martedì 4 dicembre 2018

Kamikaze

Risultati immagini per Kamikaze



Kamikaze (神風) è una parola giapponese, di solito tradotta come vento divino (kami significa "divinità" — un termine fondamentale nello shintoismo — e ka-ze sta per "vento"; ka inspirare e ze espirare). Internazionalmente e in generale è riferita agli attacchi suicidi eseguiti dai piloti giapponesi (su aerei carichi di esplosivo) contro le navi alleate verso la fine della campagna del pacifico nella seconda guerra mondiale. Il termine è mutuato dal nome di un leggendario tifone che si dice abbia salvato il Giappone da una flotta di invasione mongola inviata da Kublai Khan nel 1281. In Giappone la parola "kamikaze" viene riferita a questo tifone.
Gli attacchi aerei furono l'aspetto predominante e meglio conosciuto di un uso più ampio di attacchi — o piani — suicidi da parte di personale giapponese, inclusi soldati che indossavano esplosivo ed equipaggi di navi cariche di bombe. In giapponese il termine usato per le unità che eseguivano questi attacchi è tokubetsu kōgeki tai (特別攻撃隊, letteralmente "unità d'attacco speciale"), solitamente abbreviato in tokkōtai (特攻隊). Nella seconda guerra mondiale le squadre suicide provenienti dalla Marina imperiale giapponese furono chiamate shinpū tokubetsu kōgeki tai (神風特別攻撃隊), dove shinpū è la lettura-on (cinese) dei kanji che formano la parola "kamikaze"; le formazioni kamikaze delle forze aeree dell'Esercito imperiale giapponese erano invece denominata unità Shinbu (神武).
Dalla fine della seconda guerra mondiale, la parola kamikaze è stata applicata a una varietà più ampia di attacchi suicidi, in altre parti del mondo ed in altre epoche. Esempi di questi includono Selbstopfer nella Germania nazista durante la seconda guerra mondiale ed attentati suicidi di natura terroristica e militare. L'uso internazionale corrente del termine kamikaze per identificare attentati suicidi di natura terroristica - o di qualsiasi altra natura - non viene adottato dalla stampa nipponica, che invece gli preferisce jibaku tero (自爆テロ), abbreviazione della locuzione anglo-giapponese jibaku terorisuto (自爆テロリスト, "terroristi autoesplodenti").

Seconda guerra mondiale

Situazione

Le forze giapponesi, dopo la loro sconfitta nel 1942 alla battaglia delle Midway avevano perso l'iniziativa che avevano dal principio della guerra scoppiata nel Pacifico a dicembre 1941 (conosciuta ufficialmente in Giappone come "Grande Guerra dell'Asia Orientale"). Nel 1943-44 le forze alleate, sostenute dalla potenza industriale e dalle risorse naturali degli Stati Uniti d'America stavano avanzando costantemente verso il Giappone.
I caccia giapponesi erano ormai messi in minoranza e surclassati dai nuovi caccia USA, particolarmente l'F4U Corsair e il Grumman F6F Hellcat e, a causa delle perdite in combattimento, i piloti di caccia abili stavano diventando sempre più rari. Infine la scarsezza di parti di ricambio e di carburante rendevano problematiche anche le normali operazioni di volo.
Il 15 luglio 1944, l'importante base giapponese di Saipan venne occupata dalle forze alleate. Ciò rese possibile l'uso dei bombardieri a lungo raggio B-29 Superfortress per colpire direttamente il Giappone. Dopo la caduta di Saipan l'alto comando giapponese predisse che il prossimo obiettivo degli alleati sarebbero state le Filippine, strategicamente importanti per la loro posizione tra il Giappone ed i campi petroliferi del sud est asiatico.
Questa predizione si avverò il 17 ottobre 1944 quando le forze alleate assaltarono l'isola di Suluan iniziando la battaglia del Golfo di Leyte. Alla 1ª Flotta Aerea della Marina imperiale giapponese con base a Manila venne assegnato l'incarico di assistere le navi giapponesi che avrebbero tentato di distruggere le forze alleate nel golfo di Leyte. La 1ª Flotta aerea disponeva di soli 40 aerei: 34 Mitsubishi A6M imbarcati su portaerei e 3 aerosiluranti Nakajima B6N Tenzan, 1 Mitsubishi G4M, 2 bombardieri Yokosuka P1Y Ginga e un aeroplano da ricognizione. Il compito che dovevano affrontare le forze giapponesi pareva totalmente impossibile. Il comandante della Prima Forza Aerea, il viceammiraglio Takijirō Ōnishi decise di formare una "Forza d'Attacco Speciale Kamikaze"; Onishi divenne il "padre dei kamikaze". In un incontro all'aeroporto di Mabacalat (Clark Air Base) vicino a Manila, Onishi che stava visitando i quartieri del 201º Corpo Navale di Volo suggerì: «Non penso che ci sia un'altra maniera di eseguire l'operazione che mettere una bomba da 250 kg su uno Zero e farlo sbattere contro una portaerei per metterla fuori combattimento per una settimana.»

La prima unità kamikaze

Il comandante Asaiki Tamai chiese a un gruppo di abili studenti di volo che aveva personalmente addestrato di unirsi alla forza di attacco speciale. Tutti i piloti alzarono entrambe le mani, dando pertanto l'assenso a unirsi all'operazione. Più tardi Asaiki Tamai chiese al tenente Yukio Seki di comandare la forza di attacco speciale.
Si dice che Seki Yukio abbia chiuso gli occhi ed abbassato la testa per dieci secondi prima di chiedere: «La prego di lasciarmelo fare».
Yukio Seki divenne pertanto il 24° pilota kamikaze ad essere scelto.
Dunque, il 20 ottobre 1944 è la data di nascita del reparto kamikaze, formato da 24 piloti del 21º Stormo:
  • Unità d'Attacco Speciale Tokkoutai (abbreviazione di Tokubetsu Kougekitai) "Shinu"
    • Unità Shikishima (Isola Bella)
    • Unità Yamato (Razza Giapponese)
    • Unità Asahi (Sol Levante)
    • Unità Yama-zakura (Fiori di Ciliegio Selvatico di Montagna)
Questi nomi furono tratti da un poema patriottico (waka o tanka) dello studioso giapponese classico Motoori Norinaga, scritta nel XVIII secolo:
Shikishima no
Yamatogokoro wo
Hito towaba
Asahi ni niou
Yama-zakura bana
(in italiano: Se mi chiedete cos'è l'anima della razza giapponese della bella isola, rispondo che è come fiore di ciliegio selvatico ai primi raggi del sol levante, puro, chiaro e deliziosamente profumato.)

