martedì 18 aprile 2017

Koryū

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Koryū (古流) è una parola giapponese che si traduce in "antica scuola" o "antica tradizione" soprattutto nel contesto delle arti tradizionali giapponesi (arti marziali, artigianato) che risalgono a prima della modernizzazione (Meiji).
In particolare l'espressione Koryū Bujutsu si usa per definire tutte quelle scuole di arti marziali la cui fondazione è precedente alla restaurazione Meiji (dall'imperatore omonimo 1862-1912) che vide la nascita del moderno Budo (jūdō, aikidō, kendō, iaidō, ecc.)
Ogni Koryū aveva le sue peculiarità (ryūgi) fortemente legate ai clan samurai del feudalesimo giapponese.
Quasi tutti prevedevano lo studio sia di tecniche armate e sia di tecniche a mani nude.
Tra i Koryu (stimati in oltre 800) i più importanti furono:
  • Araki-ryu kogusoku
  • Asayama Ichiden-ryu heiho
  • Daito-ryu aikijujutsu
  • Higo Ko-ryu naginatajutsu
  • Hokushin Itto-ryu kenjutsu
  • Hontai Yoshin-ryu jujutsu
  • Hozoin-ryu Takada-ha sojutsu
  • Hyoho Niten Ichi Ryu kenjutsu
  • Isshin-ryu kusarigamajutsu
  • Kage-ryu battojutsu
  • Kashima Shinden Jikishinkage ryu kenjutsu
  • Kashima Shinryu kenjutsu
  • Kashima Shinto-ryu kenjutsu
  • Katayama Hoki-ryu iaijutsu
  • Kogen Itto-ryu kenjutsu
  • Kurama-ryu kenjutsu
  • Maniwa Nen-ryu kenjutsu
  • Mizoguchi-ha Itto-ryu kenjutsu
  • Mugai-ryu iaijutsu
  • Muso Jikiden Eishin-ryu iaijutsu
  • Muso Shinden-ryu iaijutsu
  • Ono-ha Itto-ryu kenjutsu
  • Owari Kan-ryu sojutsu
  • Sekiguchi Shinshin-ryu jujutsu
  • Shingyoto-ryu kenjutsu
  • Shinmuso Hayashizaki-ryu battojutsu
  • Shinto Muso-ryu jojutsu
  • Shojitsu Kenri Kataichi-ryu battojutsu
  • Sosuishitsu-ryu jujutsu
  • Suio-ryu kenjutsu
  • Takenouchi-ryu jujutsu
  • Tamiya-ryu iaijutsu
  • Tatsumi-ryu heiho
  • Tendo-ryu naginatajutsu
  • Tenjin Shinyo-ryu jujutsu
  • Tennen Rishin Ryū kenjutsu
  • Tenshin Shoden Katori shinto ryu heiho
  • Toda-ha Buko-ryu naginatajutsu
  • Toyama-ryu battojutsu
  • Uchida-ryu tanjojutsu
  • Yagyu Seigo-ryu battojutsu
  • Yagyu Shingan-ryu taijutsu
  • Yagyu Shinkage-ryu hyoho
  • Yoshin-ryu naginatajutsu


lunedì 17 aprile 2017

Saitō Musashibō Benkei

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Saitō Musashibō Benkei (西塔 武蔵坊 弁慶), meglio conosciuto semplicemente come Benkei (弁慶), (1155 – 15 giugno 1189) è stato un monaco buddhista e militare giapponese.

Biografia

La sua storia è stata tramandata nella leggenda e nella tradizione popolare, soprattutto attraverso il teatro Nō e Kabuki, ed è ormai impossibile distinguere la verità storica dal mito.

L'infanzia

Le varie tradizioni pervenuteci descrivono la nascita di Benkei nei modi più disparati. Secondo una suo padre era a capo di un tempio e avrebbe stuprato sua madre, la figlia di un fabbro. Secondo un'altra sarebbe stato figlio di un kami. Molto spesso viene descritto con tratti demoniaci, un bambino mostruoso con capelli scompigliati e lunghi denti aguzzi. Secondo una tradizione da bambino venne soprannominato Oniwaka (鬼若 "bambino oni").
Entrò in monastero in tenera età, e viaggiò molto tra i vari monasteri buddhisti del Giappone antico. In questo periodo, i monasteri erano anche importanti centri di amministrazione e cultura, e soprattutto delle vere e proprie potenze politiche e militari. Come molti altri monaci, scelse di ricevere un addestramento militare e di diventare un sōhei, un monaco combattente. Fu probabilmente addestrato nell'uso della naginata, che molte tradizioni gli attribuiscono come arma.
A diciassette anni, pare che fosse robusto e alto più di due metri: a quest'età lasciò il monastero e si unì agli yamabushi, i monaci itineranti di montagna, e indossò il loro caratteristico mantello nero, nel quale è ritratto in molte stampe giapponesi.

Lo scontro sul ponte di Gojo


Lo scontro sul ponte di Gojo, in un dipinto di Utagawa Kuniyoshi (1798-1861).



Ad un certo punto della sua vita, Benkei si appostò sul ponte di Gojo (五条大橋 Gojō-ōhashi), a Kyoto, dove sfidava a duello chiunque volesse attraversarlo, e dopo aver vinto gli sottraeva la propria arma. Secondo una tradizione, egli aveva chiesto a Kokaji Munenabu, un famoso armaiolo, di costruirgli un'armatura, e questi aveva accettato a patto che Benkei gli portasse mille spade. Sarebbe arrivato a collezionarne novecentonovantanove quando il giovane Yoshitsune Minamoto attraversò il ponte. Sconfitto in duello per la prima volta, e da un avversario molto più giovane (aveva quattro anni in meno) e fisicamente più debole di lui, Benkei gli giurò eterna fedeltà e lo seguì. Yoshitsune era l'ultimo figlio del signore della guerra Minamoto no Yoshitomo.
Al fianco del suo signore Yoshitsune, Benkei combatté la guerra Genpei contro il clan Taira. Le gesta di Yoshitsune e Benkei sono raccontate in toni epici, e a Yoshitsune le tradizioni popolari attribuiscono il merito della gran parte delle vittorie del clan Minamoto, e in particolare nella battaglia di Dan-no-ura.

La famosa morte in piedi

Dopo il trionfo sui Taira, secondo le leggende Yoritomo, il fratello maggiore di Yoshitsune, vide la fama di Yoshitsune come una minaccia, e diede ordine di ucciderlo. Nei due anni che seguirono, Benkei e Yoshitsune dovettero fuggire dagli uomini di Yoritomo, e furono infine circondati nel castello di Koromogawa. Mentre Yoshitsune si ritirava all'interno per compiere seppuku, Benkei tenne impegnati gli assalitori sul ponte d'ingresso al castello. Fu bersagliato di frecce, e in molti attraversarono il ponte per combatterlo, ma Benkei ebbe ragione di tutti. I soldati cominciarono ad avere paura di affrontarlo, ed aspettarono dall'altra parte del ponte che egli cedesse sotto il peso delle ferite subite.
Quando infine gli uomini attraversarono di nuovo il ponte, scoprirono che Benkei era già morto da qualche tempo, ma che non aveva cessato di rimanere nella sua posizione, consentendo così al suo signore di guadagnare il tempo necessario. Questo episodio è noto come la "Morte in piedi di Benkei" (弁慶の立往生 Benkei no Tachi Ōjō).





