lunedì 15 agosto 2016

Mitra

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Mitra è un'importantissima divinità dell'induismo e della religione persiana ed anche un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C. Non è chiaro quanto vi sia in comune fra questi tre culti. Benché "Mitra" sia un nome di divinità molto antico, le notizie sui suoi culti sono scarse e frammentarie. Quello ellenistico/romano non ha lasciato alcun testo e sembra molto diverso dal Mitra dei Veda e dello zoroastrismo.
Anche l'Avesta, il testo fondamentale della religione persiana, non è giunto fino a noi integralmente e le parti sopravvissute sono costituite solo da inni, forse salvati tramite la tradizione orale. La religione persiana è nota principalmente tramite il Denkard, un compendio scritto solo nel IX secolo. La difficoltà di utilizzare testi tardivi è ben illustrata dal caso del principale testo escatologico persiano, lo Zand ī Wahman yasn, spesso ma erroneamente chiamato Bahman yašt. In questo testo Mitra conduce la battaglia finale contro i demoni. Esso, inoltre, presenta somiglianze con il Libro di Daniele e con gli Oracoli di Istaspe (un testo ellenistico del I secolo a.C.) e perciò i suoi rapporti col mondo ebraico ed ellenistico sono oggetto di accese discussioni. Oggi molti studiosi ritengono che il testo persiano porti i segni di ripetute revisioni e aggiunte a un non ben definito, e forse addirittura inesistente, "substrato avestano". Il testo originale, se è mai esistito, sembra ridursi ai soli capp. 3–5, in cui la battaglia escatologica di Mitra non compare.

Mitra nel mondo indo-persiano

Il culto di Mitra nasce nel 1200 a.C. e compare nei Veda come uno degli Aditya, una delle divinità solari e dio dell'onestà, dell'amicizia e dei contratti. Nella civiltà persiana, dove il suo nome veniva reso come Mithra, assunse anche le caratteristiche marziali che i Veda assegnano a Indra e acquistò col tempo sempre maggiore importanza fino a diventare una delle maggiori divinità dello zoroastrismo.
In entrambe le culture, si distingue per la sua stretta relazione con gli dei che regnano sugli Asura (ahura in iranico) e proteggono l'ordine cosmico (Ṛta per i Veda, asha in iranico): Varuna in India e Ahura Mazda in Iran. Mitra/Mithra, quindi, dovrebbe essere una divinità proto-indo-iranica il cui nome originario può essere ricostruito come Mitra.

Etimologia e origini

La parola mitra può avere due significati:
  1. amicizia
  2. patto, accordo, contratto, giuramento o trattato
Un significato generale di "alleanza" potrebbe accordarsi adeguatamente ad entrambi i significati. La prima alternativa è maggiormente enfatizzata nelle fonti indiane, la seconda in quelle iraniche.
Il più antico riferimento conosciuto del nome Mitra si trova su un'iscrizione di un trattato risalente approssimativamente al 1400 a.C., stipulato tra gli Ittiti e il Regno hurrita di Mitanni nell'area sud-occidentale del lago di Van. Il trattato è garantito da cinque dei indo-iranici: Indra, Mitra, Varuna e i due cavalieri, gli Ashvin o Nasatya. Gli Hurriti erano guidati da una casta aristocratica guerriera che adorava questi dei.

Mitra nei Veda

Negli inni vedici, Mitra è sempre invocato insieme con Varuna, tanto che le due divinità sono combinate nel termine Mitravaruna.
Varuna è signore del ritmo cosmico delle sfere celesti, mentre Mitra genera la luce all'alba. Nel più tardo rituale vedico una vittima bianca viene prescritta per Mitra, una nera per Varuna.
Nel Shatapatha Brahmana l'Uno appaiato è descritto come "il Consiglio ed il Potere": Mitra rappresenta il sacerdozio, Varuna il potere regale.

Mitra nel mondo iranico

La riforma di Zarathustra mantenne molte divinità del più antico pantheon indo-iranico, riducendole di numero, in una complessa gerarchia, retta dagli Amesha Spenta. I "Benefici Immortali" i quali erano sottoposti alla tutela del supremo Ahura Mazda, il "Signore Saggio", come tutto il cosmo era parte del Bene o del Male.
In tarde parti dell'Avesta, Mithra si mette in luce tra gli esseri creati, guadagnandosi il titolo di "Giudice delle Anime". Come protettore della verità e nemico dell'errore, Mithra occupò una posizione intermedia nel pantheon zoroastriano come il più grande degli yaza ta, gli esseri creati da Ahura Mazda per aiutarlo nella distruzione del male e l'amministrazione del mondo. Egli divenne il rappresentante divino di Ahura-Mazda sulla terra ed era incaricato di proteggere i giusti dalle forze demoniache di Angra Mainyu. Era quindi una divinità di verità e legalità e, nel trasferimento al regno fisico, un dio dell'aria e della luce. Come nemico degli spiriti del male e delle tenebre, proteggeva le anime e, come psicopompo, le accompagnava in paradiso (concetto ed anche parola di origine persiana). Poiché la luce è accompagnata dal calore, era il dio della vegetazione e della crescita: ricompensava il bene con la prosperità e combatteva il male. Mitra era detto onnisciente, infallibile, sempre attento e che mai riposa. La nascita di Mitra veniva celebrata al solstizio d'inverno, chiamato in persiano Shab-e Yalda, come si addice ad un dio della luce. In Mesopotamia Mitra era facilmente identificato con Shamash, dio del sole e della giustizia.
Come dio che concede la vittoria, Mitra era una divinità preminente nel culto ufficiale del primo Impero persiano, dove erano a lui consacrati il settimo mese ed il sedicesimo giorno degli altri mesi. Mitra il "Grande Re" era particolarmente adatto come dio tutelare dei regnanti: nomi regali che incorporano il nome del dio (es. "Mitridate") compaiono nell'onomastica dei Parti e degli Armeni, nonché in Anatolia, Ponto e Cappadocia. Il suo culto si estese prima con l'impero dei Persiani in tutta l'Asia Minore, per poi propagarsi per tutto l'impero di Alessandro Magno e dei suoi successori.
I principi parti dell'Armenia erano sacerdoti ereditari di Mitra: molti templi furono eretti al dio in Armenia, che rimase una delle ultime roccaforti del culto zoroastriano di Mitra fino a quando divenne il primo regno ufficialmente cristiano.
Sotto gli achemenidi, a partire dalle iscrizioni di Artaserse II di Persia, la suprema terna divina Ahura Mazda-Mitra-Apam Napat venne spesso sostituita dalla terna Ahura-Mitra-Anahita grazie all'inserimento della divinità Anahita, che nella Persia occidentale corrispondeva alla mesopotamica Ishtar, il pianeta Venere. Talvolta Anahita sembra essere la consorte di Mitra. Non risultano, invece, fonti per affermare che Anahita ne fosse la madre, come afferma il noto polemista Acharya.

