mercoledì 28 giugno 2017

Emeipai

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Emeipai (峨眉派, scuola o fazione di Emei) è un insieme di stili di arti marziali cinesi che racchiude i vari pugilati che hanno avuto origine sull'Emeishan. Si utilizza anche Emeiquan (峨眉拳, pugilato Emei). Si dice che le scuole che appartengono a questo insieme abbiano caratteristiche sia di Shaolinpai, sia di Wudangpai; certamente l'Emeipai è stato sviluppato dai bonzi buddisti e dai preti taoisti sulla montagna Emei nella provincia del Sichuan. Il primo riferimento alle arti marziali praticate sulla montagna Emei appare durante l'epoca della dinastia Ming in un poema scritto da Tang Shunzhi (唐顺之), il Jingchuan Xiansheng Wenji (荆川先生文集, raccolta di lavori del maestro Jingchuan), nel capitolo Emei Daoren Quange (峨眉道人拳歌, canti del pugilato Taoista di Emei). Il numero di stili praticati alle pendici del monte Emei si è incrementato notevolmente all'epoca della dinastia Qing. Oggi, riprendendo l'Emei Quanpu (峨眉拳谱, spartito del pugilato Emei) degli inizi della dinastia Qing, vengono elencate a comporre questa fazione 8 Men (, scuola, porta) e 5 Pai ().
  • 8 Men (八门) che sono anche dette Baye (八叶, 8 foglie): Sengmen (僧门); Yuemen (岳门); Zhaomen (赵门); Dumen (杜门); Hongmen (洪门); Huamen (化门); Zimen (字门); Huimen (会门).
  • 5 Pai (五派) che sono anche dette Wuhua (五花): Huanglingpai (黄陵派); Dianyipai (点易派); Qingchengpai (青城派); Tiefopai (铁佛派); Qingniupai (青牛派).

martedì 27 giugno 2017

Duanda

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Duanda (短打) è un termine utilizzato nelle arti marziali cinesi per indicare il combattimento a corta distanza e in opposizione a Changquan. È anche chiamato Duanquan (短拳, il pugilato corto). Uno stile con questo nome è diffuso a Baoding e Gaoyang nella provincia dello Hebei, in Cina.

Duanquan e Mianzhang

Il Mianzhang Duanda 绵张短拳 è citato assieme al Mianzhang 绵张 in alcuni testi dell'epoca della dinastia Ming, come ad esempio il Jixiao Xinshu di Qi Jiguang, il Wubian 武编 di Tang Shunzhi 唐顺之 e lo Zhenji 阵纪 di He Liangchen 何良臣.

Duanda e Fanziquan

Il libro Zhongguo Duanda Zhenchuan 中国短打真传 mette in collegamento il Duanda ed il Fanziquan.

Duanquan nel Sanhuang Paochui

Una forma chiamata Duanquan dello stile Sanhuang Paochui è descritta in un libro di Zhang Kai che spiega che questa è una delle forme di base, chiamata anche Zimu Duanda 子母短打 o più semplicemente Zimuquan 子母拳.

Nanshan Duandaquan

Il Pugilato del Combattimento a Corta Distanza del Nanshan è tramandato da Zhou Qingquan in Zhejiang.

Chenshi Taiji Changquan e Duanda

Un libro di Duan Wencai afferma che nel Chenshi Taijiquan esistono una forma di Changquan che si compone di 108 figure ed una di Duanda che si compone invece di 24 figure.

lunedì 26 giugno 2017

Ditangquan

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Ditangquan (地躺拳) è un esercizio di arti marziali cinesi contenente numerose tecniche di caduta. Molti stili possiedono un esercizio con questo nome che però assume caratteristiche e sequenze diverse. Il wushu moderno o sportivo ha codificato diversi taolu sulla base del changquan. Secondo l'enciclopedia di Baidu questo stile è anche detto Digongquan 地功拳(Pugilato del Conseguimento al Suolo), Bazhequan 八折拳 (Pugilato degli Otto Cambiamenti di Direzione), o Ditangquan 地趟拳 (Pugilato Che si sposta al suolo). Qin Yanbo riporta anche il nome Jiudi Shiba Gun 就地十八滚 (Diciotto rotolamenti diretti al suolo)

