II kimono-, l'abito tradizionale giapponese, non aveva tasche; le donne riponevano gli oggetti personali nelle maniche; ma gli uomini tenevano pipe, tabacco, portamonete, accessori per la scrittura in contenitori (sagemono) attaccati a una cordicella che pendeva dalla cintura.
I fermagli della cordicella, in legno, avorio, metalli preziosi, madreperla, corallo, riccamente intarsiati,sono diventati nel corso di tre secoli piccole opere d'arte ambite dai collezionisti
Netsute (pronuncia netskeh) deriva dall'unione di due parole, come spesso accade nella lingua giapponese: ne, che significa radice e tsuke, che può essere tradotto come attaccare o appendere.
La traduzione più completa porta a oggetto ricavato da una radice per attaccarvi o appendervi un altro oggetto. Il netsuke nasce come oggetto d'utilità. Nei kimono giapponesi, sprovvisti dì tasche, non era possibile riporre i piccoli oggetti d'uso comune (medicine, sigilli, denaro ecc.), oggetti che dovevano essere portati in mano, inseriti nella cintura (obi) oppure posti nelle pieghe delle maniche dei kimono. Da qui l'utilizzo del netsuke come accessorio che, tramite una cordicella, fa da contrappeso, pendente lungo i fianchi, al contenitore (sogemono) dove si potevano riporre questi piccoli oggetti e che si voleva fissare passandolo sotto alla cintura. Per questa loro caratteristica vengono anche chiamati tensili, che significa posizione sospesa.
I primi netsuke fecero la loro comparsa nel XIV secolo; di forma semplice e di poco valore, per lo più ricavati da radici naturali o da materiale di scarto proveniente da altre lavorazioni. Ancora nel XVII secolo pochi artigiani producevano netsuke decorativi e, molto probabilmente, la spinta verso forme più ricercate fu data dalla classe dei mercanti, i quali incoraggiarono gli artigiani che li producevano (netsuke-shi) verso una maggiore ricercatezza delle forme, attivando una più o meno conscia rivalità con i samurai. In questo periodo, infatti, i samurai potevano esibire le loro eleganti spade (tanto che furono anche chiamate bijutsu token, ossia spada d'arte).
Poiché non esisteva alcuna proibizione nell'esibire i netsuke, ed essendo essi utili a tutte le classi sociali, i mercanti entrarono in concorrenza con i samurai nell'esibire netsuke sempre più raffinati, fino a trasformare il netsuke dopo la Restaurazione (1868) in oggetto da collezione (netsuke-okjmono), non più adatto all'uso quotidiano per la delicatezza delle sue incisioni e realizzato con materiali più pregiati come corallo, ambra, avorio, ecc.
Per questo motivo i più abili artigiani dì netsuke lavorarono in esclusiva per gruppi di samurai d'alto rango, o addirittura nel caso di Hojitsu, per uno shogun.
Nonoguchi Riuho è riconosciuto come primo scultore di netsuke professionista; alcuni assursero al titolo di hogen, quando anche a loro fu estesa (i primi furono gli scultori d'idoli buddisti) la possibilità di essere nominati Hoin, Hogen e Hokkyo, che corrispondevano rispettivamente al terzo, al quarto e al quinto rango di corte, e altrimenti più comunemente il titolo di Tenkaichi, che significa il primo sotto il cielo, È abbastanza comune trovare sui netsuke, prodotti dal XVIII secolo in poi, la firma dell'autore, ma rarissime sono le indicazioni relative all'anno di produzione. Questo è causa, a volte, di difficoltà nell'attribuire con sicurezza l'autore di un netsuke, poiché il nome che si trova solitamente si riferisce al nome professionale, nome che era tramandato di padre in figlio, e in mancanza d'eredi nella professione toccava all'allievo più vicino al maestro portare avanti il nome professionale, senza contare poi che un apprendista meritevole, dopo aver appreso l'arte da un artigiano, era autorizzato ad assumere un nome professionale composto di due caratteri: uno inerente al maestro e uno al proprio nome. Questo spiega la somiglianza di molti caratteri trovati sui netsuke.
