Il tambura, tampura,
tanpura, o tambora è uno strumento musicale della
tradizionale indiana. La sua forma assomiglia a quella di un liuto
dal collo allungato ed è uno strumento a corde. La forma del corpo
del tambura è simile a quella del sitar, ma senza tasti - solo le
corde aperte vengono suonate per accompagnare altri musicisti. Ha
quattro o cinque (raramente sei) corde metalliche, che vengono
pizzicate una dopo l'altra in modo regolare per creare una risonanza
armonica sulla nota fondamentale (chiamata bordone o drone).
mercoledì 12 novembre 2014
martedì 11 novembre 2014
Lanterna di carta
Le
lanterne di carta
sono disponibili in varie forme e
dimensioni, così come in parecchi metodi di costruzione. Nella forma
più semplice, sono dei sacchi di carta con una candela al loro
interno; mentre le più complesse sono costituite da una corazza di
bambù o metallo rivestita di carta dura.
Talvolta, le lanterne possono essere
fabbricate in seta colorata (solitamente rossa) o vinile. Le lanterne
di seta sono anche molto pieghevoli, ma hanno rivestimenti in
metallo; inoltre sono decorate con caratteri e disegni cinesi. Le
lanterne in vinile sono molto durevoli; possono resistere alla
pioggia, alla luce del Sole ed al vento. Le lanterne di carta non
durano molto: la carta dorata su di esse diviene bianca e la seta
rossa diventa rosa.
Queste lanterne sono popolari in Cina,
in Corea ed in Giappone ed in tutti i quartieri dove predomina una
maggioranza asiatica (comunemente detti Chinatown). Le si trova per
esempio all'esterno e nelle vetrine dei negozi per attirare
l'attenzione.
A Natale le comunità ispaniche hanno
l'abitudine di mettere delle candele tradizionali in piccoli
sacchetti di carta bianca. Queste lanterne sono conosciute come
luminaria o farolitos.
lunedì 10 novembre 2014
Quanto sarebbe pericoloso il famoso pugno a un pollice di Bruce Lee contro gli avversari in un ring di box o MMA?
Nel 1964 e nel 1967 Bruce Lee fece
dimostrazioni al torneo di Karate di Long Beach Internationals di Ed
Parker.
All'epoca, il Wing Chun Gung Fu non era
ancora molto conosciuto nella scena delle arti marziali statunitensi.
"Il famoso pugno a un pollice di
Bruce Lee" era una
prodezza dimostrativa
progettata per mostrare l'energia di un
pugno a corto raggio praticato nel Wing Chun Gung Fu.
Quindi ogni volta che un pugile o un
combattente MMA usa un pugno a corto raggio, usa gli stessi principi
e meccanismi di Bruce Lee.
Le condizioni / situazioni esistenti in
un ambiente dimostrativo non sono ovviamente le stesse di un incontro
di boxe o MMA!
domenica 9 novembre 2014
Cosa dovrei sapere prima di fare a botte?
Ho fatto a botte molte volte nella mia
vita. Alcune volte ho vinto, altre ho perso. Questo è quello che
succede quando non sei bravo a scegliere quando lottare. Ho
combattuto in tutti i tipi di Arti Marziali: Krav Maga, BJJ,
Shotokahn Karate, Muay Thai, wrestling, combattimento di strada, e
sono stato addestrato in alcune discipline interessanti come il
combattimento con il
coltello. Ci sono alcune cose che
dovresti sapere per alcuni diversi scenari:
- Se ti trovi in una rissa con una persona a caso, preparati ai guai se rimani fino a quando arrivano i poliziotti.
- Guardati le spalle. Non sai mai quanti amici ci possono essere in zona.
- Qualunque cosa che vi circonda può essere usato come arma. Pali, bottiglie di birra, rocce, ecc.
- Non ci sono regole nei combattimenti di strada. Non c'è lotta leale. È vincere o perdere e significa anche che qualche volta vivi o muori.
- Non sai mai quanto è allenato il tuo avversario quindi stai attento con chi inizi a lottare.
- Non smettere mai di colpire fino a quando non smettono di muoversi. Sì, questo significa colpirli quando sono giù. Non mollare. Non dare loro la possibilità di invertire la tendenza. Combattere con "onore" ti farà uccidere.
- I posti migliori per colpire qualcuno sono lungo il lato della mascella.
- Non colpire gli occhi o la parte superiore della testa. Ci sono buone probabilità che ti spezzerai le tue ossa invece delle loro.
- Dai il pugno con le prime due nocche, non con il mignolo o con le nocche con un anello. Parlando per esperienza, se non lo farai ti spezzerai il tuo quarto o quinto metacarpo.