domenica 16 aprile 2017

Kami

Amaterasu, uno dei kami centrali della fede shintoista



Kami () è la parola giapponese indicante gli oggetti di venerazione nella fede shintoista. Sebbene la parola sia talvolta tradotta con "dio" o "divinità", i teologi shintoisti specificano che tale tipo di traduzione può causare un grave fraintendimento del termine. In alcune circostanze, come Izanagi e Izanami, i kami sono identificati come vere e proprie divinità, simili agli dei dell'antica Grecia o dell'antica Roma. In altri casi invece, come il fenomeno della crescita, gli oggetti naturali, gli spiriti che dimorano negli alberi, o forze della natura, tradurre kami con "dio" o "divinità" sarebbe una errata interpretazione.
Limitatamente all'uso nello Shintoismo, la parola è un'onorificenza per spiriti nobili e sacri, che implica un senso di rispetto o adorazione per la loro virtù e autorità. Dal momento che tutti gli esseri (viventi e non) possiedono tali spiriti, l'essere umano (come d'altra parte ogni altro essere) potrebbe essere considerato un kami o un kami potenziale. Tuttavia, poiché i giapponesi non usano mai un'onorificenza per riferirsi a sé medesimi o ad un membro di un gruppo cui appartengono, non è abitudine riferirsi ad un normale essere umano col termine kami.
Poiché il giapponese normalmente non distingue il numero (singolare/plurale/duale) nei nomi, non è talora chiaro se kami si riferisca ad una singola entità o ad entità multiple. Quando è assolutamente necessario un concetto di pluralità, viene usato il termine kami-gami (神々), che è una ripetizione della stessa parola (kami diventa gami per eufonia). A volte ci si riferisce a kami "femminili" col termine megami (女神). Si dice poi spesso che ci sono Yaoyorozu-no-kami (八百万の神), ossia "otto-milioni-di-kami"; in giapponese, questo numero spesso porta con sé il concetto di infinito (come già avveniva per la simbologia ebraica e cristiana circa il numero 7).

I kami nella credenza shintoista

Kami sono i fondamentali oggetti di venerazione per la fede shintoista. Lo Shintoismo nacque come una delle varie antiche religioni popolari animistiche del Giappone, e divenne una religione unificata a seguito delle influenze di altre religioni portate in Giappone dall'estero. Conseguentemente, la natura di ciò che può essere chiamato kami è molto estesa ed abbraccia molti differenti concetti e fenomeni.
Alcuni degli oggetti o fenomeni designati come kami sono qualità della crescita, fertilità e riproduzione; fenomeni naturali come vento e tuono; "esseri" naturali come il Sole, le montagne, i fiumi, gli alberi e le rocce; alcuni animali (come la volpe e il tanuki, il cane procione); e spiriti ancestrali. Fra questi possono essere annoverati, per esempio, gli spiriti degli antenati della famiglia imperiale giapponese, ma anche degli antenati di nobili famiglie così come degli antenati della gente comune.
Ma ci sono anche altri spiriti denominati kami. Ad esempio, gli spiriti guardiani della patria, della casa e delle virtù; spiriti di eroi giapponesi, di uomini di azioni o virtù fuori del comune, e di coloro che hanno contribuito alla civilizzazione, alla cultura ed al benessere dell'umanità; di coloro che sono morti per la patria o per la comunità (vedi: santuario Yasukuni); e di quanti sono morti pietosamente. Bisogna notare però che possono essere considerati kami nello Shinto non soltanto gli spiriti superiori all'uomo, ma anche quegli spiriti che suscitano un sentimento di pietà o che sono ritenuti deboli.
Il concetto di kami è stato mutato e raffinato fin dall'antichità, anche se nulla di ciò che era considerato kami dallo Shintoismo "antico" è ancora considerato kami in quello "moderno" (dove lo Shintoismo "moderno" comincia da quando venne formalizzato in una religione unificata sotto l'influsso di religioni straniere come il Buddhismo). Anche per quanto riguarda lo Shintoismo "moderno" , comunque, non ci sono criteri chiaramente definiti per cosa debba o meno essere venerato come kami. La differenza fra lo Shintoismo "moderno" e le antiche religioni animistiche del Giappone è fondamentalmente un raffinamento del concetto di kami, più che una differenza in termini di definizioni.
Nelle antiche religioni animistiche, i kami erano concepiti semplicemente come le divine forze della natura. I cultori della religione nel Giappone antico veneravano le creature della natura che ispiravano un particolare senso di bellezza e potere, come le cascate, le montagne, le rocce, gli animali, gli alberi, le erbe e persino le risaie. Credevano fermamente che gli spiriti o i kami meritassero rispetto.
Sebbene questi arcaici concetti siano ancora presenti, nello Shintoismo "moderno" molti sacerdoti considerano i kami anche come spiriti antropomorfi, con nobiltà e autorità. Fra questi vi sono anche figure mitologiche come Amaterasu, la dea solare del pantheon shintoista. Anche se questi kami possono essere considerati delle divinità, non sono ritenuti onnipotenti né onniscienti. Nel mito di Amaterasu, per esempio, si dice che la dea non era in grado di vedere gli eventi del mondo umano. E per vedere il futuro doveva praticare rituali divinatori.
I kami possedevano tradizionalmente due "anime", una gentile (nigi-mitama) ed una aggressiva (ara-mitama). Questa forma di kami, umana ma potente, era ancora divisa in amutsu-kami ("divinità" del mondo ultraterreno) e in kunitsu-kami ("divinità" del mondo terreno). Un kami si comporterebbe in modo diverso in base a quale "anima" si trova come soggetto in un preciso momento. In molti modi, ciò rappresentava gli improvvisi mutamenti della natura e spiegherebbe perché c'erano kami per ogni evento meteorologico e non: neve, pioggia, tifoni, inondazioni, lampi e vulcani.
Gli antenati di una particolare famiglia possono anche essere venerati come kami. In questo senso, questi kami erano venerati a causa dei loro poteri benefici, per una qualità o un valore particolare. Molti altari (hokora) furono eretti in onore di questo tipo di kami, che erano regionali. In molti casi, quindi, i morti possono essere divinizzati; un esempio di ciò è il kami Tenjin, che fu Sugawara no Michizane (845-903) in vita.
Nella sua trasmissione radio del 1946 Ningen sengen, l'Imperatore Hirohito dichiarò di non essere un akitsumikami (kami terreno, manifesto). Tuttavia, dopo questa dichiarazione, Hirohito chiese il permesso alle forze occupanti statunitensi di venerare i suoi antenati e, una volta ottenuto il permesso, venerò Amaterasu, che implicava dunque che egli fosse di discendenza divina: secondo la tradizione, infatti, tutti gli imperatori del Giappone discendono dal primo imperatore Jimmu (660 a.C.), che i devoti credono discendesse a sua volta da questa dea.



sabato 15 aprile 2017

Tengu

Elefante che cattura un tengu volante di Utagawa Kuniyoshi



I tengu (天狗) sono un tipo di creature fantastiche della iconografia popolare giapponese, a volte considerati kami e a volte yōkai. Sono spesso associati ad altre creature fantastiche, gli oni.

