Bodhisattva (devanāgarī बोधिसत्त्व)
è un sostantivo maschile sanscrito che significa "Essere
(sattva) 'illuminazione' (bodhi)". È un termine
proprio del Buddhismo.
Nelle altre lingue asiatiche il termine
bodhisattva è così
reso:
Interpretazioni
del termine
Secondo Nakamura Hajime il termine
bodhisattva indica nel Buddhismo un essere la cui intima
natura corrisponde al "Risveglio" oppure "colui che
cerca di conseguire il 'Risveglio'" o ancora "colui la cui
mente (sattva) è fissa sulla bodhi".
Paul Williams offre una
definizione precisa, ovvero "colui che sta percorrendo la via
per diventare un buddha". Williams nota tuttavia che, mentre
non ci sono dubbi sul termine bodhi, proveniente dalla radice
indoaria budh (da cui Buddha), che indica il Risveglio
spirituale, il termine sanscrito sattva offre diverse
interpretazioni: "essere senziente", "essenza",
"coraggio" e in questo senso può indicare l'"essere
che si incammina verso la bodhi", oppure colui che è di
"essenza-bodhi", o ancora colui che è un "eroe
del Risveglio".
Il bodhisattva nel Buddhismo dei Nikāya e nel Buddhismo
Theravāda
Il bodhisattva Maitreya seduto
su un trono in stile greco, risalente all'epoca Kushan, Gandhara, II
secolo (Tokyo, Museo Nazionale).
L'idea centrale del Buddhismo dei
Nikāya e del Buddhismo Theravāda è che ci sia un solo buddha
per ogni Era.
Nel quadro di queste dottrine, per
divenire un buddha occorreva che il Buddha storico, Gautama Buddha,
avesse precedentemente pronunciato un voto (praṇidhāna)
all'epoca del Buddha Dīpaṃkara il quale predisse la venuta di
Gautama Buddha nella nostra Era e nel nostro mondo.
Il futuro buddha Gautama, quando era il
brahmano Sumedha, pronunciò il "voto" di bodhisattva
davanti al Buddha Dīpaṃkara, avviando quindi un percorso di
"perfezioni" (pāramitā), con particolare riguardo
alla generosità (dāna) e alla saggezza (prajña), al
fine di raggiungere la bodhi. Questo percorso di
perfezionamente spirituale progressivo nelle varie Ere è concepito,
per questo tipo di Buddhismo, come 'raro' (raro come il fiorire
dell'Udumbara) e riguarda un ristrettissimo numero di esseri (tra gli
otto e i venticinque), tutti umani (mānuṣibuddha).
Coloro che ascoltano e seguono gli
insegnamenti di un "buddha", ovvero gli śrāvaka
(ascoltatori della voce [di un buddha]), possono realizzare la
bodhi divenendo degli arhat e raggiungere il nirvāṇa,
ma non possono realizzare la buddhità (l'illuminazione dei
Buddha, anuttarā-samyak-saṃbodhi), essendo la "buddhità"
riservata solo e unicamente ai buddha.
Gli śrāvaka non hanno mai
potuto realizzare lo stato di buddha in quanto il loro
"Risveglio" è determinato dall'ascolto degli insegnamenti
altrui e non provocato da quello che Nakamura Hajime definisce
un "dramma cosmico" che porta all'apparizione di un buddha.
Il bodhisattva, per queste
scuole, è dunque quel 'raro' essere che numerosi eoni prima ha
pronunciato un "voto" per raggiungere la bodhi e
salvare gli altri esseri senzienti grazie all'esperienza della
suprema conoscenza (sarvajñāna).
Gautama Buddha, il fondatore del
Buddhismo, nella sua vita precedente a quella in cui raggiunse lo
stato di buddha era per questo un bodhisattva, e
bodhisattva può essere solo colui che in futuro diverrà un
buddha, i suoi discepoli possono solo ambire allo stato di
arhat conseguendo il nirvāṇa.
Le gesta da bodhisattva compiute
da Gautama Buddha nelle sue precedenti esistenze sono raccontate nei
Jātakamāla, in cui i fedeli cercano ispirazione, leggendo di
come Gautama Buddha abbia raggiunto il "Risveglio" nel
prosieguo delle sue precedenti vite. Lo stesso Gautama, quando
riferisce della sua esistenza prima di divenire un buddha, si
esprime "quando ero ancora un Bodhisattva".
