domenica 15 aprile 2018

Kung Fu tradizionale Cinese

Risultati immagini per Kung Fu tradizionale Cinese



La maggior parte degli storici concorda sul fatto che Bodhidarma (Ta Mo) sia veramente vissuto e abbia compiuto questo viaggio, anche se non si è sicuri della sua venuta, presso il tempio di Shaolin.
Comunque Bodhidarma era un principe indiano educato all'arte della guerra ed è quindi verosimile che abbia potuto trasmettere queste conoscenze nel corso del suo pellegrinaggio in Cina. Nella prima metà del XVII secolo a seguito dell'invasione Manciù della Cina il tempio Shaolin fu distrutto.
I monaci si dispersero in tutta la Cina dando origine a stili modificati che nel corso del tempo si diversificarono e si moltiplicarono in base alle caratteristiche fisiche dei praticanti (particolarmente le differenze tra Cinesi del Sud e del Nord).
Una prima suddivisione può essere effettuata tra stili esterni (Wai Chia) e interni (Nei Chia):
Stili esterni - privilegiano subito le doti di velocità e potenza e mettono in primo piano lo studio di molteplici tecniche arrivando infine a dare attenzione all'effetto energetico e alla respirazione.
Stili interni - privilegiano inizialmente un'abilità rivolta alla consapevolezza del corpo stesso mirato al raggiungimento dell'armonia e della rilassatezza; in tal modo è favorito da subito uno stato di movimento naturale che predispone a una corretta respirazione.
Solo successivamente vengono insegnate le tecniche di combattimento.
Un'altra distinzione è tra stili del Sud e del Nord:
Stili del Sud - caratterizzati da posizioni più alte e tecniche più corte e a breve distanza con minor presenza di tecniche al volo e acrobatiche.
Stili del Nord - caratterizzati da posizioni più basse e tecniche più lunghe maggiormente rivolte al combattimento a lunga distanza.

Kung Fu
Il Kung fu non è una disciplina violenta. Infatti è un'arte marziale tesa a raggiungere il benessere psicofisico dell'individuo. Il suo compito è quello di tenere la muscolatura elastica e di preservare la funzionalità delle articolazioni, mantenendo il corpo in uno stato generale di buona salute.
Il raggiungimento dell'equilibrio spirituale garantisce serenità d'animo, aiuta a controllare i propri istinti e a mantenere la mente vigile e scattante.
Il termine Kung Fu (secondo il metodo di traslitterazione Wade Giles, più diffuso in occidente) oppure Gong Fu (con il metodo Pin Yin riconosciuto ufficialmente dal governo di Pechino). In occidente il termine Kung Fu è spesso associato all'insieme delle arti marziali tradizionali cinesi (che sono circa 350 stili). Una delle tante differenze che distingue gli stili del Kung Fu è proprio il modo di raggiungere lo Shen (raggiungimento dell'energia interiore quindi spirituale e mentale e della maestria suprema).
La matrice del Kung Fu resta comunque la forma di Shaolin del nord chiamata Pei Pai Shaolin Ch'uan, che oltretutto è ritenuto il capostipite degli stili esterni. Gli stili interni, con il tempo si sono sempre più allontanati dallo Shaolin Ch'uan. In Europa il Kung Fu incominciò a diffondersi intorno alla metà degli anni 60, e l'incremento ci fu anche grazie all'opera di film (Bruce Lee). Ma in seguito a questi film però incominciò una visione sbagliata e ben lontana dall'idea originale di Kung Fu. Comunque fortunatamente alcuni maestri orientali si stabilirono in Italia.
Per praticare il Kung Fu non bisogna avere alcuna dote particolare, anche perché l'elasticità e il resto necessario si sviluppa con la pratica dello stile, come ad esempio nello Shaolin Ch'uan che se praticato costantemente fin da giovane garantisce un'ottima elasticità in età avanzata.
In tutti gli stili l'apprendimento prevede una buona parte di esercizi di riscaldamento per tutti i muscoli utilizzati, l'apprendimento di forme (garantiscono il proseguimento inalterato degli esercizi, insegna a coordinare i movimenti e a concatenare le tecniche da utilizzare nel combattimento) e il combattimento libero (prevede l'utilizzo di protezioni; serve a migliorare le tecniche e comunque il Kung Fu rimane un'arte marziale e non vuole assolutamente diventare uno sport come gli altri). Ampissimo è l'utilizzo di armi bianche come il bastone lungo e corto, sciabola e doppia sciabola, alabarda, lancia, vari altri tipi di spade, bastone snodato a due o tre pezzi bastone a due punte e tantissime altre.
Per quanto riguarda il vestiario questo varia da stile a stile.

Wushu
La parola Wushu è composta da due ideogrammi: "Wu" che vuol dire marziale e "Shu" arte quindi il significato è arte marziale. Il Wushu comprende, l'insieme delle arti marziali Cinesi. In Occidente il Wushu è più spesso conosciuto col nome di Kung Fu che vuol dire "duro lavoro".
Con l'invenzione delle armi da fuoco il Wushu diventò più una disciplina sportiva anche se mantenne inalterato il duro allenamento.
Nel Wushu abbiamo moltissimi stili spesso anche diversi tra loro. Sostanzialmente possiamo dividere questo stile in stili interni (privilegiano l'energia interiore) e esterni (privilegiano la forza muscolare).
Storia
Il Wushu ha una storia millenaria e si divide in Wushu tradizionale che come data storica arriva fino al 1930 (Chuan Tong Wushu) e Wushu moderno (Jindai Wushu), che si è sviluppato dal 1930 fino a oggi. Di fatto l'arte conosciuta con il nome di Wu I, fu inventata da un sacerdote di nome Shun Hiu durante il regno dell'imperatore Huang Ti (2697-2597 a.C.) quindi durante il periodo leggendario conosciuto in Cina come "l'epoca dei cinque sovrani".
Nel periodo della società schiavista il Wushu veniva praticato nell'addestramento militare. Il Wushu divenne molto presto uno stile tra i più praticati, soprattutto nei giochi militari e altre importanti manifestazioni militari. Ma la maggior diffusione di questo stile si ebbe nei periodi Ming (1368-1644) e Qing (1644-1911), nei quali si arricchì di tecniche sempre più precise ed efficaci. Nell'Ottocento in tutta la Cina si praticava il Wushu. Purtroppo a causa di una serie di dominazioni straniere il Wushu fu proibito, ma tornò a essere praticato dopo la seconda guerra mondiale con la repubblica popolare di Mao. Negli ultimi anni il Wushu è entrato a far parte dei giochi olimpici.
Tecnica
Per stili di Wushu si intendono tutti quegli stili che, con caratteristiche ben precise, si tramandano da molte generazioni. Tra questi si differenziano in stili del Nord e del Sud:
Stili del Nord: Shaolin Quan, Tang Lan Quan e il Chang Quan, sono stili in cui i movimenti sono basati sull'elasticità e sulla velocità possono essere compiuti con armi o a mani nude.
Stili del Sud: Hung Gar, Choi Lee Fut, Nam Qan, ci sono inoltre gli stili imitativi, fra i quali i più famosi sono quelli della mantide religiosa (Tang Lang), dell'Hou Quan (stile della scimmia), e dell'ubriaco (Tsui Pa Hisien).
Ci sono poi gli stili interni come il Taiji Quan o box del principio supremo, l'Hsingi o box della forma e della mante, ma ancora nel wushu si possono trovare stili come il Shuai Chiao lotta cinese

Curiosità
Nel Wushu si usano i classici vestiti mandarino di inizio secolo, composto da una giacca con i caratteristici bottoni cinesi ampi e pantaloni di colore nero, bianco o blu. Unica variante e l'agganciatura di colore diverso i maschi dritta le femmine obliqua.

Shaolin
Lo Shaolin è il primo e il più famoso tra gli stili di Kung Fu. Oggi come già ho accennato ci sono circa 350 stili di Kung Fu e tutti o derivano o vennero influenzati dallo Shaolin: maestri di stili particolari che magari vennero a contatto con maestri Shaolin inserirono nel proprio stile qualche insegnamento del monastero, altri stili derivano direttamente dallo Shaolin e altri ancora
nascono dalla fusione di Shaolin e altri stili. Comunque non solo le arti marziali tradizionali cinesi hanno in qualche modo a che fare con lo Shaolin, infatti parecchi stili in tutto l'oriente (stili giapponesi vietnamiti coreani ecc.) mostrano una certa somiglianza, chi più chi meno con lo Shaolin.

