domenica 8 marzo 2015

Hagakure



Hagakure è una delle opere letterarie più significative tramandateci dal Giappone, pubblicata nel 1906 ma composta due secoli prima. Il titolo Hagakure significa letteralmente "nascosto dalle foglie" (oppure "all'ombra delle foglie"; il titolo completo era Hagakure kikigaki, "annotazioni su cose udite all'ombra delle foglie") e l'opera trasmette l'antica saggezza dei samurai sotto forma di brevi aforismi dai quali emerge lo spirito del Bushidō (la Via del guerriero) con la differenza di rivolgersi al Samurai solitario (rōnin) che può venire a trovarsi, per una serie di vicissitudini che non dipendono dalla sua volontà, senza un Signore da servire.
L'autore Yamamoto Tsunetomo fu al servizio del daimyo Nabeshima Mitsushige (1632-1700) del feudo di Saga in un'epoca di pace e di inizio della decadenza dei samurai. Quando il daimyo morì, Yamamoto divenne monaco buddhista della setta "Soto Zen" e si ritirò in monastero dove compose, in circa sette anni, aiutato dall'allievo Tashiro Tsuramoto, lo Hagakure, l'opera sullo spirito e il codice di condotta del samurai.
Tsunemoto espresse il fermo desiderio al discepolo che il libro non venisse pubblicato ma dato alle fiamme, tuttavia il giovane Tsuramoto decise di renderlo pubblico ai samurai di Saiga con il nome di "Nabeshima Rongo" (i dialoghi di Nabeshima). Il Libro fu adottato per secoli come codice dei Samurai e vide la stampa solo nel 1906 con il titolo "Hagakure". Dopo la pubblicazione, che da subito destò molto interesse, il testo subì la strumentalizzazione del militarismo giapponese della prima metà del XX secolo al punto che i Kamikaze portavano con sé questo testo come ultimo compagno di morte.
Il tema principale del testo è la morte, non come semplice estinzione della vita, piuttosto nel senso psicologico dell'eliminazione dell'io. Lo Hagakure fu considerato un libro fondamentale e profondamente ispirante da Yukio Mishima. Egli, nell'estate del 1967, cioè tre anni prima del suo clamoroso seppuku, scrisse un commento ai primi tre volumi dell'opera. Questo libro, edito in Italia col titolo: La via del samurai, Bompiani 1987 costituì, oltre che un interessante approfondimento sull'opera, un vero e proprio testamento spirituale di Mishima.
Hagakure è una raccolta di principi morali ma anche di consigli pratici, norme comportamentali, notizie storiche ed episodi esemplari di valore. Alcuni sono di natura assai spicciola (Come reprimere uno sbadiglio o Come licenziare un servo) e di semplice etichetta, altri invece costituiscono il nucleo del Bushidō cioè di quell'insieme di principi che costituì per secoli l'etica di tutto il popolo giapponese.
Il libro che in originale consta di 11 volumi non è mai stato tradotto integralmente in lingua italiana, a causa del fatto che molte delle sue parti si riferiscono così specificamente alla cultura giapponese da risultare ostiche alla lettura da parte di un pubblico italiano: sono perciò state operate delle scelte da parte dei curatori delle varie edizioni.

sabato 7 marzo 2015

Chūshingura

Le tombe dei quarantasette rōnin nel tempio Sengakuji

Chūshingura (忠臣蔵) è un'opera teatrale giapponese.
Il Kanadehon chūshingura, o più semplicemente Chūshingura, è forse l'opera teatrale giapponese più nota di tutti i tempi. Fu scritta da Takeda Izumo e rappresentata per la prima volta nel 1748 a Osaka al teatro Takemotoza. Essa descrive le eroiche gesta dei quarantasette rōnin: un gruppo di samurai che vendicarono la morte del loro signore Asano Naganori, costretto al seppuku (suicidio rituale) in seguito ad un duello avvenuto all'interno del palazzo dello shogun.
In realtà Asano aveva reagito alle ripetute provocazioni di un funzionario dello shogun: Kira Yoshinaka, il quale lo aveva ripetutamente offeso. In seguito alla morte di Asano, i suoi beni furono confiscati e la sua famiglia finì in rovina. I suoi samurai persero anch'essi il loro status diventando appunto rōnin.
Trascorso un lasso di tempo sufficiente a far allentare la protezione su Kira, i samurai di Asano lo assalirono e uccisero. Rifugiatisi successivamente nel tempio Sengakuji si suicidarono tutti compiendo il rituale seppuku come estrema dimostrazione di fedeltà al loro signore.
Poco dopo i fatti, avvenuti dal 1701 al 1702, l'attacco al palazzo di Kira, in Edo, avvenne infatti il 15 dicembre del 1702, cominciarono a circolare lavori teatrali che narravano la vicenda. Il teatro all'epoca era anche un mezzo di comunicazione di eventi, solitamente drammatici.
Quando andò in scena il Chushingura di Takeda, erano trascorsi quasi cinquant'anni dagli eventi e ormai i protagonisti erano divenuti eroi popolari leggendari. L'opera che fu rappresentata in origine come joruri (con marionette) fu riproposta nel 1749 come kabuki, genere teatrale che all'epoca costituiva lo spettacolo favorito delle classi medio-borghesi.
Tuttora il dramma è rappresentato e la vicenda commuove profondamente, i quarantasette eroi sono considerati i più puri interpreti del bushidō, l'insieme dei principi morali e comportamentali dei samurai, che sono divenuti col tempo patrimonio etico dell'intero popolo giapponese. Poiché la parola rōnin ha, nel linguaggio comune, una valenza spregiativa, i protagonisti della vicenda sono designati come "Quarantasette gishi (uomini retti)".





venerdì 6 marzo 2015

Wakaresaseya

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Wakaresaseya (別れさせ屋 "agenzia di separatori") è un termine con cui si indicano quelle aziende giapponesi specializzate nella separazione tra coppie sposate o fidanzate, spesso coinvolgendo uno dei due membri in un'ulteriore relazione sentimentale con un'altra persona per poter facilitare le pratiche legali. Per una certa somma, su chiamata del cliente, un impiegato dell'azienda sotto copertura inizierà a sviluppare una relazione con l'obiettivo. Sebbene ad usufruire di questo servizio siano per lo più mariti o mogli stanchi del proprio compagno, non mancano occasioni in cui i richiedenti vogliano umiliare un rivale oppure vendicarsi di qualcuno o addirittura rovinare qualche altra relazione. Nel 2005, in Giappone, erano circa quindici le compagnie specializzate, sebbene esse siano in aumento grazie alla popolarità ottenuta attraverso internet.
Chi lavora in questo settore ammette che gli uomini sono gli obiettivi più facili e fragili.
Questo genere di affari ha avuto una ribalta nel 2010 quando una compagnia wakaresaseya è stata denunciata per omicidio colposo: una delle impiegate s'era veramente innamorata di un suo obiettivo e, dopo la rivelazione, questi la volle abbandonare e lei, in preda ad un raptus, uccise l'obiettivo.


