Truppa di alabardieri
scozzesi in una rievocazione storica.
Un'arma inastata è un'arma per
il combattimento ravvicinato nella quale la parte deputata all'uso
bellico è collocata al termine di un'asta, solitamente di legno
duro, al fine di estendere il più possibile il raggio d'azione di
colui che la brandisce e di amplificare il momento angolare onde
ottenere più danno nel momento in cui la sommità giunge a contatto
con il bersaglio. L'origine delle armi inastate è antichissima,
basti considerare la stretta relazione tra la zagaglia ed il coltello
di selce dell'Età della Pietra, ed ha portato allo sviluppo di una
notevole quantità di tipologie di armi (picca, alabarda, berdica,
azza etc.) sia in Europa che in Asia.
Storia
Nativo americano della
tribù Hupa con la sua lancia - 1923.
Lance con lama di selce -
Parco nazionale di Mesa Verde.
La storia delle armi inastate comincia
nell'Età della pietra, quando i primi uomini legarono ad un lungo
manico di legno un coltello di selce ed ottennero la prima forma di
lancia a noi nota. La lancia e le armi inastate in generale sono
state impiegate in ogni guerra prima della supremazia delle armi da
fuoco, passando dai cacciatori preistorici agli opliti dell'Antica
Grecia fino ai picchieri dell'età moderna.
Lo studio e la classificazione della
armi inastate sono però, come già osservava lo storico britannico
Oakeshott, materia incredibilmente complessa. La grande diffusione di
questa tipologia di armamento nel Basso e Tardo Medioevo portò ad un
fiorire di nomi e definizioni che, già nel XVII secolo rendeva
difficile evincere le effettive differenze correnti tra l'uno e
l'altra tipologia di arma. I tentativi di classificazione operati nel
XIX secolo finirono ulteriormente con il complicare le cose. Ad oggi,
in buona sostanza, esistono più nomi indicanti armi inastate che
armi vere e proprie.
Antichità
Lame di varie armi
inastate dei Daci - Museo transilvanico di Cluj-Napoca (Romania).
La creazione dei primi eserciti stabili
e la nascita dei primi grandi imperi (Sumeri, Egizi, Ittiti)
incentivò lo sviluppo della metallurgia e degli armamenti,
apportando massicce evoluzioni alle armi precedentemente in uso
presso le popolazioni di cacciatori-raccoglitori dell'età della
pietra. Mentre si diffondeva l'uso della spada e dello scudo, dalla
lancia, originariamente arma versatile, atta sia alla mischia che al
lancio, svilupparono due forme distinte di arma: l'arma inastata da
mischia, pesante ed atta a prolungare il campo d'azione del
combattente, ed il giavellotto, evoluzione della zagaglia primitiva
unicamente atto all'uso come proiettile.
Con la nascita della fanteria pesante,
tradizionalmente esemplificata dall'oplita dell'Antica Grecia,
protetto da elmo, corazza, schinieri e scudo di bronzo, si codifica
il modello della lancia pesante (dory in greco antico), con asta in
legno duro lunga 2-3 metri, lama massiccia di metallo e sauroter pure
di metallo. Le successive evoluzioni delle armi inastate non sono
caratterizzate, nel periodo ellenistico e durante l'Impero romano, da
una particolare fantasia nelle forme o nell'utilizzo: la sarissa
degli opliti del Regno di Macedonia (v. falange macedone) ed il
contus dei nomadi Sarmati sono semplicemente delle lance con lama ed
asta più lunghe rispetto allo standard della dory greca. Il
sistematico diffondersi della cavalleria pesante, cominciato con gli
hetairoi di Alessandro Magno e confermato poi dai successi dei
cavalieri ostrogoti a partire dal III secolo, gettò però le basi
della successiva, massiccia evoluzione e diversificazione delle armi
inastate in epoca medievale.