In questa tradizione quando un
bodhisattva raggiunge lo stato di buddha, dopo la morte
entra nel parinirvāṇa e cessa di rinascere per predicare il
Dharma, ciò che resta di lui è il Dharmakāya, ovvero
il "corpo" dei suoi insegnamenti raccolti e tramandati dai
suoi discepoli. L'unico altro bodhisattva menzionato nel
Canone Pāli è il prossimo Buddha, Maitreya. Nella tradizione
Theravāda, perciò, non esistono altri bodhisattva.
Il bodhisattva nel Buddhismo Mahāyāna
Nāgārjuna (II secolo d.C.)
considerato il padre del Buddhismo Mahāyāna e Vajrayāna in una
stampa cinese.
Ritratto del monaco giapponese zen
Dōgen (1200-1253) conservato presso il tempio Hōkyō-ji (宝慶寺)
in Giappone, Prefettura di Fukui.
Guàndǐng (灌頂,
561-632) fu uno dei patriarchi del Buddhismo Tiāntái.
Nichiren (日蓮,,
1222-1282), maestro buddhista giapponese.
Gampopa, maestro buddhista
tibetano dell'XI secolo.
Secondo le dottrine del Buddhismo
Mahāyāna, invece, lo stato di buddha può essere conseguito
da qualsiasi "essere senziente", possedendo ogni "essere
senziente" la "natura di buddha" (tathāgatagarbha).
Ne consegue che chiunque pronunci con
sincerità il voto di bodhisattva (praṇidhāna) è un
bodhisattva e col prosieguo del tempo, e grazie alla costante
pratica delle pāramitā, può realizzare la piena "buddhità"
(anuttarā-samyak-saṃbodhi) e divenire esso stesso un buddha
perfettamente illuminato (samyaksaṃbuddha).
Il voto del bodhisattva
(praṇidhāna) nella letteratura religiosa Mahāyāna
richiama inequivocabilmente il desiderio di condividere la bodhi
con tutti gli esseri senzienti, così il Prajñāpāramitāsūtra
più antico (composto a cavallo della nostra Era),
l'Aṣṭasāhasrikāprajñāpāramitā:
«Collocherò me stesso nella "talità"
(tathātā) e, in modo che tutto il mondo possa essere
soccorso, collocherò tutti gli esseri nella "talità", e
condurrò al nirvāṇa il mondo innumerevole degli esseri
senzienti»
(Aṣṭasāhasrikāprajñāpāramitā)
Da tener presente che l'intera
letteratura Mahāyāna insiste sulla vacuità di tutto il Reale e
quindi sull'inesistenza di qualsiasi "essere" dal salvare:
«Per quanto innumerevoli siano
gli esseri in tal modo guidati verso il Nirvana proprio nessun essere
è stato guidato verso il Nirvana. Perché? Se in un bodhisattva
dovesse intervenire la nozione di un essere, egli non potrebbe
venire chiamato bodhisattva. E perché? Non si dovrà chiamare
bodhisattva colui nel quale interviene la nozione di un essere, o la
nozione di un'anima vivente o di una persona»
(Vajracchedikā-prajñāpāramitā-sūtra,
3)
Per questa ragione, ricorda Paul
Williams, per il Mahāyāna tutti alla fine dovranno pronunciare il
"voto" del bodhisattva per acquisire lo stato di
buddha a beneficio di tutti gli esseri.
Sempre per questa ragione Paul Williams evidenzia che:
«Si noti, ed è un punto
importante, che alla luce di tutto ciò è troppo semplicistico
parlare semplicemente di nirvāṇa nel contesto del buddhismo
mahāyāna. [...] È usuale nei testi mahāyāna contrapporre il
nirvāṇa al saṃsāra, salvo poi dire che il
bodhisattva, e quindi un Buddha, ottenendo la libertà dalla
sofferenza ma non abbandonando gli esseri che sono ancora nel saṃsāra
oltrepassa la dualità nirvāṇa-saṃsāra. Lo stato
di illuminazione ottenuto da un Buddha viene perciò chiamato
"nirvāṇa non dimorante" o "non determinato"
(apratiṣṭhitanirvāṇa)»
(Paul Williams.
Op.cit.)
Ma anche:
«Diventa allora molto
difficile dire, come fanno molti libri diffusi in Occidente, che il
bodhisattva pospone il nirvāṇa. Quale nirvāṇa
si suppone posponga?»
(Paul Williams.
Op.cit.)