- Non usare i calci. Non m'importa di quello che hai imparato durante le tue lezioni di arti marziali, un ragazzo come me ti afferrerà la gamba e non sarà divertente.
- Ricorda che non sei fatto di vetro. Non aver paura di ricevere un pugno se ti fa guadagnare una posizione migliore. Stai sacrificando un pedone per prendere la regina.
- Parlare è per bambini e fighette. È una perdita di tempo e ti fa sembrare stupido. Se hai intenzione di combattere, chiudi la tua fottuta bocca e combatti.
- Dovresti imparare a usare l'inerzia di un avversario.
- Due delle tue migliori armi nel tuo corpo sono i tuoi gomiti e le tue ginocchia. Sono difficili da rompere e sono molto forti.
- La tua arma migliore è la tua mente. Pensa al tuo nemico e hai buone probabilità di vincere.
- Ultimo, ma non meno importante... Buon divertimento! Il combattimento è uno dei più grandi passatempi dell'umanità! Non c'è niente di meglio di un po' di sport, anche se con un po' di sangue.
sabato 8 novembre 2014
A livello culturale, da cosa le arti marziali giapponesi si differenziano da quelle cinesi?
Le arti marziali giapponesi (
karate,jujitsu,aikido) si sono sviluppate sopratutto attorno al
contesto feudale.
Partono più che altro dal presupposto
sia chi esegue che chi risponde indossi l'armatura da samurai.
Se si nota le movenze di un karateka,
con posizioni basse, possenti, stabili ma lente sono tipiche di un
guerriero appesantito da un'armatura che si difende altresì da
avversari con armatura.
Il jujitsu fa dei suoi capisaldi leve
articolari, proiezioni e strangolamenti in quanto erano le tecniche
che più risultavano efficaci contro un avversario bardato appunto di
armatura.
Nelle arti marziali cinesi invece lo
scopo era difendersi non in un campo di battaglia con tanto di
corazza, ma difendersi da briganti e malintenzionati nelle viuzze
delle città o delle campagne.
Magari anche con armi di matrice
contadina, (bastoni, coltelli, nunchaku).
Ecco allora che le posture degli stili
cinesi differiscono da quelle degli stili giapponesi in quanto
auspicano maggiore mobilità, scioltezza e agilità.
Si narra che durante l'occupazione
della Cina da parte del Giappone prima dell'avvento del regime di Mao
Tse Tung, avvenissero molti scontri tra combattenti cinesi contro
giapponesi, quasi sempre a favore dei primi.
Che questa cosa sia completamente vera
o che sia soltanto leggenda per tessere le lodi delle arti marziali
cinesi, non è dato a sapersi.
venerdì 7 novembre 2014
Ji
Il
Ji
(戟)
è un'antica arma inastata cinese, ad oggi ancora in uso nelle arti
marziali cinesi, normalmente considerata la versione sinica
dell'alabarda occidentale.
Il Ji è, in buona sostanza,
un'evoluzione della lancia di metallo Mao (矛)
ottenuta combinando quest'ultima con l'ascia-daga (Gē). Il Ji fu
creato tra l'epoca della dinastia Yin e quello della dinastia Shang.
Anticamente era decorata con monete e nastri colorati di seta.
Il Ji interamente in bronzo fu
utilizzato ampiamente dalla dinastia Zhou occidentale e quella in
ferro apparve nel periodo degli stati combattenti. Durante la
dinastia Qin e la dinastia Han il Ji divenne un'arma importantissima
utilizzata sia dalle forze di cavalleria che di fanteria.
Gradualmente scomparve dai campi di battaglia tra il periodo della
dinastia Jìn e l'epoca delle Dinastie del Nord e del Sud. Nel
contempo, però, il Ji iniziò ad essere ampiamente utilizzato
durante le dimostrazioni popolari. Durante la dinastia Sui e la
dinastia Tang, l'arma fu definitivamente relegata alla pratica
spettacolistica, all'esercizio fisico e alle cerimonie onorifiche,
perdendo una valenza bellica vera e propria.
Nel corso della storia sono stati
prodotti numerosi tipi di questa arma:
- Jiuquji (九曲戟);
- Fangtianhuaji (方天画戟);
- Qinglongji (青龙戟);
- Duanji (短戟);
- Shuangji (双戟);
- Maji (马戟).
giovedì 6 novembre 2014
Spuntone
Lo
spuntone
è un'arma inastata rassomigliante
alla partigiana, sviluppata in Italia e largamente in uso alla
fanteria d'Europa nel XVII secolo. Cadde in disuso solo nella seconda
metà del XIX secolo.
