venerdì 24 luglio 2015

Guàndǐng

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«Mente, Buddha, esseri senzienti sono, parimenti, [la Via di mezzo]. Poiché tutti gli aggregati e le forme di sensibilità sono la realtà così come è, non c'è alcuna sofferenza da cui liberarsi. Poiché la nescienza e le afflizioni sono identiche al corpo illuminato, non c'è alcuna origine della sofferenza da sradicare. Poiché i due punti di vista estremi sono il Mezzo e le visioni erronee sono la Verità, non c'è alcun percorso da praticare. Poiché il samsara è identico al nirvana, non c'è alcuna estinzione [della sofferenza] da realizzare. Non essendoci né sofferenza né origine della sofferenza, nulla vi è di mondano; non essendoci né sentiero né estinzione, nulla vi è di sopramondano. C'è una sola, pura Realtà; non c'è nessuna entità al di fuori di essa. La tranquillità della natura ultima di tutte le entità è detta "calma"; il suo perenne splendore è detta "consapevolezza".»
(Guàndǐng, 灌頂, Yuándùn Zhǐguān 圓頓止觀)


Guàndǐng Zhāngān Dàshī (灌頂 章安 大師, Wade-Giles: Kuan-ting Chang'an. In giapponese: Kanjō o Shōan; Zhāng'ān, 561 – Kuaiji, 632) è stato un monaco buddhista cinese, Patriarca della scuola Tiāntái.

La vita e le opere
Guàndǐng fu il quinto patriarca della scuola buddhista cinese Tiāntái (天台宗), secondo il lignaggio tradizionale di questa scuola, e fu il principale discepolo di Zhìyǐ (智顗 538-597), quest'ultimo quarto patriarca e fondatore dell'omonimo monastero sui Monti Tiāntái.
Nacque nel 561 a Zhāng'ān (章安, provincia dello Zhèjiāng), per questa ragione il suo titolo onorifico post-mortem fu Zhāngān Dàshī (章安大師) ma la sua famiglia, di nome Wú () era originaria di Yíxīng (宜興, provincia dello Jiāngsū).
Il suo nome da bambino era Fēifán (非凡). Perse il padre quando era molto piccolo e fu allevato dalla madre divenuta vedova. A sei anni entrò in un monastero della città natale e fu educato dall'abate Huizeng, mostrando particolare interesse per la letteratura tradizionale. A vent'anni ebbe l'ordinazione monastica completa secondo le regole del vinaya.
Morto Huizeng, nel 584, a ventitré anni si recò sui monti Tiāntái dove Zhìyǐ aveva fondato, nel 575, l'omonimo monastero, divenendone il principale discepolo. Rimase con Zhìyǐ fino alla morte del maestro, avvenuta nel 597.
Nel 585 accompagnò il maestro, convocato dall'imperatore Hòu Zhǔ (後主, conosciuto anche come Chén Shúbǎo, 陳叔寶, ultimo imperatore della dinastia Chen, regno: 582-89), a Nanchino (Nanjing).
A Nanchino, Guàndǐng assistette a tutte le lezioni sul Sutra del Loto tenute da Zhìyǐ che raccolse nel Miàofǎliánhuājīng wénjù (妙法蓮華經文句, anche Fǎhuā wénjù, Parole del Sutra del Loto, giapp. Myōhōrengekyō mongu, T.D. 1718).
Nel 588 Nanchino fu attaccata dalle armate settentrionali della neonata dinastia Sui (già dinastia Zhou del Nord) e Zhìyǐ e Guàndǐng si diressero prima sul Monte Lu (廬山 Lú shān) poi al tempio di Nányuè (南岳, meglio conosciuto come Tempio del Monte Heng, 南岳大庙, attualmente nello Henan) dove era risieduto, fino alla morte, il maestro di Zhìyǐ, Huìsī (慧思, 515-577).
Dopo il rovesciamento della dinastia Chen, maestro e discepolo si recarono nella regione dello (nello Hubei) dove Zhìyǐ fondò il tempio Yuquan (玉泉寺) sull'omonimo monte e dove tenne altre lezioni sul Sutra del Loto raccolte, sempre da Guàndǐng, nel Miàofǎ liánhuā jīngxuán yì (妙法蓮華經玄義, anche Fǎhuā xuányì , Il profondo significato del Sutra del Loto della Legge meravigliosa, giapp. Myōhō renge kyōgen gi, T.D. 1716, 33.618-815).
L'anno successivo, nel 594, Zhìyǐ espose gli insegnamenti raccolti nella la sua terza opera maggiore, il Móhē Zhǐguān (摩訶止觀, Grande trattato di calma e discernimento, giapp. Maka Shikan, T.D. 1911)[1]., da Guàndǐng, il quale aggiunse l'introduzione che contiene una sua opera importante, lo Yuándùn Zhǐguān (圓頓止觀 Perfetta e immediata meditazione di calma-e-discernimento, giapp. Endon Shikan).
Nel 597, dopo la morte del maestro a cui assistette fino agli ultimi istanti raccogliendone gli ultimi insegnamenti nel Guānxīn lùn (觀心論, Vedere la mente, giapp. Kanjin ron, T.D. 1920, 46.584-587). Guàndǐng gli succedette come abate del monastero e patriarca della scuola.
La dinastia Sui fu molto favorevole alla scuola Tiāntái, il primo imperatore di questa dinastia, Wén (, conosciuto anche come Yáng Jiān, 揚堅, regno: 581-604), insignì lo stesso Zhìyǐ del titolo di Zhìzhě dàshī (智者大師, Maestro Sapiente), così anche il suo successore, Yáng (, conosciuto anche come Yáng Guǎng, 楊廣, regno: 604-17), continuò a sostenere i monaci del monte Tiāntái costruendo nuovi templi e offrendo continue donazioni. Lo stesso Yáng convocò Guàndǐng più volte a corte, a Chang'an, prima ancora di divenire imperatore. Così le cronache biografiche su Guàndǐng sostengono che egli ricoprì l'incarico di cappellano imperiale per tre estati, dal 602 al 605, quando rientrò al monastero Tiāntái. Fu convocato nuovamente a corte nel 611 poco prima di una spedizione militare cinese contro la Corea.
Gli ultimi anni della sua vita Guàndǐng li trascorse nel monastero Tiāntái dove raccolse numerosi discepoli e dove completò due commentari sul Mahāyāna Mahāparinirvāna-sūtra (Grande sutra mahayana della totale estinzione, cin. 大般泥洹經 Dà bān níhuán jīng, giapp. Dainehankyō, conservato nel Nièpánbù): il Daniepanjingxuanyi (大般涅槃經玄義), e il Daniepanjingshu, che unitamente ai commentari di Zhìyǐ sul Sutra del Loto, consentirono alla scuola Tiāntái di detenere commentari completi sui sutra buddhisti considerati i più importanti nel Buddhismo cinese.
Dopo il crollo della dinastia Sui, avvenuta di fatto proprio con l'assassinio nel 618, a Jang Du, dell'imperatore Yáng (a cui seguirono due successivi imperatori della dinastia Sui durati pochi mesi) e con l'inizio della dinastia Tang, cessarono i favori imperiali per la scuola Tiāntái.
Da quel momento non abbiamo più notizie su Guàndǐng se non che visse in uno stato di estrema indigenza, continuando a lavorare sui suoi commentari, ne produsso in totale otto suddivisi in quarantanove fascicoli, e ad insegnare ai suoi discepoli. Questo fino alla sua morte avvenuta nel monastero della città di Kuaiji (provincia di Zhejiang), nel 632.
Successore di Guàndǐng nel lignaggio Tiāntái sarà Zhìwēi (智威?-680).