Philippe Cornu, nel ricordare la
suddivisione di bodhisattva d'"intelligenza graduale"
(ovvero il seguace dello Hinayāna che pur avendo superato gli
oscuramenti passionali deve ancora superare quelli cognitivi), da
quello di "intelligenza immediata" (che prende i voti da
bodhisattva fin dall'inizio del suo cammino di
perfezionamento), evidenzia che quest'ultimo non "entra nella
corrente" (śrota āpanna) poiché la corrente che
consente il nirvāṇa è imperfetta dal punto di vista dei
bodhisattva. Non solo il bodhisattva:
«Non diventa quindi nemmeno un
sakṛdāgāmin, "colui che torna una sola volta",
perché accetta di attraversare innumerevoli rinascite. A maggior
ragione non diventa un "senza ritorno" (sans. anāgāmin)
perché esce dai dhyāna per rinascere nel regno del desiderio
(sans. kāmadhātu). Ma quando raggiunge la perfetta
Illuminazione abbandona non soltanto gli oscuramenti delle passioni
diventando così un arhat, ma anche quelli della conoscenza
diventando un tathāgata onnisciente.»
(Philippe Cornu.
Op.cit.)
In ultima analisi:
«I testi del Mahāyāna propongono che
il fine della pratica religiosa propriamente concepita non sia nulla
di meno che l'intuizione universale ottenuta dal Buddha, ossia che
l'obiettivo della pratica religiosa sia la buddhità stessa. [...] E
per di più, secondo alcuni testi mahāyānici è, di fatto, l'unica
via reale predicata dal Buddha. Tutte le altre soteriologie,
asseriscono tali testi, non sono che semplici strategie impiegate dal
Buddha contro coloro la cui comprensione non era sufficiente
sviluppata per gli insegnamenti del Mahāyāna»
(Nakamura Hajime.
Op. cit.)
Lo stato di buddha è quindi
l'obiettivo da conseguire per i mahāyānisti. Il percorso per
raggiungere tale stato si avvia con la scelta di divenire un
bodhisattva, adoperandosi per la liberazione di tutti gli esseri
senzienti. Siccome la dottrina della vacuità (dottrina centrale per
i mahāyānisti) insegna che non c'è alcun fenomeno separato
dall'altro, allora non vi può essere alcuna "liberazione"
individuale, tutti realizzeranno la bodhi.
La "inconciliabilità" tra
illuminazione realizzata da un Buddha e la sofferenza di un "essere
senziente" (e quindi la necessità di intervento di buddha
e bodhisattva nel mondo) viene nelle scuole risolta secondo la
dialettica madhyamaka: la verità assoluta (paramārtha-satya
o śūnyatā-satya) richiama costantemente la vacuità
(śūnyatā) e in questo senso non c'è alcuna differenza tra
gli esseri senzienti e i Buddha, anzi non ci sono "esseri
senzienti"; sul piano della "verità convenzionale" (o
"relativa", sans. saṃvṛti-satya) tali differenze
esistono. La sintesi di queste due verità o "verità della Via
di mezzo" (mādhya-satya) rende conto di ambedue e della
loro inconciliabilità:
(SA)
«yaḥ pratītyasamutpādaḥ
śunyātāṃ tāṃ pracakṣmahe sā prajñaptirupādāya
pratipat saiva madhyamā»
|
(IT)
« La coproduzione condizionata, questa e non altra noi
chiamiamo la vacuità. La vacuità è una designazione metaforica.
Questa e non altro il Cammino di mezzo» |
(Nāgārjuna.
Mūlamadhyamakakārikā,
XXIV, 18) |
In questo modo come il nirvāṇa
è il saṃsāra, e quindi la stessa vita quotidiana, l'azione
del buddha corrisponde all'azione del bodhisattva tesa
a realizzare l'"illuminazione", essa stessa è
illuminazione. Per il mahāyānista quindi è la vita
quotidiana a rappresentare la "Realtà ultima" e il Nirvāṇa
stesso e le azioni tese a realizzare questa consapevolezza ovvero la
"vita pratica" sono esse stesse illuminazione.
«Il saṃsara è in nulla differente
dal nirvāna. Il nirvāna è in nulla differente dal saṃsara. I
confini del nirvāna sono i confini del saṃsara.»
(Nāgārjuna.
Mūlamadhyamakakārikā)
«Nel Buddhismo non c'è nessun
nirvāna separato dal ciclo di vita morte [...]; non c'è nessun
Dharma buddhista al di fuori della vita quotidiana»
(Dōgen, Shōbōgenzō)
«Dunque, la concezione per cui
pratica e illuminazione non sono la stessa cosa è un punto di vista
non buddhista. Dal punto di vista del buddhismo, pratica e
illuminazione sono una cosa sola. Poiché in qualsiasi momento si
tratta di pratica nell'illuminazione, la pratica del principiante è
il vero corpo dell'illuminazione»
(Dōgen.