Lo spuntone venne inventato in Italia
durante il Medioevo, pare come arma di rappresentanza o da
utilizzarsi per la difesa delle mura durante un assedio. Nel XVII
secolo venne riscoperto dalle truppe di fanteria che se ne servirono
come mezza-picca nei quadrati di picchieri ormai costituenti
l'imperante modello campale (v. Pike and Shot).
«SPUNTONE. s.m. In franc. Esponton. Arme d'asta con lungo
ferro quadrangolare o tondo, non molto grosso, ma acuto in punta.
Era in uso ne' tempi cavallereschi, ma non era arme di battaglia.
Venne ripigliato dagli eserciti moderni nel secolo XVII, e durò
sin quasi alla fine del XVIII come arme degli uffiziali delle
compagnie d'infanteria, ed era una Mezza picca lunga otto piedi
francesi. Andò in disuso nelle guerre della rivoluzione francese.
Si annovera altresì colle altre armi d'asta nelle difese che si
fanno talvolta con essi negli assedii.» |
(Grassi, Giuseppe (1833), Dizionario militare
italiano, 2. ed. ampliata dall'a., Torino, Società Tipografica
Libraria, v. III-IV, p. 165.) |
Nel corso del XVIII secolo, mentre la
maggior parte delle armi bianche andava scomparendo dai campi di
battaglia europei, sostituita dalla capillare diffusione della
baionetta, lo spuntone rimase in uso come arma distintiva dei
sottoufficiali di truppa (v. sergentina): alcuni sottufficiali
inglesi se ne servirono durante la Battaglia di Culloden (16 aprile
1746). Ancora durante le Guerre napoleoniche, lo spuntone era arma
precipua dei sergenti che se ne servivano per difendere l'insegna del
reparto dagli attacchi della cavalleria. L'incredibile longevità di
questa arma inastata ne fece l'unica mai apparsa nella panoplia dei
soldati degli Stati Uniti d'America: venne utilizzata, per esempio,
nella celeberrima spedizione di Lewis e Clark come arma difensiva
degli esploratori contro gli orsi grizzly.
Ad oggi, lo spuntone è ancora in uso
quale arma cerimoniale della Old Guard Fife and Drum Corps (U.S.
Army).
Rispetto alla picca, lo spuntone è
arma dalle dimensioni più contenute, la cui lunghezza complessiva
non superava i 2,5 m:
- La lama sviluppa dalla gorbia in un disco piatto dal quale dipartono un robusto corpo lanceolato diritto, appuntito ed affilato da ambo i lati, e due protuberanze lateriali, a volte in forma di rebbi arcuati, sensibilmente più corte della centrale. In alcuni modelli, il corpo piatto centrale della lama serve da innesto ad una lama di scure;
- Astile ligneo solido, maneggevole.
Data la foggia tripuntuta della lama,
lo spuntone contende spesso al brandistocco la nomea di "tridente
da guerra". L'evidente differenza tra spuntone e brandistocco è
che in quel'ultimo tutte e tre le lame dipartono dalla gorbia.
mercoledì 5 novembre 2014
Scherma genovese
La
scherma genovese
è uno stile di scherma originatosi a Genova a partire dal X
secolo che prevede l'uso di armi tipiche come il coltello genovese,
la spada d'abbordaggio genovese e lo spadone genovese.
martedì 4 novembre 2014
Zhi neng
Zhi neng
(智能)
o Chi-lel da alcuni parlanti statunitensi è uno stile di Qi gong
ideato alla fine degli anni settanta dal dottor Pang He Ming.
Zhi (智)
significa "conoscere", "comprendere"; Neng (能)
significa "saper o poter fare". Zhi neng Qi gong (智能气功)
significa quindi il Qi gong che sviluppa e consente di usare le
capacità della mente. Infatti alcuni lo chiamano "Qi gong della
saggezza" (wisdom qi gong).
Il suo scopo è quello di armonizzare
il praticante con l'ambiente che lo circonda tramite l'equilibrazione
del proprio Qi con il Qi dell'universo. In particolare, il tipo di Qi
con il quale il Zhi neng lavora è lo Hun-yuan Qi (混元氣).
Lo hun-yuan qi si definisce con tre caratteristiche:
- è il Qi originario, primordiale, dal quale tutta la materia si è formata, è quindi antecedente alla divisione della Natura in Yin e Yang;
- è presente in ogni cosa, in tutto l'universo;
- può essere mosso tramite la mente, con l'intenzione: chiunque concentrandosi può focalizzarlo in un punto qualsiasi dello spazio.