giovedì 23 luglio 2015

Mu (buddhismo Zen)

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Mu è la pronuncia giapponese del carattere cinese tradizionale: . In mandarino standard, questo carattere viene trascritto (cinese semplificato: ). In coreano viene riportato con e pronunciato mu. In vietnamita vô. Questo carattere cinese, , è, in ambito buddhista, la resa in questa lingua di alcuni termini sanscriti buddhisti come asat (non essere), abhāva (non possedere) o anche vigata (privo di). Ed è usato come opposto di (cin. yǒu, giapp. yū o u, cor. yu, viet. hữu) che rende il termine sanscrito di bhava (essere, esistenza).

Il Mu nel buddhismo Zen
Nel buddhismo Zen mu è un termine che può essere tradotto approssimativamente come "nessuno" o "senza". Sebbene nella lingua giapponese si utilizzi tipicamente come prefisso per implicare l'assenza di qualcosa (ad es., 無線 musen per "senza filo"), tale termine è conosciuto per essere la risposta ad un famoso Kōan (公案) di origine cinese e quindi appartenente alla tradizione del buddhismo Chán.
La pratica del kōan consiste in un tema affidato dal maestro zen al discepolo cui chiede la soluzione. Uno dei più conosciuti kōan è proprio quello del maestro Zhàozhōu Cóngshěn (趙州從諗, giapp. Jōshū Jūshin, 778-897):
«Una volta un monaco chiese al maestro Zhàozhōu: 'Un cane possiede la natura di Buddha?'.
Zhàozhōu rispose: ' Wú! '»
(1° gōng'àn del Wúmén guān (無門關))
La risposta wú (giapp. mu), che non rappresenta comunque la negazione della natura del Buddha nel cane, è l'elemento principale del kōan, ed è l'oggetto di meditazione, denominato 話頭 (cin. huàtóu, giapp. watō), che impegnerà il discepolo zen in ogni sua attività quotidiana. Durante un colloquio con il maestro, solitamente quotidiano e denominato 獨參 (cin. dúsān, giapp. dokusan), l'allievo zen offre la sua risposta al kōan (nel caso dell'esempio cosa significasse la risposta wú pronunciata dal maestro Zhàozhōu) che testimonierà la sua o meno realizzazione della "visione dell'essenza" o "comprensione della realtà" denominata 見性 (cin jiànxìng, giapp. kenshō).
Alcuni maestri buddhisti cinesi, nonché quelli appartenenti alla scuola buddhista giapponese Tendai avevano affermato l'universalità della natura di Buddha: quindi anche gli alberi o i cani la possedevano. Rispondere "no" a questa domanda avrebbe significato negare la loro saggezza, mentre dire "sì" sarebbe sembrato seguire acriticamente e pedissequamente i loro insegnamenti. La risposta di Zhàozhōu è stata quindi interpretata come né negare né affermare, né non negare, né non affermare. In altre parole, le risposte 'sì' e 'no' risultano al contempo sia giuste che sbagliate.