Aspetto e varianti

I tengu assumono varie forme, ma generalmente sono rappresentati come uomini-uccello, dotati di un lungo naso prominente o addirittura di becco, con ali sulla testa e capelli spesso rossi; quelli meno potenti, karasu tengu (烏天狗), kotengu (小天狗) o konohatengu (木の葉天狗) sono ritratti come più simili agli uccelli. La faccia può essere rossa, verde o nera, e le loro orecchie e capelli sono generalmente umani; sono dotati di ali che battono rapidamente come quelle di un colibrì; ali e coda sono piumate, e talvolta lo è tutto il corpo. Possono portare un pastorale buddhista con anelli in cima detto shakujo, che serve a combattere o a difendersi dalla magia oscura.
Gli yamabushi tengu (山伏天狗), ōtengu (大天狗) o daitengu sono più umani dei loro cugini karasu: sono alti con pelle e faccia rossa, ma hanno un naso incredibilmente lungo. Spesso sono usati nelle storie per parodiare il buddhismo; portano un bastone () o un martellino. Anche loro talvolta hanno caratteristiche aviarie, come ali o un mantello di piume; secondo alcune leggende hanno dei ventagli hauchiwa, fatti con piume o foglie di Aralia japonica, e li usano per controllare la lunghezza del naso o scatenare fortissime raffiche di vento.
Dei tengu atipici sono il guhin, simile a un cane, e lo shibatengu, simile a un kappa.
I tengu possono trasformarsi in animali (uccello, volpe, o cane procione - nota che questi ultimi due sono a loro volta capaci di fare lo stesso: vedi kitsune e tanuki) o esseri umani, anche se generalmente mantengono alcune caratteristiche del loro aspetto, come un naso particolarmente lungo o una costituzione simile ad un uccello.
I tengu sono quasi sempre ritratti vestiti come eremiti di montagna (yamabushi), monaci buddhisti o sacerdoti shintoisti. Anche se sono dotati di ali e possono volare, generalmente sono anche in grado di teletrasportarsi magicamente.

Abitudini

I tengu abitano le montagne del Giappone, e preferiscono fitte foreste di pini e crittomerie; sono specialmente associati ai monti Takao e Kurama. La terra dei tengu è anche chiamata Tengudō, che può corrispondere ad una locazione geografica, una parte di un regno demoniaco, o semplicemente un nome per ogni accampamento di tengu.
Le leggende spesso descrivono la società dei tengu come gerarchica: i karasu fungono da servi e messaggeri degli yamabushi, e in capo a tutti c'è un re dai capelli bianchi, Sōjōbō, che vivrebbe sul monte Kurama. Inoltre, molte aree del Giappone si dicono infestate da tengu con altri nomi, spesso anche venerati nei templi. Sebbene siano sempre raffigurati come maschi, i tengu depongono uova.
I konoha-tengu sono associati a Sarutahiko, il dio Shintō degli incroci, dei sentieri e del superamento degli ostacoli; l'associazione nasce probabilmente dal lungo naso del dio simile ad una proboscide. Secondo altri studiosi però i tengu deriverebbero dal dio Susanoo; le loro caratteristiche aviarie li avvicinano inoltre anche ai garuda della mitologia buddhista.
I tengu sono creature capricciose, e le leggende li descrivono a volte benevoli e a volte malvagi; talvolta si divertono a giocare scherzi pesanti, come appiccare fuochi a foreste o porte di templi, o addirittura mangiare le persone (molto raro). I tengu amano camuffarsi da viandanti umani, assumendo forme amichevoli, come eremiti itineranti; dopo aver guadagnato la fiducia della vittima (nelle leggende spesso monaci buddhisti), i tengu ci giocano, ad esempio facendola volare o immergendola in un'illusione, che sono esperti a creare. Oppure, i tengu la rapiscono, pratica nota come kami kakushi o tengu kakushi — rapimento divino o da tengu. Le vittime spesso si svegliano molto lontano senza alcuna memoria del tempo trascorso; le sparizioni di bambini sono spesso attribuite ai tengu, soprattutto se sono poi ritrovati in stato confusionale. I tengu possono anche comunicare con gli umani per telepatia, e sono talvolta accusati di possessione demoniaca o controllo della mente. Grazie ai loro scherzi malvagi, la gente talvolta lascia loro delle offerte (generalmente riso o pasta di fagioli), per ingraziarseli.

Kurama-dera, un tempio tra le montagne di Kyōto



I tengu sono orgogliosi, vendicativi, facili all'ira, particolarmente intolleranti verso gli arroganti, i blasfemi, coloro che abusano del loro potere e della loro conoscenza per tornaconto personale, e coloro che arrecano danno alle foreste in cui essi abitano; questa particolarità li spinge a provocare monaci e sacerdoti, e in epoca antica samurai (secondo alcune tradizioni gli arroganti si reincarnano in tengu). Talvolta gli si attribuisce un istinto politico, e si immischiano negli affari dell'umanità per impedirle di diventare troppo potente o pericolosa. Nonostante la loro intolleranza verso questo attributo, i tengu sono noti per essere egoisti, da cui la locuzione tengu ni naru ("diventare un tengu"), cioè fare il vanitoso; in almeno una leggenda si afferma che i tengu che si comportano altruisticamente possono reincarnarsi in esseri umani.
I tengu non sono immortali, ma un tengu gravemente ferito può trasformarsi in un uccello (spesso corvo o rapace) e volare via. I tengu sono esperti di arti marziali, tattica, e ottimi armaioli: talvolta insegnano parte del loro sapere ad esseri umani, ad esempio l'eroe Minamoto no Yoshitsune imparò il kenjutsu (tirar di scherma con la katana) dal re dei tengu, Sōjōbō. In realtà non è necessario che lo studente incontri il tengu di persona, perché il tengu può insegnare nei sogni. La maschera nera indossata dai ninja è chiamata tengu-gui proprio per l'associazione dei tengu con il combattimento.

Origini

Il mito dei tengu è stato probabilmente importato dalla Cina: il loro nome è scritto con gli stessi kanji del cinese Tiangou (天狗, Tiāngǒu, letteralmente ""cane del cielo""), il nome di Sirio nell'astrologia cinese, e forse il nome dato a una meteora dalla coda di cane che precipitò in Cina nel VI secolo a.C. Di fatto, in Cina si sviluppò un'intera classe di demoni di montagna chiamati tiangou, molto simili ai tengu giapponesi nel loro comportamento maligno; questi tiangou furono probabilmente introdotti in Giappone dai primi buddhisti nel VI-VII secolo, e lì si fusero con gli spiriti indigeni dello Shinto. Le prime leggende di tengu parlano solo dei karasu, quasi invariabilmente maligni; diventano sempre più umanoidi col passare del tempo, e anche meno malvagi. I tengu simili a monaci sono quelli più spesso rappresentati nell'arte, ma questa è una delle varianti più recenti, probabilmente nata dalla fusione di storie di yamabushi dotati di poteri magici e di tengu di montagna.
Durante l'epoca feudale giapponese, la corruzione dilagò tra il clero buddhista; fu durante questo periodo che i tengu cominciarono a punire i blasfemi, e questa associazione li rese i protagonisti ideali per gli autori del periodo Kamakura che volevano criticare in sicurezza i vizi del clero; i monaci di montagna (yamabushi) erano visti dal popolo come un baluardo alla corruzione, e questo spiega come i tengu assunsero il loro attuale aspetto yamabushi.
Durante il periodo Edo, i mercanti olandesi erano gli unici europei a cui era consentito entrare in Giappone, ed è stato suggerito che i tengu yamabushi, con occhi grandi e nasi lunghi, possano aver avuto origine dai contadini che pensavano che quegli stranieri dall'aspetto inconsueto fossero mostri travestiti. Alla fine dell'epoca Edo, ufficiali governativi affiggevano avvisi in cui intimavano ai tengu di lasciare la zona prima di ogni visita dello shogun.
Una favola molto nota parla di due tengu seduti in cima ad una montagna che possono estendere il loro naso a grandi distanze, seguendo gli allettanti odori provenienti dal villaggio sottostante. Un gran numero di storie prevede un ventaglio, ricevuto in dono o comprato da un tengu, sventolando il quale è possibile cambiare la lunghezza del proprio o dell'altrui naso, magicamente ma non permanentemente.



