Sen no Rikyū (千利休,
anche Sen Rikyū; Sakai, 1522 – 21 aprile 1591) è stato un
monaco buddhista giapponese, zen, riformatore della cerimonia del tè
giapponese, che codificò in maniera definitiva nella forma wabi-cha,
e maestro del tè di personaggi politici di primo piano del suo tempo
quali Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi.
La vita
Sen no Rikyū nacque a Sakai,
cosmopolita città portuale di mercanti, ubicata vicino a Ōsaka.
Figlio di un gestore di magazzini di nome Tanaka Yohei (田中与兵卫,
date sconosciute) e di Gesshin Myōchin (月岑妙珎,
date sconosciute), il suo nome era Yoshiro. All'età di diciassette
anni divenne discepolo del maestro del tè Kitamuki Dochin (北向道陳,
1504-1562) e, poco dopo, entrò come monaco nel tempio buddhista zen
rinzai Nanshu-ji di Sakai, ricevendo il nome monastico di Sōeki
(宗易). Lì studio sotto il
maestro zen Dairin Sōtō (1480-1568). Due anni dopo divenne allievo
di un altro maestro zen, Takeno Jōō (武野紹鴎,
1502-1555) che era a sua volta stato allievo dei discepoli di Murata
Jukō (村田珠光, 1423-1502),
Sochin e Sogo. Takeno Jōō era dunque erede del lignaggio della
cerimonia del tè avviata circa mezzo secolo prima da Murata Jukō e
dal grande maestro zen Ikkyū Sōjun (一休宗純,
1394 – 1481). Sen no Rikyū rimase allievo di Takeno Jōō per i
successivi quindici anni, nei quali approfondì lo stile wabi-cha.
Ciò che rimane oggi dell'antica
residenza di Sen no Rikyū a Sakai (Ōsaka) sua città natale. Sul
lato destro della foto si può osservare il pozzo dell'acqua a cui il
maestro attingeva per la Cerimonia. La stanza del tè (chashitsu,
茶室), denominata Jisso-an,
è andata perduta durante i bombardamenti della II Guerra mondiale,
ma è stata ricostruita ed è attualmente conservata presso il tempio
buddhista zen rinzai, Nanshu-ji di Sakai.
Successivamente si trasferì presso il
monastero buddhista zen rinzai, il Daitoku-ji (大徳寺)
di Kyōto, approfondendo gli studi religiosi e quelli inerenti alla
cerimonia del tè. Nel 1580, a 58 anni, Sen no Rikyū divenne maestro
del tè personale dello shogun Oda Nobunaga (織田
信長, 1534-1582). È il periodo della diffusione presso la
casta dei samurai della cerimonia del tè di ispirazione zen nello
stile wabi-cha, uno stile che se da una parte si presentava come
estremamente disciplinato ed estetico, nella sua radicale sobrietà
esponeva quei principi religiosi sulla vita e sulla morte tipici
dello zen. Non di rado questa cerimonia era praticata negli
accampamenti militari. Entrato in rapporto con Oda Nobunaga, nel
ruolo di suo maestro del tè, questa carica andava al di là delle
sue finalità apparenti. In un'epoca difficilissima come quella
dell'ultimo quarto del cinquecento, funestata da lotte intestine
sanguinosissime, gli equilibri tra i vari clan dominanti erano
difficilissimi e assai instabili. Alla corte del daimyo, Sen no Rikyū
svolgeva quindi anche un ruolo politico e diplomatico, oltre quello
istituzionale legato al cerimoniale. Alla morte di Oda Nobunaga, nel
1582, passò al servizio del suo successore Toyotomi Hideyoshi (豊臣秀吉,
1536-1598). Quest'ultimo era un generale di Oda Nobunaga dalla
personalità molto forte e dai metodi piuttosto sbrigativi. Tuttavia
Toyotomi Hideyoshi era anche un raffinato esteta e un sincero
appassionato dell'arte del tè e di tutto il contesto
estetico-religioso che circondava questa disciplina. Così in
occasione della presentazione della cerimonia del tè nello stile
wabi-cha all'imperatore Ōgimachi (正親町天皇
Ōgimachi-tennō, 1517-1593), evento procuratogli
grazie all'intercessione di Toyotomi Hideyoshi, Se no Rikyū ottiene
dall'imperatore il nome onorifico buddhista Rikyū Koji (利休
居士che il maestro semplificherà successivamente in Rikyū.
