Brahmā (devanāgarī: ब्रह्मा,
adattato anche in Brahma) è nella lingua sanscrita
l'adattamento in genere maschile del termine di genere neutro Brahman
e indica, a partire da testi recenziori hinduisti, quella divinità
predisposta all'emanazione/creazione dell'universo materiale.
Brahmā acquisisce quindi quel ruolo
che nei testi più antichi è riservato a Prajāpati ma a differenza
di quest'ultimo Brahmā non è una divinità suprema quanto piuttosto
è al servizio di altre divinità considerate supreme.
Brahmā non deve essere confuso con il
Brahman upaniṣadico che intende invece indicare quell'unità
cosmica da cui tutto procede e da cui procede anche Brahmā che ne
risulta un agente. Anche se va tenuto presente che nel loro
variegarsi le teologie hinduiste possono intendere lo stesso Brahman
come mera potenza impersonale della divinità principale intesa come
Persona suprema, e di volta in volta indicata come Kṛṣṇa/Viṣṇu
o Śiva o queste, viceversa, possono rappresentare solo una sua
manifestazione.
Culto
In quanto divinità creatrice
dell'universo materiale, luogo da cui ogni esistenza dovrebbe invece
"liberarsi", a Brahmā non viene riservato un culto
particolare. Nonostante ciò questo dio viene rappresentato in
immagini cultuali e il suo nome può essere pronunciato durante i
riti religiosi.
L'assenza di uno specifico culto
riservato a Brahmā viene spiegato tradizionalmente, tra gli altri,
nello Skanda Purāṇa (I, 1,1 6 e III 2, 9,15), con il fatto che
egli abbia mentito nel sostenere di aver raggiunto la cima del
luminoso liṅga, qui inteso come asse del mondo.
Il mito del dio creatore
La descrizione hindu del processo di
genesi dell'universo, pur avendo origini vediche, si è definita con
la letteratura raccolta nella Smṛti in particolar modo in quella
purāņica.
L'universo secondo gli hindū è una
realtà destinata a scomparire o meglio ad entrare in un periodo di
latenza, di non manifestazione (avyakta) da cui riemergerà
con una nuova emanazione (detta anche sarga). Tutto questo
accade da sempre e per sempre accadrà. Colui che provoca ciò
possiede l'appellativo di Bhagavat (Colui che è divino, che è degno
di adorazione, l'Essere supremo eterno e inconcepibile) o anche di
Svayambhu (Esiste da se stesso), e la compie al solo fine del
gioco (līlā).
(SA)
«na
prayojanavattvāt
lokavat tu līlākaivalyam» |
(IT)
«Egli non ha motivo di
essere.
Allo stesso modo il mondo è semplicemente un suo gioco.» |
(Brahmasūtra II, 1, 32-33) |
Il processo di emanazione si avvia con
la fuoriuscita delle acque dove egli pone il proprio sperma generando
l'uovo/embrione d'oro (hiraṇyagharbhaḥ). Il non generato,
il Bhagavat, prende al suo interno la forma di Brahmā che
ricalca, secondo Mario Piantelli i più antichi hiraṇyagharbhaḥ
e Prajāpati.
Dopo essere rimasto per un secolo
nell'uovo d'oro, Brahmā lo rompe fuoriuscendone, creando quindi
nella parte superiore dell'uovo il mondo celeste, nella parte
inferiore la terra e in mezzo lo spazio, l'etere. Tutto l'universo
coincide con l'uovo di Brahmā (Brahmāṇḍa).
Con l'universo Brahmā genera i deva,
il tempo, gli astri e i pianeti, le terre con i monti, gli oceani, i
fiumi, ma anche delle potenze impersonali come l'Ascesi (tapas),
la Parola (vāc), il Desiderio (kāma), gli opposti
(caldo-freddo, Dharma-Adharma, ecc.). E come il Puruṣa
del Veda genera l'umanità ripartendola nelle quattro funzioni
corrispondenti ai Varṇa.
Nel Matsya Purāṇa (III; anche nello
Śiva Purāṇa) nell'oceano dei primordi apparve un uovo da
cui esce Prajāpati/Brahmā il quale genera una figlia detta Vac (la
Parola) o anche Sarasvatī (il Flusso [delle parole]), o ancora
Savitrī (Inno al Sole), che il padre sposa. Da questa unione nasce
Manu che genera gli uomini e le altre creature, dal pensiero di
Brahmā fuoriescono invece i Veda e i Ṛṣi (Brahmaṇḍa
Purāṇa, II, 9)
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