Curiosità: Mu e l'informatica
Nel suo romanzo del 1974 Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, Robert M. Pirsig tradusse mu come "niente", affermando che significava "non fare la domanda". Portò l'esempio del circuito di un computer che, utilizzando il sistema numerico binario, utilizza in realtà mu per rappresentare lo stato di alta impedenza:
«Per esempio, si dice continuamente che i circuiti di un computer mostrano solo due stati, un voltaggio per "one" ed un voltaggio per "zero". Questo è stupido!
Qualunque tecnico di elettronica dei computer sa che le cose stanno diversamente. Provate a trovare un voltaggio che rappresenti uno o zero quando manca la corrente! I circuiti sono in uno stato mu.»
Secondo il Jargon File, una raccolta di gergo e cultura degli hacker, mu è considerato dai Discordiani la risposta corretta alla classica fallacia logica della domanda capziosa: "Non hai ancora smesso di picchiare tua moglie?". Supponendo che non abbiate moglie o che non abbiate mai picchiato vostra moglie, la risposta "sì" è sbagliata perché implica eravate soliti picchiare vostra moglie e poi avete smesso, ma "no" è ancora peggio, perché suggerisce che avete una moglie e la state ancora picchiando. Di conseguenza, vari Discordiani proponevano mu come la risposta corretta, che secondo quanto da loro asserito avrebbe significato: "La vostra domanda non può avere risposta perché dipende da assunzioni errate".
La parola mu compare con grande evidenza nel libro del 1979 di Douglas Hofstadter, Gödel, Escher, Bach: Un'Eterna Ghirlanda Brillante, dove è usata in modo fantasioso nel contesto di discussioni di logica simbolica, in particolare nei teoremi di incompletezza di Gödel.


mercoledì 22 luglio 2015

Kōan

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«Se intraprendete lo studio di un kōan e vi ci dedicate senza interrompervi, scompariranno i vostri pensieri e svaniranno i bisogni dell'io. Un abisso privo di fondo vi si aprirà davanti e nessun appiglio sarà a portata della vostra mano e su nessun appoggio si potrà posare il vostro piede. La morte vi è di fronte mentre il vostro cuore è incendiato. Allora, improvvisamente sarete una sola cosa con il kōan e il corpo-mente si separerà. ... Ciò è vedere la propria natura.»
(Hakuin, Orategama 遠羅天釜)
Kōan è la pronuncia giapponese dei caratteri cinesi 公案 (pinyin gōng'àn, Wade-Giles kung-an; in coreano 공안 gong-an o kong'an, in vietnamita công án). Il Kōan è un termine proprio del Buddhismo Zen e, nei suoi corrispettivi linguistici, della scuola cinese da cui è derivato, il Buddhismo Chán, e delle rispettive scuole coreane (dette Seon o Sŏn soprattutto nella scuola Jogye jong) e vietnamite (dette Thiền) anch'esse derivate dal Buddhismo Chán. Questo termine indica lo strumento di una pratica meditativa, denominata 看話禪 (cin. kànhuà chán, giapp. kanna zen) propria di queste scuole, consistente in una affermazione paradossale o in un racconto usato per aiutare la meditazione e quindi "risvegliare" una profonda consapevolezza. Di solito narra l'incontro tra un maestro e il suo discepolo nel quale viene rivelata la natura ultima della realtà.