Yamabushi Tengu




venerdì 14 aprile 2017

Sun Tzu

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Sun Tzu (孫子; 孙子, Pinyin: Sūnzǐ; Wade-Giles: Sun Tzu; nato Sūn Wǔ (孫武), zì: Chángqīng (長卿); 544 a.C. – 496 a.C.) è stato un generale e filosofo cinese, vissuto probabilmente fra il VI e il V secolo a.C.. A lui si attribuisce uno dei più importanti trattati di strategia militare di tutti i tempi, L'arte della guerra (孫子兵法, Sūnzǐ Bīngfǎ, ).


Biografia

Tra i vari biografi di Sun Tzu sussiste una certa discordanza per il luogo di nascita. Gli Annali delle primavere e degli autunni collocano i natali di Sun Tzu nello stato di Qi, nella Cina settentrionale, mentre le Memorie storiche di Sima Qian riportano che Sun Tzu era nativo di Wu. Ciò malgrado, ambedue le fonti sono concordi nell'affermare che Sun Tzu nacque nel tardo periodo delle primavere e degli autunni, cioè tra il 722 e il 481 a.C., e che lavorava alle dipendenze del re Helü come consigliere militare, aiutandolo nella conquista dello stato di Chu: In seguito alla presunta partecipazione ad un complotto, Sun Tzu venne sospettato di tradimento e pertanto fu sottoposto all'evirazione e mandato in esilio: si pensa che fu proprio durante l'allontanamento della patria che egli abbia scritto l'Arte della Guerra, il testo di strategia più antico pervenutoci al quale il suo nome è indissolubilmente legato. Il luogo e la data della sua morte restano invece ignoti.



Statua di Sun Tzu a Yurihama, nella prefettura di Tottori, in Giappone



Scarsissime sono quindi le notizie biografiche di Sun Tzu: ci rimane, tuttavia, un curioso aneddoto narratoci sempre da Sima Qian, che riportiamo di seguito. Prima di ingaggiare Sun Tzu come consigliere militare, il re di Wu volle testare le sue doti chiedendogli se le sue capacità strategiche potessero applicarsi anche alle donne; lo stratega, pertanto, accettò di dargliene dimostrazione usando le centottanta concubine del re. Sun Tzu divise quindi le donne in due gruppi e pose a capo di ciascun gruppo le due favorite del re. Poi spiegò ai due gruppi le regole da seguire: agli ordini di Sun Tzu, le donne avrebbero dovuto girarsi tutte nella direzione indicata. Al rullo dei tamburi ordinò quindi alla donne di voltarsi a destra, ma queste cominciarono a ridere e non obbedirono. Sun Tzu disse allora: «Se le regole non sono chiare e gli ordini non vengono compresi, la colpa è del generale». Spiegò quindi ancora una volta le regole, quindi, al rullo dei tamburi, ordinò alle donne di voltarsi a sinistra. Ancora una volta le donne scoppiarono a ridere e non obbedirono. Sun Tzu disse allora: «Se le regole non sono chiare e gli ordini non vengono compresi, la colpa è del generale; se, invece, le regole sono chiare, e tuttavia gli ordini non vengono eseguiti, allora la colpa è degli ufficiali». Diede quindi l'ordine di decapitare le due favorite. Il re, che aveva seguito le manovre dall'alto del suo padiglione, gli ordinò di fermare l'esecuzione dicendosi convinto dell'abilità di Sun Tzu nel condurre le truppe, ma questi rispose che, nelle sue vesti di generale, vi erano ordini del re che poteva non seguire. Le due donne furono dunque giustiziate, e le favorite immediatamente inferiori per rango furono messe al comando dei due gruppi. Questa volta le donne obbedirono agli ordini senza indugio. A questo punto Sun Tzu disse al re che le sue truppe erano pronte e ben istruite, e che avrebbero obbedito a qualsiasi suo ordine, invitandolo a passarle in rassegna. Ma il re lo congedò senza farlo e Sunzi allora commentò: «Il re ama le belle parole, ma non sa metterle in pratica»: fu proprio in questo modo, racconta Sima Qian, che Sun Tzu riuscì a dare prova delle sue teorie militari e a venire assunto al servizio regio.
A partire dal dodicesimo secolo numerosi studiosi iniziarono a contestare l'effettiva esistenza storica di Sun Tzu, per il motivo che egli non è menzionato nello Zuo Zhuan, cronaca cinese in forma narrativa che parla delle più note personalità vissute nel periodo delle primavere e degli autunni. Assai dibattuta è anche la paternità dell'Arte della guerra, da attribuire secondo gli scettici non a Sun Tzu bensì ad altri strateghi militari, quali Wu Zixu, Sun Bin, un autore anonimo, o altri. Analogamente, l'unica battaglia storicamente attribuita a Sun Tzu, quella di Boju, non riporta il suo nome tra i vari combattenti. Molti storici moderni hanno anche presunti anacronismi fra il periodo in cui tradizionalmente sarebbe vissuto Sunzi e la cultura militare del suo tempo; l'ampiezza delle armate menzionate nel testo e la loro organizzazione, gli accenni all'impiego della balestra, entrata in uso verso la fine del V secolo a.C., i riferimenti alla teoria dei Cinque Elementi e certi usi linguistici, secondo queste interpretazioni, sposterebbero la datazione dell'Arte della guerra tra il 400-320 a.C., nel Periodo dei regni combattenti.

L'arte della guerra



Copia su bambù dell'Arte della guerra, trascritta sotto l'imperatore Qianlong




Il testo L'arte della guerra (Sūnzǐ Bīngfǎ, 孫子兵法) non è un'opera letteraria, bensì un manuale militare contenente regole su come condurre una guerra vittoriosa nell'antica Cina.
In caso di guerra l'importante è vincere e vince solo chi sa pianificare in modo che quando si scende in campo si ottenga il massimo profitto nel minor tempo possibile, meglio se senza combattere o col minimo di perdite. La pianificazione deve avvenire in un contesto variabile, con pronte reazioni ai cambiamenti di situazione che portino a rapidi aggiustamenti dei piani e la disposizione tattica, anche applicando manovre irregolari ed imprevedibili ed avvalendosi di stratagemmi per dare al nemico informazioni sbagliate che lo inducano a valutazioni ingannevoli. Sun Tzu, tradizionalmente ritenuto uno dei maggiori promotori della «strategia indiretta», definisce assai nitidamente i rapporti tra guerra e politica, tracciando un percorso che verrà successivamente seguito da Niccolò Machiavelli e Carl von Clausewitz: egli, infatti, ritiene la guerra subordinata al dominio della politica, essendo uno degli strumenti utilizzati dallo Stato per raggiungere i propri scopi. Fondamentale, in tal senso, è l'utilizzo dell'astuzia più che della forza, oltre che in particolare della conoscenza dell'avversario. È opinione di Sun Tzu, infatti, che «combattere e vincere cento battaglie non è prova di suprema eccellenza: la suprema abilità consiste nel piegare la resistenza (volontà) del nemico senza combattere» e, ancora, che «l'abilità del comandante consiste nel piegare le forze del nemico senza alcun combattimento, nell'impadronirsi delle città senza assalirle, nel conquistare lo Stato nemico senza lunghe operazioni militari».
Dopo la sua pubblicazione, l'Arte della guerra ha esercitato una fortissima e ininterrotta influenza, attraverso i secoli e i millenni, sulla strategia militare. L'Esercito degli Stati Uniti ha incluso l'Arte della guerra fra le opere che devono essere presenti nelle biblioteche delle singole unità, per la formazione continua del personale. Le teorie esposte nell'Arte della guerra, oltre ad essere considerate ancora attuali da molti moderni strateghi militari, hanno trovato applicazioni anche in altri campi, soprattutto in quello delle strategie manageriali, che attingono ad esse per modelli di comportamento da adottare nelle situazioni competitive.


giovedì 13 aprile 2017

Kyudo

Kyudoka al Tempio Meiji
Il Kyudo (弓道), ovvero letteralmente la via dell'arco, è un'arte marziale giapponese.