giovedì 5 marzo 2015

Shōgun

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Shogun (将軍 shōgun, lett. "comandante dell'esercito") era un titolo ereditario conferito ai dittatori militari che governarono il Giappone tra il 1192 ed il 1868. Tale incarico fu rivestito da 41 shōgun. Il titolo, che era equivalente al grado di generale ed era riservato alla carica più alta delle forze armate del paese, è un'abbreviazione del titolo conferito ai primi generali che si distinsero particolarmente nelle guerre giapponesi: sei-i taishōgun (征夷大将軍 sei-i taishōgun, lett. "grande generale dell'esercito che sottomette i barbari").
L'Imperatore del Giappone concedeva il titolo di sei-i taishōgun a quelli che erano reputati i migliori tra i comandanti delle spedizioni militari avvenute tra l'VIII ed il XII secolo. Di questi, i primi furono nominati nel periodo in cui i clan di corte avevano di fatto esautorato politicamente l'Imperatore (riconducibile a quando fu spostata la capitale da Nara a Heian, l'odierna Kyoto), ed erano dei generali 'formalmente' sottomessi al potere del sovrano:
  • Ōtomo no Otomaro (793-794)
  • Sakanoue no Tamuramaro (797-811)
  • Fun'ya no Watamaro (813)
  • Fujiwara no Tadabumi (940)
  • Minamoto no Yoshinaka (1184)
Verso la fine del XII secolo, si acuirono le lotte tra i maggiori clan che da diversi secoli influivano sulla nomina degli Imperatori. Fra tali clan, i più importanti di quel periodo erano quelli dei Taira, dei Fujiwara, dei Minamoto e degli Hojo.
Dagli intrighi di corte e dalla guerra Genpei che ne seguì, emerse vincitore Minamoto no Yoritomo, uno dei capi del clan Minamoto, che per ottenere lo scopo strinse alleanza con i capi del clan Hojo. Dalla sua fortezza, costruita nel feudo di Kamakura, organizzò un potente esercito che distrusse le armate dei Taira nella battaglia di Dan-no-ura del 1185, divenendo il dominatore della politica giapponese.
Yoritomo ristrutturò il sistema amministrativo del paese ed ottenne, nel 1192, il titolo di shōgun dall'Imperatore Go-Toba. Dato l'enorme potere che aveva accumulato, divenne il dittatore militare del paese annullando il potere politico dell'Imperatore e dei clan rivali, ed impose l'ereditarietà del titolo creando lo shogunato (幕府 bakufu) Kamamura. Il potere politico dell'Imperatore, salvo rari casi, sarebbe tornato in vigore solo nel XIX secolo, con la caduta dell'ultimo shōgun.
Gli shōgun che succedettero a Yoritomo furono tutti membri del clan Minamoto o di rami del clan stesso, anche se nel caso dello shogunato Tokugawa tale discendenza, sostenuta dal clan Tokugawa, non è comprovata da fonti storiche. La dittatura militare ereditaria inaugurata da Yoritomo, che prese il nome di shogunato Kamakura, vide alternarsi otto suoi discendenti e durò fino al 1333, quando fu rovesciata dalle truppe dei clan fedeli all'imperatore, nel tentativo di restituire dignità politica al monarca.
Dopo la caduta dello shogunato Kamakura, con il ripristino del potere imperiale che va sotto il nome di Restaurazione Kemmu, il titolo di shōgun fu assunto dal principe Morinaga (o Moriyoshi), figlio dell'Imperatore Go-Daigo. Inviso all'aristocrazia militare capeggiata dal clan Ashikaga, Morinaga fu deposto ed imprigionato con l'accusa di cospirare contro Ashikaga Takauji, ed il titolo di shōgun fu assegnato al fratellastro Narinaga. Questi, a sua volta, fu vittima delle trame degli Ashikaga, che scesero in guerra contro le truppe imperiali riportando la vittoria nel 1336. Occuparono la capitale Heian, deposero Narinaga e nominarono nuovo imperatore Komyo, figlio dell'imperatore Go-Fushimi.
Go-Daigo fu costretto a rifugiarsi con la sua corte a Yoshino, nell'odierna prefettura di Nara, dando il via al periodo delle corti del nord e del sud, detto Nanbokucho. Il conflitto tra le due corti si sarebbe risolto nel 1392, quando le armate dello shogunato avrebbero avuto la meglio su quelle della corte di Yoshino.

Nel 1336 era intanto nato lo shogunato Ashikaga, che avrebbe caratterizzato il periodo Muromachi della storia giapponese. Il nome Muromachi proviene dall'omonima strada di Heian, l'odierna Kyoto, che era capitale del Giappone, dove gli Ashikaga costruirono la loro roccaforte. Dopo aver aiutato l'imperatore Go-Daigo ad avere la meglio sul bakufu Kamakura, i membri principali del clan Ashikaga, i fratelli Takauji e Tadayoshi, furono delusi dalle scelte politiche del monarca e restaurarono lo shogunato. Il primo degli shōgun fu Ashikaga Takauji, che fu ufficialmente investito del titolo nel 1338. Gli succedettero altri 14 shōgun, l'ultimo dei quali, Ashikaga Yoshiaki, fu sconfitto nel 1573 dalle truppe ribelli al comando di Oda Nobunaga, grande generale e capo dell'emergente clan Oda.
Yoshiaki fu mandato in esilio ma Nobunaga rifiutò la carica di shōgun. La fine dello shogunato Ashikaga fu decretata da un lungo periodo di instabilità politica chiamato epoca Sengoku (戦国時代 Sengoku jidai), caratterizzato da un'interminabile serie di guerre civili che avevano diviso il paese. Con il suo successo, Nobunaga fu il primo degli artefici della riunificazione del paese, e nel periodo in cui rimase al potere ristrutturò profondamente le gerarchie dell'aristocrazia giapponese, assegnando ai suoi vassalli i feudi dei clan sconfitti.
Le guerre civili ebbero termine nel 1600 con la grande battaglia di Sekigahara, vinta dalla coalizione comandata dal generale Tokugawa Ieyasu, capo dell'influente clan Tokugawa e maggior alleato del defunto Oda Nobunaga. Ebbe ragione delle truppe fedeli agli Ashikaga ed ottenne l'unità nazionale, che comportò un lungo periodo di pace e stabilità politica per il paese, tormentato da 150 anni di guerre civili. Ieyasu venne eletto shōgun nel 1603 dall'Imperatore Go-Yozei e fondò lo shogunato Tokugawa, l'ultimo della storia giapponese. Spostò la capitale a Edo, l'odierna Tokyo, dando inizio al periodo Edo, che sarebbe durato fino al 1868, quando lo shogunato ebbe termine e fu ripristinato il potere politico dell'imperatore.
Ieyasu ebbe 14 successori, l'ultimo dei quali, Tokugawa Yoshinobu dovette rassegnare le dimissioni nel 1868, a seguito della guerra Boshin, persa contro le truppe dei clan fedeli all'Imperatore Meiji. La crisi che stava attraversando il paese da diverso tempo, si era acuita con l'intromissione nella politica interna delle potenze occidentali, in particolare degli Stati Uniti, che con la minaccia di aggressione obbligarono lo shōgun ad aprire i porti giapponesi al commercio con l'estero. Il paese uscì dall'isolamento in cui si era chiuso da lungo tempo e questo venne preso come pretesto da quei clan che erano stati messi in minoranza dopo la sconfitta di tre secoli prima a Sekigahara.
Le forze contrarie all'ingerenza straniera si coagularono dietro alla figura dell'Imperatore e diedero luogo alla guerra Boshin (1868-1869) contro il potere dello shogunato. Dopo una serie di pesanti sconfitte, Yoshinobu fu costretto a rimettere i suoi poteri nelle mani del sovrano e venne confinato agli arresti domiciliari nel 1868. Le ultime sacche di resistenza da parte delle forze fedeli allo shogunato furono eliminate con le decisive sconfitte del 1869. Ebbe così fine la secolare dittatura del bakufu, con il ritorno al potere politico del sovrano, che diede inizio alla Restaurazione Meiji, nel corso della quale venne definitivamente smantellato tutto l'apparato politico degli shōgun.