I primi attacchi

Almeno una fonte cita un episodio di aeroplani giapponesi scontratisi con la portaerei USS Indiana e l'incrociatore leggero USS Reno a metà del 1944, considerandoli come i primi attacchi kamikaze della seconda guerra mondiale, ma le prove che questi scontri fossero intenzionali e non collisioni accidentali, possibili durante intense battaglie aeronavali, sono scarse.
Secondo le testimonianze del personale alleato, il primo attacco kamikaze — nel senso generalmente accettato del termine — non venne eseguito dall'unità di Tamai, ma da un pilota giapponese non identificato. Il 21 ottobre 1944 l'ammiraglia della Marina Reale Australiana, venne colpita da un aeroplano giapponese armato con una bomba da 200 kg (441 libbre), dopo che il pilota giapponese aveva tentato di attaccare l'altro incrociatore australiano HMAS Shropshire che navigava a poca distanza; l'aereo era stato danneggiato seriamente dal fuoco antiaereo della Shropshire e se ne allontanò a bassissima quota (50 piedi, meno di 20 metri) in direzione della Australia. Le mitragliere a 8 canne di tipo pom-pom, due cannoni Bofors da 40mm e due da 20mm della nave cercarono di impegnare l'aereo senza risultato ma probabilmente disturbando il pilota, e questo colpì l'albero anteriore, sopra il ponte di comando; vennero danneggiati il ponte di comando che era scoperto come in genere nelle navi britanniche dell'epoca, la centrale di controllo del tiro antiaereo e la piattaforma della girobussola, spargendo carburante e detriti su una vasta area. La bomba non esplose, altrimenti la detonazione avrebbe potuto effettivamente distruggere la nave. Nell'attacco morirono almeno 30 membri dell'equipaggio incluso l'ufficiale comandante, il capitano Emile Dechaineux, e la maggior parte del personale del ponte rendendo la nave di fatto inoperativa; tra i feriti ci fu il commodoro John Collins, comandante della forza australiana. Alcuni ritengono che l'attacco fosse suicida senza alcun dubbio ma non frutto di una tattica preordinata, come altri episodi verificatisi fin dal 1942.
Il 25 ottobre l'Australia venne colpito nuovamente e forzato a ritirarsi nelle Nuove Ebridi per le riparazioni. Quello stesso giorno cinque caccia Zero condotti da Seki attaccarono una portaerei di scorta: la USS St. Lo. Sebbene solo un kamikaze riuscì a colpirla con efficacia, la bomba a bordo dell'aereo causò un incendio che fece esplodere il deposito bombe, affondando la portaerei. Altri colpirono e danneggiarono altre navi alleate, tra cui le portaerei di scorta USS Santee, USS Suwannee, USS Kitkun Bay e USS Kalinin Bay. Poiché molte portaerei americane avevano ponti di volo in legno, furono considerate più vulnerabili agli attacchi kamikaze rispetto alle portaerei britanniche della Flotta Britannica del Pacifico, dotate di ponti in acciaio.
L'Australia ritornò nella zona di combattimento nel gennaio 1945, prima della fine della guerra subì (e sopravvisse) sei diversi attacchi di kamikaze, con una perdita totale di 86 vite. Tra le navi principali che sopravvissero ad attacchi multipli di kamikaze durante la seconda guerra mondiale, vanno ricordate l'Intrepid e la Franklin, entrambe della classe Essex.

L'ondata principale degli attacchi kamikaze

I primi successi, come l'affondamento della St. Lo portarono a uno sviluppo immediato del programma e nel giro dei mesi successivi vennero lanciati oltre 2000 attacchi suicidi. Nel computo vanno compresi le azioni di guerra eseguite con le bombe razzo Yokosuka MXY7 Ohka ("Bocciolo di ciliegio", ribattezzate Baka: "folle" dagli statunitensi), pensate come una sorta di missili a guida umana e costruite appositamente per questo scopo, e gli assalti condotti con piccole barche imbottite d'esplosivo, o torpedini guidate dette kaiten.
Gli aerei kamikaze espressamente costruiti come tali, a differenza dei caccia o bombardieri in picchiata convertiti allo scopo, non possedevano meccanismi di atterraggio. Un aeroplano progettato specificamente, il Nakajima Ki-115 Tsurugi, era realizzato con una struttura in legno, semplice da costruire e pensato per utilizzare le scorte di motori rimanenti. Il carrello non era retrattile e veniva sganciato poco dopo il decollo per consentire il riutilizzo con altri aeroplani.
Il picco dell'attività venne toccato il 6 aprile 1945 durante la battaglia di Okinawa, quando varie ondate di aeroplani condussero centinaia di attacchi durante l'Operazione Kikusui (Crisantemi galleggianti). A Okinawa gli attacchi dei kamikaze si focalizzarono all'inizio sui cacciatorpediniere in servizio di protezione e quindi sulle portaerei al centro della flotta. L'offensiva, per cui vennero utilizzati 1465 aeroplani, seminò distruzione: i resoconti delle perdite variano, ma per la fine della battaglia almeno 21 navi americane erano state affondate dai kamikaze, insieme a navi alleate di altra nazionalità e dozzine di altre erano state danneggiate.
L'offensiva comprese la missione di sola andata della nave da battaglia Yamato, che non riuscì a raggiungere le vicinanze dell'operazione perché affondata dagli aerei alleati a diverse centinaia di miglia di distanza.
A causa della scarsità del loro addestramento, i piloti kamikaze tendevano ad essere facili prede per gli esperti piloti alleati, che pilotavano aerei di molto superiori. Anche gli equipaggi navali alleati iniziarono a sviluppare tecniche per neutralizzare gli attacchi dei kamikaze, come sparare con i cannoni navali di grosso calibro nel mare lungo la direzione di attacco, per poterli inondare. Queste tattiche non potevano essere usate contro gli Okha ed altri attacchi veloci portati in picchiata dall'alto, ma questi ultimi aerei erano più vulnerabili al fuoco antiaereo e ai caccia Alleati.
Nel 1945 l'esercito giapponese iniziò ad accumulare scorte di centinaia di Tsurugi, di altri aerei a elica, di Ohka e di navi suicide per fronteggiare le forze alleate, che si aspettavano avrebbero invaso il Giappone. Pochi di essi vennero usati.


L'uso come difesa contro i raid aerei

Quando il Giappone iniziò ad essere soggetto al bombardamento strategico da parte dei bombardieri B-29 Superfortress dopo la cattura di Iwo Jima l'esercito giapponese tentò di usare attacchi suicidi contro questa minaccia.
Comunque questa si dimostrò molto meno fruttuosa e pratica, poiché un aeroplano era un bersaglio molto più piccolo, manovrabile e veloce di una tipica nave da guerra. Aggiungendo a ciò il fatto che il B-29 possedeva un formidabile armamentario difensivo, gli attacchi suicidi contro questo tipo di aeroplano richiedevano un'abilità di volo considerevole per avere successo. Ciò era contrario allo scopo fondamentale di usare piloti sacrificabili e incoraggiare i piloti abili a balzare fuori prima dell'impatto era inefficace causando spesso la morte di personale vitale che calcolava male il tempo di uscita e falliva l'impatto e/o ne restava ucciso.