Con la pratica del Zhi neng è
possibile modificare la struttura subatomica di ogni cosa. Questa
capacità è insita in ognuno di noi, con questo stile di Qi gong
siamo solamente in grado di rendere più efficace un tipo di
operazione che già facciamo di continuo. Il desiderio, l'intenzione,
è in grado di modificare l'ambientre che ci circonda, è solo
questione di tempo e costanza, ma il risultato si ottiene.
Quindi il Zhi neng Qi gong è in grado
di curare qualsiasi malattia, è sufficiente indirizzare la pratica
verso il problema che vogliamo eliminare e la costanza nella pratica
ci guarirà. La guarigione si ottiene con un automatico e in parte
inconsapevole mutamento della struttura subatomica degli organi
interessati. In maniera minore si modifica tutto il corpo, proprio
perché l'obiettivo ultimo del Zhi neng è l'armonizzazione di tutto
il nostro corpo con l'ambiente.
Il Zhi neng Qi gong può essere
praticato da chiunque, indipendentemente dall'età o dallo stato di
salute, l'importante è tenere presenti i seguenti principi:
- costanza
- corretta esecuzione dei movimenti
- calma e rilassamento
- concentrazione
La pratica individuale consente di
affinare la propria capacità di gestire e condurre il Qi, la pratica
in gruppo è però più potente, perché grazie all'unione dei campi
energetici individuali permette di muovere un maggior quantitativo di
energia (qi).
Pang He Ming 庞鹤鸣
(nato nel 1940 a Dingxing, provincia dello Hebei, Cina) inizia
la sua pratica medica secondo la medicina occidentale nel 1958, dopo
essersi laureato presso il Collegio di medicina di Pechino. Dopo
altri quattro anni di studio presso l'Associazione medica cinese di
Pechino fa il dottore di medicina tradizionale cinese, e proprio in
questi anni si avvicina al Qi gong e al Taijiquan.
Alla fine degli anni settanta codifica
il Zhi neng Qi gong. Nel 1980 diffonde la prima parte degli esercizi,
nel 1985 la seconda e nel 1991 la terza.
Esistono sei livelli di Zhi neng Qi
gong, ma solo i primi tre sono stati resi noti da Pang Ming in quanto
si può accedere al successivo livello di pratica solo dopo aver
perfettamente compreso gli esercizi del proprio livello.
Attualmente il gran maestro Pang He
Ming si è ritirato dall'attività di insegnamento per dedicarsi
nuovamente allo studio del Zhi neng.
Nel 1988 il gran maestro Pang He Ming
fondò lo Hua Xia Zhi neng Qi gong training centre, ossia un ospedale
ove migliaia di persone venivano addestrate nella pratica del Zhi
neng per guarire dalle malattie senza medicine. All'inizio l'istituto
era situato a Shijiazhuang, nella provincia dello Hebei, con il nome
di Hebei Shijiazhuang Zhineng Qigong College, ma nel novembre 1991 si
spostò a Qinhuandao con il nome definitivo. Nel 1996 viene fondato
inoltre lo Hua Xia Zhineng Healing Center a Fengrun, nella contea
Tangshan, sempre nella provincia dello Hebei.
Nel 2000 però la sede dovette chiudere
a causa del divieto di pratica di Qi gong per gruppi di più di 50
persone stabilito dal governo cinese in seguito agli avvenimenti
legati alla setta Fa-lun gong. In dodici anni nella Hua Xia sono
transitati più di 300.000 degenti afflitti da più di 180 sindromi
diverse registrando un miglioramento delle condizioni nel 95% dei
casi. Nel 1997 lo China Sports Boreau fece un'indagine per
evidenziare quali sono i venti migliori stili di Qi gong riguardo al
miglioramento della salute e il zhineng risultò al primo posto.
Gli esercizi principali del primo
livello di Zhi neng qi gong sono i seguenti:
- la forma Peng qi guan din
- la posizione statica di fusione dei tre cuori (San xin pin Zhan-zhuan)
- le flessioni sulle gambe (dun qian fa)
- zhen-qi
- stiramento dell'energia (la-qi)
Dopo ogni movimento di raccolta dello
hun-yuan qi si porta questo al dan tian inferiore.
Prima di iniziare ognuno di questi
esercizi è bene prepararsi nel modo seguente:
- rilassare ogni parte del corpo partendo dall'alto verso il basso
- creare un campo energetico, al fine di fondersi il più possibile con lo Hun-yuan qi dell'universo. Per creare un campo energetico è sufficiente immaginare di ingrandirsi sempre di più, aumentando le proprie dimensioni sino a comprendere gradualmente tutto il cosmo.