Mitra nel mondo greco-romano

Alla fine del XIX secolo il contenuto della religione mitraica dell'età imperiale fu ricostruito da Franz Cumont come una combinazione in culto sincretico del Mithra persiano con altre divinità persiane e probabilmente anatoliche. Dopo il congresso di Manchester del 1971, invece, gli studiosi si sono orientati a sottolineare le differenze fra il nuovo culto e quello indo-persiano.
Le origini del culto mitraico nell'impero romano non sono del tutto chiare e sarebbero state influenzate significativamente dalla scoperta della precessione degli equinozi da parte di Ipparco di Nicea. Mitra, appunto, sarebbe la potenza celeste capace di causare il fenomeno. Il culto si sviluppò forse a Pergamo nel II secolo a.C.; Ulansey, invece, ne localizza l'origine in Cilicia nei pressi di Tarso. Il dio entra nella storia greco-romana con in testa il berretto frigio sotto la protezione dei re del Ponto e dei Parti (molti dei quali ebbero il nome Mitridate = dono di Mitra) e delle armi dei pirati della Cilicia collegati a Mitridate VI del Ponto. Comunque questo nuovo culto non divenne mai popolare nell'entroterra greco, mentre si diffuse a Roma all'incirca nel I secolo a.C., si propagò attraverso tutto l'Impero romano e in seguito fu accolto da alcuni imperatori come una religione ufficiale. Nella cultura ellenistica Mitra era confuso con Apollo - Helios. Il sacrificio caratteristico di questo nuovo culto, assente nel culto indo-persiano, era la tauroctonia.

La tauroctonia

In ogni tempio romano dedicato a Mitra il posto d'onore era dedicato alla rappresentazione di Mitra nell'atto di sgozzare un toro sacro. Mitra è rappresentato come un giovane energico, indossante un cappello frigio, una corta tunica che s'allarga sull'orlo, brache e mantello che gli sventola alle spalle. Mitra afferra il toro con forza, portandogli la testa all'indietro mentre lo colpisce al collo con la sua corta spada. La raffigurazione di Mitra è spesso mostrata in un angolo diagonale, col volto girato.
Un serpente ed un cane sembrano bere dalla ferita del toro (dalla quale a volte sono rappresentate delle gocce di sangue che stillano); uno scorpione, invece, cerca di ferire i testicoli del toro. Questi animali sono proprio quelli che danno nome alle costellazioni che si trovavano sull'equatore celeste, nei pressi della costellazione del Toro, nel lontano passato ("era del toro"), quando durante l'equinozio di primavera il sole era nella costellazione del toro.

domenica 14 agosto 2016

Gunki monogatari

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Gunki monogatari (軍記物語 lett. "Racconti di guerra") è un genere letterario giapponese tipico dei periodi Kamakura e Muromachi che si concentra sul racconto di guerre e conflitti, specialmente guerre civili combattute tra il 1156 e il 1568. Tra le opere di questo genere rientrano lo Hōgen monogatari e lo Heiji monogatari. Il più famoso gunki monogatari è lo Heike monogatari.

Autori

Diversamente dalle opere di periodo Heian come il Genji monogatari, l'autore di molti gunki monogatari è ignoto, e generalmente si presume siano opera di più autori diversi che avrebbero modificato e riscritto le storie più volte nell'arco dei secoli.

Trasmissione

I gunki monogatari sono stati trasmessi principalmente in due modi: come yomimono (testi scritti) e attraverso la recitazione accompagnata dal suono del liuto di preti ciechi conosciuti come biwa hōshi, che viaggiando in diversi luoghi del Giappone ne avrebbero permesso la diffusione.
La loro longevità nella tradizione orale ha portato allo sviluppo dell'errata concezione per cui i gunki monogatari sarebbero stati originariamente scritti con l'unico scopo di essere memorizzati e recitati, mentre in realtà essi avevano anche la funzione di narrare pseudo-storicamente le battaglie fra clan rivali. Comparazioni fra manoscritti originali accuratamente conservati hanno rivelato infatti come lo Heike monogatari sia stato originariamente redatto come cronaca degli scontri fra le famiglie Taira e Minamoto, e durante la sua stesura l'autore avrebbe attinto, oltre che a narrazioni orali, anche a diari e altre fonti storiche. Dato che la versione originale fu scritta per essere letta, non recitata, fu poi successivamente modificata per renderla adatta alla recitazione, pertanto l'odierna versione ufficiale dello Heike monogatari sarebbe il risultato di diverse trascrizioni di queste recitazioni orali.

Stile e forma

Rispetto alle storie di guerra del periodo Heian scritte in kanbun (prosa cinese), i gunki monogatari sono scritti in un mix di giapponese e cinese. Nonostante i testi siano principalmente in prosa, occasionalmente includono anche poesie, solitamente waka.
La struttura generale dei gunki monogatari consiste generalmente in tre parti, che descrivono rispettivamente le cause della guerra, le singole battaglie e le conseguenze del conflitto. Come risultato della trasmissione orale, i testi sono generalmente episodici, spezzati in diverse piccole storie che spesso si concentrano su singoli episodi o personaggi. I gunki monogatari danno particolare importanza proprio alle esperienze individuali e ai pensieri dei singoli guerrieri, spostando la prospettiva su coloro che sono materialmente impegnati nel conflitto e spesso simpatizzando o esprimendo un giudizio morale sulle loro azioni. Se esaminiamo ad esempio le diverse versioni dello Heike monogatari, possiamo infatti notare come quelle più antiche includano solo una descrizione generale della battaglia, mentre altre successive riportano anche le azioni individuali dei singoli personaggi. Inoltre, le versioni più recenti trasformano i soldati da comuni umani a figure idealizzate di eroi incarnanti l'etica guerriera. Queste ultime aggiunte sono presumibilmente frutto della tendenza, tipica della trasmissione orale, di integrare a persone ed eventi reali temi prescritti, in modo da rendere la recitazione più piacevole ed efficace. Per questi motivi i gunki monogatari possono essere considerati un misto di fatti reali e finzione.

Tematiche principali

Etica guerriera

I gunki monogatari danno grande enfasi all'etica guerriera intrecciata al sistema di valori morali tipici del codice samurai, che prescriveva prima di tutto la lealtà verso il proprio superiore, l'importanza dell'onore personale e l'invito ad affrontare la morte con coraggio. I soldati preferivano morire ed essere in seguito elogiati piuttosto che continuare a vivere con un nome macchiato dalla vergogna: un esempio di ciò è rappresentato nell'Heike Monogatari da Sanemori, un guerriero che, nonostante la sua età, continua a combattere il nemico per proteggere la ritirata delle forze degli Heike. L'etica guerriera prescriveva una linea di condotta ben precisa che i soldati dovevano seguire a prescindere dai loro sentimenti o dalle loro inclinazioni personali, ad esempio rifiutando la compassione quando questa è in conflitto col dovere. Sempre citando un esempio presente nello Heike monogatari, la prevalenza del dovere sulla compassione è evidente nell'episodio in cui il giovane soldato Genji Yukishige si ribella contro Takahashi Nagatsuna e lo uccide nonostante quest'ultimo gli abbia risparmiato la vita poiché molto somigliante al suo stesso figlio. Questa rigida aderenza al codice di lealtà riappare anche nel famoso episodio di Astumori-Naozane, dove le esortazioni etiche del soldato sono più importanti del rimorso e lo obbligano ad uccidere.
Oltre a prescrivere il "giusto" codice morale da perseguire, l'etica guerriera limitava le azioni dei soldati anche livelli più superficiali: tagliare le mani dei nemici come trofei di guerra ad esempio era considerato la norma sui campi di battaglia, ma veniva al contrario condannato come un atto non onorevole se il nemico si era già arreso.