Nel 1587, sempre con l'aiuto di
Toyotomi Hideyoshi, Sen no Rikyū organizzò un'importante riunione
sulla cerimonia del tè presso il Kitano Tenman-gū (北野天満宮,
un tempio scintoista a Kamigyō-ku nei pressi di Kyōto) invitando
centinaia di persone di ogni estrazione sociale e consentendo ai meno
abbienti l'utilizzo di riso tostato al posto del tè, prodotto più
costoso.
Il grande ricevimento del 1587 fu uno
degli ultimi episodi dell'amicizia tra lo shogun Hideyoshi e il
maestro del tè.
Col tempo i due entrarono in rotta di
collisione. Di fondo, il dissidio era di tipo filosofico: il wabi-cha
di Sen no Rikyū, cioè la ricerca instancabile della semplicità e
il rifiuto, connaturato al suo carattere, di qualsiasi ostentazione,
si contrapponeva al gusto sfarzoso di Toyotomi.
Il conflitto dei due è stato
minuziosamente analizzato e sono state fatte molte ipotesi. Si disse
che Toyotomi si fosse invaghito di Ogin, giovane figlia di Rikyu. Che
si rimproverasse a Rikyu il tentativo di griffare gli utensili del
tè, imponendo e sfruttando la moda per ritrarre dalla vendita degli
oggetti profitti considerevoli.
Sembra che Toyotomi accusasse Rikyu di
culto della personalità in relazione alla presunta erezione di una
statua, rappresentante il maestro, all'ingresso del Daitoku-ji.
Di certo il dissidio si aggravò con la
spedizione militare in Corea, organizzata da Toyotomi per spirito di
conquista e giudicata da Rikyu un'operazione di espansionismo non
condivisibile. Sicuramente l'estensione dei conflitti anche
all'estero, e su rotte commerciali importanti, turbava non poco la
classe mercantile di cui, per nascita, Rikyu faceva parte. Quindi la
censura, ben lungi dall'essere morale, era incardinata su interessi
economici rilevantissimi.
Va tuttavia considerato che
l'espansionismo di Totyotomi era ampiamente giustificato dalle
esigenze della classe samurai che erano divenute ormai
difficilissime, se non impossibili, da soddisfare in Giappone, in
quanto le terre disponibili erano ormai tutte occupate e non si
poteva materialmente far luogo a nuove assegnazioni al numero sempre
crescente di samurai che le esigenze di potere di Toyotomi
richiedevano.
Da ultimo sembra che un supposto
avvicinamento di Rikyu ai Tokugawa fosse visto come un tentativo di
tradimento. Toyotomi non aveva tutti i torti a temere il clan rivale,
se è vero che alla sua morte divennero i nuovi signori e che in
seguito alla battaglia di Sekigahara (21 ottobre 1600) riuscirono in
un'impresa, giudicata impossibile: l'unificazione del paese sotto il
loro potere.
Il conflitto tra i due si acuiva e
Toyotomi insisteva nella sua politica di utilizzare l'arte del tè
per costruire un'estetica di corte sfarzosa e nello stesso tempo
popolare. Ai suoi ricevimenti, cosiddetti chakai, partecipava
un numero sempre più grande di persone. Al famoso daichakai
(grande cerimonia del tè) di Kitano, furono invitati tutti quelli
che coltivassero interesse per il cha no yu trasformandolo in un
fenomeno di massa.