- indirizzare la pratica verso un obiettivo (per esempio guarire il cuore, oppure rafforzare i muscoli delle gambe, far crescere la pianta che ho accanto...)
I punti del corpo stimolati sono qui
elencati dall'alto al basso:
- Bai-hui: sul piano sagittale mediale del corpo, si trova all'apice del capo sopra le orecchie;
- Yin-tan: a metà strada tra le sopracciglia;
- Yu-zhen: dietro il capo, opposto a YIN-TAN;
- Chi-hu: sono due punti, sopra ogni capezzolo, immediatamente sotto la clavicola;
- Da-bao: sono due punti opposti (uno a sinistra l'altro a destra) all'altezza della parte finale dello sterno, sono situati sul piano frontale mediale del corpo;
- Ming-men: sulla colonna vertebrale, all'altezza dell'ombelico;
- Lao-gun: chiudendo ogni mano a pugno, è dove il medio tocca il palmo;
- Hui-yin: a metà strada tra l'ano e i genitali;
- Yong-quan: sulla pianta di ogni piede, a metà sulla linea che connette il terzo dito al tallone.
lunedì 3 novembre 2014
Si Euli
Il
Si Euli
è un coltello-pugnale
tradizionale indonesiano, originario dell'isola di Nias (e più
precisamente della parte settentrionale dell'isola), a ovest di
Sumatra. Esistono varie versioni dell'arma, portate quotidianamente
dagli uomini.
È un coltello dotato di lama stretta e
diritta; il manico, curvo verso l'estremità o leggermente piegato a
metà della sua lunghezza, è separato dalla lama tramite una ghiera
d'ottone. L'estremità dell'impugnatura può essere appiattita. Il
fodero è diritto e, in prossimità dell'apertura per accogliere la
lama, presenta una sporgenza perpendicolare alla sua lunghezza che si
allunga verso il lato tagliente della lama. Verso il lato posteriore
è presente una protuberanza leggermente ricurva. Il fodero può
essere avvolto con del filo d'ottone e avere delle catenelle a cui
vengono appese delle piccole campane. L'arma è portata diagonalmente
al centro della cintura.
domenica 2 novembre 2014
Zweihänder
La
zweihänder
(tedesco per “doppia
impugnatura”, chiamato anche bidenhänder o bihänder), meglio noto
come
spadone, è un tipo di
spada a due mani sviluppatasi nel corso del Rinascimento in Italia e
nelle terre gravitanti intorno al Sacro Romano Impero Germanico
(fond. Germania e Svizzera).
Stando alla trattatistica italiana di
scherma tradizionale, lo spadone doveva essere alto quanto lo
schermidore che lo brandiva (dove invece la spada a due mani doveva
essere alta quanto l'ascella dello schermidore). L'elsa era di
dimensioni prodigiose, con manica nominalmente "a due mani"
ma, in realtà, nell'ordine dei quattro palmi (circa 50 cm) e guardia
a crociera con bracci diritti di lunghezza complessiva simile a
quella della manica. Con una simile impugnatura, lo schermidore
riusciva ad imprimere velocità al pesante fendente dello spadone,
sfruttando la mano avanzata, contro l'impugnatura, come perno e
quella arretrata, presso il pomolo, come leva.
L'apparato decorativo del fornimento era, nella zweihänder, di solito scarso ma esistevano modelli riccamente decorati con materiale pregiato quale l'avorio. Tipica nell'arma era comunque la presenza di due anelli dipartenti dalla crociera, simili a quelli tipici della guardia di una katzbalger.
L'apparato decorativo del fornimento era, nella zweihänder, di solito scarso ma esistevano modelli riccamente decorati con materiale pregiato quale l'avorio. Tipica nell'arma era comunque la presenza di due anelli dipartenti dalla crociera, simili a quelli tipici della guardia di una katzbalger.
«Il spadone al modo eh 'oggi s'usa con quattro palmi di
manico & piu et con quella croce grande non è stato ritrovato
affine di adoprarlo da solo a solo a ugual partito come l'altre
arme delle quali habbiamo trattato, ma per poter con esso solo a
guisa d'un galeone fra molte galere resistere a molte spade o
altre arme» |
(Giacomo Grassi, Ragione di adoprar sicuramente l'Arme sì
da offesa, come da difesa [...]) |
«...tal che esso Spadone viene ad esser compartito mezo in
difendere, e mezo in offendere, e la sua lunghezza deve essere
tanto lungo quanto è un huomo proportionato, ne grande, ne
picciolo, esso deve havere doifili taglienti, e dev'esser molto
leggiero, per poter l'osservatore di quest'arte, tirar di colpi di
taglio, e punta, con maggior velocità, e minor fatica; ancora
deve havere buon fornimento, per assicurare la mano istrumento
principale d'operare secondo la natura, e regola dell'arte.» |
(Francesco Alfieri) |
In alcuni casi, una seconda guardia,
costituita da denti di arresto (parierhaken) simili a quelli di uno
spiedo da guerra o di una corsesca, lunghi all'incirca 5 cm,
proteggeva l'estremità superiore del ricasso, a protezione della
mano quando lo schermidore doveva eseguire manovre a "Mezza
Spada".
