Il
turcasso
è una particolare tipologia di
custodia per le frecce, altrimenti detta faretra.
Data l'influenza ellenica e medio
orientale e la datazione storica d'inizio dell'utilizzo del termine,
col termine turcasso è più precisamente indicata la faretra in uso
agli arcieri turchi. Tipicamente si differenzia dall'equivalente
guaina per frecce a tracolla per il suo alternativo fissaggio alla
cintura. Confezionato prevalentemente con pelle conciata, il
turcasso, è stato rinvenuto in differenti fogge, presentando come
parti costituenti anche pelli di bovini e velli ovini.
Al vocabolo "turcasso" sono
attribuite etimologie differenti, secondo lo studio dell'etimo di
diverse culture e lingue (greco, turco, persiano), come lo sono anche
le diverse accezioni che definiscono la scelta del termine. In lingua
italiana, il vocabolo era già in uso nel XIV secolo, tanto da
comparire nella Divina Commedia:
«E trasse del Turcasso due dardi di diverse opere, ed
effetti: l'una caccia l'amore, ed è di piombo il suo ferro:
l'altro il fa venire, ed è d'oro la sua gorbia...» |
(Dante Alighieri, Paradiso (Divina Commedia),
canto 1) |
La parola turcasso viene utilizzata
anche da Italo Calvino in "Le città invisibili" - "Un
turcasso pieno di frecce indicava ora l'approssimarsi di una guerra,
ora l'abbondanza di cacciagione oppure la bottega d'un armaiolo."
(II Capitolo).
Simbolo molto utilizzato
iconograficamente, il turcasso, appare in diversi vessilli e bandiere
del passato ed altri odierni. La bandiera della Repubblica Cispadana
lo inserisce al centro della fascia bianca, raffigurandolo in
verticale, con quattro frecce al suo interno, circondato da un serto
di lauro (alloro), sormontante la corona civica e ornato da un trofeo
di armi.
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