mercoledì 31 luglio 2019

Ying Zhao Quan


La Boxe dell'Artiglio dell'Aquila
L'artiglio dell'aquila è uno stile maggiore di gong fu utilizzato sul campo di battaglia e tramandato di generazione in generazione fino ai nostri giorni.
Classificato come stile imitativo il Yingzhaoquan (Ying chao chuan) si distingue per i suoi movimenti compatti, tecniche facilmente utilizzabili, prese e lussazioni che lo caratterizzano in maniera distintiva come uno stile efficace per la lotta corpo a corpo, e nello stesso tempo come un efficace sistema per la salute.


STORIA
Le leggende molto antiche raccontano che le forme originali dello stile furono create dal generale Yue Fei durante l’epoca delle incursioni delle truppe mongole nel nord della Cina, prima dell’anno 1130. Si dice che Yue Fei insegnò questa tecnica chiamandola Yueshi Wugong (tecnica militare della famiglia Yue) ai suoi soldati, che ottennero numerose vittorie nei campi di battaglia durante la dinastia Song (1127-1279).            Le ultime tracce storiche, secondo registri storici molto antichi, ci riconducono a Liu Shijun, un nativo di Xiongxian, nella provincia dello Hebei durante la dinastia Qing (1644-1911). Liu, un giovane amante delle arti marziali, un giorno stava praticando quando ebbe un incontro fortuito con il monaco Fa Cheng. Dopo aver iniziato i suoi esercizi, il monaco si avvicinò e spiegò a Liu che la sua routine di esercizi era buona solo come esercizi per la salute ma che non gli sarebbero serviti a molto per lottare contro dei nemici. Liu allora chiese al monaco se poteva provare ad attaccarlo per verificare le sue parole e così fu. Liu lanciò tre attacchi di seguito, dai quali il monaco si difese con facilità, appena iniziò il suo quarto attacco la sua mano fu afferrata fortemente dal monaco che stringendolo saldamente per un polso gli impedì qualsiasi tipo di reazione. Immediatamente dopo il monaco toccò un punto della spalla di Liu, lasciandolo al suolo senza respiro. Dopo una simile dimostrazione, Liu Shijun seguì il monaco Fa Cheng, apprendendo varie forme del sistema Yueshi Sanshou, soprattutto la forma lianquan (boxe continua) e le tecniche di Qinna (Chin Na) proprie del sistema. Tre anni più tardi, Liu lascia il monaco Fa Cheng e inizia a viaggiare per tutto il nord della Cina alla ricerca di altri stili fino a quando incontra il monaco Dao Ji, maestro del suo maestro, che sotto la propria tutela lo introduce ad altri stili del nord.
Da questo momento, Liu si dedicherà completamente alle tecniche di presa e lussazione ricevendo il nome di XiongXian Liu e insegnerà alle truppe imperiali a Beijing.


CARATTERISTICHE DELLO STILE
Per spiegare le caratteristiche dello Yingzhaoquan inizieremo descrivendo le qualità del combattimento. Lo stile tradizionale possiede sette principi che si conoscono come:
Accecare e saltare
Afferrare e assoggettare
Schiacciare e annodare
Spingere e tirare
Spazzare e proiettare
Attaccare i punti vitali e lasciare senza respiro
Tagliare le vene e scheggiare le ossa

E' evidente che l’essenza del sistema e strettamente relazionata alle abilità del Qinna ereditata dal Yueshi Wugong (tecnica militare della famiglia Yue), ragione per la quale, si attribuisce al generale Yue Fei la sua creazione.
Esistono 108 tecniche di Qinna che si dividono in tre tipi:
Prese, pressioni e colpi.
Il primo gruppo è orientato al controllo dell’avversario per mezzo di lussazioni e prese dirette alle sue articolazioni, muscoli e tendini. Queste tecniche sono molto comuni nella polizia e possono essere applicate a dita, polsi, gomiti, spalle, ecc.
Il secondo gruppo è diretto a intorpidire (paralizzare) gli arti dell’avversario, le tecniche di pressione sono anche usate frequentemente sulle terminazioni nervose per causargli estremo dolore e di conseguenza la perdita di conoscenza.
Il terzo gruppo, i colpi, si applicano con il palmo. Il pugno, la punta delle dita e l’angolo della mano in punti vitali del corpo causano gravi lesioni.
Anche le cavità dei canali del Qi possono essere attaccati, ma questo già ad un altissimo livello di conoscenza del sistema, per causarne il blocco energetico. Come anche le arterie per provocarne la rottura. L’artiglio dell’aquila, che ne caratterizza il sistema, si forma serrando fortemente la seconda e terza falange delle dita e flettendo il polso in modo che il centro del palmo sia sollevato. Il palmo si usa per premere e spingere, il pugno per colpire.
L’artiglio dell’aquila si usa per afferrare e strappare. Gli attacchi possono essere portati dalla lunga e corta distanza sia con i calci (il repertorio dello stile è molto ricco di queste tecniche) che con tecniche di braccia. Il tutto si completa con giri, prese, lussazioni che si combinano con la lotta corpo a corpo.