Buddhismo

L'altro fondamentale sistema di valori che governa l'etica dei gunki monogatari è quello del buddhismo, questo non necessariamente in opposizione all'etica guerriera. Nonostante le loro intrinseche differenze infatti, nei gunki monogatari queste due componenti sono combinate. Ciò è possibile poiché la forma di buddhismo presente nei gunki monogatari è quello di Amida, che insegna che tutti coloro che si pentono dei loro peccati, e quindi anche i guerrieri che commettono atti violenti, rivolgendosi a lui potranno rinascere nel suo paradiso e raggiungere lì l'illuminazione. Inoltre, secondo questa forma di buddhismo è possibile raggiungere l'illuminazione in questa vita a causa della deteriorazione terrena della legge (mappō).
Concetti chiave del buddhismo nei gunki monogatari comprendono il karma (l'idea per cui le circostanze attuali sono punizioni o premi per le nostre azioni passate) e l'impermanenza (l'idea per cui tutte le cose sulla terra non sono eterne ma sono destinate ad avere una fine). Questi temi appaiono apertamente in piccoli sermoni inseriti nei testi, in particolare lo Heike monogatari stesso può essere visto come un lungo sermone sul buddhismo.

sabato 13 agosto 2016

Sakamoto Ryōma

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Sakamoto Ryōma (坂本 龍馬; Kōchi, 3 gennaio 1836 – Kyoto, 10 dicembre 1867) è stato un samurai giapponese, a capo del movimento volto a rovesciare lo shogunato Tokugawa durante il periodo Bakumatsu in Giappone.

Biografia

Primi anni

Sakamoto Ryōma nacque a Kōchi, nel dominio Tosa, l'odierna prefettura di Kōchi sull'isola di Shikoku. Secondo il calendario giapponese, è nato il 15º giorno dell'11º mese, del sesto anno dell'era Tenpō. Le precedenti generazioni della sua famiglia, commercianti di sake, erano diventati abbastanza ricchi da guadagnarsi il rango di samurai mercanti, o goshi, che era il più basso rango nella gerarchia sociale dei samurai. A differenza di altri domini, a Tosa i samurai jōshi (di alto rango) e kashi (di basso rango) erano trattati in modo molto differente e vivevano in luoghi separati. Anche nella generazione di Ryōma, la terza generazione della famiglia Sakamoto, il grado della sua famiglia rimase kashi. All'età di dodici anni, Ryōma fu iscritto in una scuola privata, ma questo rappresentò un episodio di breve durata della sua vita, poiché non era molto incline allo studio. Sua sorella maggiore lo iscrisse così ai corsi di scherma quando aveva 14 anni, dopo essere stato vittima di bullismo a scuola. Con il tempo raggiunse l'età adulta e divenne un maestro di spada. Nel 1853, gli fu permesso di trasferirsi a Edo dove divenne discepolo di Chiba Sadakichi, un maestro di spada. Quell'anno, il commodoro Perry degli Stati Uniti arrivò con una flotta di navi verso il Giappone, ponendo fine alla sua secolare politica isolazionista.

Implicazioni politiche

Terminati gli studi nel 1858, Sakamoto tornò a Tosa. Nel 1862, il suo amico Takechi Hanpeita (o Takechi Zuizan) creò un'organizzazione di matrice conservatrice all'interno del dominio nota come "Kinnoto", il cui slogan politico era "riverire l'Imperatore, espellere gli stranieri". Si trattava di circa 200 samurai, per lo più di rango inferiore, che premevano per una riforma del governo di Tosa. Dal momento che il signore di Tosa aveva rifiutato di riconoscere l'organizzazione, essi complottarono per assassinare Yoshida Tōyō, il quale venne ucciso il 6 maggio di quell'anno, ma solo dopo che Sakamoto ebbe lasciato Tosa. Ryōma infatti partecipò all'ideazione del piano, senza tuttavia essere d'accordo con la sua attuazione, perché Takechi era interessato a una rivoluzione del solo clan Tosa, mentre Ryōma era dell'avviso che dovesse essere fatto qualcosa per tutto il Giappone. Decise così di lasciare Tosa e separarsi da Takechi. In quel periodo, a nessuno era permesso di lasciare il proprio clan senza un'autorizzazione, pena la morte. Una delle sorelle di Ryōma si suicidò per il disonore, mentre egli fece ricorso allo pseudonimo di Saitani Umetarō (才谷 梅太郎).

Periodo Bakumatsu

Divenuto un rōnin, Sakamoto decise di assassinare Katsu Kaishū, un alto funzionario dello shogunato Tokugawa che fu sostenitore sia della modernizzazione sia della occidentalizzazione del Giappone. Tuttavia, Katsu Kaishū persuase Ryōma della necessità di un piano a lungo termine per aumentare la forza militare del Giappone. Invece di uccidere Katsu, Ryōma iniziò a lavorare come suo assistente e protetto. Nel 1864, come lo shogunato Tokugawa iniziò a prendere una linea dura, Ryōma fuggì a Kagoshima nel dominio di Satsuma, il quale stava divenendo un centro importante per il movimento anti-Tokugawa. Ryōma negoziò l'alleanza segreta tra il dominio di Chōshū e quello di Satsuma. Satsuma e Chōshū storicamente erano stati nemici assoluti, e la posizione di Ryōma in qualità di "estraneo neutrale" fu fondamentale nel colmare le distanze tra le parti.
Sakamoto lavorò sotto la direzione di Katsu Kaishū nella creazione di una forza navale moderna (con l'aiuto delle potenze occidentali) per consentire a Satsuma e Chōshū di resistere contro le forze navali dello shogunato Tokugawa. Ryōma fondò la marina privata e la società di commercio Kameyama Shachū (亀山社中) nella città di Nagasaki con l'aiuto di Satsuma. Più tardi Kameyama Shachū prese il nome di Kaientai.
La successiva vittoria di Chōshū sull'esercito Tokugawa nel 1866 e il crollo imminente dello shogunato Tokugawa permise a Ryōma di avvantaggiarsi nei confronti dei suoi ex compagni di Tosa, e fu richiamato a Kōchi con tutti gli onori del caso. Il dominio Tosa era ansioso di ottenere una soluzione negoziata tra lo shōgun e l'Imperatore, che avrebbe impedito alla potente Alleanza Satchō di rovesciare i Tokugawa con la forza e di emergere quindi come una nuova forza dominante nel governo del Giappone. Ryōma giocò un ruolo cruciale nelle successive trattative che portarono alle dimissioni volontarie dello shōgun Tokugawa Yoshinobu nel 1867, portando così alla restaurazione Meiji.

Ultimi anni e morte

Ryōma fu assassinato all'età di 31 anni (secondo il vecchio calendario lunare è nato il giorno 15 del mese 11°, e ucciso il giorno del suo compleanno nel 1867) presso la locanda Ōmiya (近江屋) di Kyoto, non molto tempo prima che la restaurazione Meiji avesse luogo.



venerdì 12 agosto 2016

Bhaga

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Bhaga (भागा) è un termine Sanscrito il cui significato è signore, padrone, ma usato anche per indicare ricchezza o prosperità. La sua origine è remota, e termini provenienti dalla medesima radice indoeuropea si trovano in molte lingue di origine indoeuropea: in greco Zeus bagaious, in avestico Bagha, in persiano antico Baga, nell'Antico slavo ecclesiastico Bogu e Bogatu, in lingua lituana Bogotas e Nabagas.