Menzione particolare merita una forma
particolare di arma inastata sviluppatasi nei Balcani presso i Traci:
la falce da guerra, ottenuta inastando la lama della falce
(attrezzo), arma da taglio da brandire a due mani con l'intento di
vanificare l'eventuale superiorità dell'apparato difensivo del
nemico.
Medioevo
L'adunanza cittadina di
Zurigo del 1º maggio 1351; le guardie impugnano alabarde ed azze.
(Dipinto di Diebold Schilling il Giovane, 1513)
Picchieri svizzeri nella
battaglia di Morgarten del 1315. (Tratto dallo Tschachtlanchronik di
Bendicht Tschachtlan del 1470)
Illustrazione da Sir
Gawain e il Cavaliere Verde, uomo armato di bardica in primo
piano.
Esercizi con armi inastate
dal Flos duellatorum di Fiore dei Liberi.
La fondazione del Sacro Romano Impero e
la diffusione del feudalesimo, unitamente alle particolari
caratteristiche orografiche del territorio francese, culla della
civiltà medievale, portarono ad un radicale mutamento nell'arte
della guerra europea: l'esito delle battaglie non venne più deciso
dalle forze di fanteria, com'era valso ai tempi dei greci e dei
romani, ma da quelle di cavalleria.
In un panorama bellico dominato dalla
figura del soldato a cavallo protetto da un pesante usbergo in maglia
metallica, poi irrobustito da piastre di metallo, e da uno scudo
sempre più massiccio ed allungato, le armi inastate si trovarono a
dover soddisfare i bisogni di due utenze ben distinte: il cavaliere,
deciso a sfruttare la propria posizione di vantaggio sia nello
scontro con il fante che contro altro cavaliere, ed il fante, deciso
a ridurre il vantaggio tattico garantito al cavaliere dalla sua
posizione sopraelevata e dalla maggior velocità garantitagli dalla
cavalcatura.
Il contus della cavalleria
pesante tardo-antica si evolse nella lancia da giostra, con
padiglione paramano e lunghezza fino a 5 metri, gestibile dal
cavaliere con una sola mano grazie all'invenzione della resta (XV
secolo). Parallelamente, a partire dal XIII secolo le forze di
fanteria, principalmente costituite da leve cittadine, ricorsero
all'uso della picca, in buona sostanza un'evoluzione della sarissa
caduta in disuso nel II secolo a.C.
Particolare forma di armi inastate,
sviluppatasi nei territori occupati dai Vichinghi (Scandinavia,
Ucraina ed Inghilterra), furono le scuri in asta. L'ascia danese, la
cui lama era montata al vertice di un'asta lunga fino a 2 metri,
differisce infatti notevolmente dalla normale ascia da battaglia. Dal
modello della scure danese, diffusasi nell'Europa del Nord intorno
all'XI secolo, originò in epoca più tarda la berdica, una sorta di
ibrido tra la scure vichinga inastata e la primitiva alabarda.
Il bisogno di difendersi dai soprusi
dei cavalieri e la proibizione, per i plebei, di possedere e
mantenere equipaggiamento e cavallo al di fuori del seguito di un
signore feudale, spinse inoltre verso lo sviluppo di nuove armi
inastate dalle fogge fantasiose, spesso derivate dagli attrezzi
agricoli, capaci sia di offendere un bersaglio a cavallo sia di
agganciarlo per strapparlo dalla sella. Esempio classico di queste
nuove armi, diffusesi a partire dal XII secolo, furono l'azza ed il
roncone, poi sviluppate in armi più raffinate e maneggevoli come
l'alabarda, la partigiana, la corsesca.
Originatesi in ambiente plebeo, queste
nuove armi da mischia, non sempre dotate di un'asta eccessivamente
lunga (quella un'alabarda, di norma, misurava non più di 2 metri,
ben lontani dai 4 metri di una picca!), vennero anche brandite dai
cavalieri. Le grandi evoluzioni tattico-strategiche imposte dalle
Crociate (XI-XIV secolo) avevano costretto la casta guerriera europea
a superare il semplicistico concetto della cavalcata come manovra
risolutiva degli scontri. Già durante le operazioni di sbarco a
Damietta (Egitto) nel corso della Settima crociata (1249), Luigi IX
di Francia aveva fatto ricorso a cavalieri riconfigurati in picchieri
per respingere le cariche della cavalleria egiziana durante lo
scarico dei cavalli e del resto delle truppe dalle navi cristiane.