Effetti

Alla fine della seconda guerra mondiale il servizio aeronautico della marina giapponese aveva sacrificato 2.526 piloti kamikaze, mentre quello dell'esercito ne aveva sacrificati 1.387. Secondo un dato ufficiale, di fonte giapponese, le missioni affondarono 81 navi e ne danneggiarono 195, ammontando (rispetto al conteggio giapponese dei danni inflitti) all'80% delle perdite USA durante le fasi finali della guerra nel Pacifico. Secondo una fonte delle forze aeree americane:
«Approssimativamente 2.800 attaccanti kamikaze affondarono 34 navi della marina, ne danneggiarono altre 368, uccisero 4.900 marinai e ne ferirono oltre 4.800. Nonostante l'allarme dei radar, l'intercettazione in volo ed un massiccio fuoco antiaereo il 14% degli attacchi Kamikaze giungeva fino all'impatto contro una nave; circa l'8,5% delle navi colpite dagli attacchi kamikaze affondò»
(Airforcehistory)

Tradizioni e folklore

«Voi siete il tesoro della nazione; con lo stesso spirito eroico dei kamikaze, battetevi per il benessere del Giappone e per la pace nel mondo.»
(Dalla lettera scritta dal viceammiraglio Takijirō Ōnishi, principale fautore dei kamikaze, e indirizzata ai giovani giapponesi, prima di suicidarsi il 15 agosto 1945)



L'esercito giapponese non ebbe mai problemi nel reclutare volontari per le missioni kamikaze; in effetti ci fu il triplo di volontari rispetto agli aerei disponibili. In conseguenza di ciò i piloti esperti venivano scartati, in quanto considerati meglio impiegati in ruoli difensivi e di insegnamento. Il pilota kamikaze medio aveva circa 20 anni e studiava scienze all'università. Le motivazioni nell'offrirsi volontario andavano dal patriottismo, al desiderio di portare onore alle proprie famiglie, al mettersi alla prova in maniera estrema.
Venivano spesso tenute cerimonie speciali, immediatamente prima della partenza delle missioni kamikaze, nelle quali ai piloti che portavano preghiere delle loro famiglie venivano date decorazioni militari. Queste pratiche aiutavano a romanzare le missioni suicide, attraendo pertanto altri volontari. I kamikaze giapponesi inoltre indossavano la nota bandana bianca con dei motivi patriottici disegnati, chiamata hachimaki.
Secondo la leggenda i giovani piloti delle missioni kamikaze spesso volano a sud-ovest dal Giappone sopra il monte Kaimon, alto 922 metri. La montagna è anche detta "Satsuma Fuji" (indicando una montagna bella simmetricamente, come il Monte Fuji, ma situata nella regione di Satsuma). I piloti delle missioni suicide vedevano questo guardandosi alle spalle, la montagna più a sud del Giappone mentre erano in aria, dicendo addio al proprio paese e salutavano la montagna.
I residenti dell'isola di Kikajima, ad est di Amami Ōshima, dicono che i piloti delle missioni suicide lanciavano fiori dall'aria mentre partivano per la loro missione suicida. Presumibilmente le colline sopra l'aeroporto di Kikajima hanno campi di fiordalisi che sbocciano all'inizio di maggio.

Rappresentazioni artistiche ed influenza

Cinema

Il regista statunitense Steven Spielberg inserì tra i personaggi del suo film L'impero del sole un giovane giapponese, amico del protagonista, che tenta inutilmente di partecipare a una missione suicida alla fine della guerra.
Un altro film di discreto successo è l'Eien no Zero, di produzione giapponese.

Arti figurative

Lo scultore Sergio Zanni espose kamikaze di grandi dimensioni nella mostra personale al PAC (Padiglione di Arte Contemporanea) di Palazzo Massari, Ferrara, dal 4 giugno al 29 agosto 2004.

Musica

La cantante veneta Donatella Rettore e il paroliere Claudio Rego s'ispirarono largamente alle missioni dei kamikaze per il loro album Kamikaze Rock 'n' Roll Suicide (1982).
Il cantautore di musica alternativa italiana Sköll dedicò la canzone Unità di attacco Shikishima del disco Sole e Acciaio ai soldati kamikaze.


INTEGE Fouse

Grazie al nostro sponsor INTEGE Fouse.
Gli sponsor sono fondamentali per realizzare i nostri post e gli siamo veramente grati.



lunedì 3 dicembre 2018

Li Shizhen

Risultati immagini per Li Shizhen


Li Shizhen (李时珍, 李时珍, Lǐ Shízhēn, Li Shih-Chen), nome cinese di cortesia Dōngbì (東璧, 东璧), chiamato anche Bīnhúshānrén (瀕湖山人, letteralmente "Persona della Montagna del Lago") nei suoi ultimi anni, (Qizhou, 3 luglio 1518 – Qizhou, 1593) è stato uno scienziato, farmacologo e botanico cinese. Il suo contributo fondamentale alla medicina è rappresentato da un lavoro di classificazione di erbe officinali, durato quarant'anni, contenuto nella sua opera più famosa: il Běncǎo Gāngmù (本草綱目, 本草纲目, letteralmente "Compendio di Materia Medica"). Il libro ha informazioni su oltre 1.800 farmaci (medicina tradizionale cinese), contenendo 1.100 illustrazioni e 11.000 ricette. Considerato il più grande naturalista della Cina, ha descritto il tipo, la forma, il sapore, la natura e l'applicazione di 1.094 erbe officinali. La sua Materia Medica è stata tradotta in molte lingue diverse, e rimane il riferimento principale per la medicina a base di erbe. Il suo trattato contiene vari temi connessi, come la botanica, la zoologia, mineralogia e della metallurgia. Il libro è stato ristampato più volte e cinque copie dell'originale esistono ancora.

Biografia

Li Shizhen visse durante la dinastia Ming ed è stato influenzato dai pensieri del neo-confucianesimo del tempo. È nato a Waxiaopa, un piccolo villaggio a nord di Qizhou sul Fiume Giallo in quello che era Huguang settentrionale ed è oggi la provincia di Hubei, dove è morto.

Origini e infanzia

Il nonno di Li Shizhen, che è morto quando Shizhen era ancora piccolo, era stato un medico ambulante; portava con sé varie pillole mediche e aghi per agopuntura mentre viaggiava da un posto all'altro, vendendo i suoi servizi di esperto in diagnosi e guaritore. Tali medici, detti zoufang (medici erranti), perché offrivano i loro servizi visitando vari posti, particolarmente i bazar in cui si riuniva molta gente, erano anche denominati lingyi, medici del campanello, perché annunciavano la loro presenza suonando il campanello. Il nonno di Li Shizhen doveva spesso attraversare fiumi e laghi della regione di Qizhou per visitare città lontane dalla sua casa per lavorare.
Anche se questi medici itineranti erano spesso ben visti dal popolo, i medici studiosi li ritenevano semplici ciarlatani o addirittura truffatori. Il padre di Li Shizhen, Li Yenwen, aveva deciso di fare una vita migliore diventando un medico tradizionale, guaritore e studioso. Aveva raggiunto il rango di ufficiale subalterno medico della Accademia medica imperiale, essendo ampiamente rispettato dai suoi colleghi. Li Yenwen è famoso in Cina anche oggi per aver scritto la prima monografia sul ginseng, ma oltre a questo ha anche scritto libri sulle quattro tecniche diagnostiche, sul vaiolo, sulla diagnosi del polso (un metodo nel quale era pioniere), e sulle artemisie di Hubei. Nonostante ciò, i medici stessi non erano molto rispettati nella società cinese, e Li Yenwen spesso incoraggiava il suo figlio Li Shizhen a cercare una posizione burocratica nel governo. Di sua sorella e suo fratello non si sa nulla.
Nel 1531 il quattordicenne Li Shizhen superò gli esami imperiali a livello distrettuale, quindi partecipò a tre esami a livello provinciale, ma senza successo. Di conseguenza ereditò la professione del padre, studiando la medicina e curando i poveri, anche se il padre inizialmente era contrario. In una lettera, egli scrisse al padre "Il mio corpo è come una barca in controcorrente e la mia determinazione non può essere cambiata affatto. Aspetto con ansia la tua risposta e non ho paura. " In pochi anni, divenne un medico molto famoso.