Bendōwa in Aldo
Tollini Pratica e
illuminazione nello Shōbōgenzō. Roma,
Ubaldini, 2001, pagg. 137-8)
«Mente, Buddha, esseri
senzienti sono, parimenti, [la Via di mezzo]. Poiché tutti gli
aggregati e le forme di sensibilità sono la realtà così come è,
non c'è alcuna sofferenza da cui liberarsi. Poiché la nescienza e
le afflizioni sono identiche al corpo illuminato, non c'è alcuna
origine della sofferenza da sradicare. Poiché i due punti di vista
estremi sono il Mezzo e le visioni erronee sono la Verità, non c'è
alcun percorso da praticare. Poiché il samsara è identico al
nirvana, non c'è alcuna estinzione [della sofferenza] da realizzare.
Non essendoci né sofferenza né origine della sofferenza, nulla vi è
di mondano; non essendoci né sentiero né estinzione, nulla vi è di
sopramondano. C'è una sola, pura Realtà; non c'è nessuna entità
al di fuori di essa. La tranquillità della natura ultima di tutte le
entità è detta "calma"; il suo perenne splendore è detta
"consapevolezza".»
(Guàndǐng,
灌頂,
Yuándùn Zhǐguān
圓頓止觀)
«Questo è l'insegnamento più
importante. È l'insegnamento che 'i desideri terreni sono
Illuminazione' e 'le sofferenze di vita e morte sono Nirvana' ... Le
sofferenze diventano Nirvana quando si comprende che l'entità della
vita umana non viene né generata né distrutta nel suo ciclo di
nascita e di morte.»
(Nichiren,
Gosho)
«La
consapevolezza che vede la Realtà come è,
È priva
di smarrimento, è concentrazione e non lavorio mentale.
La
consapevolezza della Realtà come si manifesta
è smarrimento,
successiva conoscenza e lavorio mentale.»
(Gampopa.
Il prezioso ornamento di Liberazione)
Gli
appellativi del bodhisattva
La letteratura Mahāyāna offre diversi
sinonimi o appellativi del termine bodhisattva. Una lista
piuttosto completa la si riscontra nel Mahāyānasūtrālaṃkāra
(L'ornamento del discorso del Veicolo Universale) dove, nel XIX
capitolo ai versi 73-4 viene riportato questo elenco di quindici
appellativi:
mahāsattva: grande essere;
dhīmat: saggio;
uttamadyut: luminosissimo
jinaputra: figlio del
Vittorioso (del Buddha)
jinādhāra: legato al
Vittorioso (al Buddha)
vietṛ: conquistatore;
jināṅkura: discendenza
del Vittorioso (del Buddha);
īśvara: signore;
vikrānta: audace;
mahāyaśas vasta gloria;
paramāścarya: il
meraviglioso;
kṛpālu: compassionevole;
dhārmika: giusto;
mahāpuṇya: grandemente
meritevole;
- sārthavāha: guida delle carovane.
La Via del bodhisattva (bodhisattvayāna)
Il percorso di perfezionamento
spirituale caratteristico del Buddhismo Mahāyāna è indicato come
"Via del bodhisattva" (o Veicolo del bodhisattva,
sanscrito bodhisattvayāna).
L'ingresso in questa "Via" si
intraprende nel momento in cui il praticante mahāyāna
realizza per la prima volta l'"aspirazione a conseguire
l'Illuminazione" (bodhicitta), pronuncia il voto del
Bodhisattva (praṇidhāna) a favore di tutti gli esseri
senzienti e si impegna a praticare le "perfezioni"
(pāramitā) e a rispettare i "precetti"
(bodhisattvasaṃvara).
Da quel momento il bodhisattva
si incammina lungo un percorso spirituale descritto in differenti
modi dalle varie scuole Mahāyāna. Nelle scuole di origine
Yogacara (dette anche Vijñānavāda o Cittamātra) ad esempio egli
si avvia a percorrere i "cinque sentieri" (pañca-mārga).
Con l'inizio del terzo di questi
"cinque sentieri", il bodhisattva diviene un
āryabodhisattva avviandosi quindi ad entrare nelle "terre"
(bhūmi) dei bodhisattva, indicate come dieci (daśa
bhūmi). Anche queste terre vengono denominate e descritte in
differenti modi dalle diverse scuole.