mercoledì 4 marzo 2015

Daimyō

Il daimyō Matsudaira Katamori visita la residenza di un vassallo. Manichino in un edificio di Aizuwakamatsu.

Il daimyō era la carica feudale più importante tra il XII secolo e il XIX secolo in Giappone. Dopo la Restaurazione Meiji nel 1869 i daimyō si unirono alla nobiltà (kuge 公家) per formare un unico gruppo aristocratico: il kazoku (華族). Il termine daimyō letteralmente si traduce dal giapponese: "grande nome" (大名).
Gli appartenenti a questa carica appartenevano ad uno di questi tre gruppi principali:
  • tozama daimyō (chi aveva accettato di mettersi al servizio di Tokugawa Ieyasu in seguito alla Battaglia di Sekigahara (1600)),
  • fudai daimyō (chi prima di quella battaglia era già vassallo dei Tokugawa),
  • e shinpan (chi era parente dei Tokugawa).
I tozama daimyō possedevano i feudi maggiori, come l'han di Kaga nella prefettura di Ishikawa, controllato dal clan Maeda e valutato 1.000.000 di koku. Altri famosi clan tozama includevano i Mori della provincia di Choshu, i Shimazu di Satsuma, i Date di Sendai, gli Uesugi di Yonezawa e gli Hachisuka di Awa. Inizialmente i Tokugawa li considerarono come potenzialmente ribelli, ma per la maggior parte del Periodo Edo i matrimoni tra Tokugawa e clan tozama, così come politiche di controllo come il sankin kotai, produssero relazioni pacifiche.
Alcuni fudai daimyō, come gli Ii di Hikone, possedevano grandi han, ma molti erano piccoli. Lo shogunato piazzò molti fudai in posizioni strategiche per sorvegliare le strade di commercio e di accesso a Edo. Inoltre molti fudai daimyō assunsero posizioni di potere nello Shogunato Edo, alcuni salendo fino al rango di roju.
Gli shinpan erano parenti di Ieyasu, come i Matsudaira, o discendenti di rami cadetti di Ieyasu. Diversi shinpan, inclusi i Tokugawa di Owari (Nagoya), Kii (Wakayama) e Mito, così come i Matsudaira di Fukui e Aizu, possedevano grandi han.
Durante il periodo Edo, i Tokugawa forzarono tutti i daimyō a trascorrere un anno ogni due a Edo, lasciando i membri della famiglia indietro nel loro han. Questo incrementò il controllo politico e fiscale detenuto dai daimyō di Edo. Questa politica era chiamata sankin kōtai.
Il termine daimyō viene alle volte utilizzato per riferirsi alla figura prominente di tali clan, detti anche "signori della guerra". Lo shogun, o il reggente, veniva di solito scelto, sebbene in maniera non esclusiva, tra questi signori della guerra.

martedì 3 marzo 2015

Quarantasette rōnin

I quarantasette rōnin vengono accolti fuori dal palazzo di Matsudaira-no-Kami.

I quarantasette rōnin (四十七士 Shi-jū-shichi shi, lett. "quarantasette samurai") erano un gruppo di samurai al servizio di Asano Naganori (il cui titolo era Takumi no Kami), rimasti senza padrone (e quindi divenuti rōnin), dopo che il loro daimyō venne costretto a commettere seppuku (il suicidio rituale giapponese) per aver assalito il maestro di protocollo dello Shōgun, Kira Yoshinaka (che aveva il titolo di Kōzuke no suke), il quale lo aveva insultato.
Gli uomini di Asano, dopo aver atteso per due anni, pianificando l'attacco, lo vendicarono uccidendo il cortigiano e tutti i suoi discendenti maschi. Nonostante avessero seguito i precetti del bushidō vendicando il loro padrone e la loro impresa fosse stata vista con forte approvazione dai nobili di corte, 46 dei 47 rōnin vennero a loro volta obbligati a commettere seppuku per aver sfidato l'autorità imperiale. Il più giovane di loro, Terasaka Kichiemon, invece ricevette l'ordine di rimanere in vita per continuare a fare con regolarità le offerte in favore degli spiriti degli altri condannati, poiché solamente uno dei quarantasette rōnin fu ritenuto abbastanza valoroso da essere degno di farlo.
La vicenda, che si svolse tra la prima metà di marzo del 1701 (Asano commetterà seppuku il 14) ed il 4 febbraio del 1703 (anno in cui i rōnin furono costretti dal bakufu, il governo, ad uccidersi), ha ispirato un gran numero di racconti e rappresentazioni di teatro Kabuki, la più nota delle quali è il Chushingura. Gli uomini di Asano divennero eroi popolari, incarnando lo spirito del bushidō e furono da allora oggetto di un vero e proprio culto. Poiché la parola rōnin ha, nel linguaggio comune, una valenza spregiativa, i protagonisti della vicenda sono designati come "Quarantasette gishi (uomini retti)".
Il loro leader, Oishi Kuranosuke, è rappresentato da una statua bronzea posta nel 1921 all'entrata del tempio Sengakuji di Tokyo, cioè nel luogo in cui si compì il loro destino e in cui si trovano le loro tombe.
Ogni anno sulla tomba i giapponesi arrivano da tutta la nazione per deporre fiori in ricordo del loro eroico sacrificio.
Grazie al cinema, al teatro e alla letteratura questa vicenda è diventata popolare in tutto il mondo, caratterizzando in se stessa il vero spirito del bushidō (una rilettura in chiave fantasy è interpretata dal film 47 Ronin con Keanu Reeves).