Prosieguo della carriera medica

Aspirando a diventare un medico migliore, Li Shizhen visitava spesso pescatori, cacciatori, taglialegna, contadini e coltivatori di erbe medicinali, raccogliendo molte ricette popolari. Con meticolose osservazioni e ripetuti esperimenti, si impadronì di profonde conoscenze sulla natura delle varie sostanze medicinali.
Nel 1551 Li Shizhen era già un medico famoso. Una volta il figlio del re di Chu, Zhu Xian, ammalatosi improvvisamente, guarì subito dopo essere stato curato da Li Shizhen. Il re di Chu ne fu così felice che presentò Li Shizhen all'ospedale imperiale. Pochi anni dopo, ha ottenuto una posizione di governo, come assistente presidente presso l'Istituto imperiale di medicina di Pechino. Tuttavia, nonostante l'importante posizione sociale acquisita, lasciò la posizione di assistente presidente un anno dopo averla ottenuta per tornare a essere un medico tradizionale.
Li Shizhen si era appassionato degli studi medici e si chiuse nella casa dei suoi genitori per parecchi anni, leggendo con attenzione tutti i classici medici di quel tempo; inoltre studiava aree di storia e filosofia relative alla medicina e scriveva poesie. Nel campo della farmacologia, si è particolarmente interessato alla creazione di ricette che fossero tutte caratterizzate da un'erba dominante in proporzioni o misure diverse che contribuisse all'efficacia terapeutica. Un tal metodo di prescrizione richiede la conoscenza approfondita di diverse erbe che potrebbero servire da misure nelle formule, conducente al suo studio della Materia Medica.
I suoi brevi soggiorni nelle due corti reali gli hanno fornito un notevole vantaggio per il suo lavoro successivo, in quanto gli hanno fornito un'occasione di leggere rari libri di medicina, presenti nelle biblioteche mediche imperiali, estendendo così la sua conoscenza della storia della medicina, delle teorie e delle pratiche. Scoprì presto che gli erbari del passato non erano del tutto affidabili. In alcune parti la classificazione non era chiara e l'efficacia farmacologica registrata non era esatta, con contenuti superstiziosi e errati, anzi addirittura assurdo. Li Shizhen si rese conto che era suo dovere compilare un nuovo dizionario farmacologico e nel 1522, a 35 anni, cominciò allora a immergersi nella compilazione del suo Compendio di materia medica.
Il Bencao Gangmu è stato completato nel 1578, quando Li Shizhen aveva 60 anni, e fu corretto e rivisto due volte dall'autore, nel 1580 e nel 1587. Il testo finale illustrato è stato completato con l'aiuto dei suoi figli e nipoti, i quali sono stati citati come collaboratori nel libro stesso. Dopo aver affidato la stampa del libro a Hu Chenglong, muore senza vedere il libro ufficialmente pubblicato.

Opere

Avido lettore e di interessi eclettici, Li Shizhen ha inserito nella sua opera Bencao Gangmu, oltre a fatti strettamente legati alla medicina, "prescrizioni per l'osso del drago, storie di demoni e cani di fuoco, istruzioni per l'utilizzo degli specchi magici, consigli per eliminare le locuste e addirittura ricette per i piatti di pesce." Oltre al Bencao Gangmu, Li ha scritto undici libri, tra cui Bīnhú Màixué (濒湖脉学, letteralmente "Uno studio del polso"), Qíjīng Bāmài Kǎo (奇经八脉考S, letteralmente "Un esame di otto meridiani in più"), "Poesie di Suo Guan", "Casi clinici", "La chiave del passaggio delle energie interne", "Discussione di cinque organi", "Difficoltà di Sanjiaoke", "La ricerca di Mingmen," e trattati sulla poesia.

L'opera principale: il Bencao Gangmu

Li Shizhen fece stampare l'opera completa a Nanchino, accontentandosi in un primo momento delle modeste risorse di Hu Chenglong. In seguito, affinché fosse pubblicato ufficialmente, si rivolse al governo imperiale dell'imperatore Wanli, che regnò dal 1573 al 1620, il quale ricevette il libro da Li Qianyuan, dopo la morte del padre. Alla fine del libro, l'imperatore ha aggiunto la notazione: "Preso in considerazione: per essere tenuto presso il Ministero dei Riti". Il libro è stato ignorato per molti anni per essere finalmente apprezzato con un riconoscimento formale da parte del imperatore successivo. La mancanza di interesse verso il libro non è stato a causa di eventuali difetti dell'opera stessa, ma del disordine generale nel palazzo imperiale. La dinastia Ming aveva già un passato poco brillante per la pubblicazione di testi medici imperiali: vi era una sola Materia Medica ordinata durante la dinastia Ming (all'inizio del XVI secolo, poco prima della nascita Li Shizhen), e pure quella era rimasta inedita. La prima edizione ufficiale del Bencao Gangmu è stata infine pubblicata nel 1596, tre anni dopo la morte di Li Shizhen. La stampa di Hu Chenglong del libro a Nanchino è stata fatta con noncuranza, raggiungendo solo una distribuzione limitata. Delle sette copie della prima edizione che ci erano pervenute, una è stato distrutta a Berlino durante la Seconda guerra mondiale. La seconda edizione del 1603 è stata pubblicata nel Jiangxi, dopo che l'ordine dei libri dell'opera è stato modificato. Edizioni successive erano in forma migliore, anche se la maggior parte ha seguito la sistemazione della edizione del 1603.
Una piccola parte dell'opera è basata su un altro libro che era stato scritto nel quindicesimo secolo, Jingshi Zhenglei Beiji Bencao ( "Materia Medica classificata per le emergenze") che, a differenza di molti altri libri, aveva formule e ricette per la maggior parte delle voci. Nella scrittura del Bencao Gangmu, Li viaggiò molto, acquisendo un'esperienza di prima mano con molte erbe e rimedi locali e consultando oltre 800 libri che contenevano quasi tutta la medicina scritta cinese.
Il Bencao Gangmu comprende in totale "un milione e 900 000 caratteri, è suddiviso in 16 parti, 60 categorie e 50 volumi, e raccoglie 1892 medicinali e oltre 11 000 ricette." Contiene più di mille disegni che raffigurano le complesse configurazioni delle varie sostanze medicinali, in modo da facilitarne la distinzione. I successi ottenuti dal Compendio sono incarnati in vari campi. In primo luogo, riclassifica i medicinali registrati, per esempio le categorie delle sostanze vegetali ed animali, mentre solo nel 1741 gli europei avanzarono un metodo di classificazione analogo, con un ritardo di circa 200 anni. Il Compendio di materia medica revisiona e chiarisce molti contenuti errati e confusi dei predecessori, introducendo medicinali o funzioni medicinali appena scoperti. Li Shizhen criticò anche i modi di dire superstiziosi e assurdi contenuti nei testi di medicina del passato. Nell'epoca di Li Shizhen era molto diffuso il Taoismo e propagandata l'alchimia, mentre il settore medico era impregnato di idee superstiziose. Li Shizhen confutò queste errate affermazioni pseudo-scientifiche con il suo punto di vista di materialistico.
Il compendio di Materia Medica è inoltre molto più di un testo farmaceutico, dato che contiene le informazioni che riguardano aree della biologia, chimica, geografia, mineralogia, geologia, storia e perfino l'astronomia, che a prima vista sembrerebbero avere poco da fare con la farmacologia. È stato tradotto in più di 20 lingue e diffuso per il mondo. Le ristampe si stanno facendo ancora ed è usato come libro di consultazione anche oggi.
Il Bencao Gangmu era un'impresa letteraria voluminosa. L'intera opera di Li comprendeva quasi 900 libri. A causa delle dimensioni, non era facile da usare, benché fosse organizzato molto più chiaramente degli altri, che avevano classificato le erbe soltanto secondo resistenza. Ha diviso i farmaci in farmaci animali, minerali ed erbali, ed ha diviso quelle categorie a seconda della loro fonte. Dott. S. Y. Tan dice: "le sue piante sono state classificate secondo l'habitat, per esempio acquatico o roccioso, o dalle caratteristiche speciali, per esempio tutte le piante di odore gradevole sono state raggruppate insieme." Li Shizhen aveva un padronanza superba delle tecniche di registrazione. A ogni voce Li ha aggiunto:
  • "Le informazioni riguardo ad una classificazione precedentemente falsa;
  • Le informazioni sui nomi secondari, compreso le fonti dei nomi;
  • Spiegazioni, commenti e citazioni raccolti nell'ordine cronologico, compreso l'origine del materiale, apparenza, periodo dell'accumulazione, parti medicinale utili, somiglianze con altri materiali medicinali;
  • Le informazioni riguardo alla preparazione del materiale;
  • Spiegazione dei punti dubbiosi;
  • Correzione degli errori;
  • Gusto e natura;
  • Enumerazione delle indicazioni principali;
  • Spiegazione degli effetti; ed
  • Enumerazione delle prescrizioni in cui il materiale è usato, compreso la forma ed il dosaggio delle prescrizioni. „