Storia
In Cina sono 5 le montagne che vengono definite "sacre", perché è da queste che si sviluppa tutta la religione cinese. In una di queste il monte Songshan, con vette alte 1400 metri, per ordine dell'imperatore Hsiao-Wen (386-534) fu eretto il monastero di Shaolin (495) "giovane foresta". Secondo la leggenda Ta Mo o più semplicemente Bodhidarma attraversando il fiume Yangtze in direzione della capitale di Honan. Arrivato sul posto proseguì verso la regione boscosa (Songshan) e fu a lato della catena Shaoshih che trovò il mitico monastero di Shaolin. Appena arrivato nel tempio non fu proprio ben accoltò per le sue idee riformiste e non gli fu concesso di rimanere all'interno del monastero.
Ma la leggenda vuole che Ta Mo rifugiatosi in una caverna li vicino meditando tutto il tempo tanto da incuriosire i monaci e gli abitanti dei villaggi vicini. Secondo il monaco questa doveva essere una trasmissione filosofica del "sigillo della mente", tanto da fargli dire più tardi "poni termine alla formazione di tutte le relazioni esteriori, e sii libero da ogni tentativo di violenza dentro il cuore, allora e solo allora, con la mente come il muro, indifferente al disordine esterno, potrai entrare nella Verità".
Insomma dopo un pò di tempo i monaci lo accettarono nel monastero, e qui incominciò a insegnare la sua visione buddista dalla filosofia Ch'an.
Vedendo che i monaci erano debolucci Ta Mo li istruì con dei movimenti per migliorare il fisico solo più tardi questi movimenti diventarono tecniche di combattimento che servivano ai monaci per difendersi dai briganti che li attaccavano quando uscivano dal monastero. Comunque l'insegnamento di Ta Mo in origine fu solo orale ma poi diventò anche scritto per tramandare in libri il sapere del saggio Bodhidarma. Quindi i monaci con i secoli crearono quello che tutti noi chiamiamo Shaolin. Dal primo tempio di Shaolin i monaci per varie ragioni costruirono altri monasteri e di questi di sicuro il più importante è quello di Fukien (sud Cina con la dinastia T'ang) in origine quindi questo monastero era solo una derivazione di quello di Honan. Ma con l'incendio del primo i monaci superstiti portarono tutti i libri che riuscirono a salvare al monastero di Fukien che quindi diventò il più importante. Comunque il primo monastero fu ricostruito ma non acquistò mai più l'antico prestigio.
Il primo laico ad apprendere il Kung Fu nel monastero fu un certo Choy Kuo-Yee (generale scappato perché la dinastia Ch'ing sconfitti i Ming erano saliti al potere. La dinastia Ch'ing era molto feroce e sanguinaria tanto che uccisero numerosa gente anche civile che era simpatizzante dei Ming. Proprio per questo molti si rifugiavano nel monastero e comunque non tutti venivano accolti, infatti solo pochi venivano accettati ed erano però prima sottoposti a duri test. Negli anni del crudele imperatore Yung Ch'ing nell'anno 1768 quando ormai il potere dei Ch'ing era consolidato il monastero di Honan fu aggredito (ritenuti colpevoli di ospitare nemici dei Ch'ing e di istruirli alle arti marziali) da circa 60.000 uomini. Per i monaci fu un inferno e solo pochi di loro i sopravvissuti portarono con loro i libri sacri al monastero di Fukien questo fu il passo decisivo per il nuovo monastero che divenne il centro in assoluto più importante per la diffusione delle arti marziali cinesi a spese dell'altro monastero (Honan) che fu quindi abbandonato. Adesso il monastero di Fukien è di 70.000 mq e conserva ben 12000 testi sacri

Tecnica
Nel monastero di Shaolin l'insegnamento veniva dato attraverso l'apprendimento di forme che rappresentavano 5 animali:
1. leopardo - era il primo animale insegnato dava all'allievo la rapidità e la forza, i colpi sono dati con notevole velocità e con ispirazioni e espirazioni brevi

2. tigre - La tigre consolida il fisico e potenzia la muscolatura era il secondo animale insegnato. Con una respirazione sonorizzata si contribuiva ad irrobustire le ossa attraverso la rigenerazione del midollo spinale, classico della tigre sono i movimenti veloci e convinti
3. serpente - è il terzo animale insegnato che rappresentava la transizione di un discepolo ad uno stadio superiore. Con l'energia accumulata dal movimento dei precedenti animali, si sviluppa un tocco chiamato Dim Mak, movimenti rapidi caratterizzati da respirazione sibilante e compressa

4. gru - questo era il quarto animale insegnato caratterizzato da movimenti ampi, circolari e armoniosi.

5. drago - Ultimo animale ma probabilmente il più importante non ha una sua utilità nel combattimento ma serve a creare e usare lo spirito del praticante e la sua energia interiore.

Comunque un allenamento di Shaolin come tutti gli stili di Kung Fu inizia con un saluto tradizionale della scuola, prosegue con una massiccia dose di riscaldamento mirato a dare una certa scioltezza dei movimenti e poi si imparano le forme col maestro.
Le posizioni base dello Shaolin sono le seguenti:
Ma Bo (cavaliera)
Gung Bo (posizione dell'arco e della freccia)
Ding Bo (posizione del gatto)
Lau Mah (posizione della forbice)
Tuo Bo (posizione del passo furtivo)
Tu Mah (posizione del cavallo su una gamba)
Kuai Mah (posizione del cavallo inginocchiato)
Yee Gee Kim Yeung Mah (posizione a clessidra).



Hung Gar
Di sicuro lo stile Hung Gar è come molti sanno lo stile che si designa come il vero successore di Shaolin. L'Hung Gar costituisce la base di tutto quello che viene chiamato Nam Ch'uan, e rappresenta un insieme di stili in cui confluiscono gli stili del Sud della Cina. Questo stile in Cina è visto come uno stile di eroi, questo perché i praticanti di Hung Gar accendevano le fantasie al popolo diventando alcune volte come eroi che facevano l'impossibile.
L'Hung Gar non è uno stile con movimenti acrobatici, ma tutto si basa su una solida posizione di base a cui il praticante si allena costantemente. Sicuramente coi tempi che corrono dove la gente ha fretta solo di imparare e le tradizioni si affievoliscono sempre più costantemente.
Sicuramente l’Hung Gar è una disciplina marziale che ancora conserva intatte le proprie tradizioni. Ad unire i praticanti di Hung Gar non è solo lo stile ma anche l'allenamento che è durissimo e che comporta molta forza di volontà, L'Hung Gar infatti è uno degli stili più duri da apprendere proprio per la durezza dell'allenamento, nella pratica di questo stile ci vuole massimo impegno sia nelle forme basi che avanzate, è uno stile che richiede 8 anni di duro allenamento per raggiungere un buon livello. La forma più breve non possiede meno di 70 movimenti e la più lunga è di 230 movimenti (Gung Gee Fok Fu Kune). Comunque non bisogna credere che l'Hung Gar potenzi solo il fisico infatti ci sono forme create proprio per lo sviluppo della respirazione attraverso la quale si arriva a padroneggiare il Ch'i (ciò che si muove dentro).
Storia
Si narra che il fondatore dello stile sia Hung Hee Gung più o meno 180 anni fà uno dei più abili allievi di Shaolin. Hung Hee Gung era amante delle arti marziali fin da ragazzo quando per sopravvivere faceva il venditore di te.
Fu per caso che entrò nel monastero (lo volevano mazzolare e per salvarsi la pellaccia entrò nel monastero" pensando che li nessuno gli avrebbe dato fastidio, scaltro l'amico") e si presentò all'abate Chih San Chan chiedendo di essere accettato come discepolo laico e fu accettato. Dato il grande impegno e il suo talento lo stesso abate decise di istruirlo insieme ad un'altro monaco esperto e ad una donna (Fong Wing Chun) che lo istruì allo stile della gru bianca di Shaolin. Dopo 6 anni di tirocinio fu riconosciuto come miglior allievo non monaco della sua generazione.
In tutto il monastero a quei tempi erano 100 i praticanti laici del convento. Proprio in questo periodo mentre il monastero era ancora sotto i Ch'ing ci fu il secondo incendio del monastero. Questo perché alcuni laici del monastero non rispettarono le severe regole imposte dalla dinastia regnante (non si poteva uscire dal monastero se non si era diventati maestri).
Con 10000 uomini armati di fucili il monastero fu incendiato e rimasero in vita 30 monaci. Tra questi c'erano l'abate Hung e un certo Sam Tak anche lui istruttore di Hung. Sulle spalle di Hung gravava il peso di dover portare avanti le tradizioni del monastero e lui infatti scappato in un monastero buddista in Kwantung (1803), segretamente insegnò l'arte del Kung Fu di Shaolin.
All'arrivo dell'invasore bianco i Ch'ing tolsero il divieto di fare Kung Fu per dar modo al popolo di contrastare l'invasore. Hung allora tornò al suo paese di origine dove riprese l'insegnamento dello Shaolin ma per motivi di sicurezza (i Ch'ing erano sempre molto attenti ai discepoli del monastero) chiamò lo stile da lui insegnato Hung Gar. Secondo Hung Hee Gung la parola HUNG dello stile da lui creato non deriva dal suo nome ma da quello del primo re della dinastia Ming: Hung Wu. Ovviamente portò alcuni cambiamenti per camuffare lo stile quindi lo trasformò in un "nuovo stile" nato dalle ceneri del leggendario Shaolin.
Lo stile da lui creato diventò subito il migliore della zona battendo le scuole del Kwantung più famose (Choy, Lau, Li e Mok). L'abate del tempio intanto istruì un certo Lok Ah Choy che poi mandò da Hung Hee Gung per una maggior istruzione quindi Lok apprese l'Hung Gar e lo Shaolin e Lok diventò erede dell'Hung Gar. Lok insegnò a Wong Tai, quest'ultimo a sua volta presentò il figlio, Wong Kay-Ying, al cospetto del maestro. Wong Kay-Wing diventò bravissimo nell'arte dell’Hung Gar tanto da meritare il riconoscimento come una delle dieci tigri di Canton (luogo dove si era stabilito Lok Ah Choy, per l'insegnamento).
A Wong Kay-Wing successe il figlio (che è un eroe quindi realmente esistito perché molti pensano a lui come una leggenda) Wong Fei Hung che diventò forte come il padre e molto più.
Dopo di lui e suo allievo ci fu Lam Tsai Wing, che impersonificò il suo maestro in parecchi film. Dopo di lui incomincia una ramificazione molto ampia ricordiamo nomi come Tang Fung (anche lui allievo di Wong Fei Hung), Chan Hon Chung, Lam Jo, Chiu Kau.

Tecniche
Nell'Hung Gar le forme a mani nude sono in ordine seguenti:
1. Tit Jin Kune (forma della mano a freccia) - é la più corta dello stile, serve per preparare alle forme più avanzate. E’ una forma particolare che serve a concentrare l'energia interna sulla parte superiore del corpo soprattutto nelle dita, non vengono effettuati spostamenti se non quelli che pongono il praticante nella posizione Ma Bo(posizione del cavaliere).

2. Moi-Fah Kune (forma del fiore di prugno) - nella forma vengono esercitate tutte le tecniche e le posizioni base dell'Hung Gar, composta da circa 60 movimenti non è una vera e propria forma e dà la possibilità al maestro di verificare la pazienza, la costanza, la voglia e l'umiltà dell'allievo.

3. Gung Gee Fok Fu Kune (forma della forza che addomestica la tigre) - è una delle forme più lunghe (200 movimenti) si dice che praticandola si sviluppi nel praticante una incredibile forza.
Deriva dall'insegnamento Shaolin creata dall'abate Chih San Chan.