lunedì 2 marzo 2015

Bushidō

Trascrizione in kanji di «Bushido»

Il Bushido (武士道 Bushidō, letteralmente «la via [o la morale] del guerriero») è un codice di condotta e un modo di vita – simile al concetto europeo di cavalleria e a quello romano del mos maiorum – adottato dai samurai, cioè la casta guerriera in Giappone. In esso, a differenza di altri addestramenti militari nel mondo, sono raccolte, oltre le norme di disciplina militari, anche quelle morali che presero forma in Giappone durante gli shogunati di Kamakura (1185 – 1333) e Muromachi (1336 – 1573), e che furono formalmente definite ed applicate nel periodo Tokugawa (1603 – 1867).
Sebbene risalga al 660 a.C., questo codice fu citato per la prima volta nel Kōyō Gunkan (1616) e messo organicamente per iscritto, in seguito, da Tsuramoto Tashiro, che raccolse le regole del monaco-samurai Yamamoto Tsunetomo (1659 – 1719) nel noto testo Hagakure.
Ispirato alle dottrine del buddhismo e del confucianesimo adattate alla casta dei guerrieri, il Bushido esigeva il rispetto dei valori di onestà, lealtà, giustizia, pietà, dovere e onore, i quali dovevano essere perseguiti fino alla morte. Il venir meno a questi princìpi causava il disonore del guerriero, che espiava la propria colpa commettendo il seppuku, il suicidio rituale.
Successivamente alla Restaurazione Meiji (1866 – 1869), il Bushido ebbe come punto fondante il rispetto assoluto dell'autorità dell'imperatore e divenne uno dei capisaldi del nazionalismo giapponese. Uno dei princìpi del Bushido, l'assoluto disprezzo per il nemico che si arrende, fu la causa dei trattamenti brutali e denigranti a cui i giapponesi sottoposero i prigionieri nel corso della seconda guerra mondiale (al contrario del mos romano, nel quale con la resa - dopo la relativa intimazione - il nemico viene risparmiato mentre, se rifiuta di arrendersi, viene sterminato); l'inaccettabilità etica della resa e la ricerca di una morte onorevole in combattimento, spinse molti kamikaze al sacrificio.
Il Bushido si fonda su sette concetti fondamentali, ai quali il samurai deve scrupolosamente attenersi:
, Gi: Onestà e Giustizia
Sii scrupolosamente onesto nei rapporti con gli altri, credi nella giustizia che proviene non dalle altre persone ma da te stesso. Il vero Samurai non ha incertezze sulla questione dell'onestà e della giustizia. Vi è solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

, Yu: Eroico Coraggio
Elevati al di sopra delle masse che hanno paura di agire, nascondersi come una tartaruga nel guscio non è vivere. Un Samurai deve possedere un eroico coraggio, ciò è assolutamente rischioso e pericoloso, ciò significa vivere in modo completo, pieno, meraviglioso. L'eroico coraggio non è cieco ma intelligente e forte.

, Jin: Compassione
L'intenso addestramento rende il samurai svelto e forte. È diverso dagli altri, egli acquisisce un potere che deve essere utilizzato per il bene comune. Possiede compassione, coglie ogni opportunità di essere d'aiuto ai propri simili e se l'opportunità non si presenta egli fa di tutto per trovarne una. La compassione di un samurai va dimostrata soprattutto nei riguardi delle donne e dei fanciulli.

, Rei: Gentile Cortesia
I Samurai non hanno motivi per comportarsi in maniera crudele, non hanno bisogno di mostrare la propria forza. Un Samurai è gentile anche con i nemici. Senza tale dimostrazione di rispetto esteriore un uomo è poco più di un animale. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia ma anche per come interagisce con gli altri uomini. Il miglior combattimento è quello evitato.

, Makoto: Completa Sincerità
Quando un Samurai esprime l'intenzione di compiere un'azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l'intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di "dare la parola" né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

名誉, Meiyo: Onore
Vi è un solo giudice dell'onore del Samurai: lui stesso. Le decisioni che prendi e le azioni che ne conseguono sono un riflesso di ciò che sei in realtà. Non puoi nasconderti da te stesso.

忠義, Chugi: Dovere e Lealtà
Per il Samurai compiere un'azione o esprimere qualcosa equivale a diventarne proprietario. Egli ne assume la piena responsabilità, anche per ciò che ne consegue. Il Samurai è immensamente leale verso coloro di cui si prende cura. Egli resta fieramente fedele a coloro di cui è responsabile.



