L'assalto al palazzo
di Kira Yoshinaka, stampa di Hokusai
Rōnin (浪人),
letteralmente "uomo alla deriva", "persona che impara
a diventare samurai" o "uomo-onda", è un termine
giapponese che designava il samurai decaduto, rimasto senza padrone o
per la morte di quest'ultimo o per averne perso la fiducia.
Nel X secolo il termine ronin
andava a indicare i contadini che per evitare tasse troppo onerose
abbandonavano le loro terre per trasferirsi in regioni non ancora
sottomesse dall'autorità o dai monasteri buddhisti.
Durante il periodo Tokugawa i ronin
aumentarono considerevolmente, conseguenza della soppressione di
molti feudi; per il loro spirito autonomo e bellicoso contribuirono
alla disfatta del governo Tokugawa, confermandosi guerrieri abili e
temibili persino dal più valoroso e potente samurai.
Quando il nobile padrone a cui un
samurai era legato moriva o perdeva la fiducia in quest'ultimo, il
samurai perdeva il proprio onore, diventando un guerriero errante. Il
Bushidō (un codice di condotta e un modo di vita) prevedeva che per
espiare la propria colpa e riacquistare l'onore perso con la morte
del proprio padrone si dovesse ricorrere alla pratica dell'harakiri,
che significa letteralmente "tagliare il ventre", e
rappresenta la parte culminante della pratica del suicidio rituale
denominato Seppuku, che avviene per sventramento mediante l'uso di
una spada corta chiamata Wakizashi. Il venir meno a questi princìpi
causava il disonore del guerriero, che diventava quindi un ronin, e
cioè un samurai errante completamente senza onore e dignità. Questo
tipo di samurai aveva un duplice ruolo: da una parte era un guerriero
errante disposto a lavorare per chiunque lo pagasse, dall'altra
poteva arrivare ad unirsi ad altri come lui e creare spesso
scompiglio nei villaggi, saccheggiandoli e creando confusione. Pur
continuando a fare parte dell'elevata casta dei samurai, i ronin
potevano mettersi al servizio del popolo, insegnando arti marziali e
di guerra, facendosi assumere come guardie del corpo (yojimbo)
oppure difendendo il villaggio da aggressioni esterne. Se un samurai
uccideva un ronin non doveva temere nessuna vendetta, poiché i ronin
non erano legati a nessuno, e questo rese i ronin una facile preda
dei samurai più potenti, i quali nutrivano anche un certo disprezzo
per questi guerrieri erranti.
Nel Giappone moderno il termine può
indicare lo studente che ha fallito l'esame di ammissione
all'università o, nel gergo delle corse, un pilota senza scuderia.
La parola mantiene quindi una valenza spregiativa, in Giappone, salvo
il caso dei cosiddetti "Quarantasette rōnin", le cui
gesta, realmente avvenute intorno al 1701, furono narrate prima nel
Chushingura, un'opera jōruri (teatro delle marionette), e
successivamente in rappresentazioni di kabuki (commedia danzata). La
leggenda si è in seguito impadronita dei personaggi, trasformandoli
in esempi viventi del bushidō, cioè dell'etica samurai che
costituisce tuttora uno dei cardini morali della società giapponese.
Nessun commento:
Posta un commento