A un certo punto il conflitto giunse al
suo epilogo e le personalità dei due contendenti erano troppo forti
per cercare un compromesso. Toyotomi ordinò a Rikyu di eseguire il
seppuku, forse sperando in un cedimento dell'altro. Ma Rikyu non era
tipo da piegarsi e, dopo aver offerto a Toyotomi per l'ultima volta
il tè nella sua spoglia ed essenziale chashitsu, si suicidò.
Prima di morire scrisse una poesia di addio, secondo l'usanza, e
incise un ultimo chashaku, il cucchiaino di bambù che si usa
per preparare il tè, cui diede il nome di Namida cioè
"Lacrime". Si dice che in quest'ultimo oggetto Rikyu abbia
trasfuso tutta la sua forza spirituale, tutto il suo credo estetico.
Il wabi-cha
L'essenza del pensiero di Rikyu è il
concetto di wabi-cha. Al sabi, cioè la patina del tempo che
segna l'aspetto delle cose e allo yūgen, l'incanto sottile
che non si può descrivere con le parole, tanto caro agli autori dei
drammi Nō, Rikyu aggiunse questo concetto che dopo di lui diverrà
il fulcro di tutta l'estetica zen.
Il wabi è la semplicità, la
povertà ricercata fino a divenire estrema sintesi di ogni forma. È
anche il rifiuto di qualsiasi orpello, di ogni ostentazione, che
appesantisca l'espressione. Più che gli scritti di Rikyu, descrivono
il concetto gli aneddoti che rappresentano assai bene il suo
pensiero. Come quando, dovendo ricevere Toyotomi, eliminò tutti i
fiori del giardino per lasciarne uno solo esposto nel tokonoma
affinché la sua forma fosse essenziale, concettuale, archetipica. La
vita stessa di Rikyu è un paradigma del wabi.
E anche la sua morte, così scarna,
dignitosa, quasi disumana. Rikyu fu costretto al seppuku, al suicidio
rituale, da Toyotomi e nulla fece per sottrarsi al suo destino.
Protestando contro l'atto del tiranno nella forma più semplice
possibile: avviandosi alla morte senza concedere nulla alla
debolezza, alla fragilità umana.
Dei due fu Rikyu il vincitore: Toyotomi
morì nel 1598 e nulla rimase del suo sogno egemonico. Due successive
spedizioni in Corea ebbero esito catastrofico. Il clan Tokugawa
riunificò il Giappone ponendo fine all'epoca terribile delle guerre
civili e iniziando una signoria destinata a durare oltre due secoli e
mezzo, fino alla restaurazione imperiale Meiji. Di Rikyu e della sua
filosofia è rimasta una traccia profonda sia in Giappone che in
molti paesi e ancora oggi ogni giorno migliaia di suoi epigoni
ripetono i gesti da lui fissati più di quattro secoli fa.
L'eredità di Rikyu
Dopo la morte del maestro non ci furono
particolari atti persecutori nei confronti della sua famiglia e i
suoi discendenti, con l'avvento dell'era Tokugawa, ritornarono nelle
case dei Sen. I nipoti fondarono varie scuole ancora oggi esistenti.
Le due principali sono l'Ura Senke ((JA) 裏千家)
e l'Omote Senke ((JA) 表千家).
Il nome deriva dalla posizione delle case davanti (omote) o
dietro (ura) rispetto al fronte della strada. Le case sono
ancora lì: in una via periferica di Kyōto, con tutto il loro
contenuto di tesori sia materiali che spirituali.
Il cha no yu, un tempo corredo
spirituale e di etichetta delle giovani spose giapponesi, è divenuto
un fenomeno che raccoglie, nel mondo, migliaia di adepti. E il
pensiero di Rikyu è ancora vivo e costituisce ancora un sostegno per
i samurai di oggi. Si dice che nella sede di ogni grande
multinazionale giapponese vi sia, in disparte, una chashitsu,
dove i manager ritrovano l'armonia, lontani dal frastuono del mondo.
L'arte è comunque assai praticata anche in occidente e molti
capiscuola, in vari paesi, sono degli occidentali.
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