Raggiunta e completata l'ultima delle
"dieci terre", denominata come Dharmameghabhūmi
(Terra delle nuvole del Dharma, in alcune scuole indicata come
Buddhabhūmi o anche Tāthāgatabhūmi) il bodhisattva
acquisisce lo stato di Samyaksaṃbuddha (Buddha perfetto)
potendo far "piovere" il Dharma su tutti gli esseri
senzienti.
Il bodhisattva e l'aspirazione a conseguire l'Illuminazione"
(bodhicitta)
Avalokiteśvara (tib. sPyan-ras-gzigs
dbang-phyug) nella tradizione tibetana. Questo Avalokiteśvara è
dipinto come Ṣaḍakṣarin (Signore delle sei sillabe:
Ṣaḍ-akṣara) ovvero del mantra Oṃ Maṇi Padme Hūṃ.
In qualità di Ṣaḍakṣarin, Avalokiteśvara sta seduto a
gambe incrociate (padmāsana). Con le quattro mani regge: con
la destra un rosario (Akṣamālā,
in genere composto da 108 grani, ma in questo dipinto è composto dal
sottomultiplo di 54) dove per ogni grano recita il mantra; con la
sinistra regge un fiore di loto (padma) simbolo della purezza;
con la coppia delle mani centrali, Avalokiteśvara regge una pietra
preziosa denominata cintāmaṇi (pietra preziosa del
pensiero) pronta ad esaudire ogni desiderio e qui rappresentata da un
cristallo ovale di colore azzurro.
Il bodhisattva mahāsattva
Mañjuśrī in una rappresentazione giapponese del XVI secolo
conservata al British Museum. Mañjuśrī (giapp. 文殊
Monju) viene qui rappresentato come Siṃhāsana Mañjuśrī
(Mañjuśrī a dorso di un leone ruggente). Tale raffigurazione
ricorda la leggenda asiatica di un leone che aveva fatto resuscitare
con un ruggito i propri cuccioli nati morti. La rappresentazione del
"leone ruggente" richiama in Asia la capacità di provocare
la rinascita spirituale. Mañjuśrī impugna con la mano destra la
"spada" (khaḍga) ad indicare la distruzione
dell'ignoranza (avidyā), mentre con la mano sinistra regge un
rotolo dei Prajñāpāramitāsūtra con cui infonde la
"sapienza" (prajñā).
La bodhisattva mahāsattva
Prajñāpāramitā (Giava). Le mani sono poste nell'attivazione della
Ruota del Dharma (dharmacakrapravartanamudrā). Pollice e
indice della mano destra si toccano a formare al Ruota del Dharma,
mentre quelle della sinistra la mettono in movimento. In quanto
bodhisattva mahāsattva indossa una corona a "cinque
foglie" (o "punte") che la indicano come una entità
non soggetta alle leggi naturali.
L'avvio del percorso spirituale del
bodhisattva consiste nello sviluppare la "mente del
Risveglio" ovvero il pensiero di ottenere l'"Illuminazione"
per il bene di tutti gli esseri senzienti:
«Sono il protettore dei non
protetti, il capocarovana dei viaggiatori. Sono diventato la barca,
la strada e il ponte di coloro che desiderano raggiungere l'altra
riva. Possa io essere una luce per coloro che hanno bisogno di luce.
Possa io essere un letto per coloro che hanno bisogno di riposo.
Possa io essere un servo per coloro che hanno bisogno di servigi, per
tutti gli esseri incarnati. [...] Così possa io essere di
sostentamento in molti modi per il regno degli esseri innumerevoli
che dimorano in ogni parte dello spazio, finché tutti non abbiano
ottenuto la liberazione. Nello stesso modo in cui i Sugata passati
assunsero la mente del risveglio, nello stesso modo in cui essi
progredirono nell'addestramento del bodhisattva. Così ecco io
stesso genererò la mente del risveglio per il benessere del mondo, e
proprio così mi addestrerò in quei precetti secondo l'ordine
dovuto.»
(Śāntideva.
Bodhicaryāvatāra, cap. II "Adozione della
mente del risveglio". Roma, Ubaldini, 1998 pag.59)
Il voto del Bodhisattva (praṇidhāna)
L'ingresso nella "Via del
bodhisattva" (bodhisattvayāna, Veicolo dei
bodhisattva) è preceduto da un voto pronunciato da un monaco o da un
laico di fronte al proprio maestro e, idealmente, di fronte
all'assemblea dei buddha.