Cultura di massa

Li Shizhen è uno dei medici più famosi della storia della medicina della Cina, e il suo contributo alla medicina continua ad essere riconosciuto. Poche sono le facoltà di medicina che non hanno il suo volto sui muri, e oltre ad essere ampiamente lodato da storici ed esperti di medicina tradizionale cinese, è ampiamente rappresentato in media più popolari e accademiche. Il suo nome appare nei discorsi di Mao Zedong, e l'attore Jet Li di recente lo ha nominato uno dei suoi eroi personali. È stato al centro di fumetti, canzoni popolari, fiction TV e film, tra i quali "Li Shizhen" di Shen Fu (Cina, 1956, b/n), "una grande epopea biografica, diretto da Shen Fu (già sceneggiatore di Crows and sparrows) e interpretato dalla grande stella dell'epoca Zhao Dan."




Grazie al nostro sponsor PHOTOSHELL Place.
Gli sponsor sono fondamentali per realizzare i nostri post e gli siamo veramente grati.




domenica 2 dicembre 2018

Áo bà ba

Risultati immagini per áo bà ba



L'Áo bà ba è un tipo di abbigliamento tradizionale vietnamita. È principalmente associato con la parte meridionale del Vietnam, soprattutto le zone rurali.
L'áo bà ba consiste semplicemente in un paio di pantaloni di seta ed una camicia a maniche lunghe, abbotonata fino in fondo. In alcuni modelli la camicia si divide alla vita, formando due lembi distinti. Sulla parte anteriore più bassa della camicia sono tradizionali due taschini.
La semplicità e la versatilità di questo indumento hanno contribuito alla sua popolarità, ed è attualmente utilizzato da gran parte della popolazione vietnamita, sia delle zone di campagna che di quelle urbane. Le versioni più moderne dell'áo bà ba abbracciano diversi stili di design, di colori e di tessuti.



Grazie al nostro sponsor PREPOLIS Parcel.
Gli sponsor sono fondamentali per realizzare i nostri post e gli siamo veramente grati.


sabato 1 dicembre 2018

Sette Divinità della Fortuna

Risultati immagini per Sette Divinità della Fortuna



Le Sette Divinità della Fortuna (七福神 Shichi Fukujin), sono sette dèi portatori di buona fortuna nella mitologia e nel folclore giapponese. Sono spesso soggetto di netsuke.