domenica 1 marzo 2015

Rōnin

L'assalto al palazzo di Kira Yoshinaka, stampa di Hokusai


Rōnin (浪人), letteralmente "uomo alla deriva", "persona che impara a diventare samurai" o "uomo-onda", è un termine giapponese che designava il samurai decaduto, rimasto senza padrone o per la morte di quest'ultimo o per averne perso la fiducia.
Nel X secolo il termine ronin andava a indicare i contadini che per evitare tasse troppo onerose abbandonavano le loro terre per trasferirsi in regioni non ancora sottomesse dall'autorità o dai monasteri buddhisti.
Durante il periodo Tokugawa i ronin aumentarono considerevolmente, conseguenza della soppressione di molti feudi; per il loro spirito autonomo e bellicoso contribuirono alla disfatta del governo Tokugawa, confermandosi guerrieri abili e temibili persino dal più valoroso e potente samurai.
Quando il nobile padrone a cui un samurai era legato moriva o perdeva la fiducia in quest'ultimo, il samurai perdeva il proprio onore, diventando un guerriero errante. Il Bushidō (un codice di condotta e un modo di vita) prevedeva che per espiare la propria colpa e riacquistare l'onore perso con la morte del proprio padrone si dovesse ricorrere alla pratica dell'harakiri, che significa letteralmente "tagliare il ventre", e rappresenta la parte culminante della pratica del suicidio rituale denominato Seppuku, che avviene per sventramento mediante l'uso di una spada corta chiamata Wakizashi. Il venir meno a questi princìpi causava il disonore del guerriero, che diventava quindi un ronin, e cioè un samurai errante completamente senza onore e dignità. Questo tipo di samurai aveva un duplice ruolo: da una parte era un guerriero errante disposto a lavorare per chiunque lo pagasse, dall'altra poteva arrivare ad unirsi ad altri come lui e creare spesso scompiglio nei villaggi, saccheggiandoli e creando confusione. Pur continuando a fare parte dell'elevata casta dei samurai, i ronin potevano mettersi al servizio del popolo, insegnando arti marziali e di guerra, facendosi assumere come guardie del corpo (yojimbo) oppure difendendo il villaggio da aggressioni esterne. Se un samurai uccideva un ronin non doveva temere nessuna vendetta, poiché i ronin non erano legati a nessuno, e questo rese i ronin una facile preda dei samurai più potenti, i quali nutrivano anche un certo disprezzo per questi guerrieri erranti.
Nel Giappone moderno il termine può indicare lo studente che ha fallito l'esame di ammissione all'università o, nel gergo delle corse, un pilota senza scuderia. La parola mantiene quindi una valenza spregiativa, in Giappone, salvo il caso dei cosiddetti "Quarantasette rōnin", le cui gesta, realmente avvenute intorno al 1701, furono narrate prima nel Chushingura, un'opera jōruri (teatro delle marionette), e successivamente in rappresentazioni di kabuki (commedia danzata). La leggenda si è in seguito impadronita dei personaggi, trasformandoli in esempi viventi del bushidō, cioè dell'etica samurai che costituisce tuttora uno dei cardini morali della società giapponese.

sabato 28 febbraio 2015

Arti Marziali: I calci

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Nelle arti marziali quando si parla di “tecniche di gamba” si intende un colpo sferrato con la parte inferiore della gamba ovvero col piede o la tibia, dato che la mossa effettuata col ginocchio si definisce propriamente “ginocchiata”. Si tratta di una mossa sia d’attacco che di difesa che, rispetto ad un colpo sferrato con le braccia, risulta piú lento ma piú contundente. Presente nelle arti marziali a mano nuda quali: Taekwondo, Karate, Silat, Capoeira, KungFu. Ogni stile di arte marziale, oltre che differenziarsi in base al paese d'origine, ha adottato differenti tecniche, ma possiamo considerare comunque il calcio un colpo presente in gran parte degli stili di combattimento. Vediamolo dunque nel dettaglio.
La grande varietà di calci (geri) esistenti nelle arti marziali é il risultato della combinazione di vari elementi all’interno di una tecnica specifica. In linea generale, li possiamo distinguere in base ad una delle seguenti discriminanti: parte del piede che si utilizza per il contatto (tibia, tallone, collo del piede, bordo laterale o taglio, pianta, punta delle dita; direzione del colpo: frontale (Mae geri), laterale (Yoko o Sokuto geri), circolare (Mawashi geri), all'indietro (Ushiro geri) e relativa traiettoria: colpi ascendenti, discendenti, paralleli al suolo (tutti eseguibili a diverse altezze: calci bassi, medi, alti).
Tipologia di movimento nell’esecuzione del colpo: calci lineari, circolari, con rotazione, volanti, in senso orario o antiorario, frustati (consiste in un movimento rapido di slancio a mó di frusta, che implica un rientro in posizione altrettanto repentino), calci spinti (rilascio di energia che concentra tutta la spinta sull’avversario a mó di martello), calci a gamba flessa, semiflessa o estesa. Per sferrare un calcio nella maniera corretta occorre eseguire i passaggi che lo compongono in maniera impeccabile e questo richiede studio ed esercizio per sviluppare le doti fondamentali di forza, precisione e velocitá che il colpo deve contemporaneamente racchiudere.
In fase di apprendimento raccomando pertanto di eseguire ciascuna mossa lentamente, rafforzando mano a mano la coordinazione e l’equilibrio, senza dimenticare la respirazione ed incrementando precisione e forza. Innanzitutto mantenendo il piede di base saldamente piantato al suolo, quindi impostando il calcio e caricandolo in modo da portare sull’avversario l’intero peso del corpo. Quindi aiutatevi con la spinta dei fianchi ed infine rientrate in posizione di partenza, ricordando che il rientro deve sempre essere piú rapido dell’andata. Grazie a costanza ed applicazione riuscirete ad eseguire movimenti altamente spettacolari e col tempo ad integrarli eventualmente anche a salti dal risultato molto coreografico.




venerdì 27 febbraio 2015

Come assumere la posizione di guardia nel jeet kune do

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La guardia è tra le prime posizioni che si imparano quando ci si approccia a tutte le pratiche del combattimento. Non si tratta, ovviamente, di una posizione che si utilizza nella vita di tutti i giorni. Al contrario, la si assume quando la situazione si fa pericolosa o quando si inizia a combattere. In particolare, "mettersi in guardia" è importante quando la persone che sta davanti a noi è potenzialmente più forte. In questo post spiegheremo come assumere la posizione di guardia nel jeet kune do.
La guardia è la posizione di partenza nel combattimento. Essa rappresenta la tua sicurezza perché ti da la possibilità di proteggere le parti del tuo corpo più vulnerabili quando non riesci a prevedere determinate mosse dell'avversario. Allo stesso tempo, la guardia ti consente di predisporti all'attacco. Esistono diversi tipi di guardia. Un primo approccio è quello che privilegia l'uso delle braccia. Posizionati con le gambe flesse e leggermente più larghe rispetto alle spalle. Abbassando il tuo baricentro, il tuo corpo si terrà maggiormente in equilibrio. Questa struttura, detta "triangolare" o "piramidale", ti permetterà di compensare le oscillazioni che avrai nella parte alta del corpo ammortizzandole con la parte bassa.
La guardia non deve essere perfettamente frontale rispetto all'avversario. Assicurati di essere, come si dice in gergo, "trequartato". In pratica devi tenere il tronco e le gambe girate tra i trenta e i quarantacinque gradi rispetto alla persona che ti sta di fronte. In questo modo, riuscirai a ridurre la superficie contro la quale l'avversario potrà sferrare i suoi attacchi. Questa posizione, inoltre, ti obbliga automaticamente a tenere un piede dietro l'altro. In questo modo, ti terrai pronto a caricare un eventuale colpo conferendogli automaticamente più forza e maggiore velocità.
I piedi devono essere posizionati, uno davanti all'altro, indicativamente alle ore una. Solleva il piede arretrato dalla parte del tallone in modo da essere carico come una molla per scattare. Fletti leggermente le ginocchia, in modo da gestire per tempo gli eventuali squilibri dovuti ai colpi dell'avversario. Il sedere deve essere leggermente più indietro delle spalle per favorire la spinta delle gambe verso le braccia. Tieni il braccio arretrato vicino allo sterno per proteggere la mandibola. L'altro braccio, invece, è in linea con il naso per proteggerti dagli attacchi veloci. Ricorda di mantenere il mento sempre un po' abbassato per evitare che i colpi mirino alle cavità oculari. Buon allenamento!.