Esistono diverse forme di voto del
bodhisattva ma tutte si fondano sulla ferma decisione di
raggiungere la bodhi al fine di salvare tutti gli esseri
senzienti.
Le perfezioni del Bodhisattva (pāramitā)
Le pāramitā sono le
"perfezioni" o "virtù" che il bodhisattva
deve seguire e conseguire lungo il suo cammino di perfezionamento
spirituale. Esse consistono in vissuti illuminati dalla saggezza
superiore e che trascendono dalla discriminazione tra sé stessi e
gli altri. Esistono due elenchi di pāramitā, uno composto da
sei pāramitā (ṣaṣ pāramitā), ed è il più
frequente, ed un secondo che aggiunge altre quattro pāramitā
alle prime sei denominandosi daśa pāramitā (Dieci
pāramitā). Questa ultima elencazione di dieci pāramitā
è presente nel XXXI capitolo dell'Avataṃsakasūtra, il
Daśabhūmika-sūtra (十住經,
Shízhù jīng, giapp. Jūjū kyō, Sutra delle dieci
terre) conservato al T.D. 286 dello Huāyánbù.
Le sei
pāramitā:
Dāna pāramitā:
generosità, disponibilità;
Śīla pāramitā:
virtù, moralità, condotta appropriata;
Kṣanti pāramitā:
pazienza, tolleranza, sopportazione, accettazione;
Vīrya pāramitā:
energia, diligenza, vigore, sforzo;
Dhyāna pāramitā:
concentrazione, contemplazione;
Prajña pāramitā:
saggezza, comprensione;
I quattro aggiuntivi secondo il
Daśabhūmika-sūtra sono:
7. Upāya pāramitā:
abili mezzi;
8. Praṇidhāna
pāramitā: voto, risoluzione, aspirazione, determinazione;
9. Bala pāramitā:
forza spirituale;
10.
Jñāna pāramitā: conoscenza.
I precetti del Bodhisattva (bodhisattvasaṃvara)
L'ingresso nella Via del bodhisattva
e quindi il pronunciamente del voto di bodhisattva implica il
rispetto di una serie di precetti.
Questi precetti mahāyāna sono
elencati nei Canoni buddhisti cinese e tibetano conservando alcune
differenze tra loro.
Nel Buddhismo afferente al Canone
cinese i precetti del bodhisattva vengono elencati in dieci
principali e quarantotto secondari.
Nel Buddhismo afferente al Canone
tibetano i precetti del bodhisattva vengono elencati in
diciotto principali e quarantasei secondari.
I "Cinque sentieri" del Bodhisattva (pañca-mārga)
Il Buddhismo Mahāyāna riprende la
descrizione dei "Cinque sentieri" pañca-mārga di
perfezionamento spirituale indicate dal Buddhismo dei Nikāya,
segnatamente dalle scuole Sarvāstivāda e Sautrāntika. Tale
approccio prevede che il bodhisattva proceda lungo cinque
itinerari spirituali che, tuttavia, a differenza di quelli suggeriti
dalle scuole hīnayāniche sono centrati al fine di far
raggiungere la bodhi a tutti gli esseri senzienti piuttosto
che la salvezza personale. I cinque sentieri del Mahāyāna
conservano dunque gli stessi nomi di quelli delle scuole hīnayāniche
e sono:
Saṃbhāramārga (sentiero
dell'accumulazione): inizia con il Voto del Bodhisattva (praṇidhāna)
e finisce con l'accoglimento della dottrina della vacuità
(śūnyatā); qui il bodhisattva procede "accumulando"
'meriti' indispensabili per il prosieguo del cammino.
Prayogamārga (Sentiero
dell'impegno): il bodhisttava abbandona le passioni ma può
conservare ancora punti di vista erronei, riesce ad assumere su di
sé le sofferenze degli esseri senzienti e quindi bruciare le
proprie tendenze karmiche negative. L'ultima fase di questo
sentiero, denominata Laukikāgradharma (Supremo Dharma
mondano) può essere conseguito solo dagli esseri umani, in quanto
questa forma di esistenza consente l'esperienza del dolore,
esperienza indispensabile per il progresso spirituale. I deva,
ovvero le divinità che vivono una condizione di felicità, non
possono superare questo sentiero.
Darśanamārga (Sentiero
della visione): questo sentiero corrisponde all'ingresso nella prima
"terra" (bhūmi) dei bodhisattva (Pramuditābhūmi,
"Molto felice"). Il bodhisattva è ora un Āryabodhisattva
(nobile bodhisattva), ha superato le passioni più
grossolane, ha compreso in fondo la dottrina della vacuità, ha
superato le nozioni erronee di esistenza inerente ai singoli
elementi della Realtà, nasce quindi in lui un forte vissuto di
felicità grazie alla consapevolezza di essere utile agli esseri
senzienti e di poter raggiungere la bodhi definitiva.