Origine del termine e storia della pratica del kōan nel Buddhismo cinese
Il significato originario del termine in lingua cinese è "avviso pubblico" o "ordinanza di legge" emesso da un ufficio del Governo imperiale cinese. In senso generale acquisisce il significato di esempio che vuole essere di guida per la vita.
L'utilizzo della pratica del kōan appare in modo sporadico nel IX secolo in Cina. Il primo ad utilizzare detta pratica sembrerebbe essere stato Huìyóng (慧顒, 860-930), maestro buddhista di scuola Chán di terza generazione nel lignaggio di Línjì (臨濟, ?-867). Con il diffondersi di questa pratica, nei monasteri chán si iniziarono a raccogliere i kōan all'interno di opere sistematiche, il cui primo esempio sembrerebbe essere stato il Boze Songgu di Xuědòu Chóngxiǎn (雪竇重顯, 980-1052), raccolta che un secolo dopo fu ampliata e sistemata da Yuánwù Kèqín ( 圓悟克勤, 1063-1135) acquisendo quindi il titolo di Bìyán lù (碧巖錄, Raccolta della Roccia blu).
Altro importante sostenitore della meditazione sui kōan e vero e proprio fondatore del kànhuà chán fu il discepolo di Yuánwù Kèqín, Dàhuì Zōnggǎo (大慧宗杲, giapp. Daie Shūkō, 1089-1163) il quale, tuttavia, preoccupato dell'involuzione intellettualistica di questa pratica giunse a distruggere tutte le copie del Bìyán lù.

Modalità del kōan
La pratica del kōan consiste in un tema affidato dal maestro zen al discepolo cui chiede la soluzione. Uno dei più conosciuti kōan è quello del maestro Zhàozhōu Cóngshěn (趙州從諗, giapp. Jōshū Jūshin, 778-897):
«Una volta un monaco chiese al maestro Zhàozhōu: 'Un cane possiede la natura di Buddha?'.
Zhàozhōu rispose: ' Wú! (No!)'»
(1° gōng'àn del Wúmén guān (無門關))
La risposta wú (giapp. mu), che non rappresenta comunque la negazione della natura del Buddha nel cane, è l'elemento principale del kōan, ed è l'oggetto di meditazione, denominato 話頭 (cin. huàtóu, giapp. watō), che impegnerà il discepolo zen in ogni sua attività quotidiana. Durante un colloquio con il maestro, solitamente quotidiano e denominato 獨參 (cin. dúsān, giapp. dokusan), l'allievo zen offre la sua risposta al kōan (nel caso dell'esempio cosa significasse la risposta wú pronunciata dal maestro Zhàozhōu) che testimonierà la sua o meno realizzazione della "visione dell'essenza" o "comprensione della realtà" denominata 見性 (cin jiànxìng, giapp. kenshō).
Oggi le uniche scuole buddhiste che utilizzano questa tecnica meditativa sono le scuole giapponesi Zen Rinzai e Sambō Kyōdan, quella coreana Sŏn (nella quale viene spesso praticato un singolo kōan per tutta la vita) e quella vietnamita Thiên.

Raccolte di kōan
Esistono tre importanti raccolte di kōan tutte di origine cinese:
  • il Wúmén guān (無門關, giapp. Mumon kan, Il passo di frontiera di Wúmén, raccolta di quarantotto gōng'àn, T.D. 2005.48.292c-299c) composto in 1 fascicolo dal monaco cinese Wúmén Huìkāi (無門慧開, 1183-1260) nel 1228;
  • il Bìyán lù (碧巖錄, giapp. Hekigan roku, Raccolta della Roccia blu, una raccolta di cento gōng'àn, T.D. 2003.48.139a-292a) sistemato nel 1125 da Yuánwù Kèqín ( 圓悟克勤, 1063-1135);
  • il Cóngróng lù (從容録, giapp. Shōyōroku, conosciuto come il Libro della serenità) opera del monaco Hóngzhì Zhèngjué (宏智正覺, 1091-1157).
Il kōan nella scuola buddhista giapponese Zen
Nel Buddhismo Zen l'uso dei kōan è tenuto in massima considerazione presso la scuola dello Zen Rinzai, rifacendosi in particolar modo, per questo ambito, agli insegnamenti del maestro Hakuin Ekaku (白隠慧鶴, 1686-1769).
L'uso del kōan fu proprio anche della scuola Zen Sōtō e, ad esempio, il maestro di questa scuola Keizan Jōkin (瑩山紹瑾, 1268-1325) e i suoi successori, ne fecero ampio uso. Peraltro il suo utilizzo non fu né promosso né sconsigliato dal fondatore della scuola Sōtō, Dōgen (道元, 1200-1253). Fu solo a partire dal XVIII secolo che tale scuola abbandonò questo metodo ponendo l'accento sulla meditazione in posizione seduta (zazen) nella modalità detta shikantaza (只管打坐).

