Il coniglio lunare (in cinese
月兔,
yuètù, in coreano 옥토끼,
oktokki, in
giapponese 月の兎
tsuki no usagi) è una creatura immaginaria presente
nella mitologia e nel folklore di molti paesi dell'Estremo Oriente,
ed in particolare di Cina, Corea e Giappone. Si tratta per l'appunto
di un coniglio che vivrebbe sulla Luna. Deve la sua origine ad una
pareidolia comune in Asia (ma non in Occidente) per la quale è
possibile vedere, negli avvallamenti della faccia illuminata della
Luna piena, la figura di un coniglio seduto sulle zampe posteriori a
fianco di un pestello da cucina.
È una figura leggendaria molto
presente nell'immaginario mitologico dell'Estremo Oriente, sebbene
con alcune varianti: in Cina viene solitamente considerato un
compagno della divinità lunare Chang'e, per la quale è incaricato
di produrre l'elisir di lunga vita pestandone i componenti nel suo
mortaio; nel folklore coreano e giapponese si limita invece a pestare
il dolce di riso (in coreano tteok, in giapponese mochi) nel mortaio
(in coreano 절구,
jeolgu, in
giapponese 臼
usu). In tutti i casi, il suo mito si ricollega ad una
antica fiaba buddhista, la Śaśajâtaka.
In Cina viene anche chiamato coniglio
di giada (玉兔,
yùtù) o coniglio d'oro (金兔,
jīntù), e la sua figura viene celebrata nella festività
dedicata alla Luna e alla dea Chang'e, appunto la Festa della Luna (o
Festa di metà autunno; 中秋節,
中秋节,
Zhōngqiūjié).
Storia
La più antica testimonianza del mito
del coniglio lunare risale al Periodo dei regni combattenti,
nell'antica Cina, ed è presente nel Chu Ci (楚辭,
楚辞,
Chǔcí), una raccolta di poesie cinesi composta durante la
dinastia Han. In essa, viene menzionata la credenza per la quale
sulla Luna, insieme ad un rospo, si troverebbe un coniglio occupato a
sminuzzare nel suo pestello le erbe per l'immortalità. Una
successiva menzione è riscontrabile nel Taiping yulan (太平御覽,
Tàipíng Yùlǎn, letteralmente "Letture imperiali
dell'epoca Taiping") della dinastia Song.
Leggenda
Nella mitologia, la ragione per cui un
coniglio dovrebbe trovarsi sulla Luna è descritta nel Śaśajâtaka,
una antica storia (in realtà una vera e propria favola, per gli
standard occidentali) buddista, con intenti moralistici. In essa si
narra di quattro amici animali, una scimmia, una lontra, uno
sciacallo ed un coniglio che, nel giorno sacro buddista di Uposatha
(dedicato alla carità e alla meditazione) decisero di cimentarsi in
opere di bene. Avendo incontrato un anziano viandante, sfinito dalla
fame, i quattro si diedero da fare per procacciargli del cibo; la
scimmia, grazie alla sua agilità, riuscì ad arrampicarsi sugli
alberi per cogliere della frutta; la lontra pescò del pesce e lo
sciacallo, sbagliando, giunse a rubare cibo da una casa incustodita.
Il coniglio invece, privo di particolari abilità, non riuscì a
procurare altro che dell'erba. Triste ma determinato ad offrire
comunque qualcosa al vecchio, il piccolo animale si gettò allora nel
fuoco, donando le sue stesse carni al povero mendicante. Questi,
tuttavia, si rivelò essere la divinità induista Śakra e, commosso
dall'eroica virtù del coniglio, disegnò la sua immagine sulla
superficie della Luna, perché fosse ricordata da tutti.
La leggenda, il cui intento è
celebrare le qualità buddiste del sacrificio e della carità portata
avanti ad ogni costo, è ben nota in Cina e in Giappone, ed è
conosciuta anche in versioni diverse: una di esse, popolare in Cina,
vuole che sia stata la divinità Ch'ang Ô a salvare la coraggiosa
bestiola dalle fiamme e a portarla con sé sulla Luna. In altre
varianti cambia il numero e la specie dei compagni del coniglio, che
vengono riferiti come una scimmia ed una volpe nella raccolta
giapponese Konjaku Monogatarishū, scritta durante il Periodo
Heian e che colleziona antiche storie indiane, cinesi o giapponesi, o
una volpe e un orso in altre versioni.
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