Bhāvanāmārga (Sentiero
della pratica meditativa): questo sentiero corrisponde al procedere
del bodhisattva tra la seconda terra Vimalābhūmi ("Terra
della Purezza") e la decima terra Dharmameghabhūmi
("Terra delle Nuvola del Dharma"). Il suo progredire
costante per mezzo del Nobile Ottuplice Sentiero (ārya aṣṭāṅgika
mārga) gli fa abbandonare le condizioni negative latenti. Il
tragitto lungo le dieci terre è lunghissimo, secondo le fonti
tradizionali occorrono due asaṃkhyeya kalpa (due eoni
incalcolabili)
Aśaikṣamārga (Sentiero
che va oltre gli apprendimenti): il bodhisattva è ora un buddha
completo, un samyaksaṃbuddha.
Le "Dieci terre" del Bodhisattva (daśa bhūmi)
Il Daśabhūmikasūtra è il
sūtra principale che enuncia la dottrina delle bhūmi,
indicando nella bodhicitta (Mente del Risveglio, ovvero
l'aspirazione ad ottenere il Risveglio) il primo passo per entrarvi.
Di seguito l'elencazione e la illustrazione delle daśa bhūmi
così come presentata nel Daśabhūmikasūtra:
Pramuditābhūmi ("Terra
della Grande gioia")
Vimalābhūmi ("Terra
della Purezza")
Prabhākarībhūmi ("Terra
che illumina")
Arciṣmatibhūmi ("Terra
Radiante")
Sudurjayābhūmi ("Terra
impegnativa da superare")
Quando ottiene questa bhūmi
il bodhisattva cerca di aiutare gli esseri senzienti a
ottenere la maturità, ma non si lascia coinvolgere emotivamente
quando tali esseri rispondono negativamente impedendo così a Māra,
il tentatore dello stesso Gautama Buddha, di avere la meglio, e ciò
è molto difficile; la pāramitā praticata è la
concentrazione meditativa (dhyāna).
Abhimukhībhūmi ("Terra
in vista della Realtà", o "Terra faccia a faccia")
Dūraṃgamābhūmi ("Terra
che procede lontano")
Acalābhūmi ("Terra
immutabile")
Sādhumatībhūmi ("Terra
del Buon discernimento")
Dharmameghabhūmi ("Terra
delle Nuvola del Dharma")
Con il superamento delle dieci bhūmi,
secondo il Buddhismo Mahāyāna, il bodhisattva consegue
l'Illuminazione completa (l'anuttarā-samyak-saṃbodhi) e
diviene un buddha.
Da tener presente, come nota Nakamura
Hajime, che in alcune tradizioni buddhiste afferenti al Canone
cinese, come le scuole Chán e Zen, il percorso del bodhisattva
viene inteso attraverso non un procedere graduale ma immediato ovvero
per tramite una "illuminazione" (悟
wù, giapp, satori) raggiunta subitaneamente.
Allo stesso modo alcune tradizioni afferenti al Canone tibetano
nonché al Buddhismo esoterico estremo-orientale, ritengono che per
mezzo di alcune pratiche dette "tantriche" l'obiettivo
dell'anuttarā-samyak-saṃbodhi possa essere conseguito "in
questo corpo e in questa vita".
I Bodhisattva cosmici (Mahāsattva) del Buddhismo Mahāyāna
Nei testi religiosi del Buddhismo
Mahāyāna e del Mahāyāna-Vajrayāna compaiono spesso dei
bodhisattva pienamente illuminati che hanno raggiunto
l'apratiṣṭhita-nirvāṇa (nirvāṇa non statico o
non dimorante), il nirvāṇa completo del Mahāyāna ma che,
tuttavia, rinunciano all'estinzione completa (parinirvāṇa)
propria dei buddha scegliendo quindi di rinascere per aiutare
gli esseri senzienti. Questi esseri vivono quindi nel saṃsāra
ma non ne sono coinvolti.
Tali bodhisattva sono indicati
come bodhisattva mahāsattva (grandi esseri) e sono dotati dei
completi poteri (bāla) e perfezioni (pāramitā)
complete acquisite con il raggiungimento di tutte le "Dieci
terre" (daśa-bhūmi) dei bodhisattva. Tali
bodhisattva mahāsattva non sono soggetti alle "leggi
naturali", possono acquisire differenti forme fenomeniche e
apparire contemporaneamente in più luoghi, grazie ai meriti karmici
(puṇya) acquisiti possono trasferire tali meriti a quegli
esseri senzienti con un karman negativo per alleggerire lo
stesso.