Le cinque classificazioni dei kōan nello Zen Rinzai
A partire da Hakuin la scuola giapponese Zen Rinzai promosse una classificazione progressiva di studio dei kōan suddivisa in cinque livelli:
  1. Hossin-kōan (法身, o kōan del dharma-kaya), atti a realizzare l'unità di tutto il reale;
  2. Kikan-kōan (機關, o kōan a proposito), atti a realizzare le differenziazioni nell'unicità;
  3. Gonsen-kōan (言詮, o kōan di chiarimento), atti a realizzare la comprensione profonda delle parole dell'insegnamento per superarle;
  4. Nantō-kōan (難透 o kōan difficile soluzione), atti ad integrare una intuizione profonda all'interno di ogni singola attività quotidiana;
  5. Go-i kōan (五位, kōan dei cinque livelli) fondati sui cinque livelli di illuminazione proposti dal monaco cinese Dòngshān Liángjiè (洞山良价, giapp. Tōzan Ryōkai, 807-869).


martedì 21 luglio 2015

I monaci guerrieri del Sol Levante





Il termine Sōhei (monaco-guerriero) era attribuito ai membri delle congregazioni armate di dottrina buddista del Giappone medievale, esistiti tra la metà del periodo Heian e l'avvento di Oda Nobunaga.
Assimilabili agli ordini militari monastici occidentali, i monaci guerrieri seguivano un codice di condotta che imponeva, per un periodo di servizio di dodici anni, la pratica delle armi e l'utilizzo di un copricapo bianco.
Seguaci del "Sutra mahayana del Grande passaggio al di là della sofferenza", che prevedeva l'utilizzo di armi e della violenza, quest'ordine ha influenzato per secoli la sfera politica e spirituale del Giappone.
Il primo esercito ufficiale di Sōhei venne istituito nel monastero buddhista Tendai Enryaku-ji, a seguito delle controversia con i membri appartenenti al tempio di Yasaka di Kyoto.
Negli anni gli sconti tra templi diventarono sanguinosi e cruenti, scatenati principalmente da eventi legati alle nomine degli abati.
Abili guerrieri, i Sōhei possedevano un ampio armamentario composto da spada, arco, pugnale e naginata, una lunga lama ricurva a un solo filo montata su un'asta di lunghezza variabile. Famoso utilizzatore di quest'arma inastata era il monaco-guerriero Saitō Musashibō Benkei.
benkei

Famoso per la sua "morte in piedi", Benkei all'età di 17 anni lasciò il monastero e divenne uno yamabushi (colui che si nasconde tra le montagne). I Yamabushi erano monaci asceti che vivevano tra le montagne e seguivano dottrina Shugendō, una combinazione di elementi buddhisti e shintoisti. A loro volta monaci-guerrieri, si differenziavano dai Sōhei per la totale o parziale mancanza di una struttura organizzativa ampia. Dediti alle arti ascetiche, si sottoponevano a severi allenamenti fisici e spirituali. La meditazione e la pratica delle arti marziali, in particolare il ninjutsu, come miglioramento personale, contribuì alla loro fama di guerrieri leggendari. Come i Sōhei, erano abili utilizzatori della naginata.
A causa dello peso politico e militari, i sōhei e gli yamabushi, vennero sterminati da Oda Nobunaga, poiché di intralcio al suo progetto di unificazione del Giappone.



lunedì 20 luglio 2015

Turcopolo

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I Turcopoli (dal greco Τουρκόπουλο: figlio di turchi) erano arcieri a cavallo appartenenti all'ordine dei Cavalieri templari e partecipanti al Capitolo dei Nove durante il periodo delle Crociate.
Erano in genere indigeni palestinesi (turchi e arabi), spesso mercenari, che avevano abiurato la religione islamica. Furono impiegati per la prima volta dai Templari e costituivano reparti di cavalleria leggera, con compiti di appoggio per la cavalleria pesante. Erano guidati da un comandante detto Turcopoliere o capitano generale della cavalleria.


domenica 19 luglio 2015

Leggende sui Templari

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L'alone di segretezza che circondava il potente ordine medioevale dei Cavalieri templari, e la rapidità con cui tale ordine scomparve nel giro di pochi anni hanno prodotto numerose leggende sui Templari. Queste sono di molti tipi: dalle connessioni dell'ordine con il Santo Graal alle presunte associazioni con la Massoneria. Le speculazioni sul conto dei Templari hanno di recente subìto un grande incremento di popolarità, dovuto in parte al successo di libri che mescolano dati storici con interpretazioni di fantasia come il romanzo bestseller Il codice da Vinci.
In realtà i Cavalieri templari in seguito alla loro drammatica scomparsa cessarono presto di fare notizia: già alla fine del XIV secolo ci si era dimenticati di loro e della loro triste fine. Solo molti secoli dopo, durante l'Illuminismo, il tema dei templari tornò in auge e la fama degli antichi cavalieri fu sommersa da leggende riguardanti segreti e misteri che si vogliono tramandati da prescelti fin dai tempi antichi.