L'uso dell'azza, dell'alabarda e di altre armi inastate figurò così
a pieno titolo tra le lezioni descritte nel manuale di scrima
(scherma tradizionale italiana) Flos Duellatorum in armis, sine
armis, equester et pedester del maestro Fiore dei Liberi
(1350-1420), a conferma di una tradizione bellica ormai ben
radicatasi nel corso del Trecento.
I grandi successi militari dei
picchieri dei corpi di mercenari svizzeri, cominciati nel XIV secolo
e poi ratificati dalle pesanti sconfitte inferte alla cavalleria
pesante del duca di Borgogna Carlo il Temerario nelle battaglie di
Grandson, Morat (1476) e Nancy (1477), confermarono il ritorno della
fanteria ad elemento determinante nello stabilire l'esito delle
battaglie.
Evo Moderno
La mischia dei picchieri
lanzichenecchi (XVI secolo) - Hans Holbein il Giovane.
Picchiere inglese del
1668.
La massiccia diffusione delle armi da
fuoco negli eserciti del XVI secolo, sia nei corpi di fanteria
(archibugieri e moschettieri) che di cavalleria (si pensi ai Reiter
tedeschi armati di petrinale e pistola a ruota o agli harquebusiers
armati di archibugio), ridusse il campo d'utilizzo delle armi
inastate. La picca continuò ad essere ampiamente utilizzata nei
quadrati di fanteria per tutta la Guerra dei Trent'anni ed ancora al
tempo di Luigi XIV di Francia, mentre alabarde e partigiane
divenivano armi da parata o deputate ai corpi incaricati di garantire
la difesa personale dei sovrani. Sparirono invece abbastanza
rapidamente ronconi, azze, mazzapicchi ecc.
Nel XVIII secolo, il ricorso alla
baionetta negli eserciti europei rese, di fatto, inutili i corpi dei
picchieri. Mentre la potenza delle armi da fuoco cresceva
sistematicamente, rendendo primario per la fanteria l'addestramento
all'uso di tali armi dei soldati appiedati, la cavalleria pesante
sviluppava le tattiche seicentesche del caracollo e della carica alla
sciabola fino alle loro estreme conseguenze e si diffondeva l'uso dei
dragoni, corpi di fanteria montata. Le guerre di Federico II di
Prussia (1740-1786) e di Napoleone segnarono la definitiva chiusura
dell'epoca d'oro delle armi inastate nel teatro bellico europeo.
L'ultima battaglia in cui l'uso della picca ebbe un ruolo
determinante fu la Battaglia di Racławice combattuta il 4 aprile
1794 tra i ribelli polacchi di Tadeusz Kościuszko e le forze
dell'impero russo risoltasi proprio con una vittoria dei picchieri
polacchi.
La lancia da cavalleria, notevolmente
alleggerita rispetto al modello medievale, continuò a restare in uso
per tutto il XIX secolo, periodo in cui si diffusero negli eserciti
europei i reggimenti di cavalleria indicati appunto come lancieri.
Solo a seguito della prima guerra mondiale la lancia cadde
definitivamente in disuso come arma d'ordinanza divenendo arma da
parata.
Estremo Oriente
Samurai giapponesi con
diverse armi inastate - ca. 1880.
Pratica
La foggia stessa del roncone o della
corsesca suggerisce la versatilità d'uso cui le armi inastate del
periodo medievale potevano essere deputate. La descrizione delle
modalità di attacco e di parata con ronconi, alabarde e quant'altro,
nei vari manuali di scrima pervenutici, conferma questa versatilità.
