Suiren
(cinese:
燧人;
pinyin: suì rén), è lo scopritore del Fuoco, secondo l'antica
mitologia cinese. Si dice inoltre che fosse uno dei Tre Augusti
nell'antica Cina primitiva. Nelle sue raffigurazioni appare di solito
con tre occhi.
domenica 22 agosto 2010
sabato 21 agosto 2010
Huang Di
Huangdi
(黃帝,
黄帝,
Huángdì, letteralmente "Dio Giallo", "Imperatore
Giallo" o "Tearca Giallo"), il cui nome nella sua
incarnazione mortale fu secondo la tradizione
Gongsun Xuanyuan
(公孫軒轅,
公孙轩辕,
Gōngsūn Xuānyuán, di cui Xuanyuan significa "Asse del Carro"
o "Carro Assiale", in riferimento al Grande Carro del polo
nord celeste) è un dio-antenato nella cultura e religione cinese.
Considerato fondatore della civiltà
cinese (la cultura huaxia) e antenato di tutti i Cinesi Han, fa parte
dei Cinque Imperatori (riflesso dei Cinque Dèi), e regnò secondo
gli schemi convenzionali tra il 2697 e il 2597 a.C.
Il culto di Huangdi fu particolarmente
importante alla fine del periodo dei regni combattenti e nel primo
periodo della dinastia Han, quando fu concepito come fondatore dello
stato unitario, sovrano cosmico portatore dell'ordine del Cielo sulla
Terra, esperto di arti esoteriche, nonché tradizionalmente
considerato creatore di numerose innovazioni e invenzioni. È
considerato, insieme ai leggendari tre dèi del Cielo, della Terra e
dell'umanità, Fuxi, Nüwa e Shennong, fondatore della civiltà e
dell'arte medica cinese.
Gli sono attribuiti lo Huangdi Neijing
("Libro Esoterico del Dio Giallo") e gli Huangdi Sijing
("Quattro Libri del Dio Giallo") e altri testi fondamentali
della tradizione cinese.
Il rinnovatore della storiografia
cinese Sima Qian – e molti storiografi cinesi seguendo la sua
opinione – considerarono Huangdi una figura più storica dei suoi
leggendari predecessori Fuxi, Nüwa e Shennong, che sono
personificazioni delle forze cosmiche di Cielo, Terra e razionalità
umana, rispettivamente. Il suo testo di storia cinese, Shiji,
comincia con l'Imperatore Giallo mentre sorvola sui precedenti.
Sebbene
la maggior parte degli storici cinesi considerino Huangdi e altri
saggi del passato come reali personaggi storici, la loro storicità
cominciò a essere messa in dubbio nel 1920 da storici come Gu
Jiegang, uno dei fondatori della Doubting Antiquity School in
Cina.[8] Egli ipotizzò che questi antichi saggi siano dèi del cosmo
evemerizzati dagli intellettuali razionalisti del periodo dei regni
combattenti.
Huang Di nacque a Shou Qiu ("collina
della longevità"), che è oggi in vicinanza della città di
Qufu, nella provincia di Shandong. Da piccolo visse con la sua tribù
nel nord-ovest vicino al fiume Ji (che si pensa sia l'attuale fiume
Fen nello Shanxi).
I più antichi documenti di storia
antica introducono Huang Di come condottiero e guida spirituale della
tribù Huaxia, allocata sulle rive meridionali del Fiume Giallo. La
sponda settentrionale era occupata da una piccola tribù di
allevatori, guidata da Yang Di, l'imperatore del fuoco.
In accordo agli spiriti affini dei
propri condottieri, i destini delle due tribù conversero fino a
integrarsi. Huang Di e Yan Di guidarono gli Huaxia prima verso
occidente, sino al fiume Ji e poi verso Oriente, in prossimità della
contea Zhuolu, teatro di una delle epiche battaglie affrontate dal
leggendario condottiero.