giovedì 26 febbraio 2015

Come eseguire un low kick

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Se siete appassionati di discipline come la Muay Thai, la KickBoxing e le MMA (Mixed Martial Arts), avrete sicuramente sentito parlare del "low kick". La tecnica in questione, che significa letteralmente "calcio basso", indica, più nello specifico, un calcio basso circolare, con il collo del piede o con la tibia, sull'esterno coscia o sul polpaccio dell'avversario.
Può variare a seconda delle discipline ma il fine è comune: indebolire l'avversario e il suo equilibrio.
Se volete imparare come eseguire questa particolare mossa di attacco basta seguire alcuni accorgimenti e allenarsi per migliorare la tecnica.
Assicurati di avere a portata di mano: Sacco da pugilato o compagno di allenamento


Questa tecnica è molto efficace se posta alla fine di una combinazione e eseguita con velocità.
Durante l'esecuzione del "low kick" è importante non perdere mai la posizione di guardia in caso di un contrattacco repentino dell'avversario.
Il ginocchio della gamba che colpisce deve essere rivolto verso l'alto e leggermente ruotato verso l'esterno. Il piede della gamba in appoggio sarà rivolto dietro.
È meglio eseguire questa tecnica colpendo con la tibia, e non con il collo del piede, per dare maggiore potenza ed efficacia all'impatto.


Partendo da una posizione di guardia a scelta, piede destro avanti e sinistro dietro, o viceversa, il low kick andrà tirato sempre con la gamba posteriore.
Fai un passettino con la gamba avanti in diagonale, posizionando il piede a circa quarantacinque gradi.
Dopo di che, butta in fuori il bacino, mantenendo il più possibile le anche aperte, e porta in avanti il ginocchio.
Per concludere la tecnica, ruota con il corpo attorno al piede avanzato.


Gira la gamba posteriore ed impatta contro il bersaglio con la tibia. Fai in modo che la punta del piede sia perpendicolare alla gamba del tuo avversario.
All'inizio dell'assestamento del calcio è buono lasciare i muscoli rilassati e far lavorare solo quelli dei glutei e degli addominali bassi, per dare maggiore slancio al calcio. Un istante prima dell'impatto si tende la gamba per conferire durezza alla mossa.
Tieni la mano corrispondente all'arto con cui tiri il calcio ben aperta, per proteggerti da eventuali attacchi, facendo attenzione a tenere ben teso tutto il braccio. Il mento deve essere basso verso lo sterno e lo sguardo fisso in avanti.



Dopo aver sferrato il calcio si ritorna nella posizione di guardia iniziale. Questo dovrebbe avvenire senza sforzo muscolare, come conseguenza della potenza dell'impatto.
Se la tecnica è stata eseguita correttamente il vostro avversario proverà una fitta lancinante e tenderà a perdere la sua posizione. Questo è il momento buono per un ulteriore attacco.

Allo stesso tempo il modo migliore per far fronte ad un "low kick" è schivarlo.
Se ciò non avviene lo si può contrastare con la propria tibia o colpendo con un calcio la gamba che sta sferrando il calcio.


Non dimenticare mai: Prova la tecnica contro un sacco o un compagno di allenamento Inizialmente studia la tecnica nei suoi passaggi lentamente, ma poi eseguila rapidamente per ottenere risultati.

mercoledì 25 febbraio 2015

Vovinam viet vo dao

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Il Vovinam Việt Võ Ðạo è un'arte marziale vietnamita, fondata da Nguyễn Lộc.

Nome
Il nome è composto da due espressioni in lingua vietnamita che ne completano il significato. Vovinam significa l'arte marziale del Vietnam, nel senso della pratica fisica, ed è composta da tre ideogrammi differenti: il Vo, che è l'arte marziale, e i due ideogrammi che rappresentano il Vietnam. Việt Võ Ðạo significa la via dell'arte marziale vietnamita, nel senso più filosofico della pratica dell'arte marziale. L'ideogramma è molto simile a quello precedente poiché vi è presente il primo dei due che rappresentano il Viet Nam, quello dell'arte marziale - il Vo - e quello che dà il significato alla parola, la via intesa come via spirituale - il Ðao.
Il Dao (Tao in cinese, Dō in giapponese) segue il principio dell'Am/Duong (Yin e yang in cinese), l'equilibrio tra il negativo e il positivo ed è ciò che sta alla base di tutte le filosofie orientali, per questo compare anche nello stemma del VVD.
Le due parole Vovinam Viet-Vo-Dao quindi non vanno divise e non possono essere associate a nessun'altra arte marziale perché non esiste Viet Vo Ðao che non sia Vovinam e non esiste Viet Vo Ðao che si pratichi con una divisa (Vo Phuc, in vietnamita) diversa da quella azzurra.
Quindi, discipline che utilizzano il nome viet vo dao con altre divise non praticano Vovinam Viet Vo Dao, ma soltanto vari stili vietnamiti (o, molte volte, addirittura cinesi). Alcuni sono stati raggruppati sotto una stessa federazione che adopera il nome viet vo dao ma usa la divisa nera.

