con riferimento al Monte Hiei) rivendicando
Ennin come punto di riferimento, il Miidera si denominò Jimon
(持門,
Ordine del tempio, con riferimento al tempio Miidera) indicando
Enchin come capostipite. La nomina di abate Tendai poteva venire da
ambedue le sottoscuole, ma il fatto che tale nomina riguardò fino al
989 solo la Sanmon fu motivo di rivalsa per l'altra scuola.
Ambedue le scuole arrivarono a confrontarsi con dei conflitti armati,
istituendo la figura dei sōhei, monaci guerrieri pronti ad
uccidere e ad incendiare i templi delle altre fazioni. La nomina ad
abate di Ryōgen (良源,
912-985) nel 966, il quale cercò di restituire la dignità religiosa
di un tempo alla scuola Tendai, ristabilendo principi e precetti, fu
tuttavia destinata al fallimento. Così la nomina ad abate, nel 989,
di Yokei (余慶,
919–991). appartenente alla scuola Jimon fu causa di
ulteriori conflitti che finirono, nel 993, per procurare una
divisione nella scuola Tendai dove la sottoscuola Jimon elevò
il Miidera a sua sede principale, lasciando il Monte Hiei. Le due
scuole finirono più volte anche nell'allearsi per guerreggiare con
gli sōhei della scuola Hossō. Occorrerà aspettare il
periodo Kamakura per un risveglio spirituale del Tendai, quello che
poi porterà numerosi monaci di questa scuola a fondare nuove scuole.
Tra questi monaci vanno ricordati: Eisai, Dōgen, Hōnen, Shinran e
Nichiren, tutte figure religiose che risentiranno profondamente delle
dottrine insegnate sul Monte Hiei.
La pratica dello shikan (止觀)
Alla base delle pratiche meditative della scuola Tendai si pone la
tecnica dello shikan (
止觀),
che si riferisce alla tecnica meditativa indiana del
śamatha-vipaśyanā così come insegnata nella scuola buddhista
cinese Tiāntái la quale a sua volta fa particolare riferimento alle
opere Móhē Zhǐguān (
摩訶止觀,
Grande trattato di calma e discernimento, giapp. Maka Shikan, T.D.
1911) e
Tóngméng Zhǐguān (
童蒙止觀,
Trattato di calma e discernimento per principianti; in giapponese
小止観
Shō Shikan, Piccolo trattato di calma e
discernimento; T.D. 1915) di Zhìyǐ dove questa pratica meditativa
viene descritta. Tale pratica meditativa permetterebbe, secondo
questa scuola, di penetrare la Triplice verità (giapp. enyū santai)
e raggiungere l'
illuminazione (sans.
bodhi, giapp.
bodai) risolvendo tutte le ambiguità della propria presenza
nel mondo senza dover rinviare tale risposta ad una divinità
trascendente (sans.
deva, giapp.
tennin (
天人);
critica già operata nel Buddhismo dei Nikāya), senza dover
rifuggire il mondo delle illusioni e della vita ordinaria (sans.
saṃsāra, giapp.
輪廻
rinne; critica nei confronti del Buddhismo
Hīnayāna) e senza dover contemplare la vacuità della Verità
assoluta rinunciando alla propria soggettività (critica ad alcune
scuole del Mahāyāna). Lo
shikan prevede l'applicazione
costante e coordinata dei suoi due aspetti (
śamatha e
vipaśyanā) in quanto, sostiene Zhìyǐ): «Praticare la
concentrazione soltanto senza tenere in considerazione il
discernimento produce ottusità, praticare il discernimento senza
tenere in considerazione la concentrazione produca infatuazione, e
anche se questi sono difetti relativamente minori, contribuiscono a
generare opinioni errate». Quindi secondo Zhìyǐ bisogna praticare
il śamatha-vipaśyanā (shikan) insieme: «similmente alle due ruote
del carro e alle due ali di un uccello. Praticarli parzialmente è
male». Inoltre lo «shikan - sostiene ancora Zhìyǐ- è facile da
predicare ma molto difficile da praticare».
La
disciplina monastica nel Tendai
Dal punto di vista della disciplina
monastica, la scuola Tendai (come anche le scuole Zen) segue solo i
58 precetti mahayana indicati nel Brahmājālasūtra (cin. 梵網經
Fànwǎng jīng, giapp. Bonmō kyō). In
questo si differenzia dalla scuola cinese Tiāntái che invece segue
la doppia ordinazione, quella del vinaya Dharmaguptaka, il
Cāturvargīya-vinaya (Quadruplici regole della disciplina,
四分律
pinyin: Shìfēnlǜ, giapp. Shibunritsu)
e quella indicata nel Brahmājālasūtra. Tale scelta Tendai
origina dal suo stesso fondatore, il monaco Saichō che pur avendo
ricevuto lui stesso la doppia ordinazione nel tempio Tōdai-ji (東大寺)
decise di impartire solo quella mahāyāna ai suoi successori.
Il lignaggio
Tendai
Patriarchi cinesi del Tiāntái:
1. Huìwén (慧文, V sec.) 2.
Huìsī (慧思, 515-577) 3.
Zhìyǐ (智顗, 538-597) 4.
Guàndǐng (灌頂, 561-632) 5.
Zhìwēi (智威?-680) 6.
Huìwēi (慧威, 634-713) 7.
Xuánlǎng (左溪, 673-754) 8.
Zhànrán (湛然, 711-782) 9.
Dàòsuì (道邃, n.d.).
Patriarchi (座主,
zasu) giapponesi: 1. Saichō (最澄,
767-822) 2. Gishin (義眞,
781–833) 3. Encho (圆澄,
771-836) 4. Ennin (圓仁,
794-864) 5. Enchin (圆珍, 814
– 891)