Il clima favorevole e la ricca
vegetazione consentirono agli Huaxia di elaborare e perfezionare
diverse tecniche agricole. Lo sviluppo della cerealicoltura permise
la diversificazione qualitativa di alcune varietà di frumento, da
cui nacquero i cinque cereali cinesi. Allo stesso ritmo progredì la
crescita delle attività di allevamento del bestiame, accompagnata
dallo sviluppo tessile e dalla nascita delle prime imbarcazioni.
Huang Di, da parte sua, adoperò le sue eccezionali doti per
ammaestrare sei bestie selvatiche, oggi divenute parte integrante
della tradizione e della simbologia cinese:
- Orso
- Orso bruno
- Pixiu (貔貅): creatura ibrida nata dall'unione tra pí (貔) e xiū (貅); simile a un piccolo leone alato, ha la funzione di purificare gli ambienti dagli spiriti del male.
- Chū (貙)
- Tigre
La diffusione del pensiero e del
governo illuminato di Huang Di si allargò pian piano alle
popolazioni circostanti, in modo tale da estendere l'influenza di
questo fondamentale tassello di sviluppo culturale dell'antica Cina.
Intorno agli ultimi decenni del 2600
a.C. le tribù dell'imperatore giallo e dell'imperatore del fuoco
vennero improvvisamente scosse dalla minaccia di invasione da parte
della tribù Jiuli. La tribù barbara era guidata da Chi You,
condottiero dell'elmo bronzeo tempestato di metalli. La mitologia
descrive Chi You come mostro taurino, fornito di due corna, quattro
occhi e sei braccia, ognuna brandente una tagliente spada. È inoltre
considerato dio della guerra e delle armi. La battaglia fu combattuta
nelle ore notturne e sotto una fittissima nebbia. In virtù dei
vantaggi territoriali e grazie all'utilizzo di un prototipo di
bussola magnetica, il conflitto terminò con il trionfo degli
Huanxia. La mitologia riconduce l'epilogo della battaglia
all'intervento del demone Nuba che, in favore di Huang Di, scacciò
via gli stormi di spiriti malvagi invocati da Chi You. I territori
d'influenza di Huang Di erano ormai estesi lungo buona parte del
Fiume Giallo. Essi comprendevano tutta la fascia orientale in cui
sorgeva il villaggio di Banquan, scenario della seconda battaglia
epica dell'imperatore giallo, che questa volta lo contrappose proprio
al suo alleato migliore, l'imperatore del fuoco.
Combattuto poco tempo dopo la
precedente battaglia di Zhuolu (alcune fonti sostengono una
cronologia inversa), lo scontro di Banquan riportò la vittoria netta
di Huang Di su Yang Di. Il ciclo delle grandi battaglie chiuse
definitivamente il cammino di unificazione cinese, che si strinse
attorno alla figura culturalmente e artisticamente più illuminata
dell'epoca di Huang Di.
L'imperatore giallo visse poco oltre
cento anni. Gli è riconosciuto il merito di aver concepito e
realizzato un primo regno centralizzato. Per questi motivi è
considerato l'antenato di tutti gli Han e il padre spirituale di ogni
cinese.
Le dinastie si sarebbero alternate e
sostituite, la politica imperiale ed il paese avrebbero trascorso
periodi di grande splendore culturale e momenti di profonda crisi.
Tuttavia, nonostante l'epoca imperiale gialla sia lontana nel tempo,
l'impostazione socio-culturale cinese risente tuttora della condotta
illuminata di Huang Di.
L'imperatore giallo appartenne al
gruppo dei tre augusti e cinque imperatori, di cui fanno parte:
- l'imperatore Shun
- l'imperatore Zhuanxu
- l'imperatore Yao
- l'imperatore Ku
L'unificazione cinese sotto un'unica
figura imperiale corrispose, relativamente all'epoca, a un'omogenea
identificazione culturale e sociale. Ciò si risolse in una
suddivisione amministrativa del territorio che orientò il potere
politico di Huang Di verso un decentramento quasi obbligato.