Stili

Uno stile con questo nome sarebbe stato praticato durante il periodo della dinastia Song Meridionale nello Shandong, per poi diffondersi in ogni parte della Cina, esso viene chiamato anche digongquan (地功拳). Il nome antico è Jiugun shiba die (九滚十八跌). Se ne trovano tracce nel libro “Xu wenxian tong kao 续文献通考” scritto da Wang Qi (王圻) durante la dinastia Ming. Anche nel famigerato Jixiao Xinshu ci sarebbe un riferimento al Ditangquan, che viene visto nella frase: Shandong...Qiandie Zhang zhi die 山东...千跌张之跌 , cioè Nello Shandong delle Cadute è Zhang detto Mille Cadute. Alcuni stili vanno sotto il nome generico di Ditangquan. Si tratta di:
  • dixingquan (地行拳)
  • gouquan (狗拳)

Genealogie

Il libro Ditangquan riporta un albero genealogico con cinque generazioni che si dipartono da Heng Daqiang 恒大枪 di Beiping in due ramificazioni, rispettivamente in Shandong ed Hebei. Alla seconda generazione nel ramo dello Shandong è posto Ba Douniu 霸斗牛 ed in quello dell' Hebei Su Guangtai 苏广泰.

Sequenze

La voce dell'enciclopedia dell'Istituto Confucio riporta questo elenco di taolu a mano nuda: Ditangquan 地趟拳, Jingang Ditang 金刚地趟, Digong Shiba Gun 地功十八滚, Baxian Digong 八仙地功, Shiba Lianzhu 十八连珠, Ditang Chang, Zhong e Duan 地趟长--, Bazhequan 八折拳, ecc. e questi con armi Digongdao 地功刀, Guntangdao 滚趟刀, Gunlongqiang 滚龙枪, ecc.

domenica 25 giugno 2017

Bacinetto

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Il bacinetto (de. Beckenhaube o Kesselhaube; fr. Bassinet; en. Basinet; po. Przyłbica) era una tipologia di elmo di origini italiane in uso nell'Europa medievale (XIV secolo). Si distingue per la forma appuntita, leggermente inclinata all'indietro, del coppo. Differentemente dalla cervelliera, suo archetipo, il bacinetto era dotato di un camaglio agganciato al coppo e non da calzarsi sotto all'elmo. Complice la massiccia diffusione, il manufatto venne arricchito da parti aggiuntive per la protezione del viso: nasali prima e visiere corazzate poi. Al principio del XV secolo, lo si rinforzò sostituendo il camaglio con una gorgiera a piastre metalliche.
Il bacinetto fu la tipologia di elmo più in uso durante la Guerra dei Cento Anni. Venne soppiantato nel Quattrocento dalla celata e dalla bigoncia.

Storia

Origini

Il bacinetto compare in Italia al volgere del XIII secolo. La parola "bazineto" figura in un documento padovano datato 1281 per descrivere una tipologia di elmo in uso alla fanteria cittadina. Si trattò, originariamente, di un'evoluzione della cervelliera, dalla quale si distingue per il coppo appuntito, che venne rapidamente impiegata in sostituzione del troppo ingombrante grande elmo. Alla base dell'evoluzione ci fu, forse, l'influsso sull'operato degli armorari italiani di modelli d'elmo orientali: bizantini o turchi.