martedì 30 luglio 2019

Matrimonio tradizionale giapponese



Per cominciare parliamo un po’ della storia del matrimonio giapponese e della sua evoluzione nei secoli.
Ci fu un tempo in cui, l’uomo si recava solo nottetempo in casa della donna amata per farle visita. Solo dopo la nascita di un bambino, o la morte dei genitori di lui, ella sarebbe stata accettata nella sua casa, come sua moglie.
Dopo numerose visite notturne, se si era fortunati, si poteva essere invitati in casa dei futuri suoceri, e condividere con loro del mochi. Questa cerimonia, chiamata Tokoro Arawashi, era la più importante tra gli antichi rituali di nozze: durante questo incontro, infatti, il giovane riceveva l’approvazione dei genitori di lei.
Con l’aumento del potere della classe guerriera, venne gradualmente adottato un sistema in cui le donne, sposando un uomo, venivano accettate a vivere con la famiglia di lui. Questa pratica nacque per esigenze politiche (matrimoni combinati tra i discendenti dei signori di due feudi che, con l’unione, suggellavano una specie di alleanza), ma divenne una pratica accettata, e un modo ufficiale di celebrare l’unione di coppia a partire dal XIV secolo in poi.
Naturalmente poteva funzionare anche in maniera inversa, infatti, a volte, era l’uomo ad entrare a far parte della famiglia della moglie. Questo sistema è detto Muko-iri (l’uomo che entra nella famiglia della moglie) o Yome-iri (la donna che entra nella famiglia del marito).
Con l’introduzione di un comportamento codificato nella celebrazione delle nozze, assunse maggior importanza anche la pratica del fidanzamento ed i rituali ad esso connessi, come lo Yui-no, uno scambio di doni simbolici fra le famiglie degli sposi, a suggellare il patto raggiunto.
Questo avviene durante un incontro formale, in cui si mangia e si beve sake tutti insieme, prima di scambiarsi i regali. I più importanti tra questi doni sono quelli che si scambiano gli sposi: lui le regala un obi, simbolo di virtù femminile, mentre lei gli dona un hakama, che rappresenta fedeltà.
Vi sono inoltre altri nove doni che possono essere scambiati dai presenti, ognuno simbolo di felicità, prosperità e fortuna:


Naga-Noshi: preparato con le conchiglie di abalone, ed usato per esprimere i propri sinceri auguri.
Okane: dei soldi.
Katsuobushi: scaglie di bonito essiccato, usato per fare il dashi. Si regala per augurare alla coppia un matrimonio duraturo.
Surume: seppie essiccate, hanno lo stesso significato del katsuo bushi.
Konbu: un tipo di alga, per augurare ai futuri sposi una discendenza sana e forte.
Shiraga: canapa dalle forti fibre, utilizzata per simbolizzare il forte legame della coppia e una buona cooperazione nella vita insieme. Shiraga significa anche “capelli bianchi” e può quindi anche suggerire l’idea di un matrimonio lungo e duraturo.
Suehiro: un ventaglio, utilizzato comunemente come simbolo di felicità, in quanto, aprendosi, suggerisce un futuro più ampio e quindi migliore.
Yanagidaru: un barile per il sake. Al contrario delle normali botti, fatte con la criptomeria (sugi), questa è fatta con il salice (yui-no) che simboleggia obbedienza e gentilezza nella vita di coppia.
Vi è inoltre una lista dei regali scambiati (Mokuroku).
I regali per la cerimonia dello Yui-no sono accompagnati da una lista dei membri delle due famiglie, per facilitare l’apprendimento dei nomi e dei ruoli dei familiari che stanno per condividere il lieto evento. Lo Yui-no si svolge generalmente in un giorno ritenuto “fausto” dal calendario shintoista.
Una figura importante nel rituale del fidanzamento giapponese è il nakoudo, ossia l’intermediario. Egli è sempre presente in tutti i passi, dall’incontro dei due al loro successivo fidanzamento, fino al matrimonio. Questa figura è tipica delle unioni combinate (omiai). Solitamente è un amico di famiglia, che funge da collegamento tra i due ragazzi (nel caso dell’omiai è lui che presenta i due e si fa garante della buona riuscita dell’incontro). Anticamente, nei matrimoni tra i figli dei proprietari di due feudi, il nakoudo era una figura di tutto rispetto, al quale si affidava la buona riuscita dell’unione tra i due giovani.
Oggi non sono molti i matrimoni che vengono arrangiati tramite l’omiai, ma sicuramente è una realtà che ancora esiste.
La figura del nakoudo, comunque, è solitamente presente anche in un matrimonio d’amore: la coppia sceglie quello che è stato loro più vicino che li ha magari aiutati nella loro storia di coppia e ne fanno il loro “intermediario”.
Si precisa che in Giappone, il matrimonio vero e proprio (quello burocratico, in quanto il matrimonio religioso non esiste!!) si effettua in comune. Le celebrazioni e i rituali religiosi connessi sono effettuati solo dopo aver consegnato i documenti necessari all’ufficio comunale apposito e sono completamente slegati dal matrimonio in senso pratico, pur rimanendo un modo molto popolare di festeggiare e benedire un’unione.
I matrimoni contemporanei, vengono celebrati in molti modi diversi, e spesso contengono sia elementi tradizionali che elementi occidentali.
Ci sono inoltre sempre più coppie che vogliono un matrimonio cristiano, nonostante nessuno dei due sia credente; così è fiorito un vero e proprio business di finte chiese e finti preti che inscenano matrimoni simili all’originale, ma con nessuna valenza religiosa.
Negli ultimi anni, poi, è nata una vera e propria moda tra le coppie di sposi giapponesi, che è quella di “sposarsi” in Italia secondo gli usi europei. Oltre all’esotismo della scelta, ciò ha anche una spiegazione pratica: meno invitati aiutano ad abbattere i costi! Inoltre gli sposi si trovano già sul luogo della luna di miele!
Vi sono inoltre matrimoni celebrati con rito buddista, ma i più tradizionali rimangono quelli effettuati con rito scintoista.
Questo tipo di cerimonie possono essere effettuate sia in un tempio che in casa dello sposo. In quest’ultimo caso viene allestito nel tokonoma (il luogo sacro della casa) un santuario provvisorio.
Al giorno d’oggi, comunque, le nozze sono un grande business e molti hotel e ristoranti sono dotati di una stanza speciale per le cerimonie, o addirittura di un piccolo santuario scintoista.
Molte coppie, quindi, propendono per questa pratica soluzione: dopo la funzione religiosa, quindi, ci si può comodamente spostare nella sala adiacente, dove si svolgeranno i festeggiamenti e il pranzo nuziale!
I mesi preferiti per il matrimonio sono quelli primaverili e autunnali, ma c’è un’altra cosa da tener presente nella scelta del giorno delle nozze: i giorni considerati fortunati nel calendario scintoista (quello in cui gli dei sono più predisposti a benedire l’unione).
Spesso per prenotare il matrimonio in un giorno fortunato di maggio o giugno ci sono liste d’attesa di più di un anno!!
Le cerimonie più tradizionali prevedono che un messaggero si rechi in casa della sposa, dove si sta tenendo una festa d’addio: la ragazza, infatti, lascerà la sua famiglia d’origine per entrare a far parte di quella del marito. Il messaggero ha il compito di prelevare la donna e portarla nel luogo in cui si celebrerà il matrimonio. Oggi è più facile che entrambi gli sposi si trovino nel posto convenuto accompagnati dalle rispettive famiglie.
Il rito del matrimonio è considerato come qualcosa di sacro ed intimo, ed è per questo che vi partecipano solo i familiari degli sposi, i parenti più stretti ed i testimoni.
Le famiglie entrano da due porte separate. Sull’altare sono posate offerte di sake, frutta, sale e riso.
Il prete, che presiede la cerimonia, sta in piedi, alla destra dell’altare, alla sinistra vi sono le Miko (attendenti), vestite con giacca bianca ed hakama rossa. Gli sposi sono al centro, di fronte al prete, alle loro spalle sono i testimoni e dietro ancora le famiglie, poste ai lati, faccia a faccia, e in ordine di età (dal più anziano).
Per prima cosa, il prete effettua una purificazione rituale di tutti i presenti, agitando sulle loro teste un ramoscello di un albero sacro, spesso sostituito e rappresentato dalle famose strisce di carta bianche piegate a zig zag.
Dopo che il prete ha pronunciato un breve discorso sull’importanza del matrimonio, egli chiede ai presenti di dare il proprio appoggio alla coppia, poi le Miko servono il sake che servirà per la cerimonia del San San Ku Do (letteralmente 3, 3, 9 volte, un rituale cinese, integrato in seguito nella tradizione giapponese).
Tre tazze impilate di causa sono disposte davanti alla sposa, che si siede affianco al marito. Entrambi bevono tre sorsi di sake da ogni tazza. Alla conclusione di questo rituale elaborato la coppia è considerata sposata. Di solito questa parte della cerimonia è accompagnata da musica tradizionale (flauto e tamburi).
A questo punto la coppia avanza ed il marito leggerà un giuramento di fedeltà e obbedienza che condividerà anche la moglie, aggiungendo il suo nome alla fine del discorso.
Si versa poi del sake, che verrà condiviso dai membri delle due famiglie a suggellare la loro unione avvenuta tramite il matrimonio dei figli. Dopodiché ci si scambiano gli anelli nuziali (questa usanza, come si può ben immaginare, è stata introdotta di recente nella cerimonia, ad emulazione della tradizione occidentale). Marito e moglie si dirigono allora verso il santuario per l’offerta agli dei, consistente in alcuni ramoscelli decorati di sakaki (un albero sacro). In alcune cerimonie, gli anelli vengono scambiati a questo punto. Con ciò si conclude la parte principale della cerimonia.
Seguiranno i festeggiamenti ed il pranzo nuziale!