La Cina era politicamente ripartita in
quattro zone di influenza corrispondenti ai quattro punti cardinali.
Al termine del decorso dinastico dei cinque imperatori, ognuno di
essi ebbe riconosciuta una zona di appartenenza e di celebrazione
rituale.
La Canzone di Chu (楚辭)
identifica infatti i cinque imperatori come divinità dei punti
cardinali:
- centro: Huang Di
- est: Shaohao
- ovest: Shennong
- nord: Zhuanxu
- sud: Fuxi
Il Libro dei riti (禮記)
evidenzia invece un nesso tra i cinque imperatori e i cinque
lignaggi.
All'imperatore giallo sono fatti
risalire diversi manoscritti che abbracciano i più svariati temi di
ordine culturale, sociale, religioso e scientifico. Vista la gran
quantità di opere pervenute, si considerano di sicura attribuzione i
Quattro Libri del Dio Giallo (Huangdi Sijing) e il Libro del Sigillo
Nascosto del Dio Giallo (Huangdi Yingfujing).
Accanto a esse è da evidenziare la
rilevanza culturale e scientifica di un altro trattato, Libro
Esoterico del Dio Giallo (Huangdi Neijing), che rappresenta
l'antenato di ogni testo di medicina tradizionale cinese. Il trattato
è suddiviso in due tomi, lo Huangdi Neijing Suwen (le "Domande
Semplici"), abbreviato come Suwen 素問,
e lo Huangdi Neijing Lingshu abbreviato come 'Lingshu 靈樞
("Perno Numinoso").
La trattazione è intrisa di filosofia
mistica e accende il confronto tra spirito e corpo, tra individuo e
cosmo. In virtù di quest'opera Huangdi è considerato padre e
fondatore della medicina tradizionale cinese.
Alla luce della sua veneranda età,
l'imperatore giallo trascorse i suoi ultimi anni preparando il
cammino verso l'aldilà. Decentrò il suo potere politico in favore
dei ministri dell'impero mantenendo salda la sua presenza nello
sviluppo culturale della giovane Cina imperiale.
Si spense nel 2597 a.C. La mitologia fa
risalire alla sua morte l'immagine delle ali incandescenti di una
fenice, che illumina il trono imperiale agli occhi del suo
successore, l'imperatore Shaohao.
Una delle leggende che lo riguardano
narra che l'imperatore giallo avrebbe catturato il mostro Bai Ze
sulla cima del Monte Dongwang, dove gli avrebbe descritto 11.520 tipi
di mostri, mutaforma, demoni e spiriti. Un collaboratore di Huang Di
avrebbe illustrato queste descrizioni realizzando il libro Bai Ze Tu,
che oggi è scomparso.
Secondo la tradizione nel 2634 a.C.
(durante la battaglia di Banquan) utilizzò un carro con uno speciale
dispositivo differenziale collegato alle ruote che faceva sì che una
statua puntasse sempre nella stessa direzione, nonostante le curve
compiute dal veicolo.
- Ogni anno importanti cerimonie vengono svolte in Cina a Xinzheng (presso Zhengzhou) e Yan'an, i due presunti luoghi rispettivamente di nascita e di sepoltura di Huang Di. Tali celebrazioni sono dovute a diversi culti degli antenati (es. Xuanyuanjiao) che vedono nell'imperatore giallo l'antenato comune di tutti gli Han e il "cuore della razza cinese".
- L'imperatore giallo è il protagonista del racconto La gente dello specchio di Jorge Luis Borges.
- Lo scrittore new weird inglese China Miéville ha utilizzato questa storia come base per il suo racconto The Tain.