Sedi leggendarie
Sono molte le leggende che circondano la localizzazione della prima sede dei Templari sul Monte del Tempio, che era stato loro assegnato da re Baldovino II di Gerusalemme. I Templari vi operarono per circa 75 anni.
Il Monte del Tempio è sacro ad ebrei, cristiani e musulmani, e si crede si tratti del posto dove giacevano le rovine del Tempio di Salomone, oltre ad essere l'antico luogo di custodia dell'Arca dell'Alleanza. Libri pseudo storici come Il santo Graal (The Holy Blood and the Holy Grail, 1982) sostengono che i Templari avessero scoperto dei documenti nascosti tra le rovine del tempio, i quali "proverebbero" che Gesù fosse sopravvissuto alla crocifissione o che si fosse sposato con Maria Maddalena e ne avesse avuto dei figli. La supposizione che i Templari avessero trovato "qualcosa" sotto il monte del Tempio costituisce la base per molte delle speculazioni nate in seguito alla dissoluzione dell'ordine. Non esiste comunque alcuna prova concreta a supporto di questa teoria. È comunque documentato che i Templari avessero portato un frammento della Vera Croce in alcune battaglie, ma con ogni probabilità si trattava di un pezzo di legno la cui scoperta nel IV secolo è attribuita dalla tradizione a Elena, madre dell'imperatore Costantino.

Reliquie
Altre leggende di moderna invenzione sostengono che il Santo Graal, o Sangreal, fu trovato dai Templari e portato in Scozia durante la soppressione dell'ordine nel 1307, e che si troverebbe ancora lì, sepolto nella Cappella di Rosslyn. Altre recenti "scoperte" sostengono invece che il Santo Graal fu portato nella Spagna settentrionale, sotto la protezione dei Cavalieri templari.
Altre fonti sostengono invece che i Templari avessero scoperto i segreti dei Massoni che avevano costruito il primo ed il secondo tempio sul Monte del Tempio, oltre ad aver scoperto che l'Arca dell'Alleanza era stata portata in Etiopia prima della distruzione del Primo Tempio. Si fa allusione a tutto ciò nelle incisioni nella Cattedrale di Chartres, si noti che l'edificio porta le influenze di Bernardo di Chiaravalle, patrono dell'ordine. Sono state suggerite ulteriori connessioni sia sulla ricerca dell'Arca che sulla scoperta dei segreti dei massoni per l'esistenza della chiesa monolitica di San Giorgio (Bet Giorgis) a Lalibela in Etiopia; la chiesa effettivamente esiste, ma non risulta costruita dai Templari. Effettivamente, la chiesa etiope "Betam Jeorghis" è stata fatta costruire dall'imperatore Fasilladas, che visse e regnò in Etiopia attorno al 1600.
Alcuni ricercatori come Hugh J. Schonfield e altri marginali argomentano che i Cavalieri templari avrebbero potuto trovare il tesoro a cui farebbe riferimento l'enigmatico rotolo di rame degli Esseni di Qumran nei cunicoli nei pressi del Monte del Tempio. Essi suggeriscono che ciò potrebbe spiegare una delle imputazioni di eresia che sarebbero state poi usate contro i Cavalieri dagli inquisitori medioevali.

Morti misteriose dei nemici dell'ordine
La rapida successione sul trono di Francia tra il 1314 e il 1328 degli ultimi quattro sovrani della dinastia dei Capetingi, ha portato molti a credere che la dinastia fosse maledetta, da cui il nome di "re maledetti" (rois maudits). Al trono di Francia infatti si susseguirono rapidamente i figli di Filippo IV: il regno di Luigi X durò solamente due anni, poiché morì ancora molto giovane, lasciando la moglie incinta di colui che sarebbe diventato il re successivo, Giovanni I, ma il bambino visse solamente cinque giorni prima di morire, probabilmente avvelenato. Il trono passò allora ad un altro dei figli di Filippo IV, Filippo V, che fu incoronato all'età di 23 anni, ma morì solamente sei anni dopo. Dato che non aveva figli, il trono passò al fratello, Carlo IV, ma morì anche lui dopo sei anni senza alcun erede maschio, estinguendo così la dinastia capetingia in linea diretta, a cui perciò successe il ramo cadetto in linea maschile dei Valois, escludendo dalla successione i rami originati dalla linea femminile, quali quelli dei sovrani di Navarra e quelli d'Inghilterra.
La leggenda vuole che Jacques de Molay, ultimo gran maestro dell'Ordine, mentre giaceva sulla pira, avesse maledetto il re Filippo e addirittura papa Clemente V, affermando che presto sarebbero comparsi davanti al giudizio di Dio. Papa Clemente in effetti morì un mese dopo di dissenteria e Filippo il Bello fu stroncato nel dicembre successivo dalle conseguenze di una caduta da cavallo, un incidente di caccia.
I commentatori dell'epoca, compiaciuti da un simile sviluppo della vicenda, riportavano spesso questa storia nelle loro cronache. Poiché, inoltre, sempre al momento della morte sul rogo, Jacques de Molay avrebbe dannato la casa di Francia "fino alla tredicesima generazione", in tempi più recenti si è diffusa la leggenda secondo cui l'esecuzione di Luigi XVI durante la Rivoluzione francese - che pose fine in qualche modo alla monarchia assoluta in Francia - sarebbe stata il coronamento della vendetta dei templari (alcuni storici sensazionalisti dell'epoca riportarono la notizia che il boia Charles-Henri Sanson, prima di calare la ghigliottina sulla testa del sovrano, gli avrebbe mormorato: «Io sono un Templare, e sono qui per portare a compimento la vendetta di Jacques de Molay»).