La lama dello spadone era lunga
generalmente un metro, a volte più, ed aveva il ricasso spesso
protetto da una manica di cuoio. Parte della lama poteva avere il
filo, su ambo i lati, ondulato. L'effettiva utilità di un
"tagliente" a profilo ondulato è ad oggi ancora dibattuta:
l'ipotesi che potesse servire per migliorare il colpo di taglio al
momento dell'impatto, specialmente contro le aste di picche o
alabarde, viene normalmente scartata; più interessante è invece
l'ipotesi che il tagliente a serpentina servisse per scaricare
maggior peso sulla lama della spada di un avversario al momento della
parata, ipotesi questa che trova riscontro nella tipologia di spada
da lato flambard diffusasi concomitantemente allo spadone come arma
da duello.
Fatte salve le particolarità della
linea e la modalità di utilizzo, le dimensioni degli spadoni
europei, durante il XVI secolo erano molto varie. Una cernita degli
spadoni conservati presso il museo Landeszeughaus di Graz rivela una
lunghezza media di 170 cm ed un peso medio di 3,5 kg ma l'esemplare
più grosso, pur restando nel campo delle armi pratiche e non
cerimoniali, misura 199 cm per un peso di quasi 6 kg. Per quanto
riguarda invece le armi dell'areale mediterraneo, come il Montante
spagnolo, si stima una lunghezza media di 150 cm per un peso di 2-2,5
kg.
Esistevano anche zweihänder con lama
interamente a serpentina. Si trattava sempre di armi decorative,
caratterizzate da dimensioni e peso addirittura superiori rispetto
agli spadoni per uso pratico: oltre 2 metri di lunghezza per più di
7 kg di peso. Questo tipo di arma era detta flamberga per la
similitudine tra la lama ed il profilo della fiamma.
Giunto alla sua forma definitiva nelle
terre gravitanti intorno al Sacro Romano Impero Germanico (fond.
Italia, Germania e Svizzera) nel XV secolo, la zweihänder divenne
famosa durante il Rinascimento come arma distintiva dei Mercenari
svizzeri prima e dei Lanzichenecchi, corpo di fanteria creato
dall'imperatore Massimiliano I d'Asburgo in opposizione agli
svizzeri, poi. Luogo d'origine dell'arma, variante della normale
spada a due mani utilizzata nel Tardo Medioevo per i duelli a piedi
tra cavalieri, fu probabilmente la Spagna ove però l'arma, nota come
Montante (anche Espadon in epoca successiva), non raggiunse mai le
dimensioni prodigiose degli esemplari tedeschi.
L'uso della zweihänder, variante della
normale spada a due mani utilizzata nel Tardo Medioevo per i duelli a
piedi tra cavalieri, subì, nel corso del Rinascimento, una radicale
evoluzione. Arma pesante e d'ampio raggio, votata a massicci attacchi
di taglio, divenne equipaggiamento standard dei fanti più massicci e
degli spadaccini più abili, disposti nelle linee frontali dello
schieramento ed incaricati di sfrondare a furia di fendenti la selva
delle picche nemiche per permettere ai compagni di caricare a fondo.
Rispetto alla spada a due mani tradizionale, destinata allo scontro
spadaccino-vs-spadaccino, lo spadone divenne quindi un
"tranciapicche". Nel confronto poi con un avversario
disarmato o armato di spada, lo spadone, quando non vibrato per
mutilare, trovava la sua efficacia quale surrogato di un'arma
inastata: lo schermidore, con la presa sull'impugnatura e sul
ricasso, avventava lo zweihänder in un affondo più simile a quello
di una lancia che di una spada.
I lanzi abili nel maneggio dello
spadone, tanto quanto quelli armati di archibugio, erano indicati con
il nome di Doppelsöldner e remunerati con paga doppia rispetto a
quella dei compagni picchieri o alabardieri (Doppelsöldner significa
appunto "doppio soldo", "doppia paga" in
tedesco).
