Un'arte marziale ibrida (anche
conosciuta in lingua inglese come hybrid fighting systems)
indica arti marziali o sistemi di combattimento corpo a corpo nati
dalla fusione di più sistemi differenti e che quindi incorporano
tecniche o teorie da molte arti marziali particolari.
Caratteristiche
Mentre numerose arti marziali
potrebbero anche prendere in prestito o adattarsi ad altre per alcuni
punti, un'arte marziale ibrida vera e propria dà rilievo alle sue
origini stilistiche. Un esempio di queste è il kajukenbo, nella cui
pratica include specifici elementi dal karate, judo, jūjutsu, kenpō
e sanda.
Altri termini come arti marziali miste
e combattive forse sono a volte visti come sinonimi di arti marziali
ibride, ma come termini hanno in realtà altri significati: arti
marziali miste o MMA si riferiscono a un tipo di sport da
combattimento in cui si incorporano tecniche da differenti
discipline, mentre le combattive sono associate all'United States
Army.
Esempi
Il primo probabile precedente storico
dell'incrocio culturale ibrido delle arti marziali è il bartitsu,
nato tra il 1899 ed il 1902 come combinazione di molte forme del
jūjutsu tradizionale, kōdōkan judo, boxe inglese, savate e stick
fighting.
In tempi più recenti, invece, è stato
sviluppato il daido Juku come arte marziale e sport da combattimento
dalla fusione del kyokushinkai e del judo, integrandoci elementi
presi anche da muay thai, kickboxing e Jiu jitsu brasiliano.
Le arti marziali ibride sono ampiamente
adoperate anche in ambito militare per via della relativa velocità
di apprendimento: ne è un esempio il Nagasu do, sistema di
combattimento creato dall'ex operatore dello Special Air Service Mick
Gould, che si basa su un mix di Jūjutsu, Judo ed Aikidō o il più
conosciuto Krav Maga, inizialmente messo appunto dal lottatore ebreo
Imi Lichtenfeld per difendersi dalle rappresaglie naziste nei ghetti,
in seguito adottato su larga scala dalle Forze di difesa israeliane,
dal Mossad e da molte forze militari straniere per via della sua
versatilità; del Krav maga esistono due varianti: una militare ed
una civile, la seconda si discosta dalla prima poiché meno brutale e
letale.
Alcune delle più famose arti marziali
ibride vennero elaborate in Giappone a partire dagli anni '70, grazie
ad Antonio Inoki che organizzò degli eventi di combattimento
sportivo interstile definiti Ishu Kakutōgi Sen (異種格闘技戦,
letteralmente "scontri di sport da combattimento eterogenei"),
in seguito conosciuti con il nome di "Shoot Wrestling",
all'interno del quale era permesso usare sia tecniche di lotta
(wrestling-grappling) che tecniche di "striking"
(pugni-calci-ginocchiate-gomitate). Successivamente, a metà degli
anni '80, partendo da questo principio di complementarità tra sport
da combattimento e lotta, Sensei Satoru Sayama ideò lo Shooto, con
l'intento di creare uno sport realistico che potesse competere a
livello internazionale con ogni tipo disciplina marziale, "scremando"
perciò nel tempo le tecniche ritenute meno efficaci e sviluppando
invece le migliori. A partire dal 1989 lo Shooto divenne anche il
nome di una delle prime e più importanti organizzazioni di arti
marziali miste professionistiche. Parallelamente allo Shooto e allo
Shoot Wrestling, le arti marziali miste giapponesi vennero conosciute
per molto tempo anche con il termine Shootfighting, fino a quando
tale termine non venne registrato da Bart Vale. Attualmente egli lo
utilizza per descrivere la sua tecnica di combattimento ibrida
derivata dalla fusione tra lo shoot wrestling appreso in Giappone e
la sua esperienza nell'American Karate e nella Kickboxing. Va
sottolineato che nonostante sia lo Shooto che lo Shootfighting
nacquero dalla fusione di alcune delle migliori tecniche di wrestling
e di striking, le tecniche e più in generale i principi e le
tattiche di lotta risultano prioritari, mentre i colpi e i principi
di striking ricoprono perlopiù un ruolo di secondaria importanza.
Nel 1985, Caesar Takeshi ideò la Shoot boxing, uno sport da
combattimento simile alla kickboxing ma che prevede anche l'utilizzo
di proiezioni e tecniche di sottomissione in piedi come
strangolamenti e chiavi alle braccia, ma diversamente dallo Shooto e
dallo Shootfighting, essa non prevede fasi di combattimento a terra.
Alcuni considerano il sistema di
combattimento Jeet Kune Do un'arte marziale ibrida, oltre che una
filosofia. In realtà, nonostante Bruce Lee, il creatore del sistema,
analizzò e apprese svariati stili di combattimento, il Jeet Kune non
è un mix di tecniche prelevate dalle altre arti marziali, ma è un
sistema di combattimento autoctono che possiede una propria struttura
ed è costituito da principi e tecniche peculiari. Nonostante ciò,
rimane comunque evidente che la Boxe, la Scherma e il Kung fu abbiano
enormemente ispirato Lee nella sintesi, intuizione ed elaborazione
del Jeet Kune Do.
È corretto invece considerare un'arte marziale ibrida il Jun Fan
Gung Fu, ciò che Bruce Lee praticava prima di sintetizzare il JKD.
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