Descrizione

Per secoli, l'arco e le frecce furono utilizzati in Giappone sia come armi che come strumenti rituali e cerimoniali, secondo una prassi tipica di molti altri popoli. Una delle caratteristiche peculiari dell'arcieria giapponese è la tipologia dell'arco utilizzato, lo Yumi, che presenta una forma asimmetrica in cui la parte superiore rispetto all'impugnatura è più lunga della parte inferiore.
Conosciuta prima come kyujutsu e solo più tardi come kyudo, l'arte era pienamente sviluppata con un complesso sistema di pratiche e di tecniche, una varietà inizialmente ampia di stili, che in seguito si ridusse a pochi stili principali che differivano fra loro prevalentemente in base alla provenienza regionale, al collegamento con uno specifico orientamento filosofico-religioso e ad una maggiore enfasi posta su alcuni aspetti del tiro. Questi stili, che si possono definire "antichi", sono giunti sino ai nostri giorni, ed è su questa base che, a partire dall'epoca Meiji, analogamente a quanto avvenuto per altre arti del Budo giapponese, si è avviata l'elaborazione di una forma unitaria che rappresenta lo standard praticato dall'All Nippon Kyudo Federation nonché dall'International Kyudo Federation, la federazione internazionale di Kyudo. Tale standard, formulato grazie al lavoro congiunto di maestri appartenenti alle scuole antiche, permette ad arcieri che praticano stili diversi di tirare insieme.
Nel Giappone feudale, i campi per il tiro con l'arco, all'aperto od al chiuso per l'esercitazione al bersaglio, si trovavano nella casa centrale di tutti i più importanti clan militari. Oggi si pratica in specifici dojo, per il tiro a 28 metri, perlopiù inseriti in club o strutture scolastiche.
L'arco e la spada lunga erano le armi dei nobili e loro vassalli e samurai; i soldati comuni usavano la lancia e la spada corta.
Il programma d'addestramento degli arcieri era basato sui ripetuti tentativi di colpire bersagli fissi e mobili stando in piedi e a cavallo. L'addestramento a cavallo, naturalmente, era più aristocratico, sia per carattere sia per tradizione, dell'addestramento a piedi: richiedeva una gran coordinazione, per controllare un cavallo al galoppo, mentre simultaneamente si scagliava una freccia dopo l'altra contro una serie di bersagli diversi che potevano essere fissi o in movimento.
L'abilità dimostrata dai guerrieri nell'uso di un certo arco indusse gli storici cinesi a chiamare i giapponesi "il popolo del lungo arco". Si trattava dell'arco da guerra per eccellenza, il daikyu, usato dai guerrieri a cavallo o a piedi. Aveva una lunghezza che andava dai due metri e venti ai due e quaranta, ma ve n'erano anche di lunghi due metri e settanta.
Come in ogni arte tradizionale, la praticità funzionale del tiro con l'arco giapponese, così come storicamente espressa nel suo uso militare, è perfettamente integrato con le sue valenze estetiche, rituali, simboliche e sapienziali.
Nelle competizioni promosse dalla International Kyudo Federation, il merito discende da una valutazione che combina l'efficacia del tiro, la corretta esecuzione dei movimenti e delle posizioni di base (Kihontai) e l'assenza di attaccamento nel colpire il bersaglio.


mercoledì 12 aprile 2017

Lanshoumen

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Il Lanshoumen (拦手门, Scuola delle Mani che Bloccano) è uno stile di arti marziali cinesi. Si racconta che fosse popolare sia nel Nord che nel Sud della Cina. È considerato un ramo dello Shaolinquan. Si utilizza anche Lanshouquan (拦手拳, Pugilato Lanshou). Circa tra la fine della dinastia Ming e l'inizio della dinastia Qing, un certo Zheng Tianxing (郑天兴) della provincia di Henan si trasferì a Tianjin dove abitò presso il tempio del grande re (大王庙 Dawang miao) in Dazhizhan (大直沾) nella parte est della città. Qui insegnò il proprio stile a numerosi discepoli. Famosi maestri di questo stile sono Li Jinggang (李金刚), Yu Dequan (于德泉), Wang Haishan (王海山).

Paoquan (炮拳, Pugilato Cannone)

Due maestri di Sesta Generazione, Liu Changhai (刘长海) e Chen Lianfang (陈连芳) hanno creato un proprio stile, che hanno chiamato Paoquan, unendo Caoquan (操拳), Lanshoumen e Fanquan(翻拳).

Taolu

  • Il Sitao Muquan (四套母拳, quattro sequenze di pugilato di origine) è considerato il Taolu unico ed originale del Lanshouquan. In seguito Liu Wanfu (刘万福), un maestro di settima generazione, ha elaborato il Sitao Muquan in Ershiliu Zhao (三十六招, 36 mosse o espedienti) che sono tecniche di combattimento pratico.
  • Questo è l'elenco delle forme a mano nuda: Lanshouquan (拦手拳); Caoquan (操拳); Fanquan (翻拳); Paoquan (炮拳).
  • Questo è l'elenco delle forme con armi: Babu dao (跋步刀); Lanmen jian (拦门剑); Panlonggun (盘龙棍); Lanmen qiang (拦门枪); Simenqiang (四门枪); Wansheng shuangdao (万胜双刀); Lanmajue (拦马撅); Wuzhi Meihua Duo (五指梅花夺); ecc.

Diffusione

Durante il periodo Repubblicano (1911-1949) il Lanshouquan si è diffuso, oltre che a Tianjin, nella provincia di Sichuan e a Shanghai.


martedì 11 aprile 2017

Lianbuquan

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Lianbuquan (Pinyin)), Lien pu ch'uan (Wade-Giles), in cinese viene scritto in due maniere differenti 练步拳 e 连步拳 che in italiano significano rispettivamente "Pugilato per allenare le posizioni" e "Pugilato delle posizioni concatenate". Questa è una forma che è stata utilizzata nella Zhongyang guoshu guan di Nanchino ed in origine sarebbe stata Shaolin Longquan. L'esercizio si compone di 3 Duan per un totale di 36 shi (figure). In Italia all'interno della scuola fondata da Chang Dsu Yao si usa impropriamente questo nome per indicare una forma semplificata di Meihuaquan.