L'uso attivo dello spadone sui campi di
battaglia decadde già al volgere del Cinquecento: l'aumentato numero
di archibugieri tra le file degli eserciti europei (v. Pike and Shot)
rese la carica iniziale dei Doppelsöldner verso il quadrato dei
picchieri un mero ed inutile suicidio di massa.
La zweihänder restò in uso come arma
da duello almeno sino alla fine del XVII secolo.
L'efficacia dello spadone sul campo di
battaglia è ancora oggetto di dispute serrate tra gli studiosi. Se,
da una parte, è fuor di dubbio che cagione del problema sia stata
l'eccessiva romanticizzazione della figura dello spadaccino armato di
spadone nel corso del Romanticismo, è però vero che gli eventi
bellici dell'Europa rinascimentale e moderna ci hanno tramandato la
memoria di mortiferi spadaccini armati di zweihänder.
- Forse il più conosciuto spadaccino armato di spadone è Pier Gerlofs Donia (1480-1520), pirata frisone attivo nella resistenza anti-Asburgo al principio del XVI secolo. Donia era noto per la sua abilità ed efficienza di spadaccino, nonché per la sua prodigiosa forza, al punto di divenire una leggenda: lo si riteneva capace di decapitare più persone con una singola sferzata del suo spadone. La zweihänder attribuita a lui, dal 2008, è ora nel Museo di Leeuwarden: ha una lunghezza di 213 cm (84 pollici) ed un peso di 6.6 kg (14½ lb).
Altre testimonianze porterebbe però a
ritenere più plausibile l'opinione dello studioso Oakeshott, cioè
che lo spadone trovasse una sua utilità principalmente nei duelli e
nelle postazioni di difesa.
- Durante l'assedio di Rodi (1522), i cavalieri Ospitalieri, soverchiati dal numero delle forze di Solimano il Magnifico (100.000 turchi contro 7000 cristiani), disposero a difesa delle mura i loro mercenari lanzichenecchi armati di spadoni. Dopo il massacro di 20.000 dei suoi uomini, periti dando l'assalto alla roccaforte cristiana, il sultano accettò di negoziare una resa favorevole al nemico. Durante gli scontri, si distinse il violentissimo Prégeant de Bidaux (Pregianni o Pier Gianni in italiano), pirata al soldo degli Ospitalieri e già cavaliere francese che “amava la guerra, odiava i turchi”, noto per il suo fisico erculeo e per il suo mortifero spadone, capace di tranciare "netto per la metà un uomo".
- Nella Storia Fiorentina di Benedetto Varchi viene citato tale capitano Goro, mercenario al soldo di Firenze, che, impegnato a difendere il palazzo del comune dagli insorti volterrani, ne spacciò due usando sapientemente il suo spadone a due mani.
- Un altro fiorentino, il bronzista e scultore Benvenuto Cellini, nella sua Vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze, cita, in occasione di un tentativo di furto a sue spese perpetrato da grassatori francesi durante il suo soggiorno a Parigi, l'uso, da parte sua, di uno spadone a due mani come insolita arma di difesa personale.
- Lo spadone risulta incredibilmente flessibile nelle sue varie applicazioni, in grado di altalenare la sua funzionalità tra arma da taglio, da impatto ed arma inastata. Questo è reso possibile grazie alla notevole estensione della lama, alla distribuzione del peso ed alla buona protezione alle mani fornita dai denti d’arresto che consentiva differenti tipi di impugnatura. La fanteria lanzichenecca era infatti solita formare muri di uomini armati di spadone impugnato tenendo una mano sul ricasso, in questo modo l’arma poteva essere usata allo stesso modo di una lancia, in grado di fermare violente cariche di cavalleria disarcionando i cavalieri e mantenendo la stessa efficacia per gli scontri in mischia. Allo stesso tempo lo spadone può essere utilizzato come arma da taglio nel caso di nemici privi di corazza o da impatto qualora si affrontassero cavalieri corazzati a terra. La buona distanza coperta dalla lama e il buon controllo esercitato su di essa grazie alla “seconda impugnatura” sul ricasso permettono all’affilata punta dell’arma di essere guidata con precisione nei punti non protetti da cotta di maglia o armatura a piastre.
sabato 1 novembre 2014
Karatè, Italia terza nel medagliere ai mondiali in Portogallo
Gli
sport cosiddetti minori vivono con risorse scarse, grande entusiasmo e
molto volontariato. E il karatè non sfugge alla regola. Ecco perché solo
nei giorni scorsi sono stati pubblicati i risultati definitivi dei
campionati mondiali della Fska (l'associazione internazionale che
raccoglie le società che si ispirano alla scuola fondata dai discendenti
diretti del maestro Gichin Funakoshi, il codificatore del karatè
moderno) che si sono svolti alla fine di settembre ad Almada, in
Portogallo.