Nei paesi di cultura Mahāyāna e
Mahāyāna-Vajrayāna questi bodhisattva mahāsattva hanno dei
propri culti che li accostano alle divinità (deva)
protettrici del Buddhismo, ma non devono essere confusi con queste
ultime in quanto le "divinità" sono di rango assolutamente
inferiore non avendo realizzato alcun tipo di nirvāṇa e
nemmeno avviato il percorso delle bhūmi dei bodhisattva
e quindi sono collocate a pieno titolo nel saṃsāra
soffrendone le conseguenze.
Tra i bodhisattva mahāsattva
presenti nella letteratura Mahāyāna e Mahāyāna-Vajrayāna e nei
relativi culti religiosi, ricordiamo:
Ākāśagarbha (Colui che ha
origine nell'etere): nella letteratura non gli viene attribuita
alcuna funzione precisa se non una generica "protezione della
saggezza".
Avalokiteśvara (Colui che ascolta
i dolori del mondo): è considerato il bodhisattva della
compassione.
Kṣitigarbha (Colui che origina
dalla Terra): è il bodhisattva protettore dei monaci
buddhisti e dei defunti, in particolare ha cura degli esseri
senzienti dal parinirvāṇa del Buddha Śākyamuni fino
all'avvento del prossimo buddha Maitreya.
Mahāsthāmaprāpta: è inteso
come la "saggezza" del Buddha Amitbāha. Rappresenta anche
uno degli otto grandi bodhisattva del Buddhismo esoterico
sino-giapponese.
Maitreya (il Buono): è l'unico
bodhisattva menzionato nel Canone pāli (Metteya),
secondo alcune tradizioni si manifesterà come buddha
trascorsi cinquemila anni dal parinirvāṇa del Buddha
Śākyamuni. Attualmente risiede nel paradiso di Tuṣita con il
nome di bodhisattva Nātha.
Mañjuśrī (Bellezza amabile):
insieme ad Avalokiteśvara è considerato il bodhisattva
mahāsattva più importante. Rappresenta, tutela e infonde la
"saggezza" e la "sapienza" (prajñā).
Protegge coloro che studiano la dottrina buddhista offrendo loro le
capacità di comprensione, memoria e intelligenza.
Prajñā o Prajñāpāramitā
(Saggezza): è una bodhisattva mahāsattva femminile, legata
alla "saggezza" e come tale "madre" di tutti i
buddha. Nel tempo è stata associata a Tārā.
Samantabhadra (Pieno di
benedizioni): nel Buddhismo indiano è inteso come il protettore di
coloro che diffondono il Dharma buddhista; nel Buddhismo tibetano è
inteso come colui che esprime la karuṇā; nel Buddhismo di
riferimento del Canone cinese è inteso come colui che protegge i
praticanti la meditazione.
Tārā (Stella): è una
bodhisattva mahāsattva femminile. Originariamente
considerata emanazione di Avalokiteśvara, essendo nata da un fiore
di loto sorto da un lago in cui si erano raccolte le lacrime di
questo bodhisattva cosmico, versate alla vista delle sofferenze
degli esseri senzienti, Tārā acquisirà nei secoli una propria
fisionomia legata al ruolo di "madre" degli esseri
senzienti e loro salvatrice. Molte entità bodhisattviche femminili
sono associate a Tārā assumendone la fisionomia e differenziadosi
per i differenti colori.
Galleria di rappresentazioni figurative di bodhisattva cosmici
-
Siddhartha Gautama rappresentato come
un bodhisattva. Gandhāra, II-III secolo.
-
Bodhisattva. Gandhāra, II-III secolo.
-
Assemblea di bodhisattva. Cina, VI
secolo.
-
Murale di bodhisattva. Cina, Dinastia
Tang.
-
Ākāśagarbha.
Giappone, IX secolo.
-
Murale di un bodhisattva. Cina, X secolo.
-
Avalokiteśvara. India, XI-XII secolo.
-
Mahāsthāmaprāpta. Cina, XIII
secolo.
-
Mañjuśrī attraversa il mare.
Giappone, XIV secolo.
-
Kṣitigarbha. Giappone, XV secolo.
-
Samantabhadra. Giappone.
-
Maitreya. Tibet.