«Se intraprendete lo studio
di un kōan e vi ci dedicate senza interrompervi, scompariranno i
vostri pensieri e svaniranno i bisogni dell'io. Un abisso privo di
fondo vi si aprirà davanti e nessun appiglio sarà a portata
della vostra mano e su nessun appoggio si potrà posare il vostro
piede. La morte vi è di fronte mentre il vostro cuore è
incendiato. Allora, improvvisamente sarete una sola cosa con il
kōan e il corpo-mente si separerà. ... Ciò è vedere la propria
natura.»
|
(Hakuin, Orategama 遠羅天釜) |
Kōan
è la pronuncia giapponese dei
caratteri cinesi 公案 (pinyin
gōng'àn, Wade-Giles kung-an; in coreano 공안
gong-an o kong'an, in vietnamita công án). Il Kōan è un
termine proprio del Buddhismo Zen e, nei suoi corrispettivi
linguistici, della scuola cinese da cui è derivato, il Buddhismo
Chán, e delle rispettive scuole coreane (dette Seon o Sŏn
soprattutto nella scuola Jogye jong) e vietnamite (dette Thiền)
anch'esse derivate dal Buddhismo Chán. Questo termine indica lo
strumento di una pratica meditativa, denominata 看話禪
(cin. kànhuà chán, giapp. kanna zen) propria di queste
scuole, consistente in una affermazione paradossale o in un racconto
usato per aiutare la meditazione e quindi "risvegliare" una
profonda consapevolezza. Di solito narra l'incontro tra un maestro e
il suo discepolo nel quale viene rivelata la natura ultima della
realtà.
Il significato originario del termine
in lingua cinese è "avviso pubblico" o "ordinanza di
legge" emesso da un ufficio del Governo imperiale cinese. In
senso generale acquisisce il significato di esempio che vuole essere
di guida per la vita.
L'utilizzo della pratica del kōan
appare in modo sporadico nel IX secolo in Cina. Il primo ad
utilizzare detta pratica sembrerebbe essere stato Huìyóng (慧顒,
860-930), maestro buddhista di scuola Chán di terza generazione nel
lignaggio di Línjì (臨濟,
?-867). Con il diffondersi di questa pratica, nei monasteri chán si
iniziarono a raccogliere i kōan all'interno di opere sistematiche,
il cui primo esempio sembrerebbe essere stato il Boze Songgu di
Xuědòu Chóngxiǎn (雪竇重顯,
980-1052), raccolta che un secolo dopo fu ampliata e sistemata da
Yuánwù Kèqín ( 圓悟克勤,
1063-1135) acquisendo quindi il titolo di Bìyán lù (碧巖錄,
Raccolta della Roccia blu).
Altro importante sostenitore della meditazione sui kōan e vero e proprio fondatore del kànhuà chán fu il discepolo di Yuánwù Kèqín, Dàhuì Zōnggǎo (大慧宗杲, giapp. Daie Shūkō, 1089-1163) il quale, tuttavia, preoccupato dell'involuzione intellettualistica di questa pratica giunse a distruggere tutte le copie del Bìyán lù.
Altro importante sostenitore della meditazione sui kōan e vero e proprio fondatore del kànhuà chán fu il discepolo di Yuánwù Kèqín, Dàhuì Zōnggǎo (大慧宗杲, giapp. Daie Shūkō, 1089-1163) il quale, tuttavia, preoccupato dell'involuzione intellettualistica di questa pratica giunse a distruggere tutte le copie del Bìyán lù.
La pratica del kōan consiste in un
tema affidato dal maestro zen al discepolo cui chiede la soluzione.
Uno dei più conosciuti kōan è quello del maestro Zhàozhōu
Cóngshěn (趙州從諗, giapp.