Sviluppi

Entro il 1350, il bacinetto assume la sua forma definitiva, con il coppo che si prolungava verso il basso ed i lati del cranio del portatore "integrando" una gronda e delle paragnatidi. Come già occorso per la cervelliera, il bacinetto venne impiegato dai cavalieri come rinforzo per il grande elmo, calzandolo sotto quest'ultimo. Per questioni sia di praticità sia di risparmio, molti cavalieri cominciarono però a calzare il solo bacinetto, preferendo relegare il grande elmo ad un uso ludico nei tornei.
La massiccia diffusione del bacinetto comportò continue migliorie ed evoluzioni che trasformarono l'arcaica evoluzione della cervelliera in un manufatto sempre più vicino ai livelli di altissima protezione della testa precedentemente garantiti dal troppo ingombrante grande elmo.
Fin da subito rinforzato con un camaglio, non calzato sotto all'elmo come per la cervelliera ma agganciato al coppo (prima direttamente e poi per tramite di una gorgiera di cuoio rimovibile), il bacinetto venne poi dotato di apparati difensivi per il volto. Nelle terre del Sacro Romano Impero Germanico ebbe larga diffusione (1330-1370) il bretache, un nasale composto da una pezzuola triangolare di maglia di ferro o da lamine di metallo ribattuto agganciato al camaglio ed assicurata ad una protuberanza sulla sommità del coppo. Dalla Germania, l'uso del bretache passò in Italia, come testimoniato dalla statua equestre di Cangrande I della Scala in Castelvecchio (Padova) e la lapide di Bernardino dei Barbanzoni a Modena.
Sempre in Germania venne sviluppata (ca. 1330-1340) una particolare visiera per il bacinetto con un unico punto di aggancio nella linea mediana alta del coppo: la "klappvisier". Nella seconda metà del XIV secolo (ca. 1370), la visiera, sempre caratterizzata da una sezione tronco-conica ed un profilo appuntito ("a muso di cane" - de. "Hundsgugel" -, anche "a becco", o "a muso di porco" più larga/tondeggiante), ha due punti di aggancio, uno per ogni lato del coppo, è rimovibile e si protende sotto il bordo inferiore dello stesso, sovrapponendosi a parte del camaglio. La visiera a due punti d'aggancio venne in realtà sviluppata nel decennio 1340-1350 (compare nel catafalco di Sir Hugh Hastings, morto nel 1347, nella Chiesa di Santa Maria di Elsing, Norfolk), coabitando dunque con la "klappvisier". Si trattò, comunque, della tipologia più largamente diffusa in Italia laddove, invece, la "klappvisier" restò in uso in Germania ancora nel XV secolo. Nel Regno di Francia, invece, sotto Giovanni II (ca. 1350), la visiera del bacinetto venne scomposta in due parti per migliorarne la solidità: una visiera superiore ed una barbozza inferiore sulla quale la visiera andava a chiudersi.
Intorno al 1410 si iniziò a dismettere l'uso del camaglio agganciato al bacinetto in favore di una gorgiera in piastre metalliche avvolgenti che scaricasse il peso dell'apparata difensivo non più sulla sola testa ma anche sulle spalle. La giunzione tra il corpo del bacinetto e la gorgiera avveniva per tramite di un nuovo pezzo aggiunto alla parte inferiore del coppo, la "baviera". Al principio, per continuare a garantire una certa mobilità alla testa del portatore, la gorgiera era realizzata in due pezzi ed il coppo era assicurato al solo pezzo posteriore. Nella versione successiva del manufatto, il cosiddetto "gran bacinetto", il coppo e la parte posteriore della gorgiera sono fusi in un unico pezzo di metallo che scarica integralmente il peso dell'elmo sulle spalle rendendolo però immobile e quindi, ironicamente, affatto dissimile dal solido ma ingombrante grande elmo che il bacinetto era stato concepito per soppiantare. Bacinetti con visiera e camaglio, ora indicabili come "Piccolo Bacinetto", restarono comunque in uso presso i guerrieri meno abbienti.
Il bacinetto è quasi onnipresente nell'iconografia della Guerra dei cento anni, calzato indiscriminatamente sia dalle forze di cavalleria (i cavalieri stessi cominciano ad essere indicati, nella documentazione, come "bacinetti") sia da quelle di fanteria, soprattutto gli arcieri. Le fonti ci confermano inoltre che, ancora in quel periodo, nonostante il contemporaneo sviluppo del Gran Bacinetto, l'uso congiunto del grande elmo e del bacinetto privo di protezioni facciali non era ancora stato dismesso. Alla Battaglia di Agincourt (1415), Enrico V d'Inghilterra, colpito alla testa, si salvò proprio perché, sotto al grande elmo, calzava un bacinetto.
Fu solo dopo la metà del XV secolo che il bacinetto iniziò ad essere dismesso in favore di due nuove tipologie di elmo più congruenti con il nuovo elaborato tipo di armature a piastre gotica e all'italiana: la celata italiana e la bigoncia nordeuropea.

