Adesso ti dirò una cosa che ti sconvolgerà.
Ti ricordi Karate Kid?
Non sto
parlando della versione con il figlio di Will Smith, ma di quella
vecchia, dove un ragazzino mediocre e senza particolari capacità
diventa un karateka, capace di affrontare un avversario più forte di
lui e riacquistare fiducia in se stesso.
Bene, a livello marziale il
film faceva pietà.
Per tanti versi non aveva né capo né
coda, eppure al suo interno sono presenti alcuni insegnamenti che
possiamo applicare alla difesa personale e alle arti marziali in
genere.
Alla fine Karate Kid racconta la
crescita di un ragazzino che si fa uomo, capace di difendersi e di
credere nelle proprie capacità.
E ci arriva con la pratica e la
perseveranza. Ci insegna che la costanza e l’allenamento
pagano, e che la motivazione è fondamentale.
Può far ridere, ma il concetto del
“Dai la cera, togli la cera” è alla base dell’insegnamento
marziale: si tratta di far acquisire al proprio corpo la memoria
motoria di un gesto che al momento giusto verrà innescato in una
situazione di pericolo.
Quel piccolo gesto, molto più di
quell’assurdità della tecnica della gru, è la base di una marea
di movimentazioni che aprono un mondo di possibilità.
Fin qua ti ho raccontato qualcosa che sanno bene o male tutti.Ma c’è qualche altro insegnamento nascosto in Karate Kid.
Il maestro Myagi se lo ricordano tutti,
è il nonno un po’ figo e un po’ burbero che tutti avremmo
voluto.
Ma ti ricordi il maestro del Kobra Kai?
Il biondo con il kimono nero, il cattivo maestro per eccellenza? Si
chiamava John Kreese, ed era un borioso figlio di puttana.
Ti rivelo un segreto: John Kreese aveva ragione.
No, non sono impazzito, né mi sogno di
dire che fosse un modello positivo.
John Kreese è davvero un
pessimo maestro.
Eppure ad un certo punto dice
una grande verità.
Nella sua scuola insegna la via del
pugno:
Colpire per primo, colpire più forte, senza pietà!
Nella difesa personale la via del pugno
dev’essere una specie di comandamento, e non vuole assolutamente
dire che dobbiamo aggredire per primi o diventare degli
attaccabrighe.
Dobbiamo pensare però che, purtroppo,
quando si tratta di mettersi in salvo, di difendere la propria
incolumità o quella dei propri cari, non esiste alcun ruolo
educativo.
- Colpire per primo vuol dire contrattaccare, e farlo con tutta
la decisione e la forza di cui siamo capaci.
Pensare di colpire per far
cambiare idea all’aggressore è una pessima idea, e il più delle
volte serve solo a renderlo ancora più aggressivo.
Quando ci si difende bisogna mettere
fuori uso l’avversario con decisione, quantomeno per trovare la via
di fuga o mettersi al sicuro, perché non possiamo conoscere le reali
intenzioni di chi ci sta attaccando.
Se avesse un coltello? Se i suoi
compari fossero dietro l’angolo?
Ecco perché occorre “colpire
per primo”, nel senso non di iniziare il combattimento ma
di andare a segno per primi possibilmente con un contrattacco.
Infatti anche un solo colpo dell’aggressore potrebbe per noi
rivelarsi fatale, specialmente se armato.
Bisogna “colpire più forte”
nel senso di colpire con il massimo del nostro potenziale, dato che
un colpo inconsistente è totalmente inutile.
Colpire “senza pietà”
significa che non ci si può difendere cercando di portare tecniche a
mezza via con l’intento di far cambiare idea all’aggressore.
Questo non significa necessariamente
colpire per uccidere, bensì portare una tecnica proporzionata alla
violenza di chi ci ha attaccato, con determinazione e senza esitare.
Se non puoi scappare questo è l’unico
modo per metterlo fuori uso e avere così il tempo di cercare strade
alternative al combattimento.
Questo vuol dire per esempio che, se vengo aggredito nelle
vicinanze di un bar, mi può bastare far cadere l’avversario o
colpirlo con abbastanza efficacia da darmi il tempo di fare una breve
corsa e cercare riparo all’interno del bar e chiedere l’aiuto di
altre persone.Chiaramente ogni situazione va valutata in base alla sua gravità.
Esistono aggressioni più blande e altre potenzialmente letali.- La proporzionalità è fondamentale nell’autodifesa.
Non potete cavare gli occhi a
uno solo perché vi afferrato per un braccio in un locale pubblico.
In generale l’uso dell’intelligenza
per evitare lo scontro è sempre la scelta migliore.
Sun Tzu, autore de “L’Arte della guerra” e raffinatissimo tattico, diceva:
Sun Tzu, autore de “L’Arte della guerra” e raffinatissimo tattico, diceva:
“Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.”
Se però non esiste nessuna via
alternativa e siete aggrediti è meglio seguire la legge del pugno,
perché la nostra incolumità (e quella delle persone a noi care) è
l’obiettivo finale: per questo un mio amico istruttore diceva ai
suoi allievi “meglio un brutto processo che un bel funerale”.
Questa frase racchiude molto di quanto
ho detto, soprattutto riguardo alla proporzionalità: Se qualcuno vi
attacca per uccidervi, la vostra reazione per difendervi dovrà
essere adeguata ed efficace.
Forse non eviterete un processo, ma
almeno sarete vivi. Allo stesso modo però, se il pericolo non è
così grande, è sempre meglio evitare il brutto processo.
- Proporzionalità e intelligenza sono elementi
fondamentali di un corretto uso della forza.
Come ho già ripetuto altrove, la
realtà del combattimento da strada è spesso brutale: per questo è
necessario pensare alla propria capacità di difendersi in maniera
seria e strutturata, attraverso un percorso formativo continuativo.
Perché, come diceva il maestro Myagi,
sono la costanza e la volontà la chiave del successo.
E adesso, tutti a lucidare la macchina!
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