Significati

In Avestano il termine bagha ha un significato incerto, ma viene usato per definire un "signore o un padrone". Dall'aggettivo segue il sostantivo, e tale termine potrebbe diventare l'epiteto del nome precedente, ad esempio Signor X. In alternativa, potrebbe essere parte di un composto dvandvah, cioè letto come "X e Baga", che implicherebbe Baga quale figura specifica.
Nelle lingue slave il termine è trasformato in bogu e in persiano bagha. Questa parola bogu in slavo indica indistintamente le divinità, e un altro termine, affine al Devitico daeva, è usato per indicare il dio creatore, Rod, equivalente slavo di Brahma. La semantica è simile a quella della parola "lord" lingua inglese, (da hlaford ossia pane guardiano), con l'idea che tra le funzioni di un capo o leader vi sia la distribuzione delle ricchezze tra i suoi seguaci. Il nome della città Baghdad condivide le sue origini con il persiano Medio Baga: baga-dati o dono divino, in persiano moderno: Baghdad.
Tre le divinità vediche Bhaga è uno degli Aditya, e rappresenta la divinità della ricchezza e del matrimonio. Nel Rigveda Bhaga è il dio che sovrintende alla distribuzione dei beni e al destino di ogni uomo in relazione al suo merito. La parola sembra affine a Bhagavan e Bhagya, termini usati in diverse lingue indiane per indicare, rispettivamente Dio e destino.

giovedì 11 agosto 2016

Kyūjitai

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Kyūjitai (旧字体), letteralmente "forma antica dei caratteri", sono gli antichi kanji tradizionali della lingua giapponese, oltre 45000, derivati dagli ideogrammi cinesi. La relativa versione semplificata è costituita dagli shinjitai, "forma nuova dei caratteri", oggi comunemente utilizzati per scrivere in giapponese. I caratteri semplificati comparvero già secoli fa e si diffusero nella lingua scritta comune sia in Cina che in Giappone, anche se considerati poco eleganti, finché dopo la seconda guerra mondiale vennero ufficializzati in entrambi i paesi. In Giappone, fino all'approvazione, il 16 novembre 1946, della lista dei 1850 tōyō kanji semplificati per la stampa (poi sostituita dalla lista dei 1945 jōyō kanji nel 1981, ulteriormente modificata nel 2010), i kyūjitai erano noti come seiji (正字, "caratteri corretti") o seijitai (正字體). Anche dopo l'abbandono ufficiale della forma tradizionale, i kyūjitai furono ancora usati spesso nella stampa durante tutti gli anni cinquanta a causa del ritardo nel rinnovamento dei set tipografici. I kyūjitai vengono talvolta utilizzati ancora oggi da alcuni autori, dal momento che il loro uso non è vietato, ma solo deprecato. Ad esempio, i caratteri kyūjitai sono ancora frequenti nei nomi propri di persona, ed integrano i 293 jinmeiyō kanji, i caratteri comunemente usati per i nomi propri.


mercoledì 10 agosto 2016

Ashina Morishige

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Ashina Morishige (蘆名 盛隆; 1575 – 8 novembre 1631) è stato un daimyō giapponese del periodo Sengoku, appartenente al clan Ashina.
Morishige era il secondo figlio di Satake Yoshishige ed era conosciuto anche come 'Yoshihiro'. Nel 1587 sposò la figlia di Ashina Moritaka. La sua successione come daimyō degli Ashina dopo l'assassinio di Moritaka creò conflitti all'interno del clan e una serie di servitori si avvicinò ai Date, che si erano offerti per fornire un erede. Così gli Ashina e i Satake si allearono contro il clan Date e si scontrarono contro quest'ultimi nella battaglia di Hitadori nel 1585. Il fallimento di quella campagna e problemi interni al clan consentirono a Date Masamune di mettere fine agli Ashina. Date Masamune sconfisse Morishige nella battaglia di Suriagehara e successivamente catturò Kurokawa (1589). A Morishige fu permesso di andare in ritiro nella provincia di Hitachi dal clan Satake.


martedì 9 agosto 2016

Naoe Kanetsugu

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Naoe Kanetsugu (直江 兼続; 1559 – 23 gennaio 1620) è stato un samurai giapponese vissuto dal periodo Sengoku a quello Edo. Figlio maggiore di Higuchi Kanetoyo, Kanetsugu è noto per aver servito due generazioni di daimyō Uesugi. È anche conosciuto con il suo titolo di corte, Yamashiro no Kami (山城守) o col suo nome di nascita, Higuchi Kanetsugu (樋口 兼続).
Kanetsugu servì prima Uesugi Kenshin come koshō (小姓) . Dopo la morte di Kenshin servì il suo figlio adottivo Kagekatsu. Il fratello di Kanetsugu, Ōkuni Sanehiro, fu anch'egli un famoso servitore Uesugi.

Biografia

Kanetsugu nacque come Yoroku (与六) al castello di Sakato nella provincia di Echigo. Suo padre, Higuchi Sōemon Kanetoyo era un vecchio servitore di Nagao Masakage, il signore del castello di Sakato. Quando Yoroku raggiunse l'età adulta sposò la prima cugina Osen da lato materno, la vedova del servitore Uesugi Naoe Nobutsuna, e prese il nome della famiglia Naoe per diventare il capo della famiglia poiché Osen non aveva avuto nessun figlio dal precedente matrimonio e quindi non aveva nessun erede con diritto di successione. Divenne consigliere Uesugi all'età di ventidue anni, distinguendosi velocemente come un eccezionale comandante, e fu coinvolto in molti scontri che ebbero luogo nella costa del mar del Giappone con Sassa Narimasa e Maeda Toshiie. Kanetsugu fu anche responsabile per le azioni del clan Uesugi contro la coalizione Tokugawa durante le manovre che terminarono con la battaglia di Sekigahara. Seguendo la resa del clan Uesugi ai Tokugawa nel 1601, le loro proprietà furono trasferite sul più piccolo feudo di Yonezawa, con entrate di 300.000 koku. A Kanetsugu fu garantito uno stipendio prima del ritiro.

Dopo la morte

Dopo la sua morte, sua moglie Lady Osen (お船), come usanza di quel tempo, prese la tonsura, si tagliò i capelli e divenne una monaca buddista. Il suo nome cambiò in Lady Teishin-ni (貞心尼). Teishin-ni aiutò comunque il giovane capo Uesugi, Uesugi Sadakatsu, fino alla sua morte avvenuta nel 1637 ad 81 anni.

Personalità

Naoe Kanetsugu era rispettato per le sue azioni. Ne "The Life of Toyotomi Hideyoshi" di Walter e M.E. Dening si racconta di un aneddoto nel quale Hideyoshi, la cui temporanea unificazione del Giappone aveva aperto la strada per lo shogunato Tokugawa, decise di fare visita a Uesugi Kagekatsu, a quel tempo signore di Kanetsugu, accompagnato da pochi servitori.
Quando ricevette la notizia, Kagekatsu richiamò un consiglio per discutere su ciò che era meglio fare, date le circostanze. La maggior parte dei consiglieri si schierò per assassinare Hideyoshi, sostenendo che sarebbe stato di gran lunga il modo più semplice di liberarsi di un pericoloso nemico. Ma Naoe Kanetsugu condannò questo consiglio come indegno di un uomo che teneva la posizione di Kagekatsu. «Hideyoshi viene tra noi senza guardie» disse Kanetsugu, «è la prova del suo profondo rispetto per il nostro signore. Con signori minori Hideyoshi non si esporrebbe così tanto al pericolo. Sapendo che il nostro signore è un uomo di nobile indole, si fida di noi. Se approfittiamo di questo e lo uccidiamo, la storia della nostra viltà ed il tradimento sarebbe tramandato ai posteri per la nostra vergogna eterna. No: lasciamo che il nostro maestro incontri magnanimità con magnanimità; lasciamolo avere udienza con Hideyoshi e vediamo se essi non riusciranno a trovare a un accordo. Se non lo faranno, allora ci batteremo, ma non prima Hideyoshi sia rispedito a casa».

lunedì 8 agosto 2016

Ōuchi Yoshitaka

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Ōuchi Yoshitaka (大内 義隆; 18 dicembre 1507 – Nagato, 30 settembre 1551) fu daimyō di Suo.

