lunedì 12 marzo 2018

Autodifesa coltello



Limitiamoci in questo momento all’ipotesi più diffusa dell’aggressore che afferra un coltello sotto l’effetto dell’ira o della pazzia criminale, per colpire ripetutamente e senza discernimento né calcolo.

L’impossibile è possibile

Ciò che è impossibile

* Determinare un livello d’attacco: perché l’aggressore è sempre libero nella sua scelta e non è né una cavia né un atleta in fase di dimostrazione.

* Determinare una velocità d’attacco: perché la determinazione dell’aggressore amplifica la sua velocità d’attacco.

* Prevedere il metodo con cui si verrà afferrati: è in funzione delle circostanze, l’aggressore non sa in anticipo come ci afferrerà. Sarebbe pertanto presuntuoso farlo al posto suo.

* Afferrare un braccio armato: perché un attacco bloccato viene istintivamente ripetuto, spesso nello stesso punto nel migliore dei casi, da cui l’impossibilità ed il pericolo di qualsiasi presa anche dopo una percussione.

* Disarmare con una chiave: percè è pericolosa in certi casi (artiglio, bancomat affilato, doppia lama, ecc.).
La chiave è un fine tecnico per neutralizzare in piedi o al suolo e non serve per disarmare.

* Una minaccia senza presa: perché l’aggressore afferra sempre la sua vittima per rendere sicura la sua minaccia e per impressionarla.

Ciò che è possibile

* Anticipare un angolo d’attacco: la preparazione del braccio con il coltello permette di prevedere due modi di attaccare, circolare o rovescio.

* Anticipare uno stile d’attacco: l’impugnatura del coltello (orientale, rompighiaccio, lametta da barba) lascia prevedere, senza totali certezze, il modus operandi dell’aggressore.

* Intrappolare il braccio armato: questa tecnica rapida, facile e sicura evita la ripetizione dei colpi  e permette un concatenamento di risposte che facilitano il disarmo.

* Disarmare con percussione: tecniche rapide ed efficaci  di atemi di gomito, ginocchio, pugno ed altre superfici dure nelle articolazioni, evitano il pericolo di qualsiasi presa della mano armata.







Modus operandi

La strada non è un luogo di allenamento e l’individuo armato non è né un compagno di allenamento, né un lottatore né un avversario, è semplicemente un aggressore che ci vuole uccidere.


Minacce
Al contrario di una minaccia a mani nude, non si reagisce mai immediatamente di fronte ad una minaccia di coltello, al fine di gestire meglio lo stress e la risposta.

* Fissare la minaccia con la dissuasione vocale per temporeggiare

* Esternare la propria paura per inforzare la sicurezza psicologica dell’aggressore

* Simulare il dolore per deviare l’attenzione dell’aggressore

* Posizionare i piedi nella direzione  dello spostamento per guadagnare tempo

* Nelle minacce alle spalle, attaccarsi alla lama e guardare da sopra la spalla nella direzione inversa rispetto allo spostamento, per verificare l’impugnatura del coltello

* Modificare le risposte sui punti sensibili prima del disarmo, perché l’aggressore può essere drogato

* Disarmare prima di portare al suolo per evitare una caduta inattesa e non controllata con l’aggressore armato

* Fuggire se siè un civile (recuperando se possibile l’arma) e dominare se si è un professionista.



Sugli attacchi

* Posizionarsi in punti diversi e deviare dall’asse per assicurare la propria difesa

* Sugli attacchi laterali e posteriori, basarsi sul riflesso del 360°

* Parata e risposta simultanee

* Intrappolamento del braccio armato per evitare la ripetizione dell’attacco

* Risposte concatenate per ridurre

* Rimanere incollati all’agressore per evitare qualunque giro della lama

* Disarmi con atemi delle parti dure (gomito, ginocchio, pugno)

* Utilizzare l’aggressore come scudo se ci sono vari aggressori


Specificità

* Non essere mai sicuri di niente di fronte ad un’arma bianca

* Lavorare psicologicamente sull’istinto di sopravvivenza

* Non prestare attenzione all’aggressore in funzione delle nostre tecniche

* Semplificare le tecniche che saranno spesso identiche di fronte agli oggetti contundenti

* Classificare le armi bianche per funzione (forchetta, tagliacarte, penna, forbici, cacciavite, ascia, ecc.)

* Esercitarsi sulle possibili parole e grida minacciose dell’attaccante

* Considerare la lama come una potenziale fonte di virus (siringa, lametta da barba, ecc.)

* Svolgere il ruolo dell’aggredito nella sua relazione con l’aggressore

* Allenarsi al rallentatore con coltello vero per demistificare e sensibilizzare

* Lavorare in cerchio nell’allenamento di fronte a vari aggressori per essere in grado di aumentare la risposta reale

* Il disarmo è una priorità e la chiave una finalità, e non il contrario

* Mettersi in discussione e saper evolvere nelle proprie tecniche

* Riconoscere che determinate minacce o attacchi non hanno rimedi

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domenica 11 marzo 2018

Mogami Yoshiaki

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Mogami Yoshiaki (最上義光; 1 febbraio 1546 – 29 novembre 1614) è stato un daimyō giapponese del clan Mogami durante il periodo Sengoku.

Biografia

Mogami Yoshiaki fu il primo figlio di Mogami Yoshimori (最上義守) del clan Mogami e succedette al padre come daimyō di Dewa. Durante i primi anni si scontrò ripetutamente con i clan Date e Uesugi nelle zone di Shōnai e Semboku per espandere l'area di influenza del clan.
Quando venne al potere Toyotomi Hideyoshi, Yoshiaki si sottomise, ma divenne in seguito un sostenitore di Tokugawa Ieyasu dopo la morte di Hideyoshi. Era noto odiasse i Toyotomi poiché Hideyoshi ordinò l'esecuzione della figlia adolescente di Yoshiaki (Komahime) quando eliminò il nipote Toyotomi Hidetsugu, con il quale era impegnata la ragazza. Dopo di questi fatti mandò il suo secondo figlio, Iechika, come ostaggio ai Tokugawa e si avvicinò a Tokugawa Ieyasu.
Nel 1600 combatté contro Uesugi Kagekatsu, nemico dei Tokugawa, assieme a Date Masamune (suo nipote), un altro potente daimyō del lontano nord. Portò aiuto al clan Date nell'assedio di Shiroishi, e fu poi attaccato nel suo castello di Hataya. Più tardi quell'anno, Mogami e Date sostennero Ieyasu alla famosa battaglia di Sekigahara, dopo della quale il dominio dei Mogami fu ampliato a 520.000 koku come ricompensa della loro fedeltà.
Questo rese il dominio di Yamagata il quinto più grande nel Giappone dell'epoca, escludendo la terra dei Tokugawa.
Morì nel castello di Yamagata nel 1614. A Yamagata è presente il museo storico di Mogami Yoshiaki, appena fuori dalla grande porta orientale del castello di Yamagata, nella quale mostra il suo elmo, il bastone di comando di battaglia e gli altri attrezzi effettivamente utilizzò.

Eredità

Mogami Yoshiaki stabilì e costruì la città del castello, che divenne il fondamento della città di oggi Yamagata. Riuscì a controllare i "Tre Luoghi Difficili" sul fiume Mogami, rendendo più sicura la navigazione dal Mare del Giappone all'entroterra e portando la cultura di Kyōto e Osaka a Yamagata. I suoi progetti di costruzione delle dighe a Kitadaseki, Inabazeki e in altri luoghi assieme ad altre misure di controllo dell'irrigazione contribuirono a sviluppare le coltivazioni di riso nella pianura di Shōnai.