Descrizione generale
Il saluto del Vovinam VVD significa "mano d'acciaio su cuore di bontà".
Il principio del Vovinam VVD: armonia tra forza e agilità.
Il motto del Vovinam VVD: "essere forti per essere utili".
I dieci Principi Fondamentali del praticante sono:
  1. raggiungere il più alto livello del Vovinam Viet Vo Dao per servire l'umanità;
  2. essere fedele all'idea del Vovinam Viet Vo Dao ed essere devoto alla sua causa;
  3. essere sempre uniti, rispettare i Maestri, gli anziani ed amare i condiscepoli;
  4. rispettare rigorosamente la disciplina del Vovinam Viet Vo Dao porre l'onore al di sopra di tutto;
  5. rispettare le altre Arti e non utilizzare il Vovinam Viet Vo Dao che per legittima difesa;
  6. coltivare la conoscenza, forgiare lo spirito, progredire nella vita;
  7. vivere con probità, semplicità, fedeltà e nobiltà d'animo;
  8. sviluppare una volontà d'acciaio, vincere le difficoltà;
  9. essere lucido, perseverante e attivo;
  10. essere maestro di sé stesso, modesto, rispettoso, tollerante e progredire giudicando sé stesso.
Il Vovinam Viet Vo Dao deve essere inteso come un'arte marziale nel suo più profondo significato, non una semplice tecnica di combattimento. Proprio come fece nel 1938 il Maestro Nguyễn Lộc, nella città di Ha Noi (attuale capitale del Vietnam). Il Maestro codificò il Vovinam VVD sulla base delle sue ampie conoscenze nel campo delle arti marziali vietnamite e prendendo degli spunti dalle altre discipline (sia orientali che occidentali) che in quel periodo invasero il Vietnam. Nguyen Loc era un uomo molto forte e un grande praticante di arti marziali esperto nel VO, l'arte marziale vietnamita che ha dato la maggior parte delle basi del Vovinam VVD, e nel VAT, la disciplina di lotta vietnamita.
Fu l'unico Maestro ad inserire il programma di VAT nel programma di un'arte marziale, e i praticanti di Vovinam VVD sono infatti le uniche persone in occidente a conoscere questa parte del programma.
Nel 1960 Nguyen Loc, in seguito ad una grave malattia, morì a Saigon, dopo aver trasmesso tutto il suo sapere in eredità al suo allievo più bravo e più assiduo, decretandolo erede della sua scuola e dei suoi insegnamenti, l'odierno Patriarca, il GM° Le Sang, nato ad Ha Noi nel 1920 e diventato allievo del M° Fondatore Nguyen Loc nel 1938. Il M° Patriarca continuò l'opera di diffusione e, nonostante la guerra, promosse e sviluppò il Vovinam Viet Vo Dao in tutto il Vietnam. La sua opera divulgatrice, anche grazie ad un gran numero di capaci praticanti, si estese gradatamente agli altri Paesi e, nonostante la guerra, oggi il Vovinam Viet Vo Dao è l'arte marziale vietnamita più praticata al mondo.

Tecniche
Il Vovinam è un'arte marziale molto completa dove è previsto l'utilizzo di numerose tecniche. Il lavoro si suddivide in tre settori principali: il lavoro di base individuale, il lavoro di base a coppie e le applicazioni.
Nel Vovinam VVD sono presenti le seguenti tecniche:
  • Quyen (forme);
  • Song Luyen (Combattimenti Codificati)
  • Khoa Go (tecniche di chiave e leva);
  • Vat (lotta tradizionale vietnamita);
  • Nhu Khi (tecniche di energia interna);
  • Don Chan (tecniche di forbice);
  • Phan Don (tecniche di contrattacco);
  • Chien Luoc (tecniche di combattimento);
  • Dau Tu Do (combattimento libero).
Gradi
Cintura Azzurra (LOP TU VE)
Azzurro chiaro, significa Est, il sole che all'alba trasforma il cielo scuro in azzurro. Corrisponde all'inizio dell'allenamento dell'alunno dentro la filosofia del Vovinam.

Cintura Blu (LAM DAI)
Azzurro marino, è il colore dei praticanti confermati, dalla cintura blu al 3° Cap. più scuro di quello del principiante, è la transizione fino al grado seguente, il nero. Ad un estremo della cintura si collocano i cap (gradi), da una a tre strisce gialle.

Cintura Gialla (Hoang Dai)
Giallo, il Centro, il colore della terra che alimenta gli alberi. Corrisponde al mezzo cammino che ha percorso l'artista marziale. Sta al centro del Dao ed è l'essenza del Vo. I dang (gradi superiori) sono rappresentati da una a tre strisce rosse. A differenza degli allenatori, una volta divenuti 1° dang, si è obbligati a vestire la cintura gialla con i cap (gradi).

Cintura Rossa (dal 4° al 10° Dang - Chuan Hong Dai - Hong Dai)
Rosso, il Sud, significa l'abbondanza, il progresso. Corrisponde alla propagazione del Vo, l'essenza di tutto il cambiamento e la lunga vita. I dang sono rappresentati da strisce bianche, fino ad un massimo di sei.
Il grado più alto attualmente raggiunto, dopo il Gran maestro, è il 9°, dal Maestro Nguyen Van Chieu, dal Maestro Nguyễn Văn Sen e dal Gran Maestro Tran Huy Phong.

Cintura Bianca del Gran Maestro Patriarca
Bianco, l'Ovest, il colore della purezza, della voce, della respirazione. Significa che l'arte marziale è penetrata nelle ossa e nel cervello del maestro, diventando, quindi, una base eccellente per la scuola. La cintura del Patriarca porta inoltre delle linee di colore azzurro, nero, giallo, rosso, che rappresentano tutte le cinture della Disciplina. Non esiste alcuna cintura bianca in quanto questa cintura veniva usata solo per il Maestro Patriarca, ma alla morte del Gran Maestro Le Sang fu deciso che la dinastia dei Patriarca non sarebbe continuata e quindi la cintura patriarcale sarebbe stata sepolta insieme al Gran Maestro, ultimo allievo del Gran Maestro Nguyen Loc.
L'ultimo Gran Maestro esistito è stato Le Sang.

WVVF - World Vovinam Federation
La WVVF (World Vovinam Federation) nasce nel 2008 in Vietnam sotto la guida del Governo del Vietnam e il Ministero dello Sport e Turismo del Vietnam. Unica Federazione ufficiale di Vovinam nel mondo. In ogni caso esistono altri gruppi, associazioni sia a livello mondiale che continentale che sviluppano il Vovinam Viet Vo Dao nel mondo, ma non sono legati al Vietnam.
La WVVF al momento comprende i continenti di ASIA, EUROPA e AFRICA.

EVVF - European Vovinam Viet Vo Dao Federation
La EVVF nasce nel 2010 a Parigi sotto la guida della WVVF.
Paesi membri:
  • BELGIO
  • BIELORUSSIA
  • DANIMARCA
  • FRANCIA
  • GERMANIA
  • INGHILTERRA
  • ITALIA
  • ROMANIA
  • RUSSIA
  • POLONIA
  • SPAGNA
  • SVIZZERA
Vovinam Việt Võ Ðạo in Italia
Su incarico della World Vovinam Federation, in Italia la diffusione della disciplina è promossa dalla Vovinam Viet Vo Dao Italia a.s associazione sportiva dilettantistica; oltre ad essa opera anche la Associazione Nazionale Vovinam Viet Vo Dao, riconosciuta dal Movimento Vovinam Viet Vo Dao Europa.
Vovinam VVD Italia a.s.d è stata fondata nel Giugno 2015 con l'esigenza di gestire la Squadra Nazionale Italiana di Vovinam per i campionati a livello internazionale organizzati da EVVF e WVVF. Nasce però dalla scissione di altri gruppi di Vovinam e in particolar modo dalla associazione che ha maggiormente contribuito allo sviluppo del Vovinam in Italia, Unione Vovinam Viet Vo Dao Italia a.s.d., che ora non esiste più, ma che nasce nel settembre del 1993 con l'intento di unificare tutte le scuole di Vovinam VVD in Italia sotto una sola associazione così da poter diffondere la disciplina in modo uniforme in tutto il territorio italiano.
Vovinam Viet Vo Dao Italia a.s.d. è ufficialmente riconosciuta da EVVF - EUROPEAN VOVINAM VIET VO DAO FEDERATION e WVVF - WORLD VOVINAM FEDERATION-.
Il programma d'insegnamento utilizzato in Italia da Vovinam VVD Italia a.s.d.è il programma ufficiale della EVVF, nonché quello utilizzato dalla Federazione Vovinam VVD del Vietnam e WVVF.
L'Associazione Nazionale Vovinam VVD è stata fondata nel 1994 e nel 1996 è stata riconosciuta dal Movimento Viet Vo Dao Europa come referente nazionale, con responsabile tecnico nazionale il Maestro Stefano Finato. Il Movimento VVD Europa è a sua volta riconosciuto dal Maestro Patriarca Le Sang come referente europeo. L'Associazione Nazionale è attualmente presente in Veneto (Verona) e in Lombardia, con un totale di otto centri.