Biografia

Figlio di Ōuchi Yoshioki, nel 1522 partecipò con il padre alla guerra contro il clan Amago per il controllo della provincia di Aki, succedette al padre (morto nel 1528) come capo del clan Ōuchi.
Negli anni '30 guidò un'azione militare nel nord di Kyūshū e, sconfiggendo il clan Shoni, acquisì il controllo dell'area. Nel 1540 riprese la lotta contro gli Amago per il controllo della provincia di Aki.
L'invasione della provinicia di Izumo si concluse disastrosamente con la morte del figlio adottivo di Yoshitaka, Ōuchi Harumochi, e di molti dei soldati inviati contro Amago Haruhisa. Dopo la sconfitta smise di coltivare l'ambizione di espandere i suoi domini e si dedicò alle arti e alla cultura.
I suoi seguaci s divisero in due fazione: una guidata da Sagara Taketo, che auspicava al mantenimento della pace e al consolidamento del potere nelle terre conquistate, e una che faceva capo a Sue Harukata, che propugnava la ripresa della guerra di espansione: Ōuchi Yoshioki scelse come consiglieri i primi, causando la ribellione di Sue Harukata che cercò di prendere il controllo del clan.
Avendo il controllo delle truppe, Sue ebbe facilmente la meglio su Yoshioki e lo costrinse a commettere seppuku.

domenica 7 agosto 2016

Imagawa Yoshimoto

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Imagawa Yoshimoto (今川 義元; 1519 – 12 giugno 1560) è stato un militare giapponese. Appartenente al clan Imagawa e residente nella provincia di Suruga, fu uno dei tre daimyō (signori feudali) che dominavano sulla parte orientale del Giappone, e uno dei più importanti daimyō della prima parte del periodo Sengoku.

Biografia

Quinto figlio di una famiglia numerosa fu mandato ancora bambino in un tempio dove il suo nome venne cambiato in Baigaku Shōhō, ma quando suo fratello maggiore Ujiteru morì, forse avvelenato, i suoi diritti ereditari vennero minacciati dal suo fratellastro Genkou Etan provocando così una spaccatura all'interno della sua famiglia in due fazioni contrapposte a sostegno dei due pretendenti. La fazione favorevole a Yoshimoto sosteneva che poiché la madre di quest'ultimo era la legittima consorte del capo clan, egli fosse il diretto erede; d'altro canto la fazione a sostegno di Genkō Etan, sosteneva che essendo questi il più anziano fosse il più appropriato a guidare la famiglia. Dopo essere riuscito ad ottenere il controllo della sua famiglia, Yoshimoto sposò la figlia di Takeda Nobutora alleandosi con la sua famiglia e guadagnando così il controllo di una vasta area comprendente le province di Suruga, Totomi e Mikawa.
In seguito strinse una triplice alleanza con il clan Takeda, gli Hōjō e con Tokugawa Ieyasu, con il quale mosse verso la capitale Kyōto. Tuttavia, nonostante fosse a capo di un imponente esercito, venne arrestato lungo la marcia dall'allora giovane ma astuto Oda Nobunaga che lo sconfisse ed uccise nella battaglia di Okehazama. Tradito dallo stesso Togukawa, il clan di quest'ultimo, i Matsudaira, si dichiararono indipendenti dal clan di Imagawa alleandosi con Nobunaga e il clan Oda.

sabato 6 agosto 2016

Yoshikage Asakura

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Asakura Yoshikage (朝倉 義景 Asakura Yoshikage; 12 ottobre 1533 – 16 settembre 1573) è stato un politico giapponese.

Biografia

Nato a Ichijodani Echizen divenne celebre come daimyō del periodo Sengoku.

venerdì 5 agosto 2016

Ashikaga Yoshiaki

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Ashikaga Yoshiaki (足利 義昭; 5 dicembre 1537 – 9 ottobre 1597) è stato un militare giapponese. Figlio di Ashikaga Yoshiharu e fratello di Ashikaga Yoshiteru, fu il quindicesimo e ultimo shōgun dello shogunato Ashikaga.
Nel 1568, Ashikaga Yoshihide era stato nominato nuovo shōgun, ma tale titolo non aveva ormai più alcun valore, e Yoshihide non era neanche riuscito a entrare nella capitale Kyōto; Yoshiaki, ritenendo la nomina di Yoshihide illegittima in quanto orchestrata dagli assassini di suo fratello Yoshiteru, e sostenendo perciò di essere il legittimo erede allo shogunato, si recò a Gifu dove chiese l'aiuto militare di Oda Nobunaga, daimyō della provincia di Owari le cui recenti vittorie gli avevano fatto guadagnare una crescente fama nel Paese. Nobunaga colse l'occasione di avere insieme la capitale e lo shōgun come suo alleato, così accettò la richiesta di Yoshiaki e mosse rapidamente le sue armate contro Rokkaku Yoshikata, che si opponeva a Yoshiaki, per poi dirigersi verso Kyōto, difesa dal clan Miyoshi, di cui ebbe facilmente ragione. Yoshiaki fu nominato shōgun e propose a Nobunaga la carica di kanrei, ma questi rifiutò.
Nel tempo fu sempre più chiaro che pur non ricoprendo alcuna carica ufficiale Nobunaga aveva intenzione di manipolare Yoshiaki per giustificare le sue conquiste; segretamente, Yoshiaki raccolse vari altri daimyō in un'alleanza contro di lui. Storicamente il clan Oda era subordinato al clan Asakura, perciò quando Nobunaga invase i territori degli Asakura il clan Azai, da molto tempo alleato con gli Asakura, si schierò contro Nobunaga, e l'alleanza contro di lui colse l'occasione per intervenire. Nel 1570, nella battaglia di Anegawa, Nobunaga ebbe ragione delle forze alleate di Azai e Asakura. Il capo della fazione anti-Nobunaga, Takeda Shingen, su pressione dello shōgun marciò contro la capitale nel 1572, sconfiggendo l'esercito guidato da Tokugawa Ieyasu nella battaglia di Mikatagahara; tuttavia, Shingen morì prima di arrivare a Kyōto, nel 1573, e il clan Takeda si ritirò.
Ormai evidente, l'ostilità tra Yoshiaki e Nobunaga sfociò in guerra aperta nel 1573, ma le deboli armate che lo shōgun riuscì a raccogliere furono rapidamente sconfitte da Nobunaga, e Yoshiaki fu esiliato. Sebbene Yoshiaki abbia continuato a mantenere ufficialmente il titolo di shōgun fino al 1588, lo shogunato Ashikaga si considera caduto dal 27 agosto 1573.
Toyotomi Hideyoshi, il generale di Nobunaga che continuò la sua opera di unificazione del Giappone, chiese in seguito a Yoshiaki di adottarlo e consentirgli di legittimare la sua autorità diventando il nuovo shōgun, ma Yoshiaki rifiutò.

