Con il termine yamabushi (山伏,
山臥
letteralmente: "colui
che si trova/si nasconde tra le montagne") si indicano
monaci asceti giapponesi che vivevano come eremiti tra le montagne e
che un'antica tradizione considerava guerrieri invincibili,
addirittura dotati di poteri soprannaturali. Essi seguivano
principalmente la dottrina Shugendō, una combinazione di elementi
buddhisti e shintoisti. Per lo più solitari, formavano
confederazioni sparse, talvolta associate a certi templi, e
occasionalmente parteciparono anche a battaglie e scaramucce a fianco
dei sōhei, dei ninja e dei samurai. Le loro origini possono essere
fatte risalire agli "hijiri" solitari dell'VIII e del IX
secolo.
Nell'uso giapponese moderno, il termine
yamabushi si riferisce ai praticanti dello Shugendō,
una religione sincretista che, come già accennato, mescola elementi
buddhisti (nella versione esoterica della setta Shingon) e
shintoisti, ponendo grande enfasi sull'ascetismo e sulle pratiche di
resistenza fisica. Gli yamabushi dalle tuniche bianche, con indosso
una tromba horagai (ricavata dalla conchiglia dello strombo),
sono ancora una visione comune vicino al luogo santo dello Shugendō
di Dewa Sanzan e tra le montagne sacre di Kumano e Omine.
Storia
Gli yamabushi iniziarono come
yamahoshi, gruppi (o individui) isolati di eremiti, asceti e
"santoni" delle montagne, che seguivano la via dello
Shugendō, una ricerca di poteri spirituali, mistici o
soprannaturali ottenuti mediante l'ascetismo. Non si conosce il
fondatore di questa tradizione, sebbene molti miti la attribuiscano a
En no Gyoja, una sorta di Mago Merlino giapponese la cui reale
esistenza è però contestata. Gli uomini che seguirono questa via
divennero conosciuti sotto vari nomi, compresi kenja, kenza
e shugenja. Questi mistici della montagna giunsero ad essere
rinomati per le loro abilità magiche e le loro conoscenze occulte,
ed erano ricercati come guaritori o medium, alla stessa maniera delle
miko (termine che designa propriamente donne sciamane).
La maggior parte di questi asceti,
oltre alla loro devozione allo Shugendō, studiavano gli
insegnamenti della setta Tendai del Buddhismo, o della setta Shingon,
fondata da Kōbō Daishi nell'VIII secolo. Lo Shingon fu una delle
principali sette del mikkyo (密教)
o Buddhismo esoterico, secondo il quale l'illuminazione si trova
attraverso l'isolamento, lo studio e la contemplazione di sé stessi,
nonché della natura e di immagini esoteriche chiamate mandala. Sia
la setta Shingon che quella Tendai vedevano le montagne come il luogo
ideale per questo tipo di isolamento e e per la contemplazione della
natura.
Nei loro ritiri di montagna, questi
monaci studiavano non solo la natura e testi e immagini religiosi o
spirituali, ma anche una varietà di arti marziali. È dubbio se essi
sentissero la necessità di difendersi dai banditi, dagli altri
monaci o dagli eserciti dei samurai, ma l'idea di studiare le arti
marziali come mezzo per migliorarsi mentalmente e spiritualmente, e
non soltanto fisicamente, ha sempre avuto un posto centrale nella
cultura giapponese, al di là dei principi specifici di una setta
religiosa o di un'altra. Così, al pari dei sōhei, gli yamabushi
divennero tanto guerrieri quanto monaci.
Mentre la reputazione dei loro poteri e
conoscenze mistiche cresceva, e la loro organizzazione diventava più
salda, molti dei maestri delle discipline ascetiche cominciarono ad
essere nominati ad alte posizioni spirituali nella gerarchia della
corte. i monaci e i templi iniziarono a guadagnare influenza
politica. Verso il Periodo Nanboku-cho, nel XII e XIV secolo, gli
yamabushi avevano formato coorti organizzate chiamate konsha, le
quali, insieme ai sōhei e ad altri monaci, cominciarono ad assumere
la direzione dei templi centrali delle loro sette. Essi assistettero
l'imperatore Go Daigo nel suoi tentativi di rovesciare lo shogunato
Kamakura, dimostrando che le loro abilità di guerrieri erano
all'altezza della sfida di combattere gli eserciti professionali dei
samurai.
Parecchi secoli dopo, nel Periodo
Sengoku, gli yamabushi si potevano trovare tra i consiglieri e gli
eserciti di quasi tutti i più importanti contendenti per il dominio
sul Giappone. Alcuni, guidati da Takeda Shingen, aiutarono Oda
Nobunaga contro Uesugi Kenshin nel 1568, mentre altri, compreso
l'abate Sessai Choro, consigliarono Tokugawa Ieyasu. Molti
combatterono accanto ai loro compagni monaci, gli ikkō-ikki,
contro Nobunaga, che alla fine li annientò e mise fine all'epoca dei
monaci guerrieri.
Fin dai tempi medievali, gli yamabushi
svolsero anche la funzione di sendatsu, o guide spirituali,
per i pellegrini che percorrevano il Kumano Kodo verso il Kumano
Sanzan, tra i quali vi erano anche imperatori a riposo e
aristocratici.
Armi, stile e addestramento
Come gli altri tipi di monaci
guerrieri, gli yamabushi erano abili nell'uso di un'ampia varietà di
armamento. Non deve perciò sorprendere trovare riferimenti che li
mostrano mentre combattono con arco e freccia, o con spada e pugnale.
Tuttavia, al pari dei sōhei e degli ikkō-ikki, l'arma di elezione
per gli yamabushi era la naginata.
In aggiunta alle loro abilità
spirituali o mistiche, gli yamabushi erano spesso ritenuti abili
praticanti del ninjutsu, l'arte dei ninja. Si sa che i
monaci della montagna ingaggiarono i ninja per combattere al loro
fianco e per aiutarli in vari modi, più clandestini. E si sa anche
che i ninja si travestivano spesso da monaci o asceti della montagna,
in modo da passare più facilmente inosservati in certi ambienti.
Molto probabilmente, questa può essere stata l'origine della
confusione tra le due figure; sembra infatti improbabile che un
numero elevato di yamabushi fossero stati addestrati nel ninjutsu dai
clan ninja delle isole giapponesi.
In realtà, secondo talune ipotesi, lo stile di vita e
l'organizzazione dei clan ninja sarebbero derivati da quelli degli
yamabushi, rielaborati alla luce delle particolari concezioni del
ninpo (la forma più alta del ninjutsu) e di altre influenze
di tipo popolare.
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