lunedì 10 aprile 2017

Lianchengquan

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Lianchengquan (连城拳, pugilato di Liancheng) è uno stile di arti marziali cinesi, classificabile come Nanquan. È anche chiamato Liancheng Shaolinquan (连城少林拳) oppure Shaolin Dumenquan (少林独门拳). Sarebbe l'unione di Nantian Huangjiaquan (南田黄家拳) e Yangdi Wujiaquan (洋地巫家拳). Negli anni immediatamente successivi alla fondazione della Repubblica Cinese questo stile si diffuse il Malesia, a Singapore ed in Thailandia. Secondo la sua leggenda di fondazione, nel 989 un uomo della famiglia Huang (terza generazione della famiglia) che lavorava in un servizio di scorta studiò a Shaolin, sul Songshan in Henan, da tre eminenti monaci che di cognome facevano Cai (), Dong (), Sun (). Egli era originario del villaggio Getiancun (隔田村), nella contea di Liancheng (连城), e ritornato al proprio paese vi trasmise il proprio pugilato. Sempre secondo il mito nel 1660 il maestro Huang Sihuan (黄思焕) si recò in Zhejiang dove conobbe Huang Baijia e Wang Zhengnan. Essi scambiarono conoscenze e tecniche e diedero vita al Nan Tian Huangjiaquan. Huang Sihuan, era pronipote di tredicesima generazione di quel Huang che era andato a Shaolin, sintetizzo l'essenza dei pugilati Shaolin del Nord e del Sud creando il Lianchengquan. Queste le forme: Laohu Shenyao (老虎伸腰, la vecchia tigre si stira), Lao Huaquan (老花拳, Vecchio Pugilato del Fiore), Xin Huaquan (新花拳, Nuovo Pugilato del Fiore), Kunmaquan (捆马拳, pugilato del cavallo legato), Simenquan (四门拳, pugilato delle quattro porte), ecc.

domenica 9 aprile 2017

Kata del karate

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Il Kata () nel Karate-dō, è un esercizio individuale o a squadre che rappresenta un combattimento reale contro più avversari immaginari.

Caratteristiche

La parola Kata nella lingua giapponese in antichità assumeva il significato di simbolo per enfatizzarne il contenuto spirituale, in seguito assunse il significato più semplice di forma: infatti il Kata è un succedersi di tecniche di parata e attacco prestabilite contro più avversari immaginari e forme. Nell'esecuzione dell'esercizio riveste grande importanza proprio la qualità formale delle singole tecniche, delle posizioni e degli spostamenti.
Non ci si deve però fermare all'aspetto estetico: il Kata è un vero combattimento, seppur codificato, quindi deve esprimere efficacia, sia dal punto di vista tecnico che strategico.
Per i praticanti rappresenta l'essenza dell'arte marziale perché racchiude in sé sia lo studio delle tecniche fondamentali (Kihon) che il ritmo e la tattica del combattimento (Kumite): è perciò basilare per progredire nella ricerca della Via (Dō). E, dal punto di vista strettamente tecnico, si può ben dire che studiare i Kata è studiare il Karate nella sua completezza, senza quelle limitazioni poste dal Karate agonistico: in questo senso, si può affermare con certezza che non soltanto nei Kata risiede tutto il Karate, ma che le caratteristiche di ogni singolo stile possono essere comprese appieno soltanto dallo studio dei Kata propri dello stile medesimo. Non si deve tuttavia commettere l'errore di interpretare questo assunto nel senso che uno stile è tanto più completo quanto più elevato è il numero dei Kata che in esso si praticano: "Ciò che conta non è il numero di Kata presenti in uno stile, ma che in questi Kata siano rappresentati gli elementi distintivi e caratterizzanti dello stile medesimo.
L'esercizio del Kata non si pratica solo nelle discipline marziali, ma in tutte quelle arti orientali che abbiano come fine il : ju-dō (via della cedevolezza), ken-dō (via della spada), kyu-dō (via del tiro con l'arco), aiki-dō (unire l'energia), ma anche sho-dō (calligrafia), ka-dō (composizione floreale) e sa-dō (cerimonia del tè). In tutte queste discipline ci si propone di fondere, attraverso la respirazione, le componenti fisica e mentale eseguendo una predeterminata sequenza di gesti per raggiungere una più elevata condizione spirituale.
Ogni Kata è composto da una serie di movimenti che ne costituiscono la caratteristica evidente, ma presenta altri elementi che sfuggono alla comprensione più immediata: i maestri che li hanno creati hanno spesso volutamente mascherato il significato di alcuni passaggi per evitare che altri se ne impadronissero. Per esempio i Kata vennero mimetizzati in danze innocue, nel periodo in cui ad Okinawa vigeva la proibizione di praticare le arti marziali.
Vi sono dei punti che caratterizzano l'esecuzione di un Kata nel karate. Ogni Kata inizia e finisce col saluto (rei). L'inchino testimonia un mutato atteggiamento mentale dell'esecutore, che da quel momento esprime tutta la sua forza interiore. Tale stato di massima attenzione (zanshin) si evidenzia in particolare al momento del saluto e del Kiai (grido).
Tutte le tecniche devono essere sostenute dal corretto uso della respirazione e della contrazione addominale (Kime) che, in due particolari momenti esplodono nel kiai. Dimenticare il grido o eseguirlo fuori tempo è indice di emotività, ed è un errore.
I Kata si sviluppano su di un tracciato determinato (embusen); se spostamenti e cambi di direzione vengono eseguiti correttamente, il punto di arrivo del Kata corrisponde a quello di partenza. Ogni karateka deve individuare un tukui kata (forma preferita), scelto in funzione dell'obiettivo da raggiungere: esame, gara o miglioramento tecnico. Il tukui Kata deve quindi cambiare nel tempo per le diverse fasi di evoluzione del praticante.

I dieci elementi del Kata

  1. Yio no kishin è lo stato di concentrazione tipico di chi si sente attaccato.
  2. Inyo è l'attacco e la difesa.
  3. Chikara no kiojaku è il grado di forza da impiegare in ogni momento del kata.
  4. Waza no kankyu è il grado di velocità da usare in ogni tecnica.
  5. Taino shin shoku è la contrazione ed espansione dei muscoli del corpo.
  6. Kokyu è la respirazione, sempre in sintonia con i movimenti.
  7. Tyakugan è il significato che deve avere ogni tecnica nel kata, per fare ciò, occorre visualizzare mentalmente un avversario.
  8. Kiai è un urlo causato dalla contrazione della parete addominale; serve per migliorare l'espirazione in un momento di particolare necessità di potenza nel kata.
  9. Keitai no hoji è la corretta posizione da eseguire in ogni movimento; rispettando le posizioni è possibile ritornare al punto di partenza una volta terminato il kata.
  10. Zanshin è lo stato mentale di guardia da tenersi anche al termine del kata: dallo stato di Ioi, allo stato di Yame.