4. Lau Gar Kune (forma della famiglia Lau) - Questa forma ha movimenti molto più veloci delle altre forme fino ad adesso spiegate, deriva proprio dallo studio dello stile della famiglia Lau. Risente molto dell'influenza degli stili del Nord Cina, e le sue tecniche sono orientate al combattimento reale, questa forma rende l'Hung Gar più fluido e veloce.

5. Wu Dip Jeong Kune (forma del palmo di farfalla) - questa forma è caratterizzata da ampi movimenti che sono portati con il palmo aperto. Ha movimenti fluidi e calci portati a medio livello.
Caratteristici sono i colpi come il calcio del ciclone, e il movimento delle farfalle sparse.

6. Fu Hok Seung Yin Kune (forma della tigre e della gru) - Di sicuro questa forma è l'anima dell'Hung Gar (a mio parere anche la più bella dal punto di vista estetico). Questa forma è composta da circa 200 movimenti, la caratteristica e che tecniche forti (della Tigre) si alternano a tecniche veloci (della gru). Proprio per questa caratteristica questa forma comunque è molto complessa.

7. Wu Hsing Kune (forma dei cinque animali) - riprende le forme dei 5 animali che c'è nella forma successiva.
8. Sap Ying Kune (forma dei 10 stili) - Questa forma si basa sui 5 animali dello Shaolin (leopardo, tigre, serpente, gru, drago) e su i 5 elementi (metallo,legno, acqua, fuoco e terra), questa forma è importante perché inizia l'allievo alla respirazione del drago. La respirazione del drago è basata su una respirazione rumorosa tesa ad arrivare allo sviluppo del CHI.
9. Tit Sine Kune (forma del filo di ferro) - Sequenza basata estremamente sui movimenti del drago. Questa forma però a differenza della Yee Gee Kim Yeung Mah, non è ferma coi piedi ma la respirazione è abbinata con il movimento di mani e gambe. Questa forma per la sua abilità è molto usata anche in altri stili.

Questo stile è uno dei più potenti stili di Kung Fu per quanto riguarda la pura forza fisica.



Tang lang
Il Tang Lang è uno tra gli stili imitativi più famosi, ed è nato con l'attenta osservazione della natura, in particolare di un animale la Mantide Religiosa.

Storia
Il Tang Lang nasce ad opera del monaco Wong Long nato nel distretto di Tsi Mo nello Shantung durante la dinastia Ming (1368-1644).
Infatti in Cina nel monastero presso il monte Lao Shan ad est della città Ching Tao di Shaolin un monaco di nome Wong Long continuava a sfidare in combattimento corpo a corpo l'abate che ogni volta metteva al tappeto il povero monaco.
Un giorno l'abate comunicò ai monaci che sarebbe partito per ben tre anni, a questa notizia Wong Long rimase sconvolto perché il suo onore calpestato dalla superiorità dell'abate non sarebbe più stato sanato. In più l'abate sarebbe diventato ancora più esperto di prima diventando praticamente ai suoi occhi imbattibile. Vinto il suo orgoglio il monaco si dedicò ancora più diligentemente agli studi, ma per quanto lui si impegnasse non sentiva in se stesso grandi miglioramenti. Un giorno verso sera mentre camminava per il giardino immerso nei soliti pensieri sull'abate, vide due insetti lottare, e subito riconobbe una mantide religiosa e una cavalletta. La mantide religiosa con mosse velocissime e precise immobilizzò la cavalletta.
Wong Long restò incantato prese la mantide e la portò nella sua stanza, dopo avergli ovviamente costruito una gabbietta. Qui cominciò a studiare i suoi atteggiamenti stuzzicandola e facendola combattere contro altri insetti.
Alla fine in tre anni di studio creò il Tang Lang.
Quindi passati i tre anni l'abate tornò al tempio e fu accolto con gran felicità dai monaci. Senza perdere tempo Wong Long sfidò l'abate ma questa volta a cadere a terra non fu il monaco ma l'abate. Tutti rimasero stupiti ma gli altri monaci pensarono che questa vittoria era dovuta alla stanchezza per il viaggio.
Il giorno dopo in un'altro combattimento si riconfermò campione Wong Long.
Finalmente il suo sogno si era realizzato lui aveva sconfitto l'abate.
L'abate rimase impressionato dall'abilità del monaco e decise che lo avrebbe aiutato a migliorare lo stile. Infatti gli unici problemi del Tang Lang erano i movimento delle gambe che non erano stati sviluppati. L'abate allora andò nella foresta con il monaco per cercare un animale a cui ispirarsi per i movimenti delle gambe, dopo esasperate ricerche videro delle scimmie e decisero di ispirarsi a loro per i movimenti delle gambe. Il Tang Lang infatti è uno stile di Kung fu molto rapido e chi lo pratica è ossessionato dalla velocità.
Come oggi noi sappiamo il Tang Lang si divide in varie scuole, e ci sono più versioni sulla nascita di queste. Una di queste dice che Wong Long ordinò ai suoi allievi che avevano appreso lo stesso stile anche se le loro abilità si distinguevano per la forza, la velocità, e peso, di procurarsi una mantide ciascuno, e da queste lui avrebbe dato il nome alle nuove correnti di Tang Lang.
Gli allievi tornarono e ognuno di loro aveva delle mantidi diverse:
uno aveva una mantide con sette punti sulla spalla, il maestro decise che lo stile di quell'allievo si sarebbe chiamato mantide delle sette stelle, il secondo tornò con una mantide che aveva delle macchie sulla schiena che sembravano fiori di prugno, il maestro chiamò lo stile mantide del fiore di prugno e infine l'ultimo allievo portò una mantide senza alcun disegno e il maestro chiamò lo stile mantide immacolata. Quindi dopo Wong Long i successori alla scuola furono Sing Shui, Lee Sam Gin, poi abbiamo anche Wong Yung Sang, Fan Yu Tung, Lo Kwang Yue tanti altri

Tecnica
Come già abbiamo detto il Tang Lang si divide in varie scuole e questo sono:
1. mantide delle sette stelle - caratterizzata nelle sue applicazioni dai passi a sette stelle.
2. mantide del fiore di prugno - caratterizzata dalla velocità nell'eseguire combinazioni di pugni.
3. mantide immacolata (senza macchie) - si distingue per l'impostazione delle dita e del palmo.
4. mantide T'ai Chi - caratterizzata dal fatto che l'intero stile e basato sui movimenti T'ai Chi.
5. mantide della famiglia segreta - caratterizzata da movimenti rapidi a corta distanza con attacchi di gomito.
6. mantide degli otto passi - eccellente nell'utilizzo di tecniche del Pakwa.
7. mantide delle sei combinazioni - caratterizzati da movimenti fluidi e pone l'accento sulla flessibilità.
8. mantide rigida - immette molta potenza nei colpi.
9. mantide Tan Tui - enfatizza le tecniche di gambe e gli spostamenti.
10. mantide delle mani che trascinano - caratterizzata da movimenti che tirano strattonando l'avversario.
11. mantide del cerchio di giada - caratterizzato dagli spostamenti.

Tutti gli stili sopra elencati sono molto simili e si differenziano solo per le caratteristiche elencate. Ma il Tang Lang rispetta 11 punti base fondamentali che sono:
1. le otto posizioni fondamentali.
2. le dodici parole chiave della formula verbale.
3. le sette regole.
4. i cinque elementi interni e esterni.
5. le tre velocità.
6. i dodici metodi flessibili.
7. gli otto metodi rigidi.
8. le tre condizioni di stabilità.
9. gli otto punti da attaccare e da non attaccare.
10. i due tipi di forza.

Le 8 posizioni fondamentali sono: la posizione del cavaliere (utilizzata in tutti gli stili di Kung Fu derivanti dallo Shaolin, ottima per sviluppare una solida base di appoggio), la posizione del gatto (tipica del Tang Lang, molto usata in combattimento per la velocità negli spostamenti), posizione dell'arciere (usata in attacco porta il peso sulla gamba avanzata), posizione inversa (usata per contrastare un avversario che attacca con molta irruenza), posizione della gru (anche questa tipica dello Shaolin caratterizzata dal fatto che si sta in piedi su una gamba), posizione incrociata (ottima per spostarsi lateralmente o per evitare un attacco), posizione inginocchiata (effettuata per colpire parti basse), posizione delle sette stelle (usata per bloccare sul nascere il nemico o per effettuare falciate).
Le dodici parole chiave sono (ou, lou, tsoi, kua, diu, chin, peng, ta, jim, lien, tieh, k'on):
1. ou (aggancia) - rappresenta una presa con le ultime tre dita della mantide, è una presa non molto solida ma che serve a portare verso se l'avversario per poi contrattaccare. Viene anche usato per attaccare colpendo l'avversario col dorso della mano.
2. lou (afferra) - presa solida per controllare saldamente l'avversario.
3. tsoi (tira e colpisci) - serve ad attirare velocemente l'avversario per poi colpirlo con gran velocità e decisione.
4. kua (blocca in alto) - consiste nel far scivolare verso l'alto il colpo senza bloccarlo.
5. diu-chin (avanza dopo l'intercettamento) - serve a controllare e attirare l'avversario verso se per poi colpirlo con la stessa mano che ha effettuato la presa.
6. peng-ta (colpisci con gli otto metodi rigidi) - si controlla l'avversario con tecniche "morbide" per poi colpirlo con tecniche "rigide" (gli otto metodi rigidi).
7. jim-lien (cerca il contatto e aderisci) - consiste nello spostare le braccia dell'avversario fuori dal suo equilibrio e intrappolarle per poi contrattaccare facilmente e definitivamente.
8. tieh-k'on (spostati chiudendo la distanza e colpisci) - consiste nello spostarsi velocemente e casì facendo il praticante di Tang Lang può sfruttare il peso del corpo per aumentare la consistenza dei suoi attacchi.

Le sette regole sono:
1. il tuo atteggiamento - deve essere come quello di un gatto che aggredisce un topo.
2. le tue braccia - devono essere forti come quelle di una tigre fortissime e mortali.
3. il tuo spirito - deve essere come un aquila, caccia la preda guardandola dall'alto.
4. il tuo cuore - devi essere astuto come una volpe.
5. i tuoi fianchi - devono essere flessibili come quelli di un dragone.
6. i tuoi spostamenti - devi spostarti come una scimmia, quindi devi essere veloce ed efficace.
7. le tue braccia - devono essere veloci e potenti come le braccia di una mantide quando afferra la preda.