Ma l'attesa dell'esito dei mondiali, ai quali hanno preso parte atleti di tredici Paesi, ci ha riservato la bella sorpresa di trovare l'Italia al terzo posto nel medagliere, che è stato dominato dai padroni di casa con 60 medaglie d'oro. Fra gli ospiti la squadra azzurra è stata superata solo dall'Ucraina e ha battuto concorrenti molto «tosti» come kazaki e sudafricani.
Insomma, sulle rive dell'Atlantico - Almada si trova a pochi chilometri da Lisbona e si affaccia sulla costa a sud della foce del Tago - l'Italia del karatè si è fatta onore: 21 medaglie d'oro, 23 d'argento e 24 di bronzo. Dietro la fortissima Ucraina (29, 20 e 18) e davanti l'agguerritissimo Kazakistan (20, 10 e 10), il Sudafrica (6, 5 e 16), la Russia (5, 2 e 3) e la Polonia (3,2 2 e2). Via via gli altri Paesi partecipanti, fra i quali Inghilterra, Irlanda, Germania e India. Peccato che ai campionati mondiali Fska Portugal 2014 non abbiano potuto prendere parte, per motivi economici, gli atleti delle tante società Fska che operano in Usa, Argentina, Brasile, Cile, Messico, Uruguay, Venezuela, Indonesia, Iran, Israele eccetera.
Karatè sport minore ma anche e forse soprattutto sport giovane. Grazie all'impegno dei «sensei» che riescono a far appassionare alle arti marziali i bambini che dopo qualche anno, con le loro cinture verdi e blu, si impegnano e si divertono negli allenamenti per poi gioire, insieme con i loro genitori, nelle competizioni.
Per questo è opportuno segnalare la società Kokoro Dai di Cairate (in provincia di Varese) che ha fra i suoi tesserati i due italiani campioni del mondo under 15 Matteo Simonelli, primo nel kumitè (combattimento) e Francesco Pricolo, primo nel katà (stile), entrambi allievi del maestro Mauro Volpini, che ad Almada ha avuto la grande soddisfazione di festeggiare anche gli argenti e i bronzi di tutti gli altri suoi ragazzi che hanno preso parte alla spedizione in Portogallo.
Ma l'attesa dell'esito dei mondiali, ai quali hanno preso parte atleti di tredici Paesi, ci ha riservato la bella sorpresa di trovare l'Italia al terzo posto nel medagliere, che è stato dominato dai padroni di casa con 60 medaglie d'oro. Fra gli ospiti la squadra azzurra è stata superata solo dall'Ucraina e ha battuto concorrenti molto «tosti» come kazaki e sudafricani.
Insomma, sulle rive dell'Atlantico - Almada si trova a pochi chilometri da Lisbona e si affaccia sulla costa a sud della foce del Tago - l'Italia del karatè si è fatta onore: 21 medaglie d'oro, 23 d'argento e 24 di bronzo. Dietro la fortissima Ucraina (29, 20 e 18) e davanti l'agguerritissimo Kazakistan (20, 10 e 10), il Sudafrica (6, 5 e 16), la Russia (5, 2 e 3) e la Polonia (3,2 2 e2). Via via gli altri Paesi partecipanti, fra i quali Inghilterra, Irlanda, Germania e India. Peccato che ai campionati mondiali Fska Portugal 2014 non abbiano potuto prendere parte, per motivi economici, gli atleti delle tante società Fska che operano in Usa, Argentina, Brasile, Cile, Messico, Uruguay, Venezuela, Indonesia, Iran, Israele eccetera.
Karatè sport minore ma anche e forse soprattutto sport giovane. Grazie all'impegno dei «sensei» che riescono a far appassionare alle arti marziali i bambini che dopo qualche anno, con le loro cinture verdi e blu, si impegnano e si divertono negli allenamenti per poi gioire, insieme con i loro genitori, nelle competizioni.
Per questo è opportuno segnalare la società Kokoro Dai di Cairate (in provincia di Varese) che ha fra i suoi tesserati i due italiani campioni del mondo under 15 Matteo Simonelli, primo nel kumitè (combattimento) e Francesco Pricolo, primo nel katà (stile), entrambi allievi del maestro Mauro Volpini, che ad Almada ha avuto la grande soddisfazione di festeggiare anche gli argenti e i bronzi di tutti gli altri suoi ragazzi che hanno preso parte alla spedizione in Portogallo.
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