Venerdì tredici
Molte storie moderne sostengono che la credenza secondo cui il giorno venerdì 13 porti sfortuna si sia originata venerdì 13 ottobre 1307, quando Filippo IV di Francia diede l'ordine di arrestare tutti i templari. Tuttavia, sebbene il numero tredici sia storicamente considerato un numero sfortunato (convenzionalmente i commensali dell'ultima cena sono 13), sembra che la sua associazione con il giorno venerdì risalga ai primi anni del XX secolo.

Rivendicazioni moderne di presunte discendenze o continuità
A partire dal XVIII secolo e XIX secolo sono sorti numerosi gruppi che si vogliono rifare alla tradizione degli antichi Cavalieri templari, talora rivendicando una qualche forma di derivazione diretta. Si tratta di moderne associazioni laiche, che si richiamano in genere ai valori caritativi e cristiani.
Secondo molti gruppi neotemplari l'ordine sarebbe sopravvissuto nascostamente anche dopo la morte dell'ultimo maestro, Jacques de Molay, che prima di subire la condanna al rogo avrebbe affidato la propria carica al cavaliere Jean-Marc Larménius (o de l'Armenie). Quest'ultimo avrebbe redatto un documento (la cosiddetta Charta di Larménius o Charta transmissionis), che successivamente sarebbe stata via via firmata dai maestri segreti succeduti nel tempo. Il documento proverebbe la sopravvivenza dei Templari dopo il 1314, ma la maggioranza degli storici nutre forti dubbi sulla sua autenticità, o lo definisce apertamente un falso.
Tutt'oggi non esiste alcuna prova storicamente accertata della sopravvivenza dell'Ordine templare originale dopo il 1314, né del resto appare possibile tracciare, dopo quasi sette secoli dall'abolizione dell'ordine religioso da parte del papa, una qualche forma di discendenza storicamente valida, se non un legame puramente ideale. La Santa sede stessa ha chiarito più volte che non riconosce suddetti gruppi.
Anche alcuni riti della Massoneria hanno incardinato nel corso del tempo il nome dei Templari, ma non è mai stato provato alcun reale collegamento storico con l'antico ordine religioso.

Cavalieri Templari in Scozia
Durante il periodo che va dal XIII al XIV secolo, l'Inghilterra, sotto il regno di Edoardo I, fu in guerra con la Scozia. Nel 1314, Edoardo II, affrontò gli scozzesi nella battaglia di Bannockburn. Secondo la leggenda, gli scozzesi vinsero grazie all'intervento dei Cavalieri templari a fianco del loro re Robert Bruce. In realtà, in nessuno dei resoconti contemporanei o pressappoco tali della battaglia di Bannockburn si trova menzione dei Templari, e d'altronde il re come scomunicato aveva ottime ragioni per non immischiarsi con i Templari, dal momento che voleva tenersi buoni il Papa e il re di Francia. È appena il caso di ricordare che i cavalieri Templari avevano combattuto al fianco di Edoardo I nella battaglia di Falkirk nel 1297. Dal punto di vista militare il re di Scozia si comportò molto bene con o senza i Templari nei periodi dal 1307 al 1314 e dal 1314 al 1328, quindi tutta la storia può essere considerata come un contentino per l'orgoglio inglese - il 'vero' motivo della loro sconfitta non era imputabile all'aver combattuto contro gli scozzesi bensì per aver dovuto affrontare una élite di cavalieri. Questa leggenda è alla base dell'istituzione del Royal Order of Scotland concesso per invito nella Massoneria.

Presunta scoperta del Nuovo Mondo
Sebbene l'ordine templare fosse stato sciolto nei primi anni del XIV secolo, alcuni credono che i Templari, che erano in possesso di una flotta consistente, possano aver attraversato l'oceano per raggiungere il Nuovo Mondo, seguendo vecchie rotte vichinghe. In Portogallo, i templari non furono sciolti, ma cambiarono il loro nome in Cavalieri di Cristo. Nel 1492, questo gruppo avrebbe fornito uomini per la spedizione di Cristoforo Colombo, e la croce dell'ordine sarebbe comparsa sulle vele delle sue navi.