Costruzione

Il "Bacinetto" si componeva di:
  • un coppo in metallo con sommità appuntita e rivolta all'indietro, discendente sulle guance e la nuca del portatore. Per mezzo di una fila di piccoli fori sui bordi un'imbottitura interna veniva fissata al coppo, onde rendere l'oggetto non solo più confortevole, ma anche più idoneo ad assorbire gli urti inflittigli;
  • un camaglio agganciato direttamente al coppo (bacinetto pre-1320) o assicurato ad una fascia di cuoio che si agganciava sull'elmo grazie ad una fila di sporgenze forate applicate al margine inferiore esterno del coppo (bacinetto post-1320). Quest'ultima tipologia di camaglio poteva essere foderato con un'imbottitura, atta anch'essa a trasmettere il meno possibile i colpi all'armatura sottostante. Col passar del tempo si tese spesso ad utilizzare per il camaglio anelli di maglia sempre più rigidi e resistenti, a sezione appiattita;
  • un nasale a bretache, in maglia di ferro o metallo ribattuto; o
  • una visiera in metallo incernierata al coppo, con un punto di aggancio ("klappvisier") o due punti d'aggancio. A prescindere dal tipo di aggancio e dalla foggia ("a muso di cane", "a muso di porco", "a becco"), le visiere erano sempre dotate di fori per la ventilazione e per garantire un minimo visibilità.
Il "Gran Bacinetto" si discosta dal modello del bacinetto classico perché sostituisce il camaglio con una gorgiera in piastre d'acciaio. Nelle forme più tarde, il gran bacinetto ha coppo e visiera arrotondati, non più puntuti, e la parte posteriore della gorgiera fusa al coppo.

sabato 24 giugno 2017

Uma yoroi

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Uma yoroi (lett. "armatura per il cavallo") è la barda tradizionale giapponese, sviluppante peculiarità tecnico-stilistiche comuni all'armatura giapponese. Questo aspetto è massicciamente percepibile nella testiera giapponese (bamen - 馬面), molto simile nella foggia alla maschera protettiva dei samurai (mempo) e nell'uso di materiale composito per la barda vera e propria (maglia metallica, stoffa e cuoio) in luogo delle piastre metalliche utilizzate in Europa.

venerdì 23 giugno 2017

Pechin

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Il Pechin (親雲上 Pēchin, anche Peichin) è un termine di Okinawa per indicare il guerriero feudale dello scomparso Regno delle Ryūkyū, che si trovava nell'omonimo arcipelago comprendente l'isola di Okinawa, in Giappone. È l'equivalente locale del Samurai giapponese. Sebbene Pechin e Samurai fossero differenti, a partire dal XIX secolo, quando il regno fu annesso dal Giappone, questi guerrieri del Regno della Ryūkyū si fecero chiamare con il termine giapponese di Samurai (conosciuti inoltre come Samurai Ryūkyū o Samurai di Okinawa).


giovedì 22 giugno 2017

Kobudō di Okinawa

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Kobudō di Okinawa (沖縄古武道; conosciuto inoltre come Ryūkyū Kobujutsu, Koryū, o solamente come Kobudō) è un termine giapponese che può essere tradotto come: "antica arte marziale di Okinawa". Ci si riferisce in generale alle tradizionali arti marziali in uso nell'isola di Okinawa, nelle quali si usavano le seguenti armi improprie:
  • Rokushakubo (bastone lungo circa 1,80 metri, conosciuto con il nome di "bō")
  • Sai (pugnale corto)
  • Tonfa (bastone con impugnatura laterale)
  • Kama (falce)
  • Nunchaku (due bastoni collegati tra loro)
  • Tekko (rudimentale tirapugni)
  • Tinbe-rochin (scudo e machete associati)
  • Suruchin (corda di 2 o 3 metri con 2 pesi attaccati alle estremità).
Fra le armi meno comuni di Okinawa vi sono il tambo (bastone di circa 60 cm) e l'eku (remo da barca tradizionalmente progettato ad Okinawa).