Jōshū Jūshin, 778-897):
«Una volta un monaco chiese al maestro Zhàozhōu: 'Un cane
possiede la natura di Buddha?'. Zhàozhōu rispose: ' Wú! (No!)'» |
(1° gōng'àn del Wúmén guān (無門關)) |
La risposta wú (無
giapp. mu), che non rappresenta comunque la negazione della
natura del Buddha nel cane, è l'elemento principale del kōan, ed è
l'oggetto di meditazione, denominato 話頭
(cin. huàtóu, giapp. watō), che impegnerà il discepolo zen
in ogni sua attività quotidiana. Durante un colloquio con il
maestro, solitamente quotidiano e denominato 獨參
(cin. dúsān, giapp. dokusan), l'allievo zen offre la sua
risposta al kōan (nel caso dell'esempio cosa significasse la
risposta wú pronunciata dal maestro Zhàozhōu) che testimonierà la
sua o meno realizzazione della "visione dell'essenza" o
"comprensione della realtà" denominata 見性
(cin jiànxìng, giapp. kenshō).
Oggi le uniche scuole buddhiste che
utilizzano questa tecnica meditativa sono le scuole giapponesi Zen
Rinzai e Sambō Kyōdan, quella coreana Sŏn (nella quale viene
spesso praticato un singolo kōan per tutta la vita) e quella
vietnamita Thiên.
Esistono tre importanti raccolte di
kōan tutte di origine cinese:
- il Wúmén guān (無門關, giapp. Mumon kan, Il passo di frontiera di Wúmén, raccolta di quarantotto gōng'àn, T.D. 2005.48.292c-299c) composto in 1 fascicolo dal monaco cinese Wúmén Huìkāi (無門慧開, 1183-1260) nel 1228;
- il Bìyán lù (碧巖錄, giapp. Hekigan roku, Raccolta della Roccia blu, una raccolta di cento gōng'àn, T.D. 2003.48.139a-292a) sistemato nel 1125 da Yuánwù Kèqín ( 圓悟克勤, 1063-1135);
- il Cóngróng lù (從容録, giapp. Shōyōroku, conosciuto come il Libro della serenità) opera del monaco Hóngzhì Zhèngjué (宏智正覺, 1091-1157).
Nel Buddhismo Zen l'uso dei kōan è
tenuto in massima considerazione presso la scuola dello Zen Rinzai,
rifacendosi in particolar modo, per questo ambito, agli insegnamenti
del maestro Hakuin Ekaku (白隠慧鶴,
1686-1769).
L'uso del kōan fu proprio anche della
scuola Zen Sōtō e, ad esempio, il maestro di questa scuola Keizan
Jōkin (瑩山紹瑾, 1268-1325)
e i suoi successori, ne fecero ampio uso. Peraltro il suo utilizzo
non fu né promosso né sconsigliato dal fondatore della scuola Sōtō,
Dōgen (道元, 1200-1253). Fu
solo a partire dal XVIII secolo che tale scuola abbandonò questo
metodo ponendo l'accento sulla meditazione in posizione seduta
(zazen) nella modalità detta shikantaza (只管打坐).
A partire da Hakuin la scuola
giapponese Zen Rinzai promosse una classificazione progressiva di
studio dei kōan suddivisa in cinque livelli:
- Hossin-kōan (法身, o kōan del dharma-kaya), atti a realizzare l'unità di tutto il reale;
- Kikan-kōan (機關, o kōan a proposito), atti a realizzare le differenziazioni nell'unicità;
- Gonsen-kōan (言詮, o kōan di chiarimento), atti a realizzare la comprensione profonda delle parole dell'insegnamento per superarle;
- Nantō-kōan (難透 o kōan difficile soluzione), atti ad integrare una intuizione profonda all'interno di ogni singola attività quotidiana;
- Go-i kōan (五位, kōan dei cinque livelli) fondati sui cinque livelli di illuminazione proposti dal monaco cinese Dòngshān Liángjiè (洞山良价, giapp. Tōzan Ryōkai, 807-869).
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