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sabato 10 marzo 2018

Shibari

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Lo shibari (縛り shibari), o kinbaku (緊縛 kinbaku), è una disciplina giapponese che consiste nel legare una persona in un contesto erotico. Si è evoluta dalle tecniche dell'hojōjutsu, un'arte marziale nata per immobilizzare i prigionieri di guerra. Pur essendo nata come pratica sessuale BDSM, oggi viene svolta da alcuni anche come forma di rilassamento o come forma artistica di scultura vivente.

Storia

La cultura dello shibari ha radici molto antiche. Nelle tradizionali cerimonie religiose giapponesi è sempre stato usuale includere corde e legamenti per simboleggiare il collegamento tra l'umano e il divino.
Lo hojojutsu si perfezionò nel XV secolo, utilizzato dalla polizia e dai samurai come forma di prigionia, e come tale rimase fino al XVIII secolo. Allora le risorse di metalli scarseggiavano, mentre in compenso abbondavano le funi di canapa e iuta: così spesso i prigionieri non venivano rinchiusi in una prigione, bensì venivano semplicemente immobilizzati con una corda. La polizia giapponese continua a portare nei propri furgoni un fascio di corda di canapa.
La legatura entrò nell'immagionario erotico giapponese nel periodo Edo, attraverso le cosiddette seme-e, un particolare tipo di ukiyo-e, che rappresentavano scene di costrizione. Sul finire dell'epoca Edo, nacque Seiu Ito, considerato il "padre del kinbaku". La sua fotografie e la sua pittura, ispirate dalle scene di costrizione presenti nel teatro kabuki, e prodotte per la maggior parte negli anni '30, influenzarono tutta la successiva generazione di kinbakushi.

Glossario

  • kinbaku (緊縛 sostantivo), letteralmente, "legatura stretta".
  • kinbaku-bi (緊縛美 sostantivo), letteralmente, "bellezza della schiavitù".
  • kinbakushi (緊縛師 sostantivo), parola composta da "kinbaku", legatura stretta e "shi", maestro, esperto. Traduzione letterale: maestro della legatura stretta e può essere abbreviato a "bakushi".
  • shibari (縛り sostantivo), letteralmente, "legare (o tessere)". Definizione estesa: "limitare, trattenere, fissare".
  • shibaru (縛る verbo), "legare".
  • nawa-shibari (縄縛り sostantivo), vuol dire "legatura con la corda" (termine tuttavia scorretto, perché non esiste nella lingua giapponese).
  • nawashi (縄師 sostantivo), parola composta da "nawa", corda e "shi", maestro. Letteralmente "maestro di corda", contestualmente utilizzato col significato di "artista della corda" in quanto "colui (esperto), che lega".

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venerdì 9 marzo 2018

Bareknuckle boxing

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La Bareknuckle boxing (letteralmente "boxe a nocche nude") è un particolare stile di combattimento da cui deriva la boxe tradizionale.
Gli incontri vengono disputati senza l'ausilio dei guantoni ma vengono spesso utilizzate fasciature su mani e polsi. Questa disciplina non differisce molto dalla lotta da strada (streetfight) se non per poche regole: per esempio la boxe a mani nude non prevede la possibilità di colpire un avversario al tappeto.
Il più lungo incontro di cui si ha testimonianza è quello disputatosi vicino a Fiery Creek, in Australia, il 3 dicembre 1855 tra James Kelly e Jonathan Smith; proprio quest'ultimo cedette dopo ben diciassette round.
Dal luglio 2013 negli Stati Uniti è presente una promozione professionistica, la BKB (Bare Knuckle Boxing), che organizzò il primo evento nel New Hampshire. Gli atleti combattono all'interno di uno spazio circolare simile al tappeto utilizzato nella lotta libera e vestono dei guantoni, più leggeri rispetto a quelli utilizzati nel pugilato, che lasciano scoperte le nocche delle mani.

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giovedì 8 marzo 2018

Grazie, grazie, grazie

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Grazie, grazie, grazie. Ai nostri lettori. Che come sempre ci fanno sentire il loro entusiasmo aderendo alle nostro iniziative. Ci state inviando tantissimi video sulle arti marziali.
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Nasu no Yoichi

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Nasu no Yoichi, nome completo Nasu Suketaka no Yoichi (那須 与一 ; 1169 – Kōbe, 1232), fu un samurai giapponese che combatté al fianco del clan Minamoto nella Guerra Genpei.

Biografia

È particolarmente famoso per le azioni che compì nella battaglia di Yashima nel 1184. Stando alla Heike monogatari, il nemico, appartenente al clan Taira, mise un ventaglio in cima a un palo su una delle loro navi, sfidando i guerrieri di Minamoto a colpirlo. Nonostante Nasu no Yoichi fosse seduto in cima a un supporto della nave che beccheggiava, e il suo bersaglio fosse in cima alla nave opposta che altrettanto dondolava, colpì comunque il ventaglio con un solo colpo. Dopo la Guerra Genpei, diventò daimyō del castello di Tottori ma perse il suo titolo dopo essere stato sconfitto da Kajiwara Kagetoki in una competizione venatoria. Lasciò quindi la provincia di Echigo e, dopo la morte di Minamoto no Yoritomo, Nasu divenne un monaco buddista nel Jōdo Shinshū. Creò un tempio, che sin da allora viene ereditato dal figlio più vecchio della famiglia di Nasu no Yoichi. Si crede che Nasu no Yoichi morì all’età di 64 anni, nell’anno 1232, durante una cerimonia a Kobe per onorare i morti della Guerra Genpei.
Per scopi amministrativi sono stati conservati registri dettagliati riguardo a chi doveva ereditare il tempio. Di conseguenza, è stato possibile tracciare la linea di Nasu fino alla distruzione del tempio durante la seconda guerra mondiale.

Curiosità

  • Nasu no Yoichi compare come diciannovenne tra i protagonisti della serie anime e manga Drifters, insieme a Oda Nobunaga e Shimazu Toyohisa.