- In Cina sono stati prodotti diversi sceneggiati televisivi che trattano la vita di Huang Di. La loro accuratezza storica è comunque contestata, dato che si focalizzano principalmente su arti marziali, Wuxia e gli aspetti drammatici.
venerdì 20 agosto 2010
Shuai jiao
Lo
Shuai jiao
(摔跤
o 摔角, pinyin
Shuāijiā) è un'arte marziale cinese che combina prese e colpi
imparentato strettamente con la Lotta Mongola e con il Judo. Viste le
sue peculiarità è considerata una disciplina indipendente da tutti
gli altri stili di Wushu. Originariamente era solamente uno stile di
lotta, ma successivamente furono inseriti anche colpi e parate nel
suo interno.
Il primo termine cinese con il quale ci
si riferisce alla lotta, "jǐao dǐ" (Urtare di corna), fa
riferimento ad un antico sport nei qual contendenti indossavano dei
copricapi con le corna con cui hanno combattuto di testa contro i
loro avversari. La leggenda narra che il "jiao di" fu usato
nel 2697 a.C., dall'esercito dell'Imperatore Giallo contro i soldati
di un esercito ribelle guidato da Chi You. In tempi più recenti,
giovani persone farebbero un gioco simile, emulando i combattimenti
degli animali domestici senza copricapo. Il Jiao di viene descritto
come una disciplina all'origine della lotta e di successive forme di
arti marziali in Cina.
"Jiao li" (角力)
fu un'arte marziale basata sulle prese che si sviluppò sotto la
Dinastia Zhou, (fra il XII e il XIV secolo). Una parte ufficiale del
programma militare Zhou era sotto l'ordine del re, jiao li viene
considerata la più antica arte marziale cinese ed è tra le più
antiche arti marziali sistematiche nel Mondo. Lo Jiao li integra
tecniche di proiezione con attacchi, parate, joint locks e attacchi
su punti di pressione.
Questi esercizi sono stati
praticati in inverno in inverno dai soldati che praticavano, inoltre,
il tiro con l'arco e studiato strategia militare.
Jiao li divenne uno sport pubblico
sotto la Dinastia Qin (221-207 d.C.), quando gli incontri erano
organizzati come eventi ricreativi e per la selezione dei migliori
combattenti. I concorrenti lottavano su una piattaforma chiamata
"leitai", con il premio potenziale di essere assunti a far
parte della guardia del corpo dell'imperatore o come istruttori di
arti marziali per l'Esercito Imperiale. Alcune selezioni sarebbero
durate una settimana o giù di lì, con oltre un migliaio di
partecipanti. Jiao li fu insegnato ai militari in Cina nel corso dei
secoli e la sua popolarità tra i militari mancesi garantì la sua
influenza nelle successive arti marziali cinesi fino alla fine della
Dinastia Qing.
giovedì 19 agosto 2010
Banteay Srei
Banteay Srei
(scritto anche
Banteay Srey) è un tempio
induista del X secolo d.C., situato in Cambogia. Il suo nome
significa Fortezza delle donne ed è dedicato al dio indù Shiva. Si
trova a circa 35 km dalla famosa area di Angkor, vicino alla collina
di Phnom Dei, circa 25 km a nord-est del principale gruppo di templi
di Yasodharapura (una della capitali dell'Impero Khmer che si sono
succedute nel tempo) e dall'Angkor Thom.
La maggior parte del tempio è
costruito in arenaria rossa e le colonne e le pareti interne
presentano un numero incredibile di accuratissime decorazioni
ammirabili ancora oggi. Gli edifici stessi sono miniature in scala,
molto particolari nell'ottica degli standard delle costruzioni khmer.
Queste caratteristiche lo hanno reso particolarmente popolare tra i
turisti e lo hanno fatto definire "una gemma preziosa" o
"il gioiello dell'arte khmer" Al di fuori del tempio si
possono osservare poche rovine di quella che doveva essere una
piccola città sorta attorno al tempio, di nome Isvarapura.
