Kyudoka al Tempio Meiji
Il Kyudo (弓道),
ovvero letteralmente la via dell'arco, è un'arte marziale
giapponese.
Descrizione
Per secoli, l'arco e le frecce furono
utilizzati in Giappone sia come armi che come strumenti rituali e
cerimoniali, secondo una prassi tipica di molti altri popoli. Una
delle caratteristiche peculiari dell'arcieria giapponese è la
tipologia dell'arco utilizzato, lo Yumi, che presenta una
forma asimmetrica in cui la parte superiore rispetto all'impugnatura
è più lunga della parte inferiore.
Conosciuta prima come kyujutsu e
solo più tardi come kyudo, l'arte era pienamente sviluppata
con un complesso sistema di pratiche e di tecniche, una varietà
inizialmente ampia di stili, che in seguito si ridusse a pochi stili
principali che differivano fra loro prevalentemente in base alla
provenienza regionale, al collegamento con uno specifico orientamento
filosofico-religioso e ad una maggiore enfasi posta su alcuni aspetti
del tiro. Questi stili, che si possono definire "antichi",
sono giunti sino ai nostri giorni, ed è su questa base che, a
partire dall'epoca Meiji, analogamente a quanto avvenuto per altre
arti del Budo giapponese, si è avviata l'elaborazione di una forma
unitaria che rappresenta lo standard praticato dall'All Nippon Kyudo
Federation nonché dall'International Kyudo Federation, la
federazione internazionale di Kyudo. Tale standard, formulato grazie
al lavoro congiunto di maestri appartenenti alle scuole antiche,
permette ad arcieri che praticano stili diversi di tirare insieme.
Nel Giappone feudale, i campi per il
tiro con l'arco, all'aperto od al chiuso per l'esercitazione al
bersaglio, si trovavano nella casa centrale di tutti i più
importanti clan militari. Oggi si pratica in specifici dojo, per il
tiro a 28 metri, perlopiù inseriti in club o strutture scolastiche.
L'arco e la spada lunga erano le armi
dei nobili e loro vassalli e samurai; i soldati comuni usavano la
lancia e la spada corta.
Il programma d'addestramento degli
arcieri era basato sui ripetuti tentativi di colpire bersagli fissi e
mobili stando in piedi e a cavallo. L'addestramento a cavallo,
naturalmente, era più aristocratico, sia per carattere sia per
tradizione, dell'addestramento a piedi: richiedeva una gran
coordinazione, per controllare un cavallo al galoppo, mentre
simultaneamente si scagliava una freccia dopo l'altra contro una
serie di bersagli diversi che potevano essere fissi o in movimento.
L'abilità dimostrata dai guerrieri
nell'uso di un certo arco indusse gli storici cinesi a chiamare i
giapponesi "il popolo del lungo arco". Si trattava
dell'arco da guerra per eccellenza, il daikyu, usato dai guerrieri a
cavallo o a piedi. Aveva una lunghezza che andava dai due metri e
venti ai due e quaranta, ma ve n'erano anche di lunghi due metri e
settanta.
Come in ogni arte tradizionale, la
praticità funzionale del tiro con l'arco giapponese, così come
storicamente espressa nel suo uso militare, è perfettamente
integrato con le sue valenze estetiche, rituali, simboliche e
sapienziali.
Nelle competizioni promosse dalla
International Kyudo Federation, il merito discende da una valutazione
che combina l'efficacia del tiro, la corretta esecuzione dei
movimenti e delle posizioni di base (Kihontai) e l'assenza di
attaccamento nel colpire il bersaglio.
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