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mercoledì 7 marzo 2018

Nagao Tamekage

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Nagao Tamekage (長尾 為景; 1489? – 29 gennaio 1543) è stato un servitore del signore feudale Uesugi Fusayoshi, poi daimyō della sua casata, durante il periodo Sengoku.
Secondo George Bailey Sansom, la carriera di Nagao Tamekage lo rende rappresentante della nascita dei daimyō, con lo spostamento del potere regionale dagli shugo dell'imperatore ai potenti signori feudali che col tempo divennero indipendenti.
Probabilmente più conosciuto per essere il padre biologico di Nagao Kagetora, che fu in seguito adottato dalla familia Uesugi come Uesugi Kenshin, uno dei più famosi daimyō del periodo Sengoku.
Tamekage era figlio di Nagao Yoshikage del clan Nagao. Servì come vice-shugo di Fusayoshi, shugo di Echigo. Tamekage portò le forze Uesigi del ramo Yamanouchi-Uesugi alla vittoria contro gli Ōgigayatsu-Uesugi in una serie di conflitti nel 1500-1505. Tuttavia, come altri Nari-Agari(成り上がり者), o nuovi signori di quel periodo, Tamekage cercò di usurpare il suo signore e combatté contro gli Yamanouchi-Uesugi un certo numero di battaglie nel primo decennio del XVI secolo. Assediò infine Uesugi Fusayoshi nel 1507, a Matsunoyama in Echigo, e Fusayoshi fu ucciso. Tamekage poi continuò a perseguire una serie di campagne, e raccolse intorno a sé territori e potere. Nel 1510, Tamakage complottò con Jinbō Nagakiyo un tentativo di scavalcare il clan Jinbō dal suo interno, usando il suo Stato di Shugo-Dai per portare Nagakiyo dalla sua parte. Nagakiyo portò anche suo fratello Jinbō Nagatsuna nel complotto, che mirava a rovesciare Jinbō Yoshimune e la sua alleanza con gli Uesugi. Il complotto durò oltre un anno e la pazienza di Tamekage andò ad esaurirsi. Si ritiene che Tamekage si organizzò per far avere la sua corrispondenza con i fratelli ad un alleato di Yoshimune, che portò i due fratelli ad essere giustiziati, probabilmente un modo più veloce del loro complotto di indebolire i Jinbō. I due fratelli infatti vennero giustiziati ed il clan Jinbō indebolito.
Nel 1520 attaccò la provincia di Etchu e sconfisse il clan Shiina. Subito dopo vinse anche contro il clan Jinbō guidati da Jinbō Yoshimune che commise seppuku.
Tamekage poi si scontrò con Uesugi Akisada, e lo sconfisse pure, con l'aiuto di Hōjō Sōun, un altro signore feudale in ascesa della regione. Nel giro di pochi anni, Nagao e Hōjō portarono il completo collasso del clan Uesugi.
Fu sconfitto ed ucciso nel 1536 nella battaglia di Sendanno contro gli Ikkō-ikki.
Tuttavia, il Senran-ki riporta che si dimise in favore del suo terzo figlio Nagao Harukage e divenne un monaco nel 1540.

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martedì 6 marzo 2018

Wujing Zongyao

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Il Wǔjīng Zǒngyào (cinese: 武经总要), Raccolta delle più importanti tecniche militari, è un compendio di testi militari scritto nel 1044, durante la dinastia Song settentrionale. I suoi autori furono Ceng Gongliang (曾公亮), Dīng Dù (丁度), e Yáng Wéidé (楊惟德).
Il libro copre un'ampia serie di argomenti, dalla guerra navale a vari tipi di catapulte. Il Wujing Zongyao è il primo libro della storia a riportare formule scritte contenenti gli ingredienti della polvere da sparo (carbone, zolfo e salnitro), sebbene mescolati con altri ingredienti. Descrive anche una prima forma di bussola e contiene la più antica illustrazione di un lanciafiamme cinese di fuoco greco (il Pen Huo Qi).

Storia

Sotto l'imperatore Renzong (regno: 1022-1063), una squadra di scrittori cinesi lavorò alla compilazione del trattato fra il 1040 e il 1044, allo scopo di creare un compendio che facilitasse la conoscenza delle tecniche di guerra. Capo del team di editori era Ceng Gongliang, assistito dall'astronomo Yáng Wéidé e dallo studioso Dīng Dù.
Il Wǔjīng Zǒngyào è uno dei 347 trattati militari elencati nel Song Shi (1345), un'opera storica che raccoglieva parte delle Ventiquattro Storie. Di tutti i trattati militari della dinastia Song sopravvivono soltanto il Wujing Zongyao, lo Hǔqiánjīng (虎钤经) di Xǔ Dòng (许洞) (1004) e pochi frammenti di opere analoghe.
Il testo originale del Wǔjīng Zǒngyào era conservato nella Biblioteca Imperiale. Con la distruzione della capitale Kaifeng ad opera degli invasori Jurchi, nel 1126, gran parte dei testi conservati nella Biblioteca Imperiale andarono perduti, compresa la copia originale del Wǔjīng Zǒngyào. Il testo fu ricostruito da copie manoscritte e il trattato fu ripubblicato nel 1231 sotto la dinastia Song meridionale. Altre edizioni più tarde - le prime nel 1439 e nel 1510 - apparvero sotto la dinastia Ming e sotto la dinastia Qing

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lunedì 5 marzo 2018

Pen Huo Qi

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Il Pen Huo Qicinese: 噴火器; pinyin: pen huo qi) è un lanciafiamme a nafta a doppio pistone utilizzato nel 919 in Cina, durante il periodo delle Cinque dinastie e dieci regni. Questo lanciafiamme è stato ben documentato ed illustrato nel manuale militare cinese noto come Wujing Zongyao, redatto nel 1044 durante la dinastia Song. Oltre alle descrizioni dell'equipaggiamento e dei suoi componenti, il libro fornisce anche istruzioni su come farne manutenzione e come ripararlo.

Descrizione

L'avanzata tecnologia militare permise alla dinastia Song di difendersi dagli ostili vicini del nord, compresi i Mongoli. I primi riferimenti al lanciafiamme in Cina si ebbero nel 917, scritti da Wu Ren-chen nel suo Shi Guo Chun Qiu (十國春秋). Nel 919 la pompa a sifone fu utilizzata per spruzzare l'olio incendiato che non avrebbe dovuto essere bagnato con acqua, come ricordato da Lin Yu (林禹) nel suo Wu Yue Bei Shi (吳越備史). Sembra che si faccia riferimento ad un lanciafiamme basato sulla soluzione chimica del fuoco greco, che Lin Yu dice essere derivato dai contatti cinesi con il 'mare meridionale', Arabia (Dashiguo, 大食國). Nella battaglia di Langshan Jiang (狼山江) del 932, la flotta navale del re Wenmu di Wuyue sconfisse quella del regno di Wu grazie all'olio infuocato (huo yóu, 火油) usato per incendiarne le navi. I cinesi adeguarono poi l'uso del soffietto a doppio pistone per pompare petrolio da un singolo cilindro (con salita e discesa), acceso alla fine del condotto da una fiamma a lenta combustione che generava un flusso continuo di fiamme (descritto nel Wujing Zongyao del 1044). Durante la soppressione dello stato meridionale di Tang nel 976, le prime flotte di Song ebbero uno scontro sul fiume Yangtze nel 975. Le forze Tang tentarono di usare i lanciafiamme contro la marina Song, ma subirono lo stesso destino quando un vento forte soffiò nella loro direzione. Un lanciafiamme mobile appoggiato su quattro ruote viene descritto nel Wujing Zongyao ed in pubblicazioni successive.

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domenica 4 marzo 2018

Gli Han - il gruppo etnico maggioritario della Cina





Gli han (cinese semplificato: 汉族 o 汉人; cinese tradizionale: 漢族 o 漢人; pinyin: hànzú o hànrén) sono il gruppo etnico maggioritario della Cina – il più grande gruppo etnico del mondo per numero di individui – e costituiscono circa il 92% della popolazione cinese e il 20,52% dell'intera popolazione mondiale.

