Balarāma (devanāgarī: बलराम)
indicato anche con i nomi di Baladeva, Saṃkarṣaṇa,
Balabhadra, Halāyudha è, nello hindūismo, il
fratello di Kṛṣṇa e un avatāra di Viṣṇu.
Fonti
Le caratteristiche e le vicende
inerenti all'avatāra Balarāma sono narrate in particolar
modo nei Bhāgavata Purāṇa (X e XI), Agni Purāṇa
(XII), Kūrma Purāṇa (I, 24), Viṣṇu Purāṇa
(V), e nel Mahābhārata (I, 18).
Mito
Nel Viṣṇu Purāṇa (V, 1,
59-63) viene spiegato che Viṣṇu, la Persona suprema, il Bhagavat,
si strappò due peli dal corpo, uno nero e uno bianco: da questi due
peli nacquero Kṛṣṇa e Balarāma.
Nel Viṣṇu-parvan dello
Harivaṃśa, ambientato a Mathurā città situata lungo le
rive del fiume Yamunā, viene narrata la nascita del dio Kṛṣṇa,
pūrṇāvatāra di Viṣṇu, e del divino fratello di
Balarāma, anch'esso avatāra del dio. Lo scopo di questa
nascite è quello distruggere il demone Kaṃsa, l'usurpatore del
trono dei vṛṣni. I genitori dei fratelli Kṛṣṇa e
Balarāma sono Vasudeva e Devakī.
Ma Kaṃsa è a conoscenza della
profezia del veggente Nārada che ha previsto la sua morte per mano
di uno dei figli di Devakī. Questa la ragione per cui Kaṃsa ordina
l'assassinio di ogni figlio di Devakī. Ma il settimo, Balarāma,
viene miracolosamente trasferito nel grembo della seconda moglie di
Vasudeva, Rohiṇī; mentre l'ottavo, Kṛṣṇa, viene scambiato
con il figlio di una coppia di pastori, Nanda e Yaśodā, del
villaggio di Gokula, questo situato sulla sponda opposta del fiume
Yamunā. Kṛṣṇa ucciderà, poi, e con l'aiuto del fratello
Balarāma, il demone Kaṃsa.
I due fratelli divini crescono insieme
e insieme compiono numerose gesta eroiche. Tra queste l'uccisione del
demone Dhenuka (Bhāgavata Purāṇa, X, 15), che aveva
le forme di un asino selvatico, scaraventato da Balarāma contro un
albero.
Quando era piccolo, un asura
cercò di rapirlo conducendolo sulle proprie spalle, ma Balarāma gli
spaccò il cranio a forza di pugni (Bhāgavata Purāṇa, X,
43-44).
Quando il figlio di Kṛṣṇa, Sāmba,
venne catturato dai Kaurava e condotto a Hastināpura, Balarāma
corse in suo soccorso e, divellendo le mura della città con la sua
arma-aratro, liberò il prigioniero (Bhāgavata Purāṇa, X,
67).
Non si schierò nella guerra tra i
cugini Kaurava e Pāṇḍava , descritta nel Mahābhārata,
nonostante i suoi favori fossero per questi ultimi (,Mahābhārata
V, 7, 31). Kṛṣṇa, infatti, faticò non poco per evitare che
prendesse parte alla terribile battaglia di Kurukṣetra
(Mahābhārata, IX, 61, 3-12).
Nel Viṣṇu Purāṇa (V, 25)
viene descritta la sua passione per il madhu, un liquore
ottenuto dal miele simile all'idromele.
Accadde che quando si ritrovò ubriaco
della bevanda, ordinò al fiume Yamunā di raggiungerlo per potersi
bagnare. Il fiume rifiutò di obbedirgli, allora Balarāma lancio la
sua arma-aratro e lo trascino a sé fino a quando il fiume, assunte
delle sembianza umane, non gli implorò il perdono (Viṣṇu
Purāṇa, V, 25).
Balarāma si sposò con Revatī, figlia
del re Raivata, da cui ebbe due figli: Niśaṭha e Ulmuka (Kūrma
Purāṇa, I, 25, 79).
Balarāma lasciò questo mondo mentre
era assorto in uno stato meditativo sotto un albero baniano
(Bhāgavata Purāṇa, XI, 30).
Essendo la manifestazione del serpente
Śeṣa (lett. il "resto", ovvero ciò che resta della
distruzione, e quindi garanzia di un prossimo rinnovamento), ovvero
del giaciglio di Viṣṇu-Nārāyaṇa dopo la dissoluzione del
cosmo, dopo la sua morte si vide tale serpente uscire dalla sua bocca
(Viṣṇu Purāṇa, V, 37).
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