In origine il tempio probabilmente si
chiamava Tribhuvanamahesvara ed era dedicato ad un grande condottiero
militare dell'epoca, in seguito assunse il nome attuale Banteay Srei,
probabilmente dovuto al grande numero di devata che sono posti come
guardiani del tempio in nicchie a lato delle porte e delle false
porte.
Il tempio fu consacrato al dio Shiva
nel 967 d.C. ed è uno dei rari templi khmer a non essere stato
costruito per volere di un re, ma da un uomo di nome Yajnyavahara,
consigliere del re Rajendravarman e insegnante di Jayavarman V. Un
altro caso, sempre nella stessa area geografica, è il tempio
buddhista di Bat Chum, costruito nel 960 d.C. da Kavindrarimathana,
potente ministro e architetto di Rajendravarman. Secondo le
iscrizioni rinvenute il consigliere Yajnyavahara era un grande
studioso e filantropo e si prodigava molto per aiutare le persone
vessate da eccessive sofferenze e quelle in condizioni di eccessiva
povertà. Come detto sopra, il tempio in origine era dedicato ad un
grande condottiero e vi si esercitava sia il culto di Shiva (nella
torre centrale e nelle sezioni est-ovest) che il culto di Vishnu
(sezione nord).
Nel corso del secolo successivo fu
oggetto di molti lavori di ristrutturazione. Venne ribattezzato
Banteay Srei e il re se ne appropriò e dedicò il culto del tempio
esclusivamente al Dio Shiva e affidato al sacerdote Divarakapandita.
Il tempio venne utilizzato fino al XIV secolo. In seguito venne
abbandonato.
Il tempio venne riscoperto nel 1914.
Per anni fu meta di moltissimi ladri che trafugavano le opere d'arte
e le rivendevano sul mercato nero. Il famoso caso di André Malraux
del 1923 ebbe però come risultato positivo l'inizio di lavori di
restauro e di completa riscoperta del tempio. Nel 1936 venne trovata
una stele che consentì la datazione e la ricostruzione di parte
della storia dell'edificio.
Il tempio è costruito quasi
esclusivamente in pietra arenaria, il poco uso fatto dei mattoni è
limitato esclusivamente ai recinti e pochi elementi della struttura.
Sopra gli architravi delle porte sono presenti diversi frontoni
decorati con bassorilievi, per la prima volta nella storia
dell'architettura Khmer. Oltre ai frontoni, tutte le pareti sia
interne che esterne sono fittamente decorate con figure che
rappresentano scene di mitologia e scene tratte da racconti popolari.
Come quasi tutti i templi Khmer. anche
questo è orientato verso est, e consiste in tre rettangoli
concentrici posizionati con il lato lungo sull'asse est-ovest. Il
muro esterno delimita una superficie di circa 500 metri quadri.
Il terzo recinto misura 110 m per 95, è
recintato da un muro interrotto in alcuni punti da strutture a
gopura, ciascuna delle quali era dotata di diverse decorazioni sul
frontone; nessuna di queste è ancora presente nel tempio, sono state
tutte spostate in musei.
Il secondo recinto misura 38 m per 42,
e ricalca la stessa struttura del precedente, anche qui delle
strutture a Gopura interrompono la continuità del muro. Sulle
strutture e sul muro sono presenti diversi bassorilievi raffiguranti
storie leggendarie (il duello tra il re delle scimmie Vali e
Sugreeva, con il Dio Rama che interviene in favore di quest'ultimo.
All'interno del terzo recinto si
trovano due biblioteche, composte in mattoni e fittamente ricoperte
di bassorilievi, e il santuario che è il cuore del tempio.
mercoledì 18 agosto 2010
Naban
Naban
è un termine che sta ad indicare
una delle tante arti marziali che si basano sull'uso delle prese in
Birmania. Le tecniche comprendono joint locks, strikes a punti di
pressione e choke holds. Viene considerato valido, come bersaglio,
qualsiasi parte del corpo dell'avversario.