Etimologia del termine

Con il termine han ci si riferisce comunemente al popolo cinese (oltre che alla dinastia che ha regnato in Cina dal 202 a.C. al 220 d.C.). In contrasto con la convinzione tutta occidentale che gli han siano un'unica ed omogenea etnia, vi sono sostanziali differenze genetiche, linguistiche, culturali e sociali tra i vari sottogruppi dell'etnia han. Migliaia di anni passati ad assimilare le culture più disparate hanno reso questo gruppo etnico di una varietà linguistica e culturale sorprendente.
La locuzione "cinese han" è utilizzata per distinguere la maggioranza dalle altre nazionalità e minoranze varie all'interno della Cina stessa. Il nome deriva dalla Dinastia Han che successe alla poco longeva Dinastia Qin che ebbe il merito di unificare il territorio cinese e dalla quale deriva la parola Cina. Quello della Dinastia Zhou, che precedette la Dinastia Qin, fu un periodo di turbolenze, in cui le rivalità tra le varie tribù diedero luogo al Periodo dei regni combattenti, che successivamente si annessero l'uno con l'altro. Fu proprio durante il regno della Dinastia Qin e della Dinastia Han che le varie tribù cinesi iniziarono ad avvertire un sentimento che le accomunava, in quanto discendenti di un unico gruppo etnico, e che le distingueva dai "barbari" che le circondavano. La Dinastia Han rappresenta, infatti, una delle vette nella civilizzazione cinese, capace di imporre il suo potere fino all'Asia centrale e al nordest dell'Asia.
Ancora oggi molti cinesi usano l'espressione "gente han" (Hànrén) per indicare se stessi. In inglese la locuzione "cinese han" è spesso utilizzata come un sinonimo di cinese o nazionalità cinese, senza alcun riguardo per gli altri 55 gruppi di minoranze etniche presenti sul territorio. Quest'uso non è molto diffuso tra i cittadini cinesi, che considerano la locuzione politica Zhongguó rén (中國人, letteralmente gente del regno di mezzo, vale a dire gente della Cina) e quello nazionalistico Zhonghua minzu (中華民族, cinesi etnici) dei modi più precisi per dire "cinese". Un altro nome che i Cinesi usano per riferirsi a loro stessi, quale segno della loro identità etnica è Discendenti del Dragone.
Tra i Cinesi del sud è in uso un altro termine, che differisce a seconda delle varie lingue parlate in quelle province, come il cantonese, l'hakka e il minnan, ma che sostanzialmente significano la stessa cosa. Il termine è Tángrén (唐人, letteralmente "la gente Tang") e deriva da un'altra dinastia cinese, la Dinastia Tang, che rappresenta un altro zenith nella civilizzazione della Cina, tanto è vero che l'espressione sopravvive in molte indicazioni cinesi delle Chinatown occidentali, conosciute spesso come 唐人街 (Tángrén Jiē, strada della gente Tang) a causa della forte immigrazione provieniente dal Sud della Cina.

La storia

La storia del gruppo etnico cinese han è indissolubilmente legata con quella della Cina. I cinesi han affondano le loro radici ai tempi della civiltà Huaxia, che visse lungo il Fiume Giallo, nel nord della Cina. Il famoso storico cinese Sima Qian nella sua monumentale opera storica Shiji, fa risalire il regno dell'imperatore giallo, il leggendario antenato dei cinesi han, dal 2698 al 2599 a.C. Nonostante lo studio di questo periodo sia complicato dalla mancanza di testimonianze scritte, la scoperta di diversi siti archeologici ha permesso di identificare una successione delle culture neolitiche lungo il Fiume Giallo. Lungo il corso centrale del fiume si svilupparono la civiltà Yangshao (dal 5000 a.C. al 3000 a.C.) e la civiltà Longshan (dal 3000 a.C. al 2000 a.C.), mentre lungo la parte bassa del fiume c'erano la civiltà Qingliangang (dal 5400 a.C. al 4000 a.C.), quella Dawenkou (dal 4300 a.C. al 2500 a.C.), la Longshan (dal 2500 a.C. al 2000 a.C.), e la civiltà Yueshi.

I primordi

La prima dinastia ad essere descritta negli annali cinesi è la Dinastia Xia, durante un periodo leggendario per il quale esistono davvero scarse testimonianze archeologiche. Essi vennero sopraffatti da popolazioni provenienti da occidente, che diedero vita alla Dinastia Shang (1600 a.C. - 1046 a.C.). Alcuni fra i primi esempi della scrittura cinese risalgono a questo periodo; si tratta di caratteri incisi sugli ossi oracolari utilizzati dagli oracoli per la divinazione. Poiché questi caratteri sono già molto ben delineati, questo significa che la scrittura cinese si era già sviluppata in epoche precedenti.
Gli Shang vennero successivamente conquistati dalla popolazione Zhou, che aveva già formato una nazione lungo il Fiume Giallo intorno al II millennio a.C. La Dinastia Zhou prese l'eredità della dinastia Shang. Condividendone lingua e cultura, essi estesero i propri domini al nord molto al di là del Fiume Yangtze. Tramite conquiste e colonizzazione, gran parte di quest'area venne sottoposta al processo di sinicizzazione e la cultura proto-han si estese verso sud. Successivamente l'impero Zhou cominciò a frammentarsi dando luogo a una serie di stati indipendenti.
Questo periodo è tradizionalmente suddiviso in due parti, il Periodo delle primavere e degli autunni e il Periodo dei regni combattenti. Fu un'epoca di importanti sviluppi culturali e filosofici nota come le Cento scuole di pensiero, di cui rimangono gli insegnamenti del Confucianesimo e del Taoismo.

Cultura

Con alle spalle millenni di storia, la cultura cinese è parte di una delle civiltà più antiche e complesse del mondo. Gli han si ritengono discendenti di antenati comuni, identificati nelle figure mitiche dell'Imperatore Giallo e dell'Imperatore Yan, probabilmente vissuti migliaia di anni fa. Da qui l'usanza di riferirsi a sé stessi come ai "Discendenti dell'Imperatore Yan e dell'Imperatore Giallo" (cinese tradizionale: 炎黃子孫; cinese semplificato: 炎黄子孙), locuzione non priva di significati particolari, soprattutto in un clima politicamente teso, quale è quello esistente tra la Cina e Taiwan.
Notevole è stata l'influenza del Confucianesimo sulla cultura cinese. Oltre ad averne modellato in gran parte il pensiero, il Confucianesimo è stato la filosofia ufficiale dell'Impero. La padronanza dei testi confuciani inoltre era il principale criterio di selezione adottato per l'ingresso nella burocrazia imperiale.

Lingua

Tutti i cinesi han parlano una delle varie forme di lingua cinese. Uno dei nomi con cui la lingua cinese è conosciuta è infatti hanyu, letteralmente "lingua han". Analogamente, i caratteri cinesi sono detti hanzi o "caratteri han".
Nonostante esistano molti dialetti, l'identità etnica han si ritrova nella lingua scritta, che utilizza sempre gli stessi caratteri di base, indipendentemente dalle variazioni locali. Questa struttura è fatta risalire alla dinastia Qin che unificò le varie forme di scrittura esistenti all'epoca. Per millenni come lingua scritta standard fu utilizzato il cinese letterario classico, che utilizzava un vocabolario e una grammatica sostanzialmente differente dalle varie forme di cinese parlato.
Dall'inizio del XX secolo è stata adottata una pronuncia standard per la lingua cinese scritta. Questa pronuncia standard, è basata sulla pronuncia del cinese mandarino una famiglia di dialetti parlati dalla maggior parte della popolazione cinese. Ciò consente ad abitanti di regioni diverse, che spesso non sono in grado di comprendere i rispettivi linguaggi parlati, di utilizzare una parlata comune, oltre a un linguaggio scritto comune.