Elenco dei Kata divisi per i vari stili

Shorin-Ryu

  • Kata di base (Kata Pinan o Kata Heian)
    1. Pinan Shodan
    2. Pinan Nidan
    3. Pinan Sandan
    4. Pinan Yondan
    5. Pinan Godan
  • Kata superiori
    1. Ananko
    2. Bassai-dai (o Passai-dai)
    3. Bassai-sho (o Passai-sho)
    4. Chintei
    5. Chintō
    6. Gojushiho
    7. Ishimine-passai
    8. Jiin
    9. Jion
    10. Jitte
    11. Kushanku-dai
    12. Kushanku-sho
    13. Matsumura-passai
    14. Naihanchi Nidan (o Naifanchi Nidan)
    15. Naihanchi Shodan (o Naifanchi Shodan)
    16. Naihanchi Sandan (o Naifanchi Sandan)
    17. Niseishi (o Niseshi)
    18. Rohai Nidan
    19. Rohai Shodan - Visione dell'airone bianco
    20. Rohai Sandan
    21. Sesan - Il vento tra i pini
    22. Sochin
    23. Tomari-passai
    24. Unsū
    25. Wakan
    26. Wanchu (o Wanshu)

Wado – Ryu

Il primo Kata in questo stile, in realtà, è il Kihon Kata, mentre Nidan (secondo livello) e Shodan (primo livello) sono invertiti per facilitarne l'apprendimento.
  • Kata di base (Kata Pinan o Kata Heian)
    1. Pinan Shodan
    2. Pinan Nidan
    3. Pinan Sandan
    4. Pinan Yondan
    5. Pinan Godan
  • Kata superiori
    1. Kushanku
    2. Naihanchi
    3. Seishan
    4. Chintō
    5. Jitte
    6. Jion
    7. Niseishi
    8. Bassai
    9. Wanchu
    10. Rohai

Shotokan

Lo stile Shotokan attinge dalla tradizione dello Shuri - Te, conservando e codificando 26 Kata (escludendo 3 Kata "preliminari" considerati propedeutici). Quindici di questi, considerati la base dello stile, derivano dalle modifiche apportate a scopo didattico dal Maestro Yasutsune "Anko" Itosu, allievo del leggendario Sokon "Busho" Matsumura e a sua volta maestro di Gichin Funakoshi; si tratta, pertanto, di Kata rielaborati nei quali sono certamente visibili le connessioni con i Kata originari dello Shuri - Te, ma che tuttavia risultano profondamente diversi da questi ultimi, rappresentandone delle "stilizzazioni" didattiche successive e funzionali all'addestramento di allievi in età scolare. I quindici Kata rielaborati dal Maestro Itosu e ripresi dal Maestro Funakoshi sono: i cinque Heian (creati da Itosu con l'originaria dizione "Pin-An" e derivati dai Kata Kanku); i tre Tekki (derivati dal Kata Naifanchi, andato perduto); Bassai-dai; Kanku-dai; Jion; Jitte; Enpi; Hangetsu; Gankaku. Questi Kata vengono talvolta definiti fondamentali (Heian e Tekki) e Sentei (i rimanenti). Altri preferiscono classificare Sentei gli stessi Kata con l'aggiunta di Bassai-sho e Kanku-sho, eliminando Gankaku (che non è andato soggetto al processo di "stilizzazione" sopra citato), portando così i Kata di base dello stile a sedici. Tra i Kata di specializzazione alcuni preferiscono considerare come una tipologia separata i Kata Chinte, Meikyo e Wankan. Questi vengono talvolta classificati come hara no kata. I Kata tradizionali derivano da due tipologie stilistiche originarie, non inquadrabili in veri e propri stili: Shōrin-ryū e Shōrei ryū, l'uno caratterizzato da maggior agilità e velocità di spostamento, quindi più adatto ai combattimenti a lunga distanza, l'altro basato su tecniche potenti e posizioni stabili e quindi più adatto ai combattimenti ravvicinati. Una ipotesi accreditata è che i termini si riferiscano alle scuole dello Shaolin del nord e del sud, che in momenti diversi hanno fatto risentire la propria influenza sulle isole di Okinawa, culla del karate. La seguente classificazione va presa con relativa flessibilità.
  • Kata preliminari
    1. Taikyoku Shodan - Forte polo n. 1 (Shorin)
    2. Taikyoku Nidan - Forte polo n. 2 (Shorin)
    3. Taikyoku Sandan - Forte polo n. 3 (Shorin)
    4. Taikyoku Yondan - Forte polo n. 4 (Shorin)
  • Kata Heian (Kata Pinan o Kata Heian)
    1. Heian Shodan - Mente pacifica n. 1 (Shorin)
    2. Heian Nidan - Mente pacifica n. 2 (Shorin)
    3. Heian Sandan - Mente pacifica n. 3 (Shorin)
    4. Heian Yondan - Mente pacifica n. 4 (Shorin)
    5. Heian Godan - Mente pacifica n. 5 (Shorin)
  • Kata Tekki
    1. Tekki Shodan - Cavaliere di ferro n. 1 (Shorei)
    2. Tekki Nidan - Cavaliere di ferro n. 2 (Shorei)
    3. Tekki Sandan - Cavaliere di ferro n. 3 (Shorei)
  • Kata Sentei
    1. Bassai-dai - Assalto alla fortezza (Shorin)
    2. Kanku-dai - Scrutare il cielo' oppure 'Sguardo al grande sole (Shorin)
    3. Jion - Amore di Budda e riconoscenza (Shorei)
    4. Empi - Volo di rondine (Shorin)
    5. Hangetsu - Mezza luna (Shorei)
  • Kata superiori
    1. Bassai-sho - Penetrare la fortezza (Shorin)
    2. Kanku-sho - Scrutare il cielo (Shorin)
    3. Gankaku - Gru sulla roccia (Shorin)
    4. Jitte - Dieci mani (Shorei)
    5. Sochin - Forza e calma (Shorei)
    6. Unsu - Mani di nuvola (Shorin)
    7. Nijushiho - Ventiquattro passi (Shorei)
    8. Gojushiho-sho - Cinquantaquattro passi (Shorei)
    9. Gojushiho-dai - Cinquantaquattro passi (Shorei)
    10. Jiin - Tempio dell'amore di Budda (Shorei)
    11. Chinte - Mano straordinaria (Shorei)
    12. Meikyo - Specchio luminoso (Shorei)
    13. Wankan - Corona di Re (Shorei)