Il Naban è cugino di alcune forme di
lotta che si trovano in paesi come Cambogia o Tibet[senza fonte]. Si
basa originariamente sui vecchi stili di wrestling indiani come il
Malla-yuddha. È diventato molto popolare nelle zone rurali dove
viene spesso eseguita ai festival accanto al Lethwei (pugilato
Birmano). Oggi, la pratica del Naban, viene mantenuta in gran parte
dalle tribù della Birmania. I Chin, Kachin e Karen hanno la
reputazione di essere fra i migliori wrestler.
martedì 17 agosto 2010
Muay Lao
Muay Lao è
una forma di kickboxing praticata nel Laos ed è una branca dei molti
stili di kickboxing indo-cinesi. Le altre forme di kickboxing
provenienti da tale regione sono: Pradal Serey dalla Cambogia, Muay
Thai dalla Thailandia e lethwei dalla Birmania. Questa forma di
kickboxing comprende attacchi con ginocchia, gomiti, pugni e calci.
Nel 170º episodio di King of the Hill, Kahn utilizza le arti
marziali laotiane per i combattimenti da strada. Il Muay Lao è stato
inserito tra gli sport dei XXV Giochi del Sud-est asiatico, tenutisi
in Laos.
lunedì 16 agosto 2010
Torneo medievale
I
tornei
(dal francese tourner, roteare),
conosciuti anche come
giostre
(dal latino juxtare, avvicinarsi),
sono una forma di festa d'armi di origine medievale; nascono come
giochi guerreschi con fine di esercizio all'arte della guerra
diffusisi secondo le fonti storiche sin dal IX secolo in ambito
carolingio.
Nell'uso attuale i due termini armi
medievali e giostra non indicano attività diverse, benché il
secondo sia più propriamente un combattimento fra due cavalieri con
"lancia in resta" e un torneo un combattimento tra
fazioni.Confronta "armi medievali" e "giostra"
oppure "torneo" e "giostra"?
I tornei e le giostre ebbero origine
nel Medioevo feudale e dalla struttura militare principale
dell'epoca, la cavalleria. Va ricordato che spesso venivano anche
organizzati combattimenti a piedi, specialità amata da Enrico VIII
d'Inghilterra
Ai tornei parteciparono anche membri
dell'alta aristocrazia Europea, compresi i sovrani di importanti
regni. Durante il combattimento i cavalieri dovevano comportarsi
lealmente, combattere pro solo exercitio, atque ostentatione virium
(Ruggero di Hoveden), attenendosi a un preciso codice d'onore,
direttamente derivato da quello dell'aristocrazia militare.
Consistevano in combattimenti, nullo
interveniente odio (Ruggero di Hoveden), di cavalieri a squadre o a
coppie, a cavallo ma anche a piedi, ed erano regolati da un preciso
cerimoniale: i cavalieri venivano chiamati uno ad uno dall'araldo
d'armi, che ne blasonava l'arma o scudo e gli eventuali titoli
nobiliari, presentandoli al pubblico che affollava l'arena e al
signore o all'autorità che aveva indetto il torneo.
I tornei si diffusero in tutta l'Europa
a partire dal XII secolo, e assunsero sempre maggiore importanza,
divenendo assai fastosi e spettacolari.
Il franco Goffredo II di Preuilly fissò
soltanto le norme che lo governavano, ma nella sua epoca erano già
diffusi. Il torneo nasce nelle terre dei Franchi; in Italia troviamo
testimonianze di tornei già nel XII secolo.
Originariamente prevedevano battaglie
con alto rischio di morte, ma nel XIII secolo si diffuse l'uso di
utilizzare lance spuntate e spade senza punta né taglio. Anche con
tali precauzioni continuarono a verificarsi gravi incidenti.