Taiji Quan
Il Taiji Quan o "box della suprema armonia" è paragonabile ad una danza composta di movimenti morbidi, fluidi, più o meno lenti a seconda degli stili.
I principi fondamentali di questo stile si ispirano all'acqua e sono dunque flessibilità, fluidità, scioltezza e cadevolezza.

Storia
Non si è certi delle origini del Taiji Quan. La più certa delle tante storie sulla sua origine corrisponde alle vicende e allo sviluppo dello stile della famiglia Chen. Questo sviluppo prese vita all'inizio della dinastia Ming (1368-1644) quando un certo Chen Bo, famoso praticante e insegnante di arti marziali, andò a vivere in quello che poi verrà riconosciuto come il "Villaggio Chen".
Da quel momento lo stile fu tramandato di generazione in generazione fino ad arrivare al vero fondatore del Taiji Quan Chen (1600-1680).
Di lui si dice che ricoprì compiti di polizia territoriale. Nel suo stile utilizzava gli elementi essenziali delle altre scuole di arti marziali esistenti al suo tempo. Egli realizzò uno stile con l'uso della teoria del Taiji trattata nello Zhouyi (Yijing), di tecniche alchemiche del Taoismo (Tuna) nonché delle teorie della medicina tradizionale (Jingluo). Nel suo stile erano già presenti tutti gli elementi del Taiji Quan, come le alternanze tra Yin e Yang (vedi
curiosità), azioni veloci e lente con integrazione anche dell'energia interna e movimenti esterni, movimenti di potenza e movimenti morbidi. Il punto di svolta della famiglia Chen arrivò con Chen Chanxing (1771-1753), poiché l'arrivo delle armi da fuoco cambiò drasticamente le tecniche belliche, quindi le arti marziali passarono in secondo piano e lo stile della famiglia Chen diventò pubblico e venne trasmesso anche al di fuori della famiglia.
Fu proprio uno di questi, Yang Luchan (1799-1872), il fondatore dello stile Yang. Alla fine degli anni 20 lo stile della famiglia Chen era ormai diffuso in tutta la massa della popolazione cinese. Lo stile Yang si era intanto diffuso enormemente e veniva praticato da ogni strato della popolazione, grazie alla sua semplicità e con un minore impegno fisico.

Tecnica
Il primo livello è quello dei principianti, e dura parecchi anni presentando differenze notevoli da individuo a individuo. Si inizia con la memorizzazione delle forme, si potenziano i muscoli e si sciolgono le articolazioni, la percezione progressiva di un profondo rilassamento, l'aumento dell'energia interna e il miglioramento della salute. Esso richiede una pratica assidua. L'importante è non uscire dai limiti del triangolo (ossia perdere di vista i corretti principi di questo stile), cosa molto facile per un praticante.
Il secondo livello dura molti anni.
Le componenti di questo livello sono un maggiore potenziamento muscolare dovuto alla necessità di assumere posizioni sempre più corrette e approfondite, un maggiore rilassamento fisico e mentale per permettere il libero fluire dell'energia interna. Questo livello è problematico perché richiede una pratica ininterrotta ed equilibrata. L'allievo adesso è in grado di applicare abbastanza correttamente i principi della circolazione energetica e della sua pratica.
Nel terzo livello lo studente può essere considerato Maestro di Taiji Quan; i principi sono ormai assimilati e non c'è più bisogno del maestro.
Le stesse cose dette del terzo livello valgono anche per i due livelli successivi, dove c'è un tale potenziamento dell'energia interna che è inconcepibile ed è possibile solamente essere testimoni dei suoi effetti.
Al di là del vertice del triangolo si può continuare secondo la tradizione fino a infiniti livelli, che riguardano la nostra crescita spirituale e l'evoluzione della nostra persona nell'universo.
Il Taiji Quan prevede anche l'uso di armi. Esse sono: spada diritta, doppia spada, sciabola, doppia sciabola, bastone, alabarda. La divisa è una giacca bianca di cotone o seta con il collo alla Coreana aperto sul davanti e un paio di pantaloni leggermente ripresi alla caviglia. Ai piedi le scarpe da ginnastica bianche con la suola piatta.
Concludo dicendo che nel Taiji Quan non ci sono cinture. 

Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber


sabato 14 aprile 2018

Kumite

Risultati immagini per Kumite



Il combattimento, Kumite, è il tipo di esercizio che attrae maggiormente non soltanto i principianti ma tutti coloro che hanno qualche interesse al karate.
Tutti vorrebbero iniziare a praticarlo prima possibile, ed è per questo motivo che ci si allena assiduamente negli esercizi fondamentali.
Nel mio caso personale, non posso dimenticare l'eccitazione che provai quando mi fu permesso di praticare il combattimento per la prima volta.
Forse è innato nell'uomo l'impulso di combattere, la sensazione è comunque ben nota sia che esso sia vero o no.
Quando si fronteggia un avversario è difficile restare immobili.
Il sangue affluisce alla testa e il cuore batte, come un gallo da combattimento pronto all'attacco.
Per intimorire l'avversario, si assume uno sguardo feroce e minaccioso, e si è carichi di spirito combattivo.
In ogni modo, quando viene permesso di praticare il combattimento, si ha l'impressione di essere diventati finalmente maturi praticanti dell'arte e la gioia non ha limite.
Agli albori del karate moderno l'allenamento era dedicato ai kata e al bersaglio imbottito di paglia da colpire, importanza era riposta all'allenamento dello spirito attraverso l'allenamento del corpo.
Sembra che il combattimento sia nato con la selezione e la pratica di alcune tecniche dei kata. In principio venne indicato da Gichin Funakoshi, e più tardi adottato come una forma di pratica.
Sembra che i maestri dei vari dojo insegnassero il combattimento soltanto su base individuale e in gran segreto all'allievo che fosse esperto di kata.
Quindi originariamente il combattimento era un metodo di allenamento, e non un mezzo per stabilire vittoria o sconfitta.
Era praticato soltanto per verificare se un attacco o una difesa erano efficaci o no.
Sebbene il karate sia un metodo di lotta, il combattimento non era concepito né come una lotta reale, né come una gara.
In tempi lontani, quello che oggi noi definiamo una gara era uno scontro fino alla morte.
Per colui che cercava la vera Via del guerriero (Budo), una gara significava che i due combattenti avrebbero lottato fino alla morte di uno dei due. Le gare hanno assunto l'aspetto attuale dal momento in cui sono state introdotte in Giappone le competizioni stile occidentale. Il Maestro Funakoshi diceva: "non ci sono competizioni nel karate".
Il significato della parola è cambiato enormemente, ma nonostante ciò, con le regole attuali è difficile individuare il vincitore.
Forse le regole e il modo in cui le gare sono condotte cambieranno in futuro, e io penso che dovrebbero, però è mia opinione che le "competizioni" non possono essere praticate.
Sebbene non sia certa la data, fu durante i primi del 1930 che il combattimento prestabilito (yakusoku kumite) fu creato, sviluppato e praticato nel dojo.
Il combattimento libero (jiyu kumite) si sviluppò pochi anni dopo (ricordo, comunque che quando visitai Okinawa, nel 1940, non vidi combattimenti; infatti seppi che alcuni karateka furono espulsi dal loro dojo perché avevano adottato il combattimento dopo averlo appreso a Tokyo.
Vi erano tre tipi di combattimento prestabilito.
Nel combattimento quintuplo (gohon kumite), cinque attacchi consecutivi di pugno venivano eseguiti contro un avversario, veniva stabilito precedentemente se l'attacco era alto (jodan) o medio (chudan).
Quando si prendeva confidenza con questo lavoro, gli spostamenti in avanti e indietro diventavano sempre più grandi e l'ampio dojo sembrava piccolo.
Quello che veniva eseguito successivamente era il triplo combattimento (sambon kumite). In questo caso il difensore si difendeva e allo stesso tempo tentava di incutere il timore che la difesa sarebbe stata dolorosa.
Doveva anche saper bloccare quando l'attaccante lanciava pugni uno dopo l'altro. L'attaccante doveva escogitare il modo per non farsi parare gli attacchi di pugno.
Egli si esercitava a lanciare i suoi pugni lentamente e velocemente; poteva cercare così di penetrare e attraversare l'avversario.
Il combattimento così impostato poteva diventare praticamente una mischia, ed è sottinteso che il praticante più esperto avrebbe dimostrato gli effetti della sua più lunga esperienza (e viceversa).
In una tale situazione, era il più rude dei due ad avere il vantaggio.
In pratica le tecniche di attacco e di difesa erano piuttosto diverse da quelle dei kata.
Il sambon kumite praticato correttamente non sfocia in una rissa, ma ci sono alcuni che lo praticano in questo modo ancora oggi.
E' strano che non capiscano che è innaturale.
Dopo aver rafforzato le braccia, le gambe e le anche ed aver praticato a fondo il combattimento triplo, l'esercizio successivo era il combattimento singolo (ippon kumite).
Qui la posizione assunta era diversa, ma era prestabilito chi attaccava e chi si difendeva e a che altezza era la difesa.
Mentre l'attaccante doveva cercare seriamente un'occasione favorevole, il difensore cercava di non rivelare un'apertura.
Entrambi assumevano una posizione bassa e guadagnavano tempo, per cogliere nell'altro segnali di stanchezza. La posizione bassa in sé era faticosa, ma era più facile balzare in avanti ed attaccare. E poi la posizione bassa rendeva il bersaglio più piccolo.
E' facile parlare di apertura, ma nessuno sa veramente cos'è un'apertura.
In qualsiasi tipo di combattimento, quando due avversari si conoscono, essi saranno in grado di controllare le rispettive forze, e sarà difficile allora trovare un'apertura, rendendo difficile la ricerca del colpo decisivo.
Per esempio, uno può decidere di fare del suo pugno l'attacco decisivo.
Colui che riesce a portare l'attacco decisivo ha vinto.
Ma colui che ha perso, cercando di recuperare il terreno perduto, potrebbe inquietarsi. L'esercizio potrebbe trasformarsi in una lotta caotica, dove entrambi attaccano e si difendono selvaggiamente senza riguardo per i fondamentali e per i kata.
Questo non è più un combattimento prestabilito ma un combattimento libero, oppure, per essere più precisi, una lotta dove tutto è consentito.
Se il combattimento è praticato da due dello stesso livello, l'esito non sarà troppo grave, ma nel caso di un principiante contro un esperto possono accadere cose terribili.
In questo scontro carnale, di ossa contro ossa la sofferenza può essere notevole.
Possiamo definirlo come una forma di tortura oppure un'iniziazione al dolore.
Eppure, nel combattimento, lo spirito di lotta viene coltivato.
Per diminuire il dolore, ci si doveva allenare con continuità colpendo il bersaglio imbottito.
Si cercava di aumentare la velocità del pugno e di allenare le braccia colpendole ripetutamente con un oggetto duro.
In altre parole, si sottoponeva il corpo ad una serie di torture per diminuire il dolore del contatto.
Oggi noi pratichiamo soltanto un tipo di combattimento: il combattimento singolo prestabilito (yakusoku ippon kumite) perché, con il cambiamento del modo di attaccare, non è più possibile praticare altre forme prestabilite di combattimento.
Il cosiddetto combattimento libero è altresì inutile ora.
Il vero senso del combattimento è nei contenuti della pratica e può essere compreso naturalmente.
Il metodo attuale e quello passato di praticare il combattimento sono uguali, nel senso che un pugno va parato con un certo numero di tecniche diverse, ma nel modo attuale di attaccare uno può ferire un avversario anche se l'attacco non è efficace.
Era, come dire, un tipo di forma, o un'esecuzione di movimenti. Questo non va interpretato nel senso che tutto quello che è stato fatto non sia stato fatto con grande serietà ed impegno.
Ma io penso che le contraddizioni dell'allenamento di una volta vanno risolte, e vanno studiati continuamente attacchi e parate efficaci.
Se quelle contraddizioni vengono capite, allora è chiaro che il combattimento cambierà.
In allenamento quando un avversario lancia un pugno, dovrete essere in movimento.
Se vi muovete dopo aver visto il vostro avversario muoversi, sarà troppo tardi e un falso movimento da parte vostra è fuori discussione perché il colpo dell'avversario è piuttosto letale.
Per muoversi contemporaneamente con l'avversario, dovrete sentire le sue intenzioni.
Un metodo per allenarsi a percepire le intenzioni dell'avversario, sia nei fondamentali che nei kata è allenarsi a percepire il comando del maestro, imparando a partire con il comando.
Quando il suono del comando finisce, dovrete aver finito l'esecuzione della tecnica.
Quando il suono del comando si sente sarete già in movimento.
E' ancora meglio fare la difesa contemporaneamente al comando cioè nell'esatto istante del comando (deve essere sottolineato il significato della parola contemporaneamente cioè nell'esatto istante, senza una differenza di tempo dello
spessore di un capello).
Per ottenere questo dovrete essere calmi e la vostra mente dovrà essere libera e tranquilla come quella di un bambino.
Ma non è una questione di riuscire ad usare la mente.
Dovrete invece muovervi naturalmente senza pensare e concentrare anima e corpo nelle tecniche.
Verrà il tempo in cui riuscirete ad eseguire le due cose senza pensarci.
Quando raggiungerete questo stato mentale vi accorgerete che vi muovete contemporaneamente al comando.
Con la fase successiva dovrete affrontare l'avversario ad una certa distanza in modo tale che l'attacco e la parata non vengano a contatto.
Lasciate che il vostro avversario si alleni nell'attacco mentre voi vi allenate nella difesa.
Ripetete questo esercizio finché non vi muovete entrambi contemporaneamente.
Chiaramente vi alternerete nell'attacco e difesa.
In senso stretto, questo esercizio non sarà praticato con passione, quindi dovrete successivamente diminuire la distanza in modo che avvenga il contatto.
Esercitatevi in questo modo, ma ricordate che questo non è un combattimento.
Questa è pratica.
Non vi aspettate di progredire molto se siete ansiosi di vincere.
Troppa sicurezza scaturisce dalla vittoria, vergogna e fretta di reagire avventatamente, dalla sconfitta.
Non pensate alla vittoria o alla sconfitta, ma se il vostro avversario vi attacca con successo, esaminate il perché il suo pugno è stato efficace.
Questo è lo scopo della pratica.
E siccome è importante allenare anche le gambe, esercitatevi ripetutamente.
Nella fase successiva, lasciate che il vostro avversario attacchi alle vostre spalle.
Questo esercizio non dovrà essere fatto per curiosità. Scegliete un momento quando vi sono poche persone presenti ed esercitatevi con un avversario scelto tra i vostri buoni amici.
Ovviamente questo tipo di lavoro richiederà ancora più calma di quando avete l'avversario di fronte, ma contribuirà alla concentrazione mentale.
Se pensate troppo a quando partirà l'attacco del vostro avversario, non vi accorgerete dei suoi movimenti.
Soltanto quando la vostra mente è tranquilla come le acque immobili di uno stagno e siete fisicamente pronti, sarete in grado di percepire naturalmente i movimenti del vostro avversario ed anche il suo respiro. (Va menzionato che questa potenzialità non è una caratteristica esclusiva degli uomini, ma anche degli animali).
In questo stato potrete avvertire in modo naturale i cambiamenti emotivi del vostro avversario.
Questo è il significato di essere capaci di capire, o sentire, le intenzioni del vostro avversario.
Se provate ad attaccare il vostro avversario alle spalle, lui cercherà naturalmente di eseguire una difesa, ma voi capirete chiaramente le sue reazioni.
Non pensate ai movimenti che farete. Questa è la cosa più importante.
Siate naturali e muovetevi naturalmente. Non cercate di andare contro natura.
Sarà il vostro corpo ad accorgersi dei movimenti del vostro avversario, anche se non potete vederlo.
Dopo che vi sarete allenati con un avversario fino a percepire i suoi movimenti con il vostro corpo, esercitatevi con tre o cinque avversari.
Ponetevi al centro, e lasciate che essi attacchino con i pugni senza prestabilire una sequenza.
Concentrazione della mente e del corpo è la cosa fondamentale, e la vostra mente dovrà essere assolutamente vuota.
Non vi è vincitore o sconfitto, né dovete pensare alla vita o alla morte.
E' uno stato del nulla.
Questo può sembrare difficile ma non lo è; è il pensare che lo rende difficile.
Tra gli antichi, si diceva che quando si affronta un qualsiasi avversario, bisogna trovarsi in uno stato mentale in cui si è pronti o capaci di morire; cioè uno stato mentale in cui vita e morte sono irrilevanti, nessun vincitore e nessun vinto, né stati d'animo quali paura o odio.
Affrontare il vostro avversario con la mente vuota.
Il pensiero non ha nessun valore; dovrai semplicemente agire.
Attraverso la pratica tutto questo si comprende naturalmente.
Mantieni la tua mente calma ma sii pronto. Io penso che queste siano lo parole appropriate ad un karateka.
La vostra mente dovrà essere calma, ma dovrete essere sempre attenti a ciò che accade e ai movimenti intorno a voi.
Altrimenti non sarete capaci di far fronte, ad esempio, ad un accerchiamento da parte di parecchi avversari.
Una mente calma e flessibile, un corpo agile e movimenti rapidi: questi sono i prerequisiti di un karateka. Per ottenerli, dovrete esercitarvi nei fondamentali e nei kata.
Approfondendoli acquisirete ritmo, anticipo, distanza, respirazione e il fluire dell'energia vitale.
Nel XVII Secolo, il sacerdote-poeta Rinzai Zen Bunan scrisse una poesia che dice:

in uno stato di morte
in un corpo vitale
le azioni sono al meglio
della loro esecuzione



Capire questo perfettamente e tradurlo in pratica è quello che io spero voi facciate.
La questione della mente è molto profonda. Il fine ultimo da realizzare attraverso la pratica è l'elevazione della mente ad uno stadio alto, l'ampliamento dei propri orizzonti e l'auto purificazione.
Dovrete allenare la mente ed il corpo, altrimenti il lavoro non ha alcun senso.
Sforzatevi di pulire la mente dalle tensioni e dai problemi giornalieri.
E' come lavare le patate in una tinozza d'acqua; dovrete lavare la mente dallo sporco entrando in uno stato di contatto spirituale con gli altri.
La mente ed il corpo sono come le due ruote del carro. Nessuno delle due deve progredire più rapidamente dell'altra. Questa è la pratica corretta.
La vera pratica è acquisire ciò che è prezioso per la vita.
Venendo in contatto fisico con gli altri, verrete anche in contatto spirituale.
Nella vita quotidiana, sarete in grado di capire il vostro rapporto con gli altri, come ognuno influenza gli altri e come avviene lo scambio di idee.
Arriverete a rispettare il prossimo e ad essere disponibile nei suoi confronti.
Un budoka deve essere una persona completa e avere a cura la felicità ed il benessere del prossimo.
Le parole sono facili a dirsi; metterle in pratica non è altrettanto semplice. Se avete un'idea mettetela in pratica immediatamente. Questo è lo scopo dell'allenamento. Se non riuscirete ad agire, il vostro allenamento è stato
insufficiente oppure avete qualche punto debole.
Prefiggetevi di ottenere quanto è possibile dalla pratica.
Vorrei dire per concludere, che la ricerca del karate come arte di combattimento è il kumite, ma oltre a ciò è il superamento del combattimento. Allora sarete tutt'uno con il vostro avversario.
Shigeru Egami Sensei - da: "The Heart Of Karate-Dô"



Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber

venerdì 13 aprile 2018

Il "kihon"

 Risultati immagini per Il "kihon"

Il "kihon"
(ki=energia; hon=base)
I kihon sono l’esecuzione di tecniche di difesa, attacco, parata e contrattacco di mani e piedi effettuate nel vuoto o con un compagno secondo degli schemi prestabiliti.
I kihon servono al karateka per raggiungere un elevato grado di automatismo e creare degli schemi mentali per i vari movimenti i quali daranno i propri risultati nell'allenamento del "kumite" (combattimento libero) oppure in una situazione reale di aggressione, quando l'ultima e unica possibilità che resta per proteggersi è usare le tecniche (waza) contro un avversario.
Il karateka deve saper dare una giusta efficacia al movimento e alla tecnica sia a vuoto che con un compagno, fondendo corpo e mente in un'unica essenza fino ad arrivare in uno stato di concentrazione e astrazione.
Un altro fattore di notevole importanza nella pratica del kihon è l’autocontrollo.
In altre parole la capacità da parte del karateka di controllare la tecnica in ogni sua parte e forma.
Controllare significa padroneggiare la tecnica al fine di renderla perfetta in ogni suo movimento.
La padronanza e la sicurezza nell'esecuzione a cui il praticante giungerà con l'allenamento, gli permetteranno di poter praticare il kumite con un compagno senza rischiare di ferirsi o ferire.
Mentre in una situazione reale di aggressione, l'autocontrollo nell'esecuzione delle tecniche gli consentirà di avere la giusta precisione nel colpire l'avversario senza procurargli danni ingenti.
In altre parole, lo spirito della via del karate (karate-do) è quello di mettere fuori combattimento l'avversario senza infierire più del necessario.
Ogni karateka deve essere consapevole del fatto che conosce le tecniche di un'arte marziale che, se usata male a causa di un allenamento poco onesto o con poca concentrazione, può causare seri danni. 

Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber



giovedì 12 aprile 2018

“Il combattimento: la biologia del combattimento umano“

Risultati immagini per Il combattimento: la biologia del combattimento umano



Il combattimento rappresenta l'insuccesso dell'intimidazione. Se i segnali di minaccia non riescono ad appianare una disputa, allora è possibile che si ricorra alle misure estreme e il conflitto può svilupparsi in un vero attacco fisico. Ciò è rarissimo nelle società umane, che sono in alto grado non-violente, malgrado quanto si suol dire in contrario, e ciò per una profonda ragione biologica. Ogni volta che un individuo ne attacca fisicamente un altro, vi è rischio che entrambi siano feriti. Per quanto superiore possa essere l'attaccante, non ha alcuna garanzia di uscirne illeso. Infatti il suo avversario, per quanto più debole  può esplodere con furia disperata in selvagge azioni difensive, ognuna delle quali potrebbe infliggergli un danno durevole. Per questa ragione le minacce sono di gran lunga più comuni del combattimento nella vita sociale ordinaria. In effetti, le lotte corpo a corpo e senza armi sono cosi rare, da renderne difficile l'osservazione.
La maggior parte della gente trae le sue informazioni dalle risse stilizzate che si vedono al cinema o alla televisione. Ma, in confronto ai veri combattimenti, quegli incontri cosi virili, con l'eroe e il malvagio che si picchiano a turno, sono poco più di un balletto. I movimenti reali vengono rallentati ed esagerati in maniera speciale per aumentarne l'impatto visivo, proprio come nella danza si esagerano gli ordinari movimenti del corpo. Ma in una vera rissa. per esempio in un bar, una volta che il combattimento è scoppiato, tutto avviene con molta più rapidità. L'attaccante esplode all'improvviso in una fulminea serie di pugni e calci; ad ogni azione ne segue rapidamente un'altra, per bloccare qualunque contrattacco.
La vittima può reagire in tre modi: arretrare, tentando di mettersi fuori portata. proteggere il proprio corpo come meglio può, oppure afferrare l'attaccante e trasformare l'attacco in uno stretto corpo a corpo. Se arretra, fugge o si protegge, l'altro può frenarsi presto, avendo raggiunto pienamente il suo scopo in pochi secondi. Ma se contrattacca. allora la sequenza del corpo a corpo. in cui nessuno dei due ha la meglio sull'altro, può prolungarsi per un certo tempo. spesso a terra, con i due che, oltre a scambiarsi colpi e a contorcersi strettamente uniti, spesso si strappano i capelli, si graffiano, tirano calci e persino si mordono. ("i veri combattimenti di strada contrastano in maniera nettissima con le stilizzate scene di rissa che vediamo nei film di Hollywood. Invece di scambiarsi soprattutto pugni alla mascella è più probabile che i combattenti rotolino allacciati al suolo, senza che l'uno o l'altro prenda decisamente il sopravvento"). Nella stilizzata rissa cinematografica, l'eroe comincia sovente il suo attacco con un singolo,  poderoso pugno alla mascella. che viene effettuato con un ampio movimento del braccio e non è immediatamente seguito da un secondo colpo. Sotto quasi tutti i rispetti questa è un'assurdità, come modello d'attacco dell'animale umano. Il movimento ampio del braccio lascerebbe all'avversario tutto il tempo di evitare il pugno, che,  per la sua forza e la sua portata. lascerebbe inoltre l'attaccante sbilanciato e vulnerabile. Anche la pausa dopo il colpo sarebbe fatale e la lentezza dell'attacco disastrosa. La lotta cinematografica continua poi con una serie di colpi più o meno alternati - una volta l'eroe, una volta il malvagio -, e l'intero processo si svolge come al rallentatore, in paragone a un combattimento reale. Quando una rissa o uno scontro di piazza si presentano nella vita vera, i combattenti sono spesso circondati da spettatori che sperimentano un forte conflitto tra il desiderio di assistere all'azione e quello di allontanarsene.
Il risultato è un ritmico ondeggiare della folla, a seconda che i contendenti si avvicinino o si allontanino da questo o quel settore: mentre uno si spinge avanti, l'altro si ritrae, come quando si disturba un branco di pesci. Poi, quando il combattimento si fa meno furioso, la folla svolge un ruolo nuovo. frapponendosi tra i contendenti momentaneamente separati: azione che può essere sfruttata dall'uno o dall'altro per sottrarsi alla lotta. Ancora una volta, sono la velocità e la brevità del combattimento disarmato che spiegano la relativa passività degli astanti e le accuse che si rivolgono loro per non aver impedito la rissa sono di solito ingiustificate.
Il combattimento dei bambini molto piccoli segue un modello analogo. Fra di essi le dispute hanno quasi sempre per oggetto la proprietà. Un bambino tenta di impadronirsi di un oggetto che appartiene a un altro. Si assiste allora a un rapido scontro e tutto è finito, con uno in possesso dell'oggetto e l'altro urlante e paonazzo. L'attacco può comprendere il dar spinte, calciare, mordere e tirare i capelli, ma l'azione più comune è il colpo dall'alto al basso, con la parte inferiore del pugno che colpisce il corpo dell'avversario, mentre l'azione comincia con il braccio rigidamente
piegato al gomito e sollevato verticalmente sopra la testa.. Da questa posizione, il colpo viene sferrato con tutta la forza verso il basso, su qualunque parte del corpo dell'altro bambino sia alla portata dell'attaccante. Questa azione sembra tipica dei bambini di tutto il mondo e può benissimo essere un modello di attacco innato nella nostra specie. Inoltre è interessante notare che più tardi, quando si sono apprese altre, più specializzate forme di attacco, il colpo dall'alto al basso ricompare nelle situazioni di scontro «informale». Le fotografie dei disordini di piazza. per esempio, mostrano quasi sempre questo tipo di colpo come forma predominante di attacco.
 Nell'adulto, naturalmente. esso è reso molto più pericoloso dall'uso di mazze e bastoni.
I dimostranti picchiano i poliziotti e i poliziotti picchiano i dimostranti allo stesso identico modo: facendo piovere colpi sui crani degli avversari. Sembra proprio un caso di « ritorno al primitivo», in termini di movimenti d 'attacco, perché vi sarebbero molti altri colpi più lesivi, da sferrare frontalmente invece che dall'alto. Un colpo diritto al viso, al tronco o ai genitali con un'arma appuntita farebbe senza dubbio più danno di uno sul cranio con un'arma ottusa, eppure queste forme «avanzate», culturalmente apprese, sono stranamente assenti da questi scontri informali.
Menzionando le armi, siamo entrati in un'area del comportamento aggressivo che è esclusivamente umana e crea alla nostra specie particolari problemi. Il corpo dell'uomo manca di qualunque arma biologica particolarmente letale, come artigli, zanne, corna, aculei, ghiandole che secernono veleno o pesanti mascelle. In confronto a molti altri animali, bene equipaggiati da questo punto di vista, l'essere umano è debolissimo, incapace, se deve combattere nudo corpo a corpo, di infliggere ferite letali (se non con un enorme sforzo fisico). Ma quando paragoniamo il primitivo combattente disarmato con il suo equivalente moderno, carico d'armi, risulta chiaro che abbiamo da tempo distanziato tutte le altre specie, quanto a capacità di uccidere. Ma, inventando armi di nostra fabbricazione, abbiamo prodotto numerosi mutamenti, tanto cruciali quanto catastrofici, nelle nostre azioni di combattimento.

1. Abbiamo costantemente aumentato la capacità lesiva dei nostri attacchi.
Aggiungendo all'assalto fisico prima corpi contundenti, poi strumenti acuminati, poi aggeggi esplosivi, abbiamo reso ogni nostro attacco, nel corso dei secoli, potenzialmente più letale.
Invece di sottomettere gli avversari, come gli altri animali, noi li uccidiamo.

2. Data l'artificialità delle nuove armi, abbiamo introdotto la possibilità dell'unilateralità nell'attacco fisico.
Non vi è più garanzia che entrambi gli avversari siano ugualmente ben equipaggiati. Quando due tigri combattono, esse hanno nei loro artigli mezzi di offesa che mancano agli esseri umani nel combattimento disarmato, ma tutte le tigri possiedono queste armi e ciò crea fra i combattenti un equilibrio inibitore. Nel combattimento umano armato, invece, si può facilmente verificare una situazione di enorme ineguaglianza: le armi superiori di cui uno dispone eliminano il timore della rivalsa, togliendo alla sua furia ogni inibizione.