Storia

Secondo una storia popolare e la credenza comune, gli attrezzi agricoli di Okinawa si sono evoluti in armi improprie in seguito al divieto di usare armi convenzionali, imposto ai contadini delle isole quando il Giappone si annesse il Regno delle Ryūkyū, di cui Okinawa faceva parte. Trovatisi privi di difese, questi svilupparono tecniche di auto difesa usando gli attrezzi della loro agricoltura tradizionale.
Gli studiosi delle arti marziali moderne respingono tale ipotesi, sostenendo che la casta guerriera Pechin di Okinawa avesse cominciato a praticare queste discipline prima delle leggi proibizioniste degli invasori giapponesi, avendo importato tali tecniche dalla Cina molto tempo prima.


mercoledì 21 giugno 2017

Kiseru

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La Kiseru (煙管) è la pipa tradizionale giapponese.
Caratterizzata da un fornelletto di dimensioni ridotte e forma molto sottile, veniva utilizzata anche come arma di difesa personale dal proprietario.

Storia

La diffusione del tabacco in Giappone fu uno degli esiti dei contatti tra giapponesi e portoghesi nella metà del XVI secolo (v. Periodo del commercio Nanban). La pratica del fumo s'innestò nel solco culturale del Kōdō, l'arte di apprezzare l'incenso. Il vassoio porta-tabacco (tabako-bon) venne derivato dal vassoio porta-incenso ko-bon, mentre il bruciatore dell'incenso fornì la base per il pentolino di carbone da cui il fumatore attingeva la brace per accendere la piccola porzione di filamentoso tabacco kizami. Al termine della sessione di fumo, il braciere della kiseru veniva svuotato in uno scodellino derivato dallo scodellino porta-incenso.
La moda di utilizzare la pipa come arma fu invece invenzione precipua del Sol Levante avvenuta al volgere del secolo e tramutatasi in una consolidata tradizione nel corso del XVII secolo. Nel 1609, a Kyoto, molti capi fazione vennero incarcerati e giustiziati per i disordini provocati, durante i quali, le pipe erano state utilizzate in misura uguale alle spade. La pipa divenne poi arma abituale dei kabukimono (カブキ者), la casta di anti-samurai che si sviluppò durante lo Shogunato Tokugawa. All'atto pratico, è probabile che le pipe venissero utilizzate in combattimento secondo le regole tecniche governanti la scherma. Le pipe venivano «infilate nelle cinture, come una spada, oppure portate da un subordinato o servitore». Durante il Periodo Meiji, non a caso, molti intarsiatori di spade rimasti senza lavoro si dedicarono alla decorazione delle pipe e dei netsuke porta-tabacco.

Costruzione

La kiseru era composta da tre parti:
  • il fornelletto gankubi, in metallo, di piccole dimensioni;
  • il cannello rao, in legno o bambù, lungo e sottile; e
  • il bocchino suikochi (anche suikoci) in metallo.
Il manufatto era solitamente alloggiato in un porta-pipa chiamato kiseru-zutsu.
La pipa da uomo era tradizionalmente lunga 15-20 cm, mentre quella da donna era più lunga (30-60 cm). L'uso dello strumento come arma spinse però in favore di un allungamento delle dimensioni, con kiseru che arrivarono a misurare 100-120 cm di lunghezza oltre al essere munite di guardia tsuba, collocata alla congiunzione tra il bocchino ed il cannello, come fossero delle spade




