Il srbosjek (che in croato
significa "tagliaserbo") era un'arma appositamente creata
dagli ustaša dello Stato Indipendente di Croazia durante la seconda
guerra mondiale per la rapida uccisione di prigionieri nei campi di
concentramento.
Il srbosjek trovò principalmente
utilizzo nel campo di concentramento di Jasenovac contro i
prigionieri etnici (serbi, ebrei e rom) e anche contro un gran numero
di appartenenti alla resistenza partigiana o presunti tali.
Tale arma, prodotta dalla ditta tedesca
Gebrüder Gräfrath di Solingen su speciale commessa del governo
ustaša croato, consisteva in un guanto di pelle al quale era fissata
una lama di una decina di centimetri. Il guanto copriva giusto il
palmo e il dorso della mano, lasciando libere tutte le cinque dita La
lama era fissata ad una piastra del guanto, in modo da non rischiare
di causare ferite all'utilizzatore, e per non dover maneggiare un
coltello a sè stante, il che aumentava la velocità d'uso. La lama
era leggermente ricurva per permettere lo sgozzamento delle vittime
con il minore sforzo possibile ed era quindi concepita per uccidere
grandi quantità di persone.
Il srbosjek divenne tristemente famoso
per le competizioni organizzate dagli ustaša a Jasenovac, in cui
veniva premiato colui che riusciva a uccidere il maggior numero di
prigionieri nel minor tempo. Uno dei vincitori di queste macabre
scommesse fu Petar Brzica, studente del collegio francescano di
Široki Brijeg, che la notte del 29 agosto 1942 riuscì a sgozzare
1.360 prigionieri, eccidio che gli valse l'appellativo di "re
delle gole tagliate".
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