Shito-Ryu

Tra gli stili più diffusi, lo Shito-Ryu è certamente quello che annovera il maggior numero di Kata; ciò è determinato dal fatto che il fondatore dello stile, il Maestro Kenwa Mabuni, era considerato in Okinawa un autentico esperto ed un profondo conoscitore dei Kata tradizionali, tanto che alla sua consulenza in materia, in caso di dubbi, ricorrevano spesso persino maestri di altissimo profilo come Chojun Miyagi e Gichin Funakoshi.
  • Kata di base (Kata Pinan o Kata Heian)
    1. Pinan Shodan - Pace e tranquillità, 1º grado
    2. Pinan Nidan - Pace e tranquillità, 2º grado
    3. Pinan Sandan - Pace e tranquillità, 3º grado
    4. Pinan Yondan - Pace e tranquillità, 4º grado
    5. Pinan Godan - Pace e tranquillità, 5º grado
  • Kata superiori
    1. Annanko - luce del sud
    2. Aoyagi - Salice piangente
    3. Bassai-dai - Sfondare o distruggere una fortezza del nemico, forma lunga
    4. Bassai-sho - Sfondare o distruggere una fortezza del nemico, forma breve
    5. Chatanyara Kushanku
    6. Chinte - Tecniche non comuni
    7. Chintei
    8. Chintō - Gru sulla roccia
    9. Gekisai Nidan
    10. Gekisai Shodan
    11. Gojushiho
    12. Hannan - pace del sud
    13. Heiku - tigre nera
    14. Ishimine-bassai - Sfondare o distruggere una fortezza del nemico, forma del Maestro Ishimine
    15. Jiin - Tempio dell'amore di Buddha o Amore per la verità
    16. Jion (Shito-Ryu): Il Kata Jion è uno dei Kata che viene insegnato appena acquisita la cintura nera. Il significato letterale di questo Kata è: Al tempio di budda. È un Kata che è composto da movimenti piuttosto lenti.
    17. Jitte - Mano di Buddha
    18. Juroku - Sedici
    19. Kosokun-dai - Sguardo al cielo, o saluto al sole, forma lunga
    20. Kosokun-sho - Sguardo al cielo, o saluto al sole, forma breve
    21. Kururunfa - diciassette posizioni
    22. Matsukase - vento nei pini
    23. Matsumura-bassai - Sfondare o distruggere una fortezza del nemico, forma del Maestro Matsumura
    24. Matsumura-Rohai - Visione dell'airone bianco, forma del Maestro Matsumura
    25. Myojo - Pianeta Venere
    26. Naihanchi Nidan (o Naifanchi Nidan)
    27. Naihanchi Shodan (Shito-Ryu) (o Naifanchi Shodan) viene usato per acquisire la cintura marrone nell'Itosu kai. È un Kata che si sviluppa in un'unica direzione. Esso è composto prevalentemente da difese. Tra queste troviamo il kagetsuki.
    28. Naihanchi Sandan (o Naifanchi Sandan)
    29. Nipaipo - ventotto passi
    30. Niseishi (o Niseshi) - ventiquattro spostamenti
    31. Oyadomari bassai
    32. Pachu - le spire del drago danzante
    33. Paiku - tigre bianca
    34. Papuren - Otto passi allo stesso tempo
    35. Rohai Nidan - visione dell gru 2
    36. Rohai Shodan - visione della gru 1
    37. Rohai Sandan - visione della gru 3
    38. Saifa - Annientamento totale
    39. Sanchin - Tre battaglie
    40. Sanseiru - trentasei
    41. Seienchin - La quiete dentro la tempesta
    42. Seipai - Cinquantaquattro passi
    43. Sesan - 13 mani
    44. Shiho-kosokun
    45. Shinpa
    46. Shisochin
    47. Sochin - La grande calma
    48. Suparinpei - Centootto passi
    49. Tensho - Mani fluttuanti
    50. Tomari-bassai - Sfondare o distruggere una fortezza del nemico, forma della città di Tomari
    51. Unshu - Mani nella nuvola, mani come nuvole
    52. Wankan - Pino nel vento
    53. Wanchu (o Wanshu) - Volo di rondine
    54. Tomari no Rohai

Goju-Ryu

La definizione Goju-Ryu (GoJu: duro-morbido, Ryu: scuola o stile) fu coniata per la prima volta dal Maestro Chojun Miyagi nel corso di una delle esibizioni di Karate al Dai Nippon Butoku Kai di Kyoto. Prima di allora, lo stile di Naha-te fondato dal Maestro Kanryo Higaonna (o Higashionna, secondo una diversa lettura) non aveva un suo nome specifico. Il Kata di base, e quello che sia Miyagi che Higaonna consideravano il più importante e quello da eseguire sempre almeno una volta al giorno, quale che fosse il livello del praticante, è il Sanchin; il più complesso è Suparinpei, un Kata di rara bellezza e di altissimo grado di difficoltà adatto soltanto ai praticanti più esperti ed elevati in grado. Chojun Miyagi creò i primi quattro dei sei Kata Taikyoku (gli altri due li creò Gogen Yamaguchi), creò i due Kata Gekisai e rielaborò moltissimo due Kata di origine cinese e da questi creò i Kata Sanchin e Tensho. Tutti gli altri Kata sono di derivazione cinese e sono stati leggermente modificati da Miyagi e Yamaguchi. Ecco la lista degli attuali Kata del GoJu-Ryu:

Taikyoku kata (Kata di base)
  • 1. Taikyoku Jodan - "Primo corso alto"
  • 2. Taikyoku Chudan - "Primo corso medio"
  • 3. Taikyoku Gedan (o Taikyoku Gedan Ichi) - "Primo corso basso (uno)"
  • 4. Taikyoku Gedan Ni - "Primo corso basso due"
  • 5. Taikyoku Kake uke - "Primo corso parata a gancio"
  • 6. Taikyoku Mawashi uke - "Primo corso parata circolare"
Fukyu kata (Kata intermedi)
  • 1. Gekisai Dai Ichi - "Distruggere numero 1"
  • 2. Gekisai Dai Ni - "Distruggere numero 2"
  • 3. Sanchin (caduto in disuso perché non si fa più la respirazione ibuki) - "3 battaglie"
  • 4. Tensho (caduto in disuso perché non si fa più la respirazione ibuki) - "Mani rotanti"
Kaishuu kata (Kata superiori)
  • 1. Saifa - "Annientamento totale"
  • 2. Seienchin (o Seiyunchin) - "La quiete dentro la tempesta"
  • 3. Sanseru (o Sanseiru) - "36 mani"
  • 4. Sepai (o Seipai) - "18 mani"
  • 5. Shisochin - "Quattro monaci tranquilli"
  • 6. Sesan (o Seisan) - "13 mani"
  • 7. Kururunfa - "Opporsi alle onde"
  • 8. Suparinpei (o Suparimpei) - "108 mani"

Uechi-Ryu

Lo Uechi-Ryu, altrimenti detto Pangai Noon, è lo stile fondato dal Maestro Kanbun Uechi al ritorno da 15 anni trascorsi in Cina, nella stessa zona in cui si era perfezionato qualche decennio prima il padre di quello che divenne successivamente il Goju-Ryu: il Maestro Kanryo Higaonna di Naha. Esistono infatti diverse similitudini tra il primo Goju-Ryu e lo Uechi-Ryu, che sono stili molto duri e caratterizzati da metodologie di allenamento al limite dell'autolesionismo. Lo stile conta soltanto tre Kata originari: Kanbun Uechi sosteneva di non avere avuto il tempo di imparare il quarto, Suparinpei, dal momento che in "soli" 15 anni di permanenza in Cina non aveva avuto che il tempo appena sufficiente ad approfondire i primi tre! Del resto, in ambito Goju-Ryu, sia Kanryo Higaonna che il suo allievo e successore Chojun Miyagi sostenevano che per imparare compiutamente il Kata di base Sanchin e poter quindi passare all'apprendimento del Kata successivo occorressero, ad un allievo con grandi capacità di applicazione, non meno di tre anni.
I tre Kata insegnati da Kanbun Uechi sono:
  • Sanchin- "tre battaglie"
  • Sanseryu
  • Sesan
Il figlio Kanei Uechi inserì successivamente altri tre Kata:
  • Kanchin
  • Kanshiwa
  • Seryu
In seguito, Saburo e Deiki Uehara aggiunsero rispettivamente:
  • Kanshu
  • Sechin

Sankukai

  • Kata di base
    • Taikyoku Shodan
    • Taikyoku Nidan
    • Taikyoku Sandan
    • Heiwa Shodan
    • Heiwa Nidan
    • Heiwa Sandan
    • Heiwa Yondan
    • Heiwa Godan
  • Kata Superiori
    • Hiji no kata
    • Shinsei
    • Jiin
    • Bassai-dai
    • Annanko
    • Matsukaze
    • Kosokundai
    • Seienchin
    • Sanchin
    • Hyakuhachi
    • Seipa
    • Tajima
    • Tensho
    • Goju yon
    • Saifa
    • Ten ryu no kata

Ryūei-ryū

  • Niseishi (ニセーシー?) (Ventiquattro)
  • Sanseru (Trentasei)
  • Seisan (セーサン?)(Tredici)
  • Pachu (パーチュー?) (Sfera rotante)
  • Heiku (ヘイクー?) (Tigre Nera)
  • Paiku (パイクー?) (Tigre Bianca)
  • Anan (Pace del sud)