giovedì 4 agosto 2016

Fukushima Masanori

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Fukushima Masanori (福島 正則; 1561 – 1624) è stato un generale giapponese e un daimyō, al servizio dei Tokugawa.
Ostile a Ishida Mitsunari simpatizzò subito per Ieyasu Tokugawa; Ishida con un pretesto bruciò il castello di Masanori; durante la battaglia di Sekigahara sferrò il primo attacco alle truppe di Ukita rimanendo in prima linea per tutto il tempo. Vinta la battaglia e catturato Ishida, Masanori ebbe l'onore e il piacere di decapitare l'odiato daimyo a Kyoto insieme ad Anko e Konishi.
Possedeva una delle tre grandi lance del Giappone: Nihongo, o Nippongo (日本号). Usata un tempo nel Palazzo Imperiale, la Nihongo è stata poi posseduta da Masanori Fukushima, per poi passare in mano a Tahei Mori. È stata recuperata, restaurata ed ora si trova al The Fukuoka City Museum.

mercoledì 3 agosto 2016

Konishi Yukinaga

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Konishi Yukinaga (小西 行長; 1555 – Kyoto, 6 novembre 1600) è stato un militare giapponese cristiano, daimyō sotto Toyotomi Hideyoshi.

Biografia

Yukinaga era figlio di un ricco mercante, o forse di uno speziale, chiamato Ryusa Konishi, di Sakai. Entrambi i genitori erano cristiani, battezzati coi nomi di Gioacchino e Maddalena. Era il secondogenito della coppia e il suo nome d'infanzia pare fosse Yakuro.
Nel 1581 a ventisei anni si fece battezzare col nome di Agostino e l'anno seguente, nel 1582, entrò al servizio della famiglia Ukita. Durante la campagna per la conquista del Kyushu nel 1587, Hideyoshi lo notò per le capacità di comando e, dopo che Yukinaga costrinse alla resa la provincia di Higo, lo ricompensò con un lauto feudo in quella zona per un ammontare di 240000 koku, e il castello di Udo. L'altra metà di Higo fu affidata a Kato Kyomasa, fervente buddista zen, e fra i due non corse mai buon sangue.
Nonostante si opponesse all'invasione giapponese della Corea, fu nominato comandante della spedizione assieme al suo rivale Kato Kyomasa. Svolse un ruolo importante nella conquista di Seul, di Pusan e nella difesa di Pyongyang. Nel 1595 cercò di intraprendere, assieme a Ishida Mitsunari, una trattiva di pace con l'impero cinese, che era intervenuto nella guerra a fianco della Corea. L'indifferenza di Hideyoshi fece tuttavia fallire i negoziati e Yukinaga si imbarcò per la seconda spedizione coreana nel 1597.
Nel 1598, alla morte di Toyotomi Hideyoshi, Yukinaga si fece sempre più vicino ai lealisti dei Toyotomi e nella primavera del 1600, allo scoppio della guerra, palesò la sua alleanza a Ishida, essendo anche uno dei suoi più fidati amici. Yukinaga assistette alla disfatta di Sekigahara, e alla fine della giornata cercò di fuggire sul monte Ibuki, ma fu consegnato alle forze di Tokugawa Ieyasu dagli abitanti del villaggio in cui aveva cercato rifugio.
Portato a Kyoto, gli fu offerta la possibilità di fare seppuku, ma essendo cristiano rifiutò. Fu decapitato il sei novembre 1600, subito dopo Ishida Mitsunari, e morì pregando.

martedì 2 agosto 2016

Film gongfu

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Film gongfu, o Gongfu movie, o anche Gongfupian in cantonese, è un genere cinematografico in cui gli scontri fra il protagonista ed i suoi nemici si svolgono a distanza ravvicinata e con l'uso di tecniche ispirate da arti marziali reali. I film gongfu sono caratterizzati dall'esclusivo uso di tecniche a mani nude, o al massimo con poche armi bianche.


Struttura

Il film gongfu si basano quasi esclusivamente sulla vendetta. Il protagonista subisce un torto da uno o più nemici, e dovrà vendicarsi.
Una particolare variante è quella tipicamente cinese chiamata "scuole rivali", in cui non è solo il protagonista a subire il torto bensì l'intera scuola marziale a cui appartiene. La vendetta non sarà quindi personale, ma servirà a riscattare la propria scuola e quindi il proprio maestro. Un esempio classico del genere è Dalla Cina con furore (Jing wu men, 1972) di Lo Wei con Bruce Lee.
Un'altra variante è quella sportiva, nata ad Hong Kong ma sviluppatasi negli USA. Il percorso della vendetta, infatti, si svolge in questo caso sul ring, dove il protagonista è di solito un combattente professionista battuto (o più spesso umiliato) da un contendente al titolo. In questi casi la vendetta sarà agonistica. Un esempio tipico è Senza esclusione di colpi 2 (American Kickboxer, 1991) di Frans Nel con John Barrett (malgrado il titolo italiano, il film non ha niente a che vedere con Senza esclusione di colpi).


Storia

Differenze fisiche

I gongfu sono da dividere in due grandi sezioni:
  • gongfu orientali (Hong Kong, Corea del Nord, ecc.)
  • gongfu occidentali (USA)
Le differenze culturali e fisiche fra Oriente ed Occidente, infatti, fanno sì che titoli racchiusi nello stesso genere siano diametralmente opposti. Gli atleti occidentali sono più sviluppati fisicamente, sono più alti, hanno più muscoli rispetto ai colleghi orientali, ma proprio per questo pesano molto di più, e l'abilità acrobatica che contraddistingue gli atleti asiatici è del tutto impossibile per un atleta occidentale. Quest'ultimo, così, punterà tutto su un combattimento con meno tecniche ma dotate di maggiore potenza fisica, al contrario di un atleta orientale che invece porta a segno decine e decine di tecniche.
L'uso del ralenti, l'esecuzione cioè al rallentatore di un colpo, è una tecnica scarsamente usata nei primi film asiatici, o comunque usata nella modalità ralenti a scatti; questo modo di ripresa invece è stato esaltato dal cinema occidentale, perché il fisico degli atleti è possente e rende bene al rallentatore, e soprattutto maschera il fatto di aver portato a segno poche tecniche. Malgrado questa pratica abbia attecchito nei film asiatici più moderni, lo stesso è poco usata. Anzi, moltissimi dei primi film di arti marziali cinesi erano "velocizzati", per permettere agli atleti di combattere più lentamente davanti alla macchina da presa ed evitare incidenti sul set.



Gongfu orientali

I primordi
Malgrado le arti marziali a mani nude siano state mostrate dall'attore simbolo cinese Kwan Tak Hing nella sua lunghissima serie di film su Wong Fei Hung, convenzionalmente si indica ne La morte nella mano (Long hu dou - The Chinese Boxer, 1970) il primo gongfu orientale propriamente detto. Diretto da Wang Yu (in collaborazione con Wu Yusen), divenuto celebre con una fortunata serie di wuxia, il film è il primo a basarsi interamente su combattimenti a mani nude. In realtà lo stesso anno escono La strada del massacro (Long hu dou - From the Highway) di Chang Tseng-chai e Vengeance! (Bo sau) di Chang Cheh, altri film che si possono definire gongfu. Indipendentemente da quale sia stato il primo, è il 1970 l'anno di nascita del gongfu orientale inteso come fenomeno di massa e primo, reale successo.
La florida cinematografia di Hong Kong fa sì che già dal 1971 escano molti titoli di questo nuovo genere. Lo Wei gira il suo primo gongfu con Il furore della Cina colpisce ancora (Tang shan da xiong - The Big Boss), mentre Chang Cheh, più stimato e famoso, sfrutta il nuovo genere con ben 2 titoli: I 4 del Drago Nero (Da jue dou - Duel of the Iron Fist) e Massacro di uomini violenti (Kuen gik - Duel of Fists). Questi ed altri tanti titoli, comunque, rimangono strettamente legati al mercato del sud-est asiatico.