martedì 20 giugno 2017

Combattimento

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Innanzi tutto dinenticatevi tutto quello che avete visto nei film di arti marziali, dove i protagonisti sono sempre stati rappresentati come atleti che saltano da un tetto a l’altro da una distanza di venti metri come se avessero poteri da super eroi, conoscendo alla perfezione tutte le arti del combattimento, affrontando da soli una moltitudine di persone o addirittura un esercito intero. Il praticante di arti marziali reale è molto diverso da quello visto nei film. Sicuramente deve conoscere molte tecniche di combattimento disarmato e non, deve essere agile e atletico, deve essere capace di cavarsela a combattere contro tre o più avversari.
Chiunque si trovi a lottare per la propria vita regredisce molto rapidamente a uno stato d’animo animalesco. È probabile che vi sia un momento di lucidità della durata di qualche secondo e, se si è ben allenati esso verrà automaticamente utilizzato per programmare l’offensiva. La realtà è che una persona dopo essere stata colpita e stordita da un assalitore smette di pensare, e così si stimola ad un punto tale che da questo momento in poi la lotta deve diventare istintiva. Per realizzare questa semplicità, il passo successivo consiste nell’accertarsi che il praticante sappia a quali zone bersaglio mirare e quali parti del corpo usare come armi, specialmente quelle più naturali, che comprendono il pugno, la mano aperta, la mano ad artiglio, i gomiti, le ginocchia e i piedi per sferrare calci. Al praticante si insegna come provocare il massimo danno nel colpire, spaccare, urtare e calciare contro punti vitali del corpo dell’avversario con pugni, gomiti e tutte le armi descritte prima. Gli viene insegnato anche come alzarsi in piedi, come cadere e rotolare, colpire e bloccare, come atterrare un avversario e come soffocarlo facendo perdergli i sensi. Le tecniche impiegate tengono conto della possibilità che uno possa trovarsi a cadere sulla schiena e debba utilizzare mani e piedi come ultima risorsa, in una situazione che lo vede in stato di inferiorità e prossimo all’esaurimento. Quando è possibile scegliere tra tecniche che richiedono uno sforzo notevole e altre più rapide, più semplici ed efficaci anche se meno sottili, si priviligeranno quest’ultime. Nella foga del vero scontro disarmato, l’economia dei movimenti è essenziale: perché rischiare con un calcio alto quando è sufficiente una ditata in un occhio? Non vi è alcun bisogno di perdere secondi preziosi per seguire una complessa serie di movimenti quando si può ottenere lo stesso risultato con una mossa fulminea.
Nell’autodifesa lo scontro senza armi è caratterizzato da due principi di base: la brevità e la semplicità. Dalla testa ai piedi, una persona può avere una varietà di strumenti per difendersi, i quali se impiegati con tecnica e potenza, possono rivelarsi decisivi per risolvere una situazione: egli però necessita anche di una profonda comprensione delle potenziali conseguenze dell’uso delle proprie armi naturali e deve perciò sapersene servire a seconda dei casi. Nel caso di una lite se possibile evitare colpi come gomitate alla testa poiché sarebbe un modo inopportuno per mettere al tappeto un ribelle, perché potrebbero ucciderlo. Ma se ne dovesse andare di mezzo la vostra vita, allora le tecniche di controllo hanno ben poco senso, quando un assalitore è impegnato con tutte le sue forze nel tentativo di uccidervi.

lunedì 19 giugno 2017

Diaojiaquan

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Il Diaojiaquan (刁家拳, Pugilato della famiglia Diao) o Diaojiajiao (刁家教, Insegnamento della Famiglia Diao) è uno stile di arti marziali cinesi classificabile come Nanquan diffuso nella provincia di Guangdong. Lo stile è stato tramandato nell'area di Xingningxian (兴宁县) da Diao LongKang (刁龙康) e Diao Hulong (刁火龙). Lo stile ha circa 200 anni di storia. Esso possiede 8 Taolu a mano nuda: Jinziquan (金字拳), Pinziquan (品字拳), Yuanziquan (圆字拳), Kouziquan (口字拳), Gongziquan (工字拳), Jingziquan (井字拳), Chuanyangquan (穿羊拳), Zhaojingquan (照镜拳). Cinque armi ed i seguenti esercizi in coppia (Duichai): guandao dui batou (关刀对钯头), dao dui dao (刀对刀), gun dui gun (棍对棍), gun dui deng (棍对凳), Kongshou dui dao (空手对刀).

domenica 18 giugno 2017

Dazunquan

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Il Dazunquan (达尊拳, pugilato riverito da tutti) è uno stile di arti marziali cinesi diffuso nella provincia del Fujian. Il nome Dazun sarebbe un omaggio riverente a Bodhidharma. Utilizzato come esercizio per la salute dai monaci del tempio Kaiyuansi, la sua pratica si diffuse nell'area amministrativa di Zhangzhou. La leggenda vuole che ciò sia accaduto a seguito della distruzione del tempio durante il regno di Tongzhi della dinastia Qing. Caratteristica peculiare di questo pugilato è la forma che assumono le mani, che spesso evocano i mudra buddisti. I Taolu a mano nuda di questo stile sono: Luohan dian; Hudie zhang. Quelli con le armi: Damo hushen gun; Meihuagun; zen; tiechi; shuangjian; fei biao.
È uno degli stili alla base del Wuzuquan.