I codici di regolamento erano di
fondamentale importanza. I principali erano redatti in volgare
francese e chi non si atteneva era accusato di essere un fellone.
Tutto era regolamentato nei dettagli: armi da difesa e offesa, colpi,
vestimenti, parate, saluti ecc.
I tornei si svolsero ancora fino al
XVII secolo, ma la Chiesa e le Monarchie ne limitarono nel tempo gli
aspetti più sanguinosi, esaltandone l'aspetto prettamente sportivo e
cavalleresco.
I tornei nacquero per l'allenamento
fisico e militare dei nobili nei periodi invernali.
L'occupazione principale dei nobili nel
medioevo erano le campagne militari, che si tenevano tranne rari casi
nei mesi caldi: in quelli freddi gli eserciti venivano sciolti e per
alcuni periodi il freddo impediva anche di occuparsi della caccia.
Ciò causava un infiacchimento del
fisico e dei riflessi e la soluzione venne trovata nell'organizzare
battaglie simulate, già attestate in epoca carolingia nelle cronache
dello storico Nitardo.
Un termine che ricorre inizialmente a
indicare il torneo è hastiludium, gioco di lancia: nell'XI secolo si
diffonde infatti il modo di combattere a cavallo "lancia in
resta", cioè con una lunga lancia ben salda sotto il braccio
destro, assicurata tramite una sporgenza della corazza (la resta) su
cui faceva battuta una scanalatura della lancia.
Nei primi tornei, opposti schieramenti
di cavalieri si battevano in furibonda mischia in ampi spazi fuori
dai luoghi abitati. Uno schieramento era formato dai ténants, coloro
che avevano lanciato la sfida, un altro dai vénants, coloro che
l'avevano accettata.
La violenza a cui erano arrivati gli
scontri indusse la Chiesa nel 1130 a proibire, ma senza successo, i
tornei, scomunicando i torneanti e proibendo la sepoltura cristiana a
coloro che trovavano la morte negli scontri.
Nel XIII secolo si formalizzò la
distinzione tra tornei con armi à outrance, cioè da battaglia, e
armi à plaisance, per limitare le ferite. I tornei divennero eventi
organizzati all'interno delle città con ampio pubblico, affermandosi
il carattere spettacolare. Le regole divennero sempre più rigide. La
Chiesa grazie alla nuova forma di torneo nel 1281 abolì le
proibizioni.
Durante lo sviluppo del torneo
propriamente detto, cioè affrontato da due schieramenti, nacque la
giostra, ideale duello tra singoli cavalieri. Tra il XV secolo e il
successivo, la giostra divenne l'evento di maggior successo, grazie
all'accattivante cerimoniale.
I cavalieri, secondo le regole
dell'amor cortese, giostravano in nome della loro servitù d'amore
verso una dama.
Nel secolo quindicesimo, s'introdusse
una barriera per tener separati i due giostranti durante la galoppata
uno contro l'altro. Lo scopo era disarcionare l'avversario con l'urto
della lancia, ma senza colpire l'elmo. Le lance erano di frassino,
così da frantumarsi nello scontro, evitando lo sfondamento
dell'armatura del colpito.
Si diffuse in fretta la passione da
parte di un pubblico vario per tali arti marziali: presto quindi i
tornei assunsero un aspetto lussuoso e vennero organizzati per
celebrare vittorie, ricorrenze, accordi tra signori e feste
religiose.
L'organizzazione degli eventi divenne
sempre più rituale e sontuosa, codificata da un complesso
cerimoniale. Le armature dei cavalieri divennero sempre più ricche e
personalizzate con bardature e colori sgargianti.
I tornei erano quindi associati agli
eventi mondani: nel 1468 a Pas de l'Arbre d'Or si tenne un torneo per
celebrare il matrimonio del Duca di Borgogna; a Parigi nel 1559 si
tenne per il matrimonio tra Filippo II di Spagna e Elisabetta, figlia
di Enrico II di Francia, che vi rimase ferito a morte. La disfida di
Barletta, nata da una questione d'onore nel 1503 tra 13 Francesi e 13
Italiani, vide la vittoria di questi ultimi.