Nomi

I nomi cinesi in genere sono costituiti da due o tre sillabe, con il cognome che precede il nome. I cognomi sono di solito composti da un solo carattere, benché esistano anche cognomi - non molto comuni - costituiti da due o più sillabe. È questo ad esempio il caso dei cognomi Zhuge (诸葛), Sima (司马), Ouyang (欧阳). I nomi sono composti da una o da due sillabe.
In Cina esistono tra i 4.000 ed i 6.000 cognomi, ma circa 1.000 sono i più usati. Secondo uno studio dello storico cinese Li Dongming (李栋明), pubblicato con il titolo di "Cognomi" sulla rivista Oriente in Dongfang Magazine (东方杂志) nel 1977, i cognomi più diffusi sono:
  • Zhang (/), Wang (), Li (), Zhao (/), Chen (/), Yang (/), Wu (/), Liu (/), Huang (/), Zhou ().
Questi sono i dieci cognomi più diffusi, che identificano circa il 40% dei Cinesi nel mondo.
Altri cognomi sono:
  • Xu (), Zhu (), Lin (), Sun (/), Ma (/), Gao (), Hu (), Zheng (/), Guo (), Xiao (/),
che identificano oltre il 10% dei cinesi.
I seguenti cognomi sono presenti in percentuale intorno al 10%:
  • Xie (/), He (), Xu (/), Song (), Shen (), Luo (/), Han (/), Deng (/), Liang (), Ye (/).
Meno diffusi sono:
  • Fang (), Cui (), Cheng (), Pan (), Cao (), Feng (/), Wang (), Cai (), Yuan (), Lu (/), Tang (), Qian (/), Du (), Peng (), Lu (/).

Abbigliamento

Gli han hanno da tempo abbandonato l'uso degli abiti tradizionali, ed indossano abiti di foggia occidentale. L'uso degli abiti tradizionali ha luogo solo negli eventi religiosi e cerimoniali. Ad esempio, i sacerdoti taoisti indossano abiti propri degli studiosi della Dinastia Han.
L'abito tradizionale femminile, ancora oggi indossato dalle donne cinesi durante occasioni importanti quali i banchetti ed il capodanno cinese è il qipao, noto in occidente come "china dress". Ironicamente, il qipao non è un abito tradizionale han. Esso nasce da una modifica al costume tradizionale mancese, introdotto durante la Dinastia Qing. La Dinastia Qing, che governò la Cina dal 1644 al 1912, era infatti una dinastia non han, ma di etnia manciù.

Contributi all'umanità

I cinesi han hanno giocato un ruolo di primo piano nello sviluppo delle arti, delle scienze, della filosofia e della matematica. Nell'antichità le innovazioni tecnologiche cinesi sono consistite nella costruzione di sismografi, fiammiferi, nell'invenzione della carta, del calibro a nonio, del bacino di carenaggio, del pistone, della ghisa, dell'aratro in ferro, della seminatrice, della carriola, dei ponti a sospensione, del paracadute, nell'uso del gas naturale come combustibile, nell'invenzione della bussola magnetica, delle Carte geografiche, dell'elica, della stampa, della polvere da sparo, della balestra. Inoltre, gli astronomi cinesi furono tra i primi a compiere le osservazioni di una supernova.
La stampa, la carta, la bussola e la polvere da sparo sono considerate dalla cultura cinese le Quattro grandi invenzioni dell'antica Cina.
L'arte, la filosofia, la letteratura cinese hanno alle spalle millenni di storia. Svariati siti, quali la Grande muraglia cinese e l'Esercito di terracotta sono tra i Patrimoni dell'umanità. A partire dall'avvio del programma nel 2001, l'UNESCO ha incluso molti aspetti della cultura cinese tra i Patrimoni orali e immateriali dell'umanità.
Lungo la storia successivi stati cinesi hanno esercitato una profonda influenza sull'arte, la musica, la religione degli stati confinanti, oltre che sulle loro usanze alimentari, di abbigliamento, sulla loro filosofia e lingua, sulle forme di governo e sulla cultura in generale.
I cinesi han costituiscono il gruppo etnico maggioritario in Cina, mentre decine di milioni di appartenenti alla diaspora cinese si sono diffusi in vari Stati, recandovi il loro contributo.

Unità etnica o divisione?

Uno dei principali fattori che favoriscono l'unità degli han, nonostante l'enorme varietà dialettale della Cina, è la lingua scritta. La standardizzazione dei caratteri cinesi si deve a Qin Shi Huangdi, il fondatore della Dinastia Qin, il quale unificò tutte le varie forme di scrittura esistenti all'epoca. Per migliaia di anni, il cinese classico è stato usato per la lingua scritta. Il suo vocabolario e la struttura grammaticale variavano notevolmente da quelli della lingua parlata. A partire dal XX secolo, lo standard usato per la lingua scritta si è basato sul cinese vernacolare, basato a sua volta sul dialetto di Pechino, piuttosto che su altri dialetti. Fa eccezione però la pratica, informale, dell'uso del cantonese scritto.
Malgrado i residenti di province diverse non sempre siano in grado di comprendere i rispettivi dialetti, la comunicazione è facilitata dall'uso di una forma di scrittura comune. Ciò ha rallentato notevolmente lo sviluppo della letteratura dialettale, nelle poche zone in cui questa è presente.
Uno dei pochi dialetti che è riuscito a differire dalla scrittura comune è il cantonese scritto, particolarmente la variante parlata ad Hong Kong. Data la prevalenza della letteratura e della scrittura han, le lingue locali non sono diventate - con l'unica eccezione della provincia del Xinjiang - né un veicolo per il localismo, né un mezzo per manifestare il sentimento di appartenenza alla propria provincia.
Secondo la variante della teoria nazionalista cinese abbracciata dalla Repubblica Popolare Cinese, la Cina è composta da molteplici gruppi etnici, e tutti gli appartenenti alle varie etnie e sotto-etnie appartengono ad un'unica nazionalità detta Zhonghua minzu (中华民族). Alcune interpretazioni non ufficiali adottano un punto di vista diametralmente opposto, identificando i veri cinesi nei soli han, e quindi stabilendo un'equivalenza tra nazionalismo cinese e nazionalismo han.

Diversificazione interna

Tra gli han esistono differenze sia culturali che linguistiche. Le differenze tra i sotto-gruppi linguistici e regionali dei cinesi han sono grandi quanto quelle esistenti tra i vari popoli dell'Europa. Esistono molte varianti del cinese parlato, che generalmente sono considerate altrettanti dialetti del cinese, anche se in realtà le differenze esistenti tra di esse sono pari alle differenze che esistono tra le lingue dell'Europa. Altrettanto grandi sono le differenze culturali (cucina, usi e costumi). La storia moderna fornisce molti esempi di conflitti - alcuni dei quali sfociati in piccole guerre regionali - tra gruppi linguistici e regionali. Pertanto è difficile parlare di omogeneità tra gli han.
L'esistenza di queste differenze non ha prodotto identità etniche esclusive, e le differenze di religione o affiliazione politica non hanno rinforzato le differenze regionali. Piuttosto è esistita la tendenza, sia nel pensiero cinese che nella prassi, a sminuire le differenze tra gli han, ed a considerarle fattori minori e superficiali.
La definizione dell'identità han è cambiata attraverso la storia. Prima del XX secolo alcuni gruppi etnici di lingua cinese, come gli Hakka ed i Tanka, non erano considerati cinesi han, mentre alcune etnie di lingua non cinese, quali i Zhuang erano considerati han. Oggi gli hui sono considerati appartenenti ad una diversa etnia, anche se nulla li distingue dagli han, fatta eccezione per la loro fede nell'Islam. Le differenze di lingua, usi e costumi e cultura tra due han residenti in province diverse possono essere molto maggiori delle differenze tra uno han ed uno hui che vivono nella stessa provincia.
Durante la Dinastia Qing, i cinesi han che diventarono membri del sistema militare delle Otto Bandiere erano considerati manciù, mentre i nazionalisti che tentavano di rovesciare la monarchia Qing enfatizzavano la propria identità han in contrasto con quella dei governatori manciù.
Dopo la sua fondazione, la Repubblica di Cina riconobbe cinque gruppi etnici principali, gli han, gli hui, i mongoli, i manciù ed i tibetani. Attualmente la Repubblica Popolare Cinese riconosce l'esistenza di cinquantasei gruppi etnici.