Nomi e patronato

Ognuno ha tradizionalmente un attributo:
  1. Hotei, dio della fortuna
  2. Jurōjin, dio della lunga vita
  3. Fukurokuju, dio della felicità, ricchezza, e longevità
  4. Bishamonten, dio dei guerrieri
  5. Benzaiten, dea della conoscenza, delle arti e della musica
  6. Daikoku, dio della ricchezza e commercio. Ebisu e Daikoku sono spesso rappresentati assieme
  7. Ebisu, dio dei pescatori e mercanti
Questo gruppo di dèi è frutto di un lento processo di assimilazione, che trae la sua origine da varie tradizioni religiose: Buddismo, Induismo, Taoismo e Shintoismo.
Tale processo, definito con il termine shinbutsu shūgō, è stato generalmente spiegato attraverso la teoria dello honji suijaku, in cui i kami Shintoisti non sono altro che la manifestazione (suijaku) dei Budda, la fonte originale (honji) dalla quale essi emergono. Secondo questa teoria è possibile porre in armonia il rapporto tra kami e Budda e fornire quindi una spiegazione del perché la pratica religiosa giapponese non trova nessun conflitto dottrinale con le diverse istituzioni religiose.
Ma i fattori che hanno contribuito maggiormente a favorire questo processo assimilativo vanno ricercati nella struttura rituale e concettuale che ruota intorno al genze riyaku. Sono i benefici che le divinità offrono ai devoti a rendere possibile la loro fusione e la loro interscambiabilità di status, che si concretizza nella loro capacità, o meglio nella loro specializzazione, nel fornire particolari benefici.
Il risultato di questa fusione ha portato alla sovrapposizione e, in alcuni casi, a confondere l'identità stessa della divinità. Ebisu, ad esempio, risulta avere più di un'identità, in base alla località in cui lo si venera e in base a quali benefici può fornire. Egli viene considerato un ta no kami (dio della risaia) nell'ambiente rurale, mentre viene considerato una forza benefattrice, identificata con svariati oggetti ritrovati o pescati in mare, dai villaggi di pescatori.
Tradizionalmente rappresentati come sette figure bonarie, i shichifukujin sono un elemento iconografico fondamentale per lo shogatsu, il capodanno giapponese, oltre a essere raffigurati negli oggetti e nelle merci più disparate del merchandising, come, ad esempio, nel caso di Ebisu, dove il kami presta il suo nome a una famosa marca di birra giapponese.
I shichifukujin, come simboli della buona fortuna, appaiono spesso in pubblicità per istituzioni finanziarie, come il kōfuku kurejitto (credito della buona fortuna), che pubblicizza i suoi servizi finanziari utilizzando i sette dèi della fortuna, raffigurati con il takarabune, la nave dei tesori. Questo vessillo, oltre a essere il recipiente di benefici e tesori, è iconograficamente l'elemento che riunisce e porta insieme divinità provenienti da differenti tradizioni religiose, ed è un elemento importante per delineare le origini dei shichifukujin e le loro prime raffigurazioni iconografiche.
Il Baika Mujinzō (Il magazzino inesauribile di boccioli di prugno) contiene una descrizione risalente al 1491 di un dipinto in cui Śakyamuni, Kannon, Daruma, Confucio e Lao Tzu sono imbarcati su una nave. Il monaco buddista Shūgatsu, vissuto alla fine del XV secolo, dipinse un'imbarcazione che portava un gruppo di dèi che includevano Daikoku, Fukurokuju e Hotei, tre membri appartenenti al gruppo dei shichifukujin.
Un altro monaco buddista, che si chiamava Keishun, nel 1491 fu ispirato dalla descrizione dei sette saggi taoisti del boschetto di bambù e dipinse un rotolo in cui apparivano Ōkuninushi no Mikoto, Ebisu, Uzume no Mikoto, il kami femmina che danzò per far uscire Amaterasu Ōmikami dalla grotta. Questa venne rimpiazzata da Benzaiten, mentre Daikoku rimpiazzava il posto di Ōkoninushi no Mikoto. Il gruppo risultante costituisce la configurazione più comune dei sette dèi.
Le fonti buddiste, oltre a dare informazioni riguardo all'origine dei shichifukujin, offrono anche la spiegazione del perché questi dèi sono rappresentati in gruppo di sette. Nel Ninnōkyō (“Sūtra della Saggezza dei Re Benevolenti”) si riporta che il Budda spiega a un re che egli sta trasmettendo la sua saggezza a tutti i re della terra e non ai monaci, alle monache e agli uomini e alle donne dalla fede pura, perché essi hanno già compreso la sua dottrina. Dato che i re non conoscono la dottrina del Budda, essi dovranno recitare questo sūtra al fine di eliminare le sette sofferenze da cui sono afflitti e ricevere di conseguenza le sette benedizioni.
Altri dipinti, resoconti letterari e commedie kyōgen documentano ciò che dalla fine del periodo Muromachi (XVI secolo) comincia a delinearsi il riconoscimento ufficiale di questo gruppo di dèi: grazie all'espansione commerciale nel kamigata, ovvero la zona delineata dalle città di Ōsaka, Edo e Kyōto, il culto dei shichifukujin cominciava a prendere piede presso le grandi famiglie dei commercianti, in particolar modo verso Ebisu e Daikoku, venerati come dèi del commercio e dei buoni affari.
Sebbene i shichifukujin vengano generalmente venerati in gruppo, questo non significa che non vi siano culti indirizzati al singolo kami: Benzaiten è famosa a Chikubushima nel lago Biwa, Itsukushima e Enoshima; Bishamonten è ben conosciuta al tempio Kurama, a Shigisan e a Ikoma; Ebisu riceve una particolare venerazione a Nishinomiya e il monte Hiei è famoso per il triplice volto di Daikoku.



GROUPINGS Reality


Grazie al nostro sponsor GROUPINGS Reality
Gli sponsor sono fondamentali per realizzare i nostri post e gli siamo veramente grati.





venerdì 30 novembre 2018

Mogami Yoshiaki

Immagine correlata



Mogami Yoshiaki (最上義光; 1 febbraio 1546 – 29 novembre 1614) è stato un daimyō giapponese del clan Mogami durante il periodo Sengoku.

Biografia

Mogami Yoshiaki fu il primo figlio di Mogami Yoshimori (最上義守) del clan Mogami e succedette al padre come daimyō di Dewa. Durante i primi anni si scontrò ripetutamente con i clan Date e Uesugi nelle zone di Shōnai e Semboku per espandere l'area di influenza del clan.
Quando venne al potere Toyotomi Hideyoshi, Yoshiaki si sottomise, ma divenne in seguito un sostenitore di Tokugawa Ieyasu dopo la morte di Hideyoshi. Era noto odiasse i Toyotomi poiché Hideyoshi ordinò l'esecuzione della figlia adolescente di Yoshiaki (Komahime) quando eliminò il nipote Toyotomi Hidetsugu, con il quale era impegnata la ragazza. Dopo di questi fatti mandò il suo secondo figlio, Iechika, come ostaggio ai Tokugawa e si avvicinò a Tokugawa Ieyasu.
Nel 1600 combatté contro Uesugi Kagekatsu, nemico dei Tokugawa, assieme a Date Masamune (suo nipote), un altro potente daimyō del lontano nord. Portò aiuto al clan Date nell'assedio di Shiroishi, e fu poi attaccato nel suo castello di Hataya. Più tardi quell'anno, Mogami e Date sostennero Ieyasu alla famosa battaglia di Sekigahara, dopo della quale il dominio dei Mogami fu ampliato a 520.000 koku come ricompensa della loro fedeltà.
Questo rese il dominio di Yamagata il quinto più grande nel Giappone dell'epoca, escludendo la terra dei Tokugawa.
Morì nel castello di Yamagata nel 1614. A Yamagata è presente il museo storico di Mogami Yoshiaki, appena fuori dalla grande porta orientale del castello di Yamagata, nella quale mostra il suo elmo, il bastone di comando di battaglia e gli altri attrezzi effettivamente utilizzò.

Eredità

Mogami Yoshiaki stabilì e costruì la città del castello, che divenne il fondamento della città di oggi Yamagata. Riuscì a controllare i "Tre Luoghi Difficili" sul fiume Mogami, rendendo più sicura la navigazione dal Mare del Giappone all'entroterra e portando la cultura di Kyōto e Osaka a Yamagata. I suoi progetti di costruzione delle dighe a Kitadaseki, Inabazeki e in altri luoghi assieme ad altre misure di controllo dell'irrigazione contribuirono a sviluppare le coltivazioni di riso nella pianura di Shōnai.

NINCT Island

Grazie al nostro sponsor NINCT Island.
Gli sponsor sono fondamentali per realizzare i nostri post e gli siamo veramente grati.





giovedì 29 novembre 2018

Clan Ashikaga

Risultati immagini per Clan Ashikaga


Il clan Ashikaga (足利氏 Ashikaga-uji) fu una nobile e potente famiglia feudale giapponese, protagonista del periodo Muromachi della storia del Giappone.
La sua illustre origine è da rintracciarsi nella linea Seiwa Genji del clan Minamoto, attraverso Minamoto Yoshikane, pronipote diretto di Yoshiie (1039–1106) e quindi vantava un'ascendenza imperiale, in quanto discendente dell'Imperatore Seiwa.
I capi del clan furono daimyō di Ashikaga, nella provincia di Shimotsuke (attuale prefettura di Tochigi) durante il periodo Kamakura, ma con il famoso generale Ashikaga Takauji il casato riuscì a prendere il potere in Giappone ed impose lo Shogunato Ashikaga che detenne il potere dal 1336 al 1576. Dopo la fine dello shogunato ad opera di Oda Nobunaga, divennero un clan di daimyō di Kitsuregawa (l'attuale città di Sakura nella prefettura di Tochigi), ed i discendenti del casato esistono ancora oggi.
Questa casata ebbe vari e famosi rami, come quello degli Imagawa, Hosokawa, Hatakeyama e Shiba.