Nel 1474 presso Malpaga, Bartolomeo
Colleoni indisse in onore dell'ospite re Cristiano I di Danimarca un
torneo ritratto dagli affreschi del Romanino.
Ovviamente era importantissima la cura
per i cavalli, sia dal punto di vista dell'addestramento che
dell'equipaggiamento degli stessi.
I cavalli dovevano essere addestrati
come per le battaglie vere a rispondere nella mischia senza
tentennamenti ai comandi del cavaliere, a roteare e a rizzarsi per
permettere poderosi colpi dall'alto verso il basso; era quindi
necessaria una sintonia tra uomo e animale ottenibile solo con
addestramento continuo. Per permettere al cavaliere un urto ottimale,
nella giostra con divisorio ligneo o di tessuto tra i partecipanti in
corsa era indispensabile che l'animale fosse ben addestrato a tenere
il galoppo sul piede destro, da cui appunto il nome "destriero".
L'armamento dell'animale serviva a
proteggere lo stesso e il suo cavaliere. La sella aveva un arcione
ampio per proteggere il basso addome e a volte anche le cosce del
cavaliere. La testiera era molto spessa e copriva gran parte della
visuale del cavallo in modo che il cavallo non reagisse di propria
iniziativa nello scontro. L'ornamento comprendeva una vistosa
gualdrappa di stoffe dei colori del cavaliere.
Dalla metà del XVI secolo, tornei e
giostre persero i caratteri originari, venendo meno nella società
gli ideali da cui erano nati e mantenendo solo gli aspetti più
spettacolari, come i sontuosi cortei.
Nacque il carosello praticato ancora
oggi, ovvero una parata di cavalieri per celebrare ricorrenze o
festività. Ancora oggi vengono praticati, come eventi cittadini,
esercizi da giostra in cui bisogna infilzare con la lancia anelli
sempre più piccoli o colpire pali o busti roteanti, come ad esempio:
- Giostra della rocca
- Giostra del Saracino (Arezzo)
- Giostra cavalleresca (Sulmona)
- Giostra dell'orso
- Giostra del monaco
- Giostra della Quintana (Foligno)
- Giostra della Quintana (Ascoli Piceno)
- Palio del Niballo
Talvolta le Giostre sono inserite tra
gli spettacoli proposti nel corso di Feste medievali.
domenica 15 agosto 2010
Tsuda Itsuo
Itsuo Tsuda
(3 maggio 1914 – 10 marzo 1984)
è stato un filosofo giapponese.
All'età di sedici anni si rivoltò
contro la volontà del padre che lo destinava a diventare l'erede dei
suoi beni (diritto di primogenitura); lasciò quindi la sua famiglia
e si mise a vagabondare, alla ricerca della libertà di pensiero.
Dopo essersi riconciliato con il padre,
si recò in Francia nel 1934, dove studiò sotto la guida di Marcel
Granet e Marcel Mauss fino al 1940, anno del suo ritorno in Giappone:
studiò la recitazione del Nō con il maestro Hosada, il Seitai con
il maestro Haruchika Noguchi e l'Aikidō con il maestro Morihei
Ueshiba.
Itsuo Tsuda tornò in Europa nel 1970
per diffondere il Katsugen Undo (Movimento rigeneratore) e le proprie
idee sul Ki. Nel 1973 pubblicò la sua prima opera, "Il
Non-fare", con il sottotitolo: " Scuola della
Respirazione".
Morì a Parigi nel 1984. Oggi in
Europa, nei dojo della "Scuola Itsuo Tsuda", continuano a
vivere la filosofia pratica e l'insegnamento che egli trasmise
attraverso le sue opere e il suo lavoro.
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