Le tombe dei quarantasette
rōnin nel tempio Sengakuji
Chūshingura (忠臣蔵)
è un'opera teatrale giapponese.
Il Kanadehon chūshingura, o più
semplicemente Chūshingura, è forse l'opera teatrale
giapponese più nota di tutti i tempi. Fu scritta da Takeda Izumo e
rappresentata per la prima volta nel 1748 a Osaka al teatro
Takemotoza. Essa descrive le eroiche gesta dei quarantasette rōnin:
un gruppo di samurai che vendicarono la morte del loro signore Asano
Naganori, costretto al seppuku (suicidio rituale) in seguito ad un
duello avvenuto all'interno del palazzo dello shogun.
In realtà Asano aveva reagito alle
ripetute provocazioni di un funzionario dello shogun: Kira Yoshinaka,
il quale lo aveva ripetutamente offeso. In seguito alla morte di
Asano, i suoi beni furono confiscati e la sua famiglia finì in
rovina. I suoi samurai persero anch'essi il loro status
diventando appunto rōnin.
Trascorso un lasso di tempo sufficiente
a far allentare la protezione su Kira, i samurai di Asano lo
assalirono e uccisero. Rifugiatisi successivamente nel tempio
Sengakuji si suicidarono tutti compiendo il rituale seppuku come
estrema dimostrazione di fedeltà al loro signore.
Poco dopo i fatti, avvenuti dal 1701 al
1702, l'attacco al palazzo di Kira, in Edo, avvenne infatti il 15
dicembre del 1702, cominciarono a circolare lavori teatrali che
narravano la vicenda. Il teatro all'epoca era anche un mezzo di
comunicazione di eventi, solitamente drammatici.
Quando andò in scena il Chushingura di
Takeda, erano trascorsi quasi cinquant'anni dagli eventi e ormai i
protagonisti erano divenuti eroi popolari leggendari. L'opera che fu
rappresentata in origine come joruri (con marionette) fu riproposta
nel 1749 come kabuki, genere teatrale che all'epoca costituiva lo
spettacolo favorito delle classi medio-borghesi.
Tuttora il dramma è rappresentato e la
vicenda commuove profondamente, i quarantasette eroi sono considerati
i più puri interpreti del bushidō, l'insieme dei principi morali e
comportamentali dei samurai, che sono divenuti col tempo patrimonio
etico dell'intero popolo giapponese. Poiché la parola rōnin
ha, nel linguaggio comune, una valenza spregiativa, i protagonisti
della vicenda sono designati come "Quarantasette gishi
(uomini retti)".
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