Albero genealogico Ashikaga

Minamoto no Yoshiyasu (+ 1157), discendente dei Minamoto e quindi dalla linea Seiwa Genji assunse per primo il cognome Ashikaga;
Yoshikane (+ 1199)
Yoshiuji (+ 1255)
Yoshuuji (1216-1270)
Yoriuji (1258-1280)
Ietoki
Sadauji (1273-1331)
Takauji (1305–1358), divenne 1º shōgun e iniziò lo shogunato Ashikaga
Yoshiakira (1330–1368) (2º shōgun 1359–1368)
Yoshimitsu (1358–1408) (3º shōgun 1368–1394)
Yoshimochi (1386–1428) (4º shōgun 1395–1423)
Yoshikazu (1407–1425) (5º shōgun 1423–1425)
Yoshinori (1394–1441) (6º shōgun 1429–1441)
Yoshimasa (1436–1490) (shōgun 1449–1473)
Yoshihisa (1465–1489) (shōgun 1474–1489)
Masatomo (+ 1491)
Yoshizumi (1480–1511) (shōgun 1495–1508)
Yoshiharu (1510–1550) (shōgun 1522–1547)
Yoshiteru (1536–1565) (shōgun 1547–1565)
Yoshiaki (1537–1597) (shōgun 1568–1573), ultimo shogun della famiglia
Yoshikatsu (1434–1443) (shōgun 1442–1443)
Yoshimi (+ 1491)
Yoshitane (1466–1523) (shōgun 1490–1493, 1508–1521)
Yoshifuyu
Yoshihide (1540–1568) (14º shōgun 1568)
Yoshitsugu (1394-1418)
Motouji (1340-1367)
Ujimitsu
Tadafuyu (1327-1400)
Tadayoshi (1306-1352)
Ieuji, capostipite della famiglia Shiba
Yoshiaki, capostipite della famiglia Shibukawa
Yorishige, capostipite della famiglia Ishidoo
Kooshin, capostipite della famiglia Isshiki
Nagauji (1211-1290), capostipite della famiglia Kuniuji e Mitsuuji
Yoshizumi (1176-1210), capostipite della famiglia Hatakeyama
Yoshitane, capostipite della famiglia Momonoi
Yoshikiyo (+ 1183)
Yoshizane
Sanekuni, capostipite della famiglia Niki
Yoshisue, capostipite della famiglia Hosokawa


RETROPACE Transport

Grazie al nostro sponsor RETROPACE Transport.
Gli sponsor sono fondamentali per realizzare i nostri post e gli siamo veramente grati.




mercoledì 28 novembre 2018

Balisong

Risultati immagini per Balisong





Il balisong (detto anche coltello a farfalla o in lingua inglese butterfly knife) è un coltello di origine filippina, così detto per la particolarità del manico, che viene aperto in due parti longitudinalmente, per scoprire la lama. Oltre ai soliti attacchi eseguibili con qualsiasi lama, è possibile utilizzare il coltello chiuso come un kubotan.

Curiosità
Il balisong potrebbe derivare da un coltello di origine franco-genovese.
Il balisong è una delle armi tradizionali del kali, un'arte marziale filippina.
Balisong è anche il nome di un gruppo di criminali filippini presenti del romanzo Gioco Perverso di Massimo Lugli, lo stesso coltello è usato da un membro della gang.

martedì 27 novembre 2018

Balestra di Avigliano

Risultati immagini per Balestra di Avigliano




Il Coltello di Avigliano, conosciuto come Balestra di Avigliano, è un coltello-pugnale caratteristico di Avigliano, nella provincia di Potenza, risalente alla metà del XVII secolo.
Ideato come strumento di difesa-offesa, più che un coltello è un "pugnale chiudibile" la cui lama slanciata ed acuminata a "foglia d'ulivo" ne faceva un'arma molto efficace.
Tristemente famosa e riportata nelle Cronache Giudiziare sino alla metà del secolo scorso, resa famosa dall'Epopea del Brigantaggio Lucano post-unitario, è oggi considerata un oggetto di altissimo pregio da parte di appassionati collezionisti.
Resta oggi in attività, ad Avigliano, un solo produttore.


lunedì 26 novembre 2018

Hanbō

Risultati immagini per Hanbō




L'hanbō (半棒 : はんぼう), letteralmente "mezzo bastone", è un bastone da combattimento usato nelle arti marziali, che misura 90 centimetri di lunghezza, l'esatta metà del bō, come il nome suggerisce.
L'arte marziale che si focalizza sull'utilizzo dell'hanbō è chiamata hanbōjutsu (半棒術, arte o tecnica dell'hanbō).

Storia
Secondo la storia giapponese, l'hanbō venne inventato da Kuriyama Ukon, quando, combattendo contro Suzuki Tangonokami nella battaglia di Nagashino (28 giugno 1575), la sua naginata venne spezzata. Secondo l'aneddoto che descrive questa storia, Kuriyama continuò a combattere con il solo bastone rimastogli nelle mani, lungo circa 90 centimetri.



domenica 25 novembre 2018

Advanced Combat Knife

Risultati immagini per Advanced Combat Knife




L’Advanced Combat Knife (ACK) fu il prototipo del coltello da combattimento della Bundeswehr.

Origine
Per il G3 della Bundeswehr esiste una baionetta, ma non fu impiegata. Dopo la riunificazione tedesca vi fu in eredità un numero notevole di nuove baionette per gli MPi-K già MPi AK74 della NVA. Questa lama venne dal 1993 impiegata come Kampfmesser Bundeswehr. Il diametro dell'anello per il sostegno sul tromboncino spengifiamma era troppo stretto per i nuovi G36, così il coltello non poté essere usato come baionetta.

Descrizione
Il coltello fu sviluppato dalla società di Solingen Eickhorn e presentava una lama tipo Bowie come una sega sul retrolama e con funzionalità di coltello da combattimento pesante (Kampfmesser, schwer).

Impiego
L'ACK fu ideato per le truppe militari come coltello d'ordinanza ma non fu mai introdotto in via definitiva nella Bundeswehr. Al suo posto venne impiegato il KM2000.
Il modello della Eickhorn-Solingen Ltd. ACK è costruito per impieghi civili.

sabato 24 novembre 2018

Arco cinese

Risultati immagini per Arco cinese



L'uso dell'arco a scopo militare e rituale ha rivestito un ruolo fondamentale nella civiltà cinese per millenni. La pratica del tiro con l'arco, già preminente al tempo della Dinastia Zhou (1146 a.C.-256 a.C.), era motivo di vanto ed orgoglio i sovrani del Celeste Impero tanto quanto per i grandi filosofi e pensatori sinici: insegnante di tiro con l'arco era appunto Confucio, mentre di Lie Yukou (filosofo del taoismo) era detto che fosse un appassionato arciere. Chiaramente, l'enorme vastità spazio-temporale dell'ecumene cinese ha portato il Gōng ad assumere diverse fogge, risentendo grandemente anche di influssi culturali esterni (fond. mongoli e coreani). Questa solida tradizione andò drasticamente scemando nel corso del XX secolo, quando in tutta la Cina il numero dei fabbricanti di archi "tradizionali" si ridusse ad una sola bottega. Solo recentemente, la Cina è tornata ad incentivare tale antica pratica.