Leggendarie connessioni con altre organizzazioni
Ulteriori speculazioni riguardano i presunti legami dei templari con altri ordini e organizzazioni (reali o, in alcuni casi, leggendarie). Quest'ambito è particolarmente controverso poiché alcune fratellanze segrete, come la massoneria, cominciarono ad adottare simboli derivati dalle usanze e tradizioni templari a partire dal XVIII secolo. Un altro ordine moderno che rivendica discendenze dall'ordine templare è il Sovrano Ordine Militare del Tempio di Gerusalemme.
Gli storici revisionisti e i sostenitori delle teorie del complotto sostengono che i templari fossero in possesso di conoscenze segrete, collegandoli così ad una miriade di altri soggetti: i Rosacroce, i catari, il priorato di Sion, Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, gli ermetici, gli ebioniti, Rex Deus, reliquie perdute o i vangeli di Giacomo il Giusto, Maria Maddalena o Gesù, Re Salomone, Mosè, e infine Hiram Abif e le religioni misteriche dell'antico Egitto.

Origine del Jolly Roger
Una leggenda massonica narra di tre cavalieri templari partiti alla ricerca del luogo dell'esecuzione di Jacques de Molay. Una volta trovato il luogo esatto, rinvennero solamente il teschio ed i femori. Si dice che queste ossa fornirono ispirazione per la creazione del primo Jolly Roger, così che non si perdesse memoria dell'avvenimento.


Presunti luoghi associati ai Templari
Esistono molti luoghi comunemente associati ai templari con vari gradi di attendibilità.
Una congettura citata molto spesso ha a che fare con un dipinto sulla volta di un edificio Templare a Templecombe in Inghilterra. Secondo alcuni questo dipinto, oggi visibile nella St Mary's Church del villaggio, commissionato dai Templari mostra una immagine di Cristo e della testa mozzata di Giovanni il Battista.
Segue un elenco di luoghi che sono stati associati ai templari da leggende o da opere di finzione, ma i cui legami con l'ordine non sono sostenuti da prove concrete.
  • Pozzo delle Anime a Gerusalemme
  • Isola di Oak, Nova Scotia (ipotetico avamposto nel Nuovo Mondo)
  • Chiesa a Laon, in Francia
  • Chiesa circolare di Lanleff in Bretagna, Francia
  • Il castello di Barberà in Spagna
  • Il castello di Ponferrada, un villaggio in León, Spagna
  • Cappella Chwarszczany in Polonia
  • Bannockburn, luogo della battaglia di Bannockburn in Scozia
  • Cappella di Rosslyn e la Chiesa di Orphir in Scozia
  • Hertford, Inghilterra
  • Holy Sepulchre a Cambridge, Inghilterra
  • St Sepulchre's a Northampton, Inghilterra
  • La cappella saint-Georges d'Ydes in Francia
  • Chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini, a Firenze, in Italia
  • Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, Longara (Vicenza) Italia
  • Castello di Almourol, Portogallo
  • Temple Bruer, nel Lincolnshire
  • Trinity Church, Wall Street, a New York



sabato 18 luglio 2015

Charta di Larménius

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La Charta di Larménius (o Carta di Larmenio) è un documento, giudicato un falso dalla maggior parte degli storici, con il quale l'ultimo Maestro dell'Ordine dei Templari, Jacques de Molay, prima di subire la condanna al rogo nel 1314, avrebbe affidato la propria carica ad un cavaliere chiamato Jean-Marc Larménius (o de l'Armenie, in latino Johannes Marcus Larmenius).
Il documento, in latino, si vuole sia stato redatto nel 1324 da questo cavaliere. Successivamente sarebbe stata via via firmata dai Maestri segreti succeduti nel tempo fino al 1705, quando vi fu il primo tentativo laico di "rifondazione" dell'ordine Ordine da parte del nipote di Luigi XIV di Francia, Filippo, duca d'Orléans e più tardi reggente del regno di Francia. Successivamente, dopo la rivoluzione francese, nel 1804 Bernard-Raymond Fabré-Palaprat (1773-1838) dichiarò di avere scoperto i documenti che avrebbero dovuto provare la successione ininterrotta dei gran maestri templari, anche dopo la condanna al rogo di de Molay. Sulla base di queste asserzioni Pelaprat fondò nello stesso anno l'Antico e Sovrano Ordine Militare del Tempio di Gerusalemme, un'istituzione neo-cavalleresca e non massonica, nominandosi gran maestro.
La Charta inizia e termina con le seguenti parole: "Ego frater Johannes Marcus Larmenius, hierosolymitanus, Dei gratia et secretissimo venerandi santissimisque martyris supremi Templi militiae magistri (cui honos et gloria) decreto, communi fratrum concilio confirmato, super universum Templi ordinem, summo et supremo magistério insignitus, singulis has decretales litteras visuris, Salutem! Salutem! Salutem! .........Fiat sicut dixi. Fiat! Amen! Ego Johannes-Marcus Larmenius, dedi die decima tertia februari 1324."
La Charta è alla base della pretesa di molte associazioni neotemplari di discendere direttamente dall'autentico e antico Ordine dei Templari, soppresso nel 1314 da papa Clemente V con provvedimento perenne, pena la scomunica.