La dove la picca era atta ad offendere principalmente di punta o al
massimo per essere vibrata contro un cavaliere al galoppo, ronche,
azze e corsesche permettevano di agganciare un avversario corazzato e
trascinarlo a terra. I mazzapicchi potevano bucare con i loro aculei
ricurve le piastre e gli elmi dei cavalieri, mentre la lama di scure
di un'alabarda poteva colpirli anche in sella.
Nelle mischie tra fanti, le armi
inastate tardo-medievali si scontravano le une contro le altre in una
schermaglia che sviluppò notevolmente la scherma della lancia da
fanteria dell'antichità. Oltre all'affondo ed al colpo di ritorno
con la parte interiore dell'asta, spesso rinforzato da un supporto
metallico simile al sauroter della dory greca, ronche,
corsesche, azze ed alabarde potevano agganciarsi le une alle altre o
aggirare la guardia dell'avversario per un colpo alle spalle grazie
ai loro rebbi ed uncini.
-
Posizione di guardia, vista laterale.
-
-
-
-
Posizione di guardia, vista frontale.
Elenco
delle armi inastate
Antichità
Dory, la lancia da mischia degli
opliti greci;
Falce da guerra;
Hasta, la lancia da mischia dei
primi legionari romani, evolutasi dalla dory greca;
Romfaia, ibrido tra una spada a
due mani ed una falce da guerra;
Sarissa, la lunghissima picca dei
falangiti macedoni;
Tridente
Europa
Rastrelliera di armi
inastate del Medioevo europeo - Museo delle armi Luigi Marzoli.
Alabarda, arma inastata per
antonomasia, la cui testa metallica assommava la lama di una scura,
di una lancia e di un uncino;
Alighiero
Ascia danese, lama di scure
inastata su un manico di legno lungo fino a 2 metri, in suo presso i
vichinghi;
Ascia Lochaber, variante scozzese
della berdica;
Azza
Berdica, sorta di ibrido tra la
mannaia e la scure danese a manico lungo;
Brandistocco, massiccia arma
ibrida tra la lancia e la forca;
Buttafuori (arma), equivalente,
per la lancia, del bastone animato;
Corsesca
Falce da guerra, elementare arma
inastata ottenuta verticalizzando rispetto all'astile la lama della
falce;
Falcione, versione più raffinata
della falce da guerra;
Forca da guerra
Lancia da giostra, la lancia da
cavalleria pesante per antonomasia, lunga oltre 4 metri, con
padiglione paramano, punta cuspidata e gancio d'arresto da fissarsi
alla resta assicurata alla corazza pettorale del cavaliere;
Lanzalonga, prototipo italiano
della picca;
Mazzapicchio, evoluzione per il
quadrato di fanteria del martello d'armi in uso alla cavalleria
pesante;
Partigiana
Picca, l'enorme lancia da fante,
lunga sino a 5 metri, discesa dalla sarissa;
Roncone
Spiedo da guerra
Spuntone, sorta di mezza-picca
affine alla partigiana. Fu la più longeva delle armi inastate,
scomparendo solo nel tardo XIX secolo;
Voulge, sorta di ibrido tra
la mannaia ed il falcione.
Estremo Oriente
Bisento;
Guan dao, falcione cinese;
Gē, l'"ascia-daga"
cinese, antica e particolarissima arma inastata dell'Età del
Bronzo;
Ji, alabarda cinese;
Nagamaki, arma giapponese, sorta
di ibrido tra una spada katana ed un falcione;
Naginata, falcione giapponese con
lama simile a quella della spada katana;
Pudao, altra forma di falcione
cinese;
Yari, picca giapponese con lunga
lama diritta;
Yuèyáchǎn, "Vanga della
Luna Crescente" o "Vanga del Monaco", strana forma di
falcione cinese con lama di mannaia "a pennello" ad una
estremità ed un forcone all'altra estremità.
Wol-do, o "Spada della luna
crescente", variante coreana del guan dao cinese;
Zhua, letteralmente "Lungo
artiglio d'acciaio", sorta di rastrello da guerra cinese;