Primi successi
Il primo film di Gongfu che riscuote successo internazionale è Il Furore della Cina colpisce ancora con Bruce Lee, distribuito a Beirut con qualche mese di anticipo sul film che farà conoscere il gongfu in tutto il mondo: Cinque dita di violenza (Tian xia di yi quan - Five Fingers of Death), venduto per una cifra risibile dagli Shaw Brothers di Hong Kong alla Warner Bros statunitense, poiché in Asia non era stato un successo e dunque i diritti costavano molto meno del film con Lee che invece aveva frantumato tutti i record locali. Distribuito in Occidente all'inizio del 1973, il film regala all'attore protagonista, Lo Lieh (vero nome: Wang Li Da, 1939-2002) specializzato di solito in ruoli da "cattivo", una piccola notorietà in Occidente, al punto da consentirgli di apparire in due coproduzioni internazionali (il burlesco Crash! Che botte..., di Bitto Albertini, con gli italiani Sal Borgese e Antonio Cantafora; il western-spaghetti Là dove non batte il sole, 1974, di Antonio Margheriti, con l'icona del filone Lee Van Cleef), che non gli consentiranno di divenire una star di prima grandezza al di fuori del circuito asiatico. L'alta dose di violenza dei combattimenti del film (violenza che fa sorridere il pubblico smaliziato del 2000) fa vendere il film in tutti i Paesi del mondo, lasciato di stucco i produttori di Hong Kong. In primis Run Run Shaw, nei cui studios questo e centinaia di altri film di arti marziali furono girati, il quale, in un'intervista rilasciata alla scrittrice e giornalista Oriana Fallaci nel 1973, non fa mistero di reputare Cinque dita di violenza uno dei suoi titoli minori, di routìne (infatti il film non comparve nemmeno fra i primi dieci maggiori incassi di Hong Kong della sua epoca, quantunque avesse una trama più arzigogolata della media e palesemente debitrice al western, sia americano che italiano). I produttori di Hong Kong e Taiwan, però, non rimangono certo con le mani in mano. Vista la richiesta crescente, inondano il mercato mondiale di film gongfu, essendo specializzati nel girare film in tempi brevissimi, spesso con denari anticipati dai distributori europei ed occidentali in genere, tanto che non pochi dei titoli più dozzinali furono realizzati alla svelta principalmente per l'Occidente (è il caso della lunga serie di pellicole coi sosia di Bruce Lee, prodotte a catena tra Taiwan ed Hong Kong dal 1974 fino ai primi anni Ottanta). Sempre nel 1972, il prolifico Chang Cheh (solo per citare uno degli autori migliori) si fa in 3: fa uscire infatti Il Drago si scatena (Ma yong zhen - Boxer From Shantung), I kamikaze del karate (Chou lian hu an - Man of Iron) e I 4 scatenati di Hong Kong (Si qi shi - Four Riders). Titoli molto violenti e pessimisti, caratterizzati dalla morte in battaglia dei loro eroi disperati, quasi sempre sventrati (il cosiddetto "gut-spilling-fight", combattimento con le budella di fuori) eppure ancora in piedi per combattere fino alla fine, in pellicole che usciranno anche in Italia nel 1973-74.
Anche Lo Wei gira un altro gongfu, destinato a diventare leggenda: Dalla Cina con furore, che lancia Bruce Lee nell'olimpo delle stelle del cinema. Peraltro l'unico gongfu di Lee, unitamente al citato Il Furore della Cina colpisce ancora, ad uscire nelle nostre sale mentre l'attore è ancora in vita, sebbene i due titoli usciranno qui in ordine inverso. Da notare che furono entrambi scritti da I Kuang, il più prolifico sceneggiatore del filone, quantunque non accreditato nei titoli.
Il 1973 vede la consacrazione del genere gongfu, sia in patria con L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente (Meng long guojiang - The Way of Dragon), prima regia di Bruce Lee e suo maggiore incasso locale (oltre cinque milioni di dollari di Hong Kong), sia nel mondo, con l'esplosione a valanga del filone e l'uscita del primo gongfu coprodotto da Hollywood, il campione d'incassi I tre dell'Operazione Drago (Enter the Dragon-Long zheng hu dou, di Robert Clouse), destinato a consacrare Bruce Lee in America dopo gli anni frustranti della gavetta hollywoodiana; ma è anche, per paradosso, l'anno d'una violenta battuta d'arresto, proprio con la morte di Lee, a soli 32 anni in circostanze mai del tutto chiarite. Il vuoto lasciato dall'attore è incolmabile, le decine e decine di pellicole che invadono il mercato non soddisfano il pubblico perché mancano del carisma internazionale del protagonista, capace di trascendere barriere etniche e culturali e "bucare" gli schermi ovunque. La distribuzione di vecchi film wuxia "mascherati" da gongfu non fa che peggiorare le cose, come pure l'abuso del nome di Bruce Lee e del suo personaggio nel citato Dalla Cina con furore, Chen, infilati dai distributori occidentali nei titoli di filmetti di arti marziali che nulla hanno a che vedere con l'attore.
Decine di registi improvvisati non fanno che dare colpi mortali al genere (si pensi ai titoli minori interpretati dai sosia di Bruce Lee, ossia Bruce Li, Bruce Lai, Dragon Lee e affini, che confonde il pubblico e certo non rende un buon servigio alla memoria dello scomparso divo, il quale non di rado verrà confuso dal pubblico meno attento coi suoi epigoni; solo il tempo avrebbe fatto giustizia).
Lo stesso pubblico di Hong Kong, per qualche anno, sembra dimenticare Bruce Lee, il suo unico divo mondiale, e le pellicole americane tornano a farla da padrone al box-office locale, dopo essere state ripetutamente relegate in secondo piano dai successi a catena del Piccolo Drago. Inoltre sull'industria del gongfu pesa un certo discredito che le autorità locali e la stampa scandalistica alimentano, accusando il genere di aver incrementato la delinquenza nelle strade di Hong Kong e lasciando che il nome di Lee venga legato alla droga per via della misteriosa morte del divo, sebbene le sue abitudini salutiste fossero largamente note. In ogni caso, la vita e, soprattutto, la morte di un singolo uomo, influiscono su un'intera industria prossima al collasso e nessuno dei tentativi di internazionalizzare altre, a loro modo, leggendarie star del gongfu come Wang Yu, Ti Lung e David Chiang, va in porto. In Europa e Stati Uniti, il pubblico preferirà rivedere ad oltranza le riedizioni dei successi di Bruce Lee (in un cinema di New York, Dalla Cina con furore stabilisce un record di presenze che sarà eguagliato soltanto da Beverly Hills Cop molti anni dopo; I tre dell'Operazione Drago verrà proiettato in Grecia per ben quattordici anni; in Italia, nel 1982, la riedizione dei gongfu di Lee batte i film del momento per numero di spettatori nelle sale) piuttosto che applaudire un nuovo attore cinese. Una love-story, quella tra il pubblico occidentale e l'idolo cinese, destinata a ripetersi anche nel ventennale della sua scomparsa, il 1993, quando l'uscita della biografia hollywoodiana Dragon-The Bruce Lee Story, di Rob Cohen, un film a basso costo senza attori di spicco, supererà all'uscita americana l'incasso del contemporaneo mega-kolossal Last Action Hero col nuovo eroe del cinema muscolare, Arnold Schwarzenegger. Il solo nome di Bruce Lee basta al pubblico occidentale per correre nelle sale.
Ma a Hong Kong è tutt'altra storia.
Nel 1978 il coreografo dei combattimenti Woo-ping Yuen decide di esordire alla regia. Ma il genere ormai ristagna e decide di lanciare un volto nuovo. Chiama così un attore-stuntman ancora sconosciuto: Jackie Chan. Chan lavora nel cinema da anni ormai, e lo stesso Lo Wei aveva cercato di lanciarlo come "erede di Bruce Lee" ne Il ritorno di palma d'acciaio (Xin ching-wu men - New Fist of Fury, 1976), film che si pone come séguito ideale di Dalla Cina con furore. Malgrado però Chan abbia all'attivo più di 30 film, è ancora uno sconosciuto ad Hong Kong ed è considerato già "bruciato" (il giovane attore, deluso dai molti insuccessi, sta meditando di cambiare mestiere e trasferirsi in Australia dove i suoi genitori si sono trasferiti già da tempo). Yuen "affitta" Chan da Lo Wei, al quale l'attore è legato da un contratto-capestro per ora infruttuoso, e dirige così Il serpente all'ombra dell'aquila (She xing diao shou - Snake in the Eagle's Shadow), con Jackie Chan protagonista e Siu Tien Yuen (padre del regista) come co-protagonista. Il film, modestissimo nei mezzi e nella trama, ottiene un buon successo proprio grazie alla simpatia sfrontata del suo quasi imbelle protagonista, e fa conoscere al pubblico asiatico il genere gongfu comedy. Non è la prima volta che un certo umorismo un po' demistificatorio pervade il genere, ma è certamente la prima in cui un vasto successo arride ad un titolo che si pone in antitesi al tradizionale gongfu il pubblico, soprattutto quello più giovane, apprezza in Jackie Chan un tipo di eroe maldestro, immaturo ed irriverente, pronto alla battuta e alla fuga più di quanto non lo sia alla lotta, a meno che non vi sia proprio costretto.
È il solo modo che il cinema delle arti marziali ha per rinnovare i suoi fasti, almeno in casa: non cercare un nuovo Bruce Lee, impresa impossibile (contro la quale si scornerà negli anni '90 persino il pur bravo Jet Li), ma andare all'opposto. Dalla violenza alla risata, in un cammino analogo a quello compiuto da un genere "cugino": il western italiano (non a caso Chan si ispirerà, per sua stessa ammissione, a Bud Spencer e Terence Hill, oltre che ai classici del muto come Chaplin e Keaton).