sabato 17 giugno 2017

Dabeiquan

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Il Dabeiquan (大悲拳, pugilato della grande liberazione dalle sofferenze) è uno stile di arti marziali cinesi di origine buddista. Esso è stato trasmesso a Pechino dal monaco buddista Qiyun (奇云, il cui nome da laico era Shi Zhenggang 史正纲). Leggende ne tracciano l'origine all'epoca della dinastia Tang. Proverrebbe da Shaolin con notevoli caratteristiche che lo avvicinano agli stili interni: tranquillità durante il movimento, impiego dell'intenzione e non della forza, concatenamento lento e fluido dei movimenti, con una costante ricerca dell'equilibrio. Si pratica recitando continuamente il sutra “qianshou qianyan Guanyin guangda yuanman wu'ai dabei xin tuo luo nijing” (千手千眼观音广大园满无碍大悲心陀罗尼经), sutra che viene abbreviato in “Dabeizhou” (大悲咒). Su questo pugilato esiste il libro “Dabei tuoluoni quan tushuo 大悲陀罗尼拳图说” Qiyun insegnò il Dabeiquan negli anni trenta presso il parco Zhongshan gongyuan (中山公园), a Li Yumin (李玉民), Xu Fengjun (徐风俊), Li Daozhong (李道中), ecc.

Sequenze

Le sequenze del Dabeiquan si dividono in 7 Duan (sezioni). Il Taolu principale si compone di 63 shi (figure). Esistono oggi una nuova versione 21 shi, una versione da competizione 42 shi, e due Taolu arrangiati in 84 e 128 shi. Inoltre c'è il Dabeigong (大悲功) ed una forma di spada Dabeijian (大悲剑), ecc. Una Chanmenjian (Spada della Scuola Chan) secondo il libro Dabeiquan appartiene al quarto Duan.

venerdì 16 giugno 2017

Chuojiao

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Il Chuojiao 戳脚, tradotto come Piedi Penetranti, è uno stile di arti marziali cinesi con origini antiche, oggi diffuso nel nord della Cina, nella provincia di Hebei. Per la sua peculiare specializzazione nelle tecniche di gambe viene designato come Beitui zhi jie (北腿之杰, tesoro delle gambe del Nord). Questo stile è anche conosciuto come Yuanyangjiao (鸳鸯脚, Piedi dell'anatra mandarina), Jiuzhizi (九枝子, Nove ramificazioni), Tangzitui (趟子腿, gambe in sequenza), ecc.

Storia e Leggenda

Il Chuojiao avrebbe avuto origine durante la dinastia Song ed è divenuto popolare nei periodi della dinastia Ming e della dinastia Qing. Si racconta che Deng Liang (邓良) creò questo pugilato sulle basi di 18 tecniche di base di piede (十八基本腿法) da cui ricavò 108 varianti (一百零八连环腿, 108 Lianhuantui). Deng Liang insegnò poi a Zhou Tong (周桐), il quale a sua volta lo trasmise a Yue Fei (岳飞). Molti personaggi dello Shuihu zhuan (水浒传, il romanzo sul bordo dell'acqua), sono descritti come praticanti di Chuojiao. La diffusione nella provincia di Hebei, è dovuta a Zhao Canyi (赵灿益), un generale dell'esercito dei Taiping Tianguo, che dopo il fallimento della ribellione venne recluso in Raoyang (饶阳).

Genealogia

Questo è il lignaggio che è descritto nel libro Otto Sequenze di Colpi del Vajra:
  • prima generazione Zhao Canzhang 赵灿章;
  • seconda generazione Duan Xu 段绪 (Laoxu老绪) e Duan Yong 段勇 (Niu);
  • terza generazione Liu Laowang 刘老旺, Li Laoti 李老提 , Shen Laocai 申老开 e Zhang Laoxiao 张老晓;

La tecnica

Il Chuojiao possiede 81 tecniche di gamba (Tuifa), nove Taolu detti "marziali" (Wu) e nove detti "civili" (Wen). Al termine Taolu è preferito il termine Tangzi (趟子, serie di movimenti).