Utilizzo

Guerra

L'arco era utilizzato dai cinesi in guerra sin dal tempo della Dinastia Zhou (XII secolo a.C.-III secolo a.C.). L'equipaggio standard del carro da guerra sinico prevedeva infatti un conducente, un alabardiere ed un arciere. Durante il Periodo dei regni combattenti (453 a.C.-221 a.C.) l'influsso culturale delle popolazioni della steppa mongolica (la confederazione degli Xiongnu) spinse in favore della diffusione della pratica del tiro con l'arco dagli arcioni della sella: anche in Cina si diffusero così truppe di arcieri a cavallo. I primi reggimenti di questa nuova tipologia di truppa vennero reclutati per ordine del sovrano Wuling di Zhao nel 307 a.C.: alla truppa venne fatto obbligo di abbandonare l'ampia veste tradizionale (hanfu), in favore dei più pratici calzoni dei barbari.
Rispetto alla cavalleria, la fanteria cinese ordinaria fece un uso molto limitato dell'arco, preferendogli la balestra, arma più potente, necessitante di un addestramento meno pesante e costante. Balestre con sofisticati meccanismi in bronzo erano già in uso in Cina del VII secolo a.C., soppiantati poi in Epoca Ming (1368-1644) da esemplari di fattura più semplice (si ritiene perché l'arte del bronzo subì un netto declino nel Celeste Impero durante il regno della Dinastia Yuan di origini mongole). L'uso dell'arco era precipuo dei soldati appiedati destinati a specifiche mansioni, come gli equipaggi delle navi da guerra o la Guardia imperiale Manciù della Dinastia Qing, in realtà dei cavalieri Manciù armati del tradizionale arco composito mongolo chiamati a proteggere i confini della Città Proibita per il loro imperatore.

Caccia

Oltre alla caccia con arco e frecce del tipo "tradizionale", largamente praticata sia a piedi che a cavallo, la Cina si distingue per il ricorso a due particolari varianti: la caccia con arco "a palline" e la pesca con l'arco. L'arco utilizzato per scagliare palline di pietra era solitamente molto piccolo e leggero, facilmente trasportabile. Il ricorso a frecce dotate di lenza per colpire e recuperare i pesci è attestato sino alla Dinastia Tang (618-907).

Tipologie

Gli archi utilizzati in Cina nel corso della storia sono stati del tipo:
  • Arco in corno sciita – L'arco riflesso degli Sciti si diffuse nelle contrade occidentali della Cina sin dai tempi della Dinastia Zhou (i principali reperti vennero rinvenuti a Subeixi e Yanghai);
  • Arco lungo – Tipico delle contrade meridionali della Cina, caratterizzate da una rigogliosa vegetazione, ancora durante il Periodo degli stati combattenti, quando cioè l'arco composito andava diffondendosi nelle contrade settentrionali, era in realtà un'arma più piccola del longbow europeo propriamente detto: si trattava di manufatti solitamente non più grandi di 1.6 m;
  • Arco composito in legno – Nelle contrade meridionali della Cina, la disponibilità di materiale vegetale favorì lo sviluppo di un arco composito realizzato mescolando diverse tipologie di materia vegetale: al legno tradizionale si aggiunsero il bambù ed il gelso, avvolti poi in strati di seta coperti di lacca. Il modello base era quello dell'arco riflesso di 1.2-1.5 m. Simili artefatti sono attestati sin dal Periodo delle primavere e degli autunni (770 a.C.-454 a.C.);
  • Arco a siyan lunghi in corno – Evoluzione matura dell'arco composito dei nomadi, questi artefatti erano caratterizzati dal lunghi e snelli (siyan in lingua cinese) contrapposti ai flettenti massicci. Vennero prodotti a partire dal tardo Periodo Han/Periodo Jìn, venendo poi soppiantati, durante il dominio degli Yuan mongoli, da forme di arco composito più simili al modello archetipico dell'arco delle steppe;
  • Arco in corno Ming – Subentrati agli Yuan con una vera e propria "Restaurazione Cinese", i Ming non disdegnarono di servirsi dei numerosi fabbricanti di archi di etnia turca e mongola rimasti nel Celeste Impero.
  • Arco in corno Qing – Evolutosi a partire dall'arco dei Manciù, era un grande arco composito di 1.7 m, con siyan lunghi e massicci, capace di scagliare a notevole distanza frecce molto più pesanti nel normale, lunghe anche un metro. Da questa tipologia di arco derivano l'arco mongolo e l'arco tibetano moderni, in buona sostanza due forme accorciate dell'arco manciù.


venerdì 23 novembre 2018

Ngöndro

Risultati immagini per Ngöndro


Ngöndro, o Chag Chen Ngöndro: pratiche preliminari.
In tibetano, preliminari (lett. preparazione al Grande Sigillo, il Mahamudra), inteso come pratiche fondamentali del Buddhismo tibetano. Il Ngöndro si compone di quattro pensieri comuni e di quattro pratiche particolari; i pensieri intendono motivare colui che pratica grazie alla comprensione di quattro aspetti relativi alla vita dell'uomo:
  • La Preziosa Rinascita Umana, la rarità e preziosità dell'esistenza attuale, perché la si possa utilizzare per raggiungere la liberazione e l'illuminazione;
  • l'impermanenza, la necessità di sfruttare questa opportunità ora;
  • L'ineluttabilità del Karma, la legge di causa ed effetto;
  • La sofferenza dell'esistenza ciclica o samsara.
Con le cinque pratiche particolari vengono messe nella coscienza quelle che vengono definite impronte karmiche positive e che, e vengono purificate le impronte karmiche negative formano la base per il Grande Sigillo. Per ognuna delle quattro pratiche sono previste 111.111 ripetizioni:
  • presa di rifugio con le prosternazioni;
  • generazione della mente dell'illuminazione (bodhicitta)
  • purificazione delle impronte dannose mediante la meditazione sul Buddha Mente di Diamante;
  • offerte del mandala;
  • Guru Yoga, la meditazione sul Lama.
Per queste pratiche è necessaria la trasmissione di un maestro.

mercoledì 21 novembre 2018

Shimpu

Risultati immagini per Shimpu



Shimpu è una lettura alternativa e più solenne dei caratteri sinogiapponesi che formano la parola Kamikaze. In Giappone questa lettura formale è sovente preferita per indicare l'espressione "vento divino". Queste parole diedero il nome ai corpi dell'aviazione del Sol Levante adibiti a missioni suicide negli ultimi periodi della Guerra del Pacifico, durante la Seconda guerra mondiale. La diffusione del termine "kamikaze" a scapito di "shimpu" è probabilmente dovuta ai militari nipponici di leva nell'esercito degli Stati Uniti.