Jackie Chan ed il gongfu comedy
Il primo film comico sulle arti marziali è convenzionalmente indicato in The Spiritual Boxer (Shen da, 1975) di Liu Chia-lang, ma il film di Yuen vede nella bravura atletica ed acrobatica di Jackie Chan l'elemento vincente.
Lo stesso anno lo stesso identico cast artistico e tecnico gira Drunken Master (Jui kuen). Chan diventa così una star, non cercando di imitare Bruce Lee, bensì allontanandosene completamente. Mentre Lee è carismatico, serio e marziale, Chan è sornione, giocoso e gioviale. Il film supera ad Hong Kong i record stabiliti da Lee.
L'anno successivo Chan è già regista, con The Fearless Hyena (Hsiao chuan yi chao), che uscirà in Italia nell'estate del 1982 come Jacky Chan la mano che uccide, passando inosservato; ma è solo nel 1980 con Il ventaglio bianco (Shi di chu ma - The Young Master) che diventa famoso a livello internazionale come regista di sé stesso. Lui, infatti, insieme ai suoi amici Yuen Biao e Sammo Hung, per tutti gli anni ottanta daranno lustro e vigore ad un genere ormai agonizzante.


Jet Li ed i gongfu cinesi
Negli anni '80 si afferma anche Jet Li che, a differenza dei suoi colleghi, è nato a Pechino e quindi proviene dalla Repubblica popolare cinese, culturalmente e commercialmente diversa da Hong Kong. Jet Li è un ex campione di Wushu quando approda al cinema, con una fortunata (in patria) serie di 3 film sul tempio di Shaolin, che gli vengono cuciti su misura dal governo di Pechino desideroso di espandersi sui mercati.
Ma gli anni del successo fuori casa, dopo alcuni infausti tentativi, per Li arrivano con l'inizio degli anni '90, quando, nell'ambito dell'apertura verso l'estero del governo cinese (del quale il campione di ginnastica è espressione e prodotto appoggiato da poteri forti), viene diretto da registi del calibro di Stanley Tong, Tsui Hark e Corey Yuen, i migliori dell'Asia. L'uso massiccio dei cavi e eccessivi "voli" che Li compie, fanno transitare i suoi film a metà strada fra il wuxia ed il gongfu, ma sicuramente i suoi combattimenti a mani nude danno nuova linfa al genere marziale, anche se non ha mai praticato Kung-Fu, bensì Wushu.
Col finire degli anni '90, però, Jet Li collabora sempre più spesso con gli USA, abbandonando quindi il genere marziale se non per pochi combattimenti di breve durata ed elaborati al computer, il che opacizza il suo talento, frustrando il suo intento di superare Bruce Lee. Con gli anni '90, tuttavia, inizia anche la riscoperta critica e filologica del genere attraverso libri ed articoli di giovani studiosi che mettono ordine nel caos distributivo di titoli e nomi (in Italia è lo sceneggiatore Lorenzo De Luca a fare da apripista con quattro libri seminali, numerosi articoli, partecipazioni a programmi radiotelevisivi ed infine anche un documentario, Dragonland, del 2010, da lui scritto e diretto, summa di numerose interviste che l'autore ha raccolto negli anni a personaggi viventi e nel frattempo scomparsi quali Jackie Chan, Brandon Lee, Gordon Liu, Lau Kar Leung e molti altri). Ma l'ondata è internazionale, giacché anche in Francia, America e Giappone escono altre pubblicazioni quasi contemporanee che storicizzano il filone come sarebbe stato impensabile fare negli anni '70, quando la critica ufficiale lo snobbava.




Nomi principali
Alcuni nomi dei principali interpreti di gongfu orientali. Da notare come il declino del genere, l'avanzata età ed in alcuni casi la morte, abbiano impedito a questi attori di continuare l'attività di attori marziali. Molti, però, sono diventati coreografi dei combattimenti.
  • Yuen Biao
  • Jackie Chan
  • Sammo Hung
  • Philip Kwok
  • Bruce Lee
  • Jet Li
  • Lo Lieh
  • Ti Lung
  • Fu Sheng (o Alexander Fu Sheng)
  • Ho Chung Tao (o Bruce Li)
  • Yuen Wah
  • Donnie Yen
  • Bolo Yeung
  • Wang Yu (o Jimmy Wang Yu)
  • Phillip Rhee