Ricordando sempre lo scopo principale dei netsuke, in pratica assicurare un oggetto all'obi di chi lo porta, gli artisti hanno realizzato una varietà quasi infinita di soggetti e forme, nonostante i notevoli limiti costituiti dalla dimensione e dal peso che l'opera finita doveva avere. Spesso il netsuke aveva anche una propria funzione di utilità: destinato a contenere la cenere incandescente che veniva riutilizzata per accendere il tabacco nella pipa, l'ovatta di cotone imbevuta d'inchiostro già diluito per la scrittura, monete d'oro ecc. Forme più ricercate hanno dato origine a capolavori quali maschere ribaltabili, teste Daruma con occhi e lingue mobili, castagne con vermi, leoni con palle rotolanti in bocca ecc. I più grandi intagliatori hanno affrontato perfino problemi di bilanciamento, e in modo così abile che la parte anteriore o la faccia del netsuke, liberamente sospesa alla corda, è sempre girata verso l'esterno, opposta al corpo di chi lo indossa, in direzione del mondo che osserva. Poiché il loro scopo era in ogni caso quello di fornire il punto cui poter attaccare con sicurezza una corda che tratteneva un peso, i netsuke erano predisposti di un'apertura (la curvatura di un gomito, il manico di un secchio, la coda di un animale) attraverso la quale si potesse far passare la corda e annodarla. Altrimenti, e anche più spesso, erano intagliati due buchi (himotoshi) collegati fra loro all'interno del netsuke stesso, attraverso i quali si faceva scorrere la corda poi fissata con un nodo. Alcuni avevano un buco più largo dell'altro proprio per far scomparire il nodo all'interno.
Nella corda era inserito, tra l'accessorio portato e il netsuke, una specie di nottolino scorrevole munito di foro centrale (ojime), simile a quello che è utilizzato ai nostri giorni per serrare sacche e zaini. Solitamente le scatole erano fatte a scompartì incastrati uno dentro l'altro; l'ojime, spinto verso la scatola, manteneva in tensione la corda assicurando così la tenuta degli scomparti incastrati fra loro. L'insieme formato dal netsuke, dall'ojime e dal sogemono, può essere definito come una comoda tasca rimovibile. Per quanto riguarda i materiali più utilizzati sono stati indubbiamente il legno e l'avorio, ma non mancano materiali come pietre (agata, giada, quarzo e ossidiana), corallo, ambra, noccioli di frutta, guscio di noci, madreperla, carapace di tartaruga, metalli (comprese leghe), becco di tucano (apprezzato per la colorazione naturale: dall'arancio nella parte iniziale del becco, al giallo nella parte terminale) ecc. Molto apprezzati sono i netsuke realizzati con la combinazione di più materiali: avorio e corallo per le maschere, mentre animali e insetti sono stati realizzati in legno con occhi di metallo. Fra tutti i tipi di legno il più apprezzato, per la grana fine e la durezza che lo rende inattaccabile dal logorio, è il bosso (tsuge).
Per quanto riguarda l'avorio, il più utilizzato è stato senza dubbio quello d'elefante, importato dalla Cina del "sud per produrre sculture o plettri per strumenti; gli scarti erano apprezzati appunto per produrre netsuke. Da notare che in questo materiale è difficile trovare immagini di Budda, poiché essendo materiale d'origine animale non era giudicato idoneo per questo tipo di soggetto.
Per quanto riguarda i metalli i più utilizzati furono il ferro, leghe come l'ottone e il bronzo, argento e oro decorati. In ottone furono prodotti quei netsuke che servivano a contenere il tabacco appena fumato. Infatti, quando i fiammiferi non erano ancora stati inventati, per ottenere il fuoco erano usate pietre di silice, e poiché le pipe di quel periodo erano molto piccole, potevano contenere modiche quantità di tabacco, e la cenere incandescente era utilizzata per accendere la carica successiva di tabacco nella pipa. In seguito furono realizzati dei netsuke contenenti silice e una pietra dura che quando erano aperti producevano delle scintille che incendiavano l'esca.
Nonostante ciò, i netsuke realizzati in metallo non erano molto amati a causa del loro peso.
Un discorso a parte meritano i netsuke realizzati in ceramica. Attraenti, decorati con smalto, piacevoli al tatto, risultarono inadatti per la facilità di rottura a cui andavano incontro. Comunque artisti della lavorazione della ceramica ne produssero per hobby ed esemplari in questo materiale sono conservati da collezionisti. Furono anche prodotti netsuke paragonabili a moderni gadget. Infatti i mercanti fecero produrre dei netsuke, chiamati kanban, a forma di contenitore a uno scomparto, decorati in oro e argento con disegnate le insegne o le indicazioni per riconoscere i loro negozi, destinati a una clientela d'elite. In seguito, in particolare con 'introduzione della vendita di tabacco e accessori per il fumo, furono prodotti dei netsuke a forma d'astuccio atti a contenere tabacco, pipa e gli altri accessori (pietra focaia e acciarino) per fumatori, prodotti con materiali meno nobili e destinati a un pubblico più vasto.
Oggigiorno il netsuke è oggetto da collezione ed è quasi impossibile vederne indossati; solo incontrando qualche raro komuso (suonatore ambulante di flauto) vestito col tradizionale kimono è possibile vedere un netsuke pendente dall'obi.