Evidenze genetiche della diversità tra gli han

I cinesi han meridionali residenti a Sud del Chang Jiang (Hubei e Shanghai) sono più simili ai residenti delle province settentrionali che ai cinesi residenti nelle zone dell'estremo Sud della Cina. Esistono forti differenze nel DNA mitocondriale - ovvero la parte del DNA ereditato dal lato materno - tra i cinesi han del nord e del sud della Cina. Tali differenze si fanno maggiori quanto più a sud e sud-est si trovano i campioni di popolazione esaminati.
Questa diversificazione rende lo studio dell'etnia han di grande interesse per i ricercatori di varie discipline, particolarmente l'antropologia e la biologia umana. Recenti studi genetici hanno mostrato l'esistenza di differenze genetiche particolarmente forti tra i cinesi han delle aree costiere del sud della Cina e delle aree interne (Guangdong, Guangxi, Fujian, Guizhou, Yunnan, Hainan, Hong Kong, Macao, Taiwan) e gli han del resto della Cina. La linea di distinzione si trova molto più a sud rispetto al Fiume Huai o al Chang Jiang, che sono usati convenzionalmente come confini regionali.
Secondo una recente ricerca scientifica condotta sia in Cina che tra la diaspora, i cinesi han settentrionali sono geneticamente differenti dagli abitanti del sud della Cina, compreso il Guangdong, il Guangxi, il Guizhou, lo Yunnan, il Fujian, Taiwan, Hong Kong, Macao e lo Hainan. In realtà è stato detto che i cinesi han del Sud sono più simili geneticamente a gruppi quali i vietnamiti, mentre i cinesi han del nord sono più vicini ai mongoli che ai cinesi del sud. Ciò perché il sud della Cina è prevalentemente montuoso, e quindi storicamente la migrazione da queste aree è stata difficile, e molto inferiore alla migrazione avvenuta da altre zone della Cina. Vi sono inoltre delle differenze tra i dialetti e gli usi di questi gruppi, anche se essi sono culturalmente affini. (Nature, 16 settembre 2004).

Diversità han e storia della Cina

Fonti storiche indicano che gli han sarebbero stati discendenti dell'antica tribù Huaxia, originaria del Nord della Cina. Nel corso di due millenni la cultura han (la lingua e la cultura ad essa associata) si diffuse nel sud della Cina, regione originariamente popolata da popolazioni autoctone che comprendevano gruppi di lingua dai, di lingue austroasiatiche e di lingue hmong-mien.
Nel corso della sua espansione nel bacino del Fiume Giallo, la cultura huaxia assorbì diversi gruppi etnici, che in seguito furono identificati come cinesi a causa della loro adozione della lingua han (e di sue varianti) e dei costumi han. Ad esempio, durante la Dinastia Shang, le popolazioni dell'area di Wu, lungo il delta del Chang Jiang erano considerate tribù "barbare". Parlavano una lingua quasi certamente non cinese, ed erano descritte come abbigliate in modo discinto e tatuate. Durante la Dinastia Tang quest'area era parte del nucleo della civiltà han, ed oggi è una delle zone più densamente popolate e dallo sviluppo economico più dinamico - oltre che il territorio dell'attuale Shanghai, una tra le più grandi città della Cina.
I residenti nella zona di Wu parlano dialetti wu, che sono parte della famiglia linguistica del cinese. Benché i parlanti Wu non siano compresi dai parlanti di altri dialetti cinesi, non si considerano come un gruppo etnico separato. L'area di Wu è solo un esempio dei processi di assorbimento culturale che hanno contribuito all'arricchimento della cultura e della lingua del gruppo etnico degli han. Molti cinesi han del sud, quali quelli provenienti dall'area di Wu, serbano la loro identità ed ascendenza han nei cognomi. Sono perciò certi di discendere dalle tribù Huaxia, come risultato delle migrazioni che avvennero dopo la caduta della Dinastia Song. Si dice però che il numero di nativi yue non sia inferiore - e forse sia addirittura superiore - a quello degli han che emigrarono oltre il Chang Jiang.

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sabato 3 marzo 2018

Fenghuang




Il Fenghuang (cinese: 鳳凰, Fènghuáng; giapponese: 鳳凰, hō-ō; coreano: 봉황, McCune-Reischauer: ponghwang, R.R. bonghwang; vietnamita: Phượng Hoàng) è un uccello leggendario della mitologia cinese, avente caratteristiche simili, ma non identiche, alla fenice greca ed egizia. I maschi sarebbero i Feng e le femmine Huang. Oggi questa distinzione non viene più fatta e Feng e Huang sono uniti in un'unica entità femminile, spesso accoppiata a quella maschile del drago. Il Fenghuang è a volte chiamato Gallo Augusto, prendendo il posto del gallo nello zodiaco cinese. Nei paesi occidentali l'animale viene chiamato anche fenice cinese.

Aspetto

Il Fenghuang ha un piumaggio colorato, una testa con grandi occhi allungati e un becco a punta leggermente curvo. Ha in pratica il becco di un gallo, il muso di rondine, la fronte di una gallina, il collo di un serpente, il petto di un'oca e il dorso di una tartaruga, le gambe di cervo e la coda di pavone. Il suo corpo simboleggia i sei corpi celesti: la testa è il cielo, gli occhi il sole, il dorso la luna, le ali il vento, i piedi la terra e la coda i pianeti. La livrea contiene i cinque colori fondamentali: nero, bianco, rosso, blu e giallo. Il Fenghuang è la regina degli uccelli; diversamente dalla fenice greca, non si getta nel fuoco per rigenerarsi ma si riproduce come gli altri volatili. È spesso rappresentata con le ali aperte mentre lotta contro un serpente.

Origine

Le rappresentazioni della fenice cinese risalgono a settemila anni fa, spesso come amuleti di giada, essendo un portafortuna per le tribù della Cina orientale. Forse è ispirato a un animale preistorico cinese simile a uno struzzo. Durante la dinastia Han (2200 anni fa), il Fenghuang era usato come simbolo del Sud, rappresentato da maschio, Feng, e femmina, Huang, uno di fronte all'altra. Era anche simbolo dell'imperatrice nella coppia imperiale, mentre il drago rappresentava l'imperatore. Per questo motivo i due animali erano raffigurati nelle celebrazioni di nozze come buon auspicio per la relazione coniugale, un'altra metafora di yin e yang. Inoltre, nelle decorazioni delle case, stava a significare che le persone che vivevano in quell'edificio erano leali ed oneste poiché la fenice vive in posti dove non c'è corruzione.