Competizioni
Le gare di vovinam si distinguono in due differenti categorie: Gara tecnica e gara di combattimento.
Il regolamento qui riportato è quello applicato solo in Italia dall'Unione Vovinam VVD Italia, quello che viene applicato all'estero in Campionato Europeo, Internazionale o Mondiale ha delle leggere differenze.
Le gare tecniche esistono di due tipi, quelle individuali e quelle a coppie o di gruppo. La gara individuale consiste nell'eseguire un Quyen (una forma) di programma davanti ad una giuria la quale valuterà vari aspetti della suddetta forma. I principi di valutazione saranno basati sulla correttezza tecnica, sulla precisione dei movimenti, la potenza, l'espressività, l'agilità. Questi fattori daranno il risultato finale alla prova di ogni singolo atleta. La gara a coppie consiste nell'eseguire un Song Luyen (forma a coppie) seguendo gli stessi principi del Quyen a differenza che verrà anche valutata affinità della coppia nel lavorare insieme. In tutti e due i casi le competizioni sono proposte sia per i bambini che per gli adulti. Le categorie dei bambini vanno dai 6 ai 10 anni, dagli 11 ai 14 anni e dai 15 in su si fa parte della categoria adulti. In campo internazionale anche la categoria maschile e femminile e divisa. La gara di combattimento si svolge con vari tipi di regolamento e ciò dipende dall'età e dal grado dei praticanti. Le categorie dei bambini che vanno dai 6 ai 10 anni combattono con un sistema molto vicino al gioco, ciò consiste nel riuscire ad attaccare delle palline sulla copertura in velcro del corpetto dell'avversario, non possono colpirsi in altro modo e questo crea in loro un buon metodo di allenamento per imparare a schivare i colpi e a darli senza mai farsi del male. La categoria dai 11 anni ai 13 invece prevede un combattimento un po' più reale denominato "punto e stop". Questo combattimento si incomincia ad avvicinare a quello degli adulti ma obbliga ad un contatto leggero e, soprattutto, ogni volta che un colpo da punto il combattimento verrà fermato. Dai 14 ai 17 anni c'è la categoria Speranze, che prevede un combattimento continuato con un contatto medio senza affondare i colpi in modo eccessivo. Non è concesso calciare in linea bassa. Il combattimento adulti è diviso in varie categorie, categorie di grado, categorie di peso e maschile e femminile. Non esiste differente tipologia di combattimento tra un peso e un altro ma esiste differenza per i gradi. Tutte le categorie combattono in contatto pieno con combattimento continuato. Per tutti non valgono le tecniche di ginocchio e gomito. Le categorie di graduati (sotto la cintura nera) sono obbligati a vestire il casco con la grata e il corpetto protettivo. Le categorie da cintura nera in avanti combattono con il casco deve essere obbligatoriamente senza grata e il corpetto protettivo è facoltativo. Le regole sono valide sia per il combattimento femminile sia per quello maschile con l'unica differenza che per le donne è sempre obbligatorio portare il paraseno o il corpetto. La competizione si svolge a scontro diretto con eventuali ripescaggi sino ad arrivare alle finali che determineranno i primi tre classificati. Le protezioni obbligatorie per tutti i competitori sono:
  • Casco con Grata (cinture Blu) senza grata (cinture nere e oltre)
  • Corpetto (cinture blu e femminile)
  • Paratibia
  • Parapiede
  • Conchiglia
  • Paradenti (solo categoria cinture nere in su)
Il Vovinam e i bambini
Il Vovinam Viet Vo Dao è una disciplina particolarmente adatta ai più piccoli. Tendenzialmente si inizia ad insegnarla non prima dei 5 anni, in modo da avere dei bambini già pronti ad affrontare certi movimenti di coordinazione non semplicissimi e soprattutto che siano abituati a seguire un insegnante. Essendo una disciplina molto varia non c'è rischio che un bambino si annoi. Il programma d'insegnamento fino ai 14 anni è notevolmente ridotto rispetto a quello degli adulti, questo perché è più importante che un bambino impari a muoversi con una giusta coordinazione piuttosto che imparare un programma tecnico. Nel Vovinam esistono molte tecniche acrobatiche che molte volte agli adulti risulta difficile imparare, queste difficoltà per i bambini sono notevolmente inferiori ed è quindi più appropriato dare le basi di queste tecniche perché se imparate da giovani è molto più facile eseguirle e soprattutto difficilmente vengono perse nel corso degli anni di pratica.
I bambini, come gli adulti, partecipano alle competizioni sia di tecnica (Quyen) che di combattimento. Le gare solitamente si svolgono tra bambini dai 5 ai 9 anni e tra bambini dai 10 ai 13 anni. La tecnica si svolge nello stesso modo degli adulti mentre il combattimento è studiato in modo che i bambini siano completamente protetti e con un regolamento che gli impedisce di farsi male utilizzando delle protezioni adeguate. Anche nell'insegnamento i bambini vengono preferibilmente divisi per categorie di età. Solitamente si parte dai 5 anni fino ai 9 poi dai 10 ai 13, di solito si tende anche a creare corsi per ragazzini, cioè dai 14 ai 17 anni (categoria speranze). In queste età possono già lavorare il programma completo degli adulti, questa è anche sicuramente una dell'età migliori per incominciare a preparare dei futuri agonisti, anche perché nelle gare tecniche competono già con gli adulti e nel combattimento, anche se è specificatamente per la loro età, incomincia a farsi un po' più serio ma comunque con un metodo tipo il semi-contact.