Simbologia

Il nome si riferisce alla puntuale applicazione della legge tradizionale di polarità del simbolo in riferimento alla dualità cosmica che per i cinesi si identifica nel binomio di forze Yin e yang. Infatti in questo uccello è insito il riferimento sia alla coppia lunisolare che presiede l'illuminazione del giorno e della notte, sia alle due coppie simmetriche date dai due aspetti del sole ai solstizi (d'Estate e d'Inverno) e dai due aspetti del sole agli equinozi (di Primavera e d'Autunno).
Nel primo libro dello Shang jing, sono descritti i segni del Fenghuang:
«I segni che reca sul capo dicono (de) le virtù; quelli sulle ali dicono (yi) giustizia; quelli sul dorso dicono (li) ritualità; quelli sul petto dicono (ren) umanità; quelli sul ventre dicono (xin) sincerità.»
Il piumaggio viene quindi associato ai cinque colori: il blu all'amicizia, il giallo all'onestà, il rosso alla saggezza, il bianco alla fedeltà, il nero alla carità. Inoltre esiste un'associazione del Fenghuang con gli strumenti musicali a fiato: il flauto a dodici toni (tong) suona in base al canto della fenice: sei toni derivano dal canto della fenice maschio (feng) e sei toni dalla fenice femmina (huang). Nel mondo dello spirito, quando si alza in volo, secondo la sua radice etimologica, corrispondendo il carattere pittografico (feng) allo spirito del vento, è sempre accompagnata da un seguito di uccelli, figuranti 24 potenze di cui la fenice è a capo, corrispondenti a 24 mansioni magiche per gli antichi taoisti. Quando si manifesta sulla terra si posa unicamente sull'albero Dryandra cordifolia (wutong), che produce un fiore in forma di campana bianco all'esterno e marrone all'interno, i cui semi entrano nella composizione dei dolci a forma di luna che i cinesi mangiano ancora oggi nella festa d'autunno a conferma delle ascendenze simboliche del Fenghuang.
La fenice cinese è uno dei quattro esseri soprannaturali detti sishen, insieme alla tartaruga, al drago e alla tigre, corrispondenti alle quattro classificazioni date agli animali in epoca Han (206 a.C. - 220 d.C.). I quattro animali suddetti sono associati ai quattro elementi (rispettivamente fuoco, acqua, legno e metallo), alle quattro direzioni e alle quattro stagioni. Specificando, il drago verde è l'emblema dell'Est, della primavera, del legno; la tigre bianca, dell'Ovest, dell'autunno e del metallo; la tartaruga e il serpente intrecciati, del Nord, dell'inverno, dell'acqua; l'uccello rosso o fenice, del Sud, dell'estate, del fuoco. Questa serie variegata di quattro valenze, interagendo con l'elemento inerte dell'alchimia cinese, la terra, determina i cinque stati di mutamento, che descrivono una sequenza di produzione e di distruzione riguardante il governo delle stagioni a sua volta ordinata in due cicli; gli ultimi 18 giorni di ogni stagione sono pertanto attribuiti alla Terra intesa come stato inerte. Nel primo ciclo detto di produzione, la primavera è governata dal Legno, l'estate dal Fuoco, l'autunno dal Metallo, l'inverno dall'Acqua. La concezione filosofica è la seguente: il Legno brucia e produce il Fuoco, la cui cenere in Terra dà come residuo il Metallo quale essenza minerale, che confluisce nei corsi sotterranei dell'Acqua, che a loro volta nutrono la vegetazione, che si rigenera nel Legno delle piante primaverili. Nel secondo ciclo detto di distruzione, i cinque stati di mutamento sono ordinati altrimenti. Con il Legno si indica tutta la vegetazione che è alimentata dall'Acqua, la quale ingoia o cinge tutta la Terra. Esso è tagliato dagli strumenti forgiati in Metallo e nell'opera prende Fuoco. Si noti che il numero dei giorni residui di tutte le stagioni, del ciclo di produzione e del ciclo di distruzione (18 x 4) è 72. Tale numero fa riferimento al periodo canonico di 72 hou che governa la successione dei mutamenti in base 5 nell'anno rituale di 360 giorni (72x5= 360).
La fenice cinese è quindi, come dichiara Saussure (1909), il primo nucleo del mitologema dell'uccello di fuoco connesso ai temi di morte e rigenerazione.


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Murakami Yoshikiyo

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Murakami Yoshikiyo (村上 義清; 1501 – 1573) è stato un samurai del clan Murakami e servitore del clan Uesugi durante il periodo Sengoku.
Yoshikiyo entrò in lotta sia contro Takeda Nobutora che contro suo figlio Takeda Shingen. È stato uno dei più stretti alleati di Uesugi Kenshin e uno dei più accaniti avversari del clan Takeda.

Biografia

Prima di entrare in guerra con i Takeda i rapporti tra i due clan erano buoni. Quando Oi Sadataka, un servitore Takeda che si era ribellato, fuggì nei territori di Yoshikiyo venne fatto prigioniero e mandato nella fortezza di Kōfu, roccaforte dei Takeda, dove fu ucciso.
Quando, nel 1542, i Takeda invasero lo Shinano formò un'alleanza con Ogasawara Nagatoki, Suwa Yorishige e Kiso Yoshiyasu per opporsi a Shinghen, ma nella battaglia di Sezawa furono sconfitti.
Nel 1546 quando Shingen attaccò il castello di Toishi, roccaforte del clan Murakami, Yoshikiyo arrivò in soccorso guidando 6.000 samurai, sconfiggendo Harunobu e rivendicando l'uccisione di diversi comandanti quali Amari Bizen e Yokota Bitchū. Venne sconfitto soltanto dopo che alcuni dei migliori comandanti Takeda, tra cui Yamamoto Kansuke, Sanada Yukitaka e suo figlio Sanada Masayuki, si unirono alla battaglia; tuttavia nel 1547 Yoshikiyo pareggiò i conti con Shingen, il quale aveva da poco conquistato il castello di Shiga. Yoshikiyo lo prese alla sprovvista e lo attaccò con il suo intero esercito mettendolo in rotta. Un anno dopo, nel 1548, inflisse una sconfitta ancora più importante a Shingen uccidendo tre suoi abili generali, Itagaki Nobukata, Amari Torayasu e Hajikano Den'emon, nella battaglia di Uedahara durante un contrattacco simile a quello dell'anno precedente, costringendo Shingen a ritirarsi nel Kai dopo aver perso 700 uomini.
Nel 1550 resistette nel castello di Toishi per un anno dall'assedio di Sanada Yukitaka ma venne alla fine sconfitto non prima di infliggere una dura perdita ai rivali con la morte del generale Yokota Takatoshi. Successivamente, nel 1553, perse il castello di Katsurao.
Nel 1553 fu costretto ad abbandonare la provincia di Shinano dopo esser stato definitivamente sconfitto dai Takeda nell'assedio di Kannomine e costretto a fuggire nella provincia di Echigo. Chiese aiuto a Kenshin di cui diverrà successivamente un importante generale. A Murakami fu assegnato il castello di Nechi a Echigo quale ricompensa della sua condotta alla guida delle forze centrali nella quarta battaglia di Kawanakajima.
Una fonte afferma che nella quarta battaglia di Kawanakajima Yoshikiyo abbia ucciso il fratello di Shingen, Takeda Nobushige, uno dei suoi generali più importanti. Un'altra fonte afferma invece che fu Kenshin a uccidere personalmente Nobushige.

Morte

Morì nel 1573. Suo figlio Murakami Kunikiyo divenne un servitore di Kenshin e fu in grado di riconquistare i territori Murakami nello Shinano nel 1582 dopo la fine del clan Takeda.



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venerdì 2 marzo 2018

Kilij

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Il Kilij (turco kılıç, letteralmente "spada") è l'arma bianca manesca del tipo spada più comunemente associata all'etnia dei Turchi, in uso presso le forze armate di tutti i regni e gli imperi creati da quelle genti: dall'Impero selgiuchide all'Impero ottomano, passando per i vari potentati mamelucchi (Sultanato mamelucco, Sultanato di Delhi, ecc.) sino all'Impero Moghul. Costituisce il modello di riferimento della scimitarra, con lama monofilare, tagliente sul lato convesso, ricurva, dal marcato controtaglio e curvatura accentuantesi in prossimità della punta.
Il Kilij fu il prodotto finale dell'evoluzione tecnica partita dal Dao, l'archetipica scimitarra turco-mongola, e la base di sviluppo della shamshir persiana dalla quale sarebbe derivata la sciabola occidentale.

Storia

Origini

Le forze di cavalleria dei turchi dell'Asia Centrale iniziarono ad utilizzare spade a lama ricurva dalla fine dell'era degli Xiongnu (III secolo), con un'affermazione definitiva del modello al tempo degli imperi dei turchi Göktürk. Si trattava di armi dalla lama marcatamente ricurva, monofilare, con un controtaglio (yelman) lungo quanto un terzo della lama, in acciaio con alte percentuali di carbonio. La forma di queste armi ricordava molto da vicino il dao in uso alle forze di cavalleria cinesi sin dal tempo della dinastia Shang (XVI-XI secolo a.C.), perfezionato come arma in acciaio e non più in bronzo dalla dinastia Han, responsabile dei contatti/scontri tra il Celeste Impero e gli Xiongnu.
La diffusione dell'Islam tra i turchi contribuì alla diffusione della loro spada ricurva tra i grandi regni dell'Asia occidentale, a discapito delle spade a lama diritta precedentemente in uso presso gli arabi. I primi kilij ad entrare nel bacino culturale arabo appartenevano ai Ghulam, gli schiavi-soldati di etnia turca che combatterono per i califfi Omayyadi ed Abbasidi. La creazione dell'Impero selgiuchide in Persia e del Sultanato di Iconio in Anatolia (XI secolo) fece dei turchi la potenza dominante dell'Asia centrale e del Medio Oriente, garantendo ulteriore diffusione e successo alla loro spada ricurva. Proprio in questo periodo, in Iran, iniziarono a diffondersi le shamshir a lama ricurva derivate dal kilij (lo stesso processo si verificò in India quando la fondazione dell'Impero Moghul portò alla creazione del talwar). Il parallelo avvio delle crociate ed il conseguente intensificarsi dei contatti e degli scontri tra europei, bizantini e potentati musulmani, diffuse in Europa l'idea del kilij quale arma "standard" di "mori" e "saraceni".

Il kilij ottomano

Nella seconda metà del XIII secolo, numerose tribù di turcomanni si stanziarono in Anatolia, approfittando del ristagno politico-militare in cui versavano l'Impero bizantino, i selgiuchidi e gli Stati crociati. Nel 1299 il bey Osman I, già al servizio del sultano di Iconio, fondò l'Impero ottomano ed i suoi successori, nel cinquantennio successivo, estesero il loro potere oltre lo stretto dei Dardanelli sino ad occupare Adrianopoli nel 1389. Costantinopoli venne conquistata nel 1453 ed il Regno d'Ungheria distrutto nel 1526, mentre Persia, Siria ed Egitto venivano annesse all'impero entro il 1517.
Padroni di buona parte del Medio Oriente e dell'Europa balcanica, i cavalieri ottomani del XV-XVI secolo iniziarono ad affiancare al kilij la shamshir (çimçir in lingua turca) dei selgiuchidi. Armi di pregevole fattura, realizzate in ottimo acciaio Damasco ed acciaio Wootz, vennero realizzate dai maestri armaioli di Damasco, Bursa e Derbent.
Al volgere del XVIII secolo, i kilij turchi vennero accorciati, pur mantenendo lo stesso peso, onde ottenere armi in grado di garantire una miglior capacità di parata rispetto alla shamshir, troppo curva e priva del controtaglio. Parallelamente, i sempre più massicci contatti e scontri tra le forze del sultano di Istanbul e quelle dello tzar di Mosca favorirono il diffondersi, nell'esercito russo, di kilij, che iniziarono ad essere prodotti anche da armaioli russi.
Nel 1826, il sultano Mahmud II operò una radicale ristrutturazione dell'apparato burocratico militare ottomano, smantellando secolari istituzioni come i giannizzeri e riformando le forze armate imperiali secondo il modello europeo. L'esercito ottomano abbandonò formalmente il kilij in favore della sciabola europea e dello spadino. La vecchia scimitarra divenne arma distintiva della Brigata Ertuğrul, composta dai turcomanni incaricati di garantire la sicurezza fisica del sultano, che la mantennero in uso con chiaro intento romantico-nostalgico sino alla rivoluzione dei Giovani Turchi del 1908.

Il kilij e la nascita della sciabola occidentale

La diffusione negli eserciti dell'Europa Orientale, fondamentalmente il Granducato di Moscovia ed il Regno d'Ungheria, ivi compresi i voivodati (principati) di Moldavia, Valacchia e Transilvania, di spade a lama ricurva simili alla scimitarra orientale si dovette ai contatti con i Tartari prima (XIV secolo) e, fondamentalmente, con gli Ottomani poi (XV secolo). Solo nel XVI secolo però le lame ricurve iniziarono a diffondersi anche nelle terre del vecchio Regno di Polonia e del Granducato di Lituania, sostituendo la spada a lama diritta in uso presso le forze di cavalleria. La prima forma di spada occidentale da cavalleria a lama ricurva fu la szabla, diffusasi tra le truppe di cavalleria della Confederazione Polacco-Lituana durante il regno di Stefan Batory (1576-1586), già voivoda di Transilvania.
Nella quasi totalità dei paesi dell'Europa Occidentale, la parola "sciabola" (sabre in inglese e francese, säbel in tedesco, sable in spagnolo etc.) deriva appunto dal vocabolo polacco szabla.
Nel corso del XIX secolo, i continui contatti tra gli europei ed i territori africani ed asiatici gravitanti intorno al decadente Impero ottomano intensificarono il processo di "orientalizzazione" delle spade da cavalleria occidentali. Le sciabole di tutti i corpi di cavalleria presero a modello la curvatura del kilij pur mantenendosi fedeli all'originario modello della szabla per quanto concerne il rapporto di larghezza tra lo scarico della lama ed il falso-taglio in prossimità della punta. La sciabola occidentale mantenne quindi sempre lama più lunga, più appuntita e meno curva rispetto al modello orientale di riferimento.

Costruzione

Il kilij, la scimitarra per antonomasia, ha:
  • Lama (namlu) in acciaio, spesso acciaio Damasco, marcatamente ricurva, affilata sul solo lato convesso, allargantesi presso la punta che ha un accentuato controtaglio (yalman), spesso affilato, lungo un terzo della lama. Molti esemplari presentano decorazioni ad agemina e koftgari sul "forte" (namlu yüzü) o su tutta l'estensione della lama;
  • Impugnatura (balçak) "a manico di pistola", controcurva rispetto alla lama, solitamente con piccola guardia a croce scudata nel centro, priva di pomolo.
Il fodero (kın) veniva assicurato al cinturone del guerriero tramite i lacci passanti per due distinti anelli di sospensione, i taşıma halkası. All'imboccatura, presentava una scanalatura atta ad accogliere la parte centrale scudata della guardia, il balçak oyuğu. Era solitamente realizzato in legno, ricoperto di cuoio o tessuto pregiato, chiuso alle due estremità da ghiere metalliche spesso sontuosamente decorate (ağızlık e çamurluk). Gli esemplari più preziosi avevano il fodero interamente ricoperto da una lamina metallica incrostata di pietre preziose in soluzione di continuità con gli stilemi decorativi dell'impugnatura.


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