3. L'efficienza sempre maggiore delle armi artificiali significa che per sferrare un attacco lesivo occorre uno sforzo sempre minore.
Invece di essere coinvolto nella violenza del combattimento disarmato, che richiede un grande sforzo muscolare, il moderno portatore d'armi deve effettuare soltanto la piccola, delicata operazione di piegare un indice, per spedire una pallottola nel corpo dell'avversario. Non c'è esaurimento fisico in un atto del genere, nessun intimo contatto con il corpo del nemico. Strettamente parlando, uccidere un uomo con un'arma da fuoco non è nemmeno un'azione violenta. L'effetto è violento, naturalmente, ma l'azione è tanto delicata quanto sollevare una tazzina di caffè. Questa mancanza di sforzo fisico lo rende un atto molto più facile da effettuare, aumentando ancora la probabilità che l'attacco abbia luogo.

4. La portata entro la quale le nostre armi possono operare con successo è costantemente aumentata.
Questa progressione ha avuto inizio quando abbiamo cominciato a lanciare un oggetto. invece di usarlo per colpire. Con l'invenzione delle frecce, le nostre armi a punta hanno potuto raggiungere il nemico a distanze ancora maggiori. La scoperta della polvere da sparo rappresentò un altro balzo in avanti: ora i proiettili potevano uccidere un nemico cosi lontano da non poterne distinguere i particolari. Ciò ha aggiunto al combattimento un elemento impersonale. eliminando ogni possibilità di segnali di sottomissione. Cosi le comuni inibizioni animali della lotta corpo a corpo sono state drasticamente ridotte.



5. Infine, la potenza delle armi a distanza è aumentata al punto che possiamo uccidere non uno, ma un gran numero di nemici in una frazione di secondo.
L'uso di bombe, lasciate cadere dal cielo o depositate con una spoletta a tempo, e l'introduzione della guerra chimica hanno portato all'estremo la spersonalizzazione e la disibinizione del combattimento. Le azioni dei combattenti sono ora del tutto non-violente - di solito basta premere un bottone, il che è ancora più delicato del tirare un grilletto - e, ancora una volta, sono effettuate da una tale distanza e con tale rapidità da eliminare completamente i consueti freni e controlli animali. Insieme, questi cinque fattori hanno trasformato il combattimento umano da un attacco violento, mirante alla sconfitta dell'avversario, a un atto delicato, mirante alla sua distruzione; dal picchiare e dominare un rivale, al disintegrare una moltitudine di invisibili estranei. Per fortuna, tuttavia, l'ultima fase di questo capitolo del progresso umano ha infine prodotto per suo conto una nuova inibizione. Con gli ordigni nucleari, siamo tornati allo stadio in cui l'attaccante può aver ragione di temere per la propria salvezza, poiché la potenza di queste armi è tale, che chi schiaccia il bottone ha molta probabilità di andare in fumo con tutti gli altri, in un olocausto globale. In altre parole, il potenziale distruttivo di queste bombe è cosi grande, che ha efficacemente rimpicciolito il mondo e ridotto le dispute internazionali a scaramucce circoscritte. Ancora una volta, l'impulso ad attaccare comporta l'immediato insorgere di un'acuta paura nell'attaccante, come avveniva nel combattimento disarmato. Tuttavia, questa nuova svolta nella storia del combattimento umano non elimina completamente la possibilità di un conflitto nucleare. Ne riduce soltanto la probabilità.
Una particolarità della condotta umana che ha sempre complicato la convivenza inter-gruppi non è l'aggressività della specie, ma, paradossalmente, la grande inclinazione dell'uomo all'amicizia. Questo senso di lealtà verso il gruppo ha ripetutamente portato ad attacchi, non contro un nemico, ma a sostegno di un compagno. E' questo spirito cooperativo che ha reso possibile trasformare il combattimento personale, limitato, in guerra di bande e la guerra di bande in sciovinismo militare. Le forze d'assalto organizzate non possono operare su una base personale. Esse richiedono disciplina e fedeltà alla causa, cioè due qualità che non hanno intrinsecamente nulla a che fare con il combattimento umano, ma hanno avuto origine nel gruppo di maschi cacciatori, dove la sopravvivenza dipendeva dalla lealtà al «circolo», e poi, sviluppandosi la civiltà e progredendo la tecnologia, sono state sempre più sfruttate nel nuovo contesto militare. La combinazione della tendenza alla cooperazione di gruppo e della spersonalizzazione dell'attacco, tipiche della condizione umana moderna, significa che saremo sempre suscettibili di pressioni da parte di capi spietati, che ci sproneranno a combattere per le loro cause. Essi non ci chiederanno di uccidere con le nostre mani nude, o di esercitare un grande sforzo per dare la morte, o di farlo a distanza ravvicinata, in modo che possiamo vedere le espressioni delle nostre vittime mentre le attacchiamo. Ma ci chiederanno di uccidere per aiutare i nostri compagni, che soffriranno orribili patimenti se non andremo in loro soccorso. L'argomento ha funzionato cosi spesso e così bene che, tragicamente. continuerà senza dubbio a farlo anche in futuro. La nostra unica difesa contro di esso consiste nel chiederci se abbiamo qualche motivo di attrito personale verso gli individui che dovremmo uccidere e se il «gruppo» che ci viene richiesto di sostenere sia davvero il nostro gruppo tribale, o non invece un artificiale gruppo «nazionale». composto da un miscuglio di molte « tribù» interconnesse, alcune delle quali traggono origine dal nostro nuovo cosiddetto nemico. Soltanto riprendendo a considerare il combattimento come una forma estrema di conflitto personale, ossia quello che era in origine, avremo qualche speranza di sfuggire all'incontrollata brutalità dei campi di battaglia umani, tornando alla moderazione del combattimento animale.

Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber


mercoledì 11 aprile 2018

Il potere delle armi, allenarsi con le armi

Risultati immagini per Il potere delle armi, allenarsi con le armi



Sono lì, a metà del tatami, la mia spada di legno, il bokken, stretto tra i pugni. Serrare questa spada di legno, un’antenna rizzata a percepire emozioni e movimento, dà una sensazione strana.
Dall’altro lato, dietro il suo bokken, il mio compagno, il mio avversario, mi guarda a sua volta. Posso sentire l’energia che scocca tra le punte delle armi, come la scintilla tra due elettrodi.
Le armi, una spada di legno, lunghi bastoni, il veloce nunchaku, dei tonfa o altro ancora, non importa, si genera un potente flusso di forza, si sente tutta l’azione ad un più alto livello.
La pratica con le armi promuove ed impone una dimensione di attenzione, dei movimenti più sottili rispetto alla tecnica del corpo.
Chiamo "tecnica del corpo" il sistema di combattimento con uso di colpi (pugni, calci) ed azioni di controllo (proiezione, leve, strangolamenti, etc..)
Un ottimo esempio, del lavoro con le armi, i suoi risultati e benefici, si può osservare nelle complesse sequenze di kata a coppie, con la spada, con i bastoni lunghi Bo e Jo. Non tanto la perfezione assoluta, la pulizia maniacale dei movimenti, che si deve conseguire, quanto la coscienza del combattimento reale
che vi è contenuto, la sua logica di scherma e i suoi principi.
In poche parole è il momento selvaggio dello scontro, da realizzare mantenendo la sottile padronanza delle possibilità offerte da un’arma rispetto ad un'altra, con i suoi pregi e i suoi difetti.
Si esamini invece il combattimento disarmato, che offre condizioni diverse.
La prima, occorrerà obiettivamente riconoscerlo, è il vantaggio di chi pesa di più, in questo campo le dimensioni fisiche contano di più. Poi, a mani nude, uno sbaglio non comporta automaticamente danni irrimediabili. E’ possibile colpire ed essere colpiti senza che le possibilità di vittoria cambino per l’uno o per
l’altro. Per esempio, un’azione come una schivata di cortissima misura, un colpo dell’avversario che ci striscia addosso senza danni, consentendo un contrattacco ravvicinato e potente, avviene spesso ed è anche tecnicamente valido: questo non è possibile se sono impegnate delle armi. A mani nude, i combattenti esperti sono portati a sottovalutare la possibilità di offesa dell’altro, l’esperto porterà i suoi attacchi, sicuro di poter controllare anche una risposta violenta, di assorbire il colpo, di ammortizzare la caduta, netraulizzare una presa. Confida nella sua dote per addolcire e deviare un impatto improvviso, per trasformarlo in una strisciata, in una spinta.
Ma nelle armi non esiste la distinzione di massa e peso tra i combattenti, piccoli e grandi hanno tutti le stesse possibilità. Un colpo che striscia addosso, che va quasi a vuoto, è sempre un colpo che fa un danno. Per questo l’attenzione, deve venire sublimata, portata fino a più nuovi e più alti limiti, dove si sentono perfino i movimenti sottili dell’anima dell’altro, in tutte le loro sfumature.
Ne ho sempre ricevuto l’impressione di uno spettacolo inimitabile. Un uomo si muove insieme al suo avversario e la rappresentazione diventa lotta per la vita. L’aria è elettrica, l’azione si svolge in un alternarsi di scatti e di pause, dettate dall’occasione e dalle possibilità reali.
Non appare più una ripetizione di una forma già esistente e prestabilita, ma semplice realtà. Occorre riconoscere bene questa situazione, è quanto avviene negli scontri. Questi scenari possono sembrare naturali al lettore, che può facilmente immaginare la scena di un Kata a coppie, dove esiste la materializzazione dell’avversario e i due contendenti/esecutori si affrontano come delle fiere selvagge. Un’atmosfera ruggente e carica di tensione che può stupire chi non ha mai visto qesti scontri a due. Eguale tensione esiste nei Kata a singolo, soprattutto in quelli di Iai, dove l’estrazione della lama, la spada, esprime bene la concentrazione e la "minaccia": la Katana sibila tagliando l’aria e nei Kiai si esprime l’urlo della "tigre interiore".
Ognuno può essere un testimone, osservare e rendersene conto, rivedere le esperienze personali, gli allenamenti mai abbastanza lunghi, cambiare se stessi ed il proprio modo di essere, di percepire le cose. Molto cambia dopo aver compiuto anche pochi passi nella via del combattimento con le armi. Non sono poteri soprannaturali o doti paranormali, arcani segreti, solo la capacità sempre più alta di sfruttare ogni risorsa del proprio corpo.
Immaginate i cinque sensi acutizzati al massimo, i muscoli pronti a scattare, eppure rilassati, la mente chiara e ben posizionata nell’azione, nessuna incertezza, nessuna certezza, solo adattabilità. L’evoluzione dell’azione è seguita passo passo, in modo fluido, la decisione spontanea, ogni variazione immediata. Un grosso atleta, temibile combattente a mani nude, non darà mai la
stessa impressione di pericolo di uno smilzo principiante che agita scompostamente una lama.
Quando ci si avvicina ad un’arma per la prima volta, sia un bastone, un bokken, un nunchaku o altro, magari usando le versioni morbide da gara, la mente è volta solo alla volontà di colpire, ad ottenere la supremazia, si sente la violenza dello scontro.
Sorpassata la prima eccitazione, ci si rende conto di non partecipare ad un gioco, a chi colpisce prima e di più, ma a dei duelli simulati dove la posta in gioco è una vita simbolica: un tocco anche leggero, nella realtà, significa dolore e ferita. Allora inizia una ricerca che ha come scopo l’acutizzazione dei sensi o, meglio, il loro pieno sfruttamento, si cerca di comprendere il funzionamento della tecnica sicura, l’influenza della respirazione, la concentrazione. Si capiscono alcuni detti dei Samurai e di antichi Maestri. Adesso si lavora veramente per accrescere il proprio potenziale.
Un simile studio è una Ricerca, come un viaggio, si parte e si va sempre avanti, la casa è sempre in fondo alla via, si apprende a volta con fatica, a volte con facilità, in molto tempo o in un attimo.
Nel nostro caso, due esperienze apparentemente opposte, combattere con le armi e a mani nude, si fondono.
Comunicano la realtà e come sfruttare al massimo tutte le nostre risorse.
Intanto, in mezzo al tatami si combatte e si ascolta se stessi, il sussurro sottile delle impressioni, delle sensazioni. Capire la strada giusta nei labirinti dell’azione, dove la tecnica personale non riesce più a seguire lo svolgersi del combattimento, a volte soluzioni di ripiego, a volte vere azioni magistrali, cercando un progresso, ponendosi domande.
L’arma ti scava dentro, ti pone di fronte te stesso, la tua immagine può farti paura, e devi vincere la sconfitta che ti porti dentro, l’indulgenza nelle fragilità.
Quando ho iniziato, a volte si ha qualche esperienza delle armi di Okinawa, Tonfa, Bo, Sai, Nunchaku. Pochi movimenti rubati da film, libri, dimostrazioni. Vedere il Maestro fa rendere conto della vera profondità tecnica, un’altra dimensione, molto più vasta di quanto si immagina, per l’esistenza di principi strategici fondamentali, per le tattiche complesse da realizzare.
Nella progressione dell’allenamento vengono posti nelle mani il Tanto, coltello corto, il Tanbo, bastone medio, e il bokken, che rappresenta la spada.
Si apprende le distanze di uso di ognuna di queste armi.
Il coltello è un prolungamento del braccio, un lungo dito tagliente e perforante, mentre il corpo si muove ad un ritmo elettrico, l’azione è continua, taglio dopo taglio. E’ velocità unita all’intuizione, prudenza e rischio, tempo dilatato, movimenti improvvisi di gambe, agili.
Il bastone medio è l’arma universale, un terzo braccio sottile e duro, può colpire di punta, percuotere ed agganciare, fare proiezioni, leve, strangolamenti. Il suo uso varia di continuo, pause e complesse combinazioni di più colpi e mulinelli, parate opponendo, seguento o agganciando.
La Spada, anche nella forma più umile dei lignei bokken, è la regina. Ha un fascino a cui nessuno può sfuggire. Impugnarla dà una dimensione diversa, il tempo antico, i modi per combattere. Dopo anche poco di pratica si comprende la sua semplice e spietata efficacia, appaiono subito ridicoli certi racconti di combattimenti a mani nude o con armi povere contro provetti spadaccini.
La spada giapponese, come quella occidentale, ha un tale patrimonio di studio e di tecnica alle spalle, che usarla è come studiare un classico e creare del nuovo allo stesso tempo.
Quando poi queste armi iniziarono ad entrarmi dentro, vennero i bastoni lunghi, il Bo e il Jo. Un maneggio più lento ma estremamente potente, fatto di trappole tese all’avversario, e finte nelle finte, attacchi così pesanti che anche se parati bloccano l’azione. E poi ricominciare con i Nunchaku e i Tonfa, impegnandoli nel combattimento contro la Spada, capire che il minimo passo falso, un qualsiasi errore di strategia, portava alla vittoria senza appello
 della Spada. Si doveva rimanere in bilico, finché non si creava un’apertura nella guardia della Spada. Solo allora era possibile avere un attimo fuggente di cui approfittare, l’unico che poteva portare alla vittoria.
I ragazzi, i giovani nuovi allievi, che vengono in palestra ad informarsi per i corsi, spesso non capiscono lo studio delle armi, ma dopo poca pratica ne comprendono il valore e si gettano con maggior entusiasmo negli studi della disciplina.
La somma di tutte queste esperienze porta alla conclusione che lo studio delle armi tradizionali delle Arti Marziali migliora indiscutibilmente i livelli della pratica. Sia quella con le stesse armi che quella a mani nude. Per una comprensione reale del combattimento universale.

Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber

martedì 10 aprile 2018

Ci si può difendere in strada usando le Arti Marziali?

Incredibile! Il 97% delle arti marziali è inutile nella difesa ...





Cosa si rischia? Che vuol dire Legittima Difesa?"
Partiamo dicendo che i presupposti essenziali della legittima difesa sono:

1. L'aggressione ingiusta
2. La reazione legittima
L'aggressione ingiusta deve concretarsi nel pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto. L'attualità del pericolo postula una minaccia in corso al momento della reazione ovvero una minaccia o offesa imminenti, così da non consentire all'aggredito di rivolgersi alla tutela degli organi dello Stato. Tale stato si protrae fino a quando l'azione dell'aggressore diretta alla lesione del bene non si esaurisca.
Considerate che la condotta offensiva può consistere anche in un comportamento non violento (come l'ingiuria) ed anche in una omissione. a condotta aggressiva deve minacciare un diritto.
La Legittima difesa è ammessa infatti nei confronti di tutti i diritti personali e patrimoniali.
Anche questi ultimi possono essere difesi con atti violenti, purché sussista la necessaria proporzione.
In applicazione di tale principio si è *esclusa* la legittima difesa:
1. Nel caso di *rissa*
2. In tutti i casi in cui il soggetto, più che a difendersi, mira *anche* e principalmente, a offendere l'avversario.
E' anche vero che si può dichiarare ammissibile l'esimente ex-art.52 c.p.: il pericolo di una violenza più grave e più pericolosa di quella propria del tipo di colluttazione o di quella preventivata può, infatti, far sorgere uno stato di legittima difesa; così potrà invocare l'esimente chi, partecipando
ad una rissa senza armi o strumenti contundenti, si veda poi minacciato da un coltello e sia costretto per difendersi a farne uso anch'egli. "Involontarietà" del pericolo non significa sempre e necessariamente il non aver dato causa ad esso. La Cassazione ha deciso infatti di non concedere l'esimente della LD (Legittima difesa) a colui che abbia utilizzato la situazione di fatto (anche se non causata da lui) per offendere e difendersi dando un contributo decisivo al crearsi di un rischio attuale per se e per gli altri, al quale anch'egli liberamente si espone; allo stesso modo non è applicabile la LD per chi, intervenuto per reagire all'altrui offesa, abbia partecipato alla colluttazione con pari e contrapposta violenza a quella degli avversari, manifestando una volontà di sopraffazione e ritorsione.
La reazione è legittima quando:
1. E' necessaria, nel senso che non sia possibile evitare altrimenti l'offesa al diritto proprio od altrui. Consideriamo che la fuga è ritenuta un mezzo di reazione, anche se, per non incoraggiare i delinquenti ed imporre viltà algi onesti, la legge, in caso di difesa evitando la fuga, accerta la necessità della reazione operando in concreto, tenendo conto delle circostanze del caso. Per questo è sempre legittima la difesa di un militare che devono salvaguardare l'onore della divisa.
2. La difesa deve essere proporzionata all'offesa. Non si capisce bene se la proporzione debba essere tra il male minacciato e quello inflitto o fra i mezzi a disposizione dell'aggredito e quelli usati effettivamente.
L'offesa minacciata deve essere ingiusta nel senso che non deve essere autorizzata dall'ordinamento. Quindi vale il ricorso anche quando proviene da incapaci di intendere e di volere. Debbono considerarsi non giuste anche le offese arrecate in caso di legittima difesa  o in eccesso di legittima difesa* come nel caso in cui uno minacci di dare o dia uno schiaffo e si veda aggredito con un coltello. Inoltre il pericolo non deve essere determinato volontariamente da chi invoca la legittima difesa. Ingiusta è infatti l'offesa che non si è concorso a determinare.

Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber

lunedì 9 aprile 2018

Il codice del guerriero bodybuilder

Risultati immagini per Il codice del guerriero bodybuilder



Il bodybuilding non ha solo una psicologia ma anche una morale, usando una metafora, esso non ha solo una testa ma anche un cuore.
Il seguente codice è una sfida ... perchè non ogni bodybuilder è un guerriero, e molti ne sono veramente lontani. Il codice non va accettato ciecamente ma sviluppato ...



1 - I guerrieri sono persone disciplinate e dedite all'eccellenza.
I guerrieri sono dediti al bodybuilding e gli danno una priorità nella loro vita quotidiana. Non hanno paura di sognare o di aspirare a qualcosa ma fanno in modo di incanalare questi sogni in obiettivi e fini specifici, appropriati e raggiungibili.

2 - I guerrieri sono persone positive.
I guerrieri sanno che nell'affrontare una situazione hanno solo due possibilità: essere positivi o essere negativi. Essi scelgono di essere positivi, di costruirsi realisticamente e avvicinarsi ad ogni situazione con l'attitudine del "posso farcela". I guerrieri esercitano un controllo attivo sulle proprie esistenze credendo in se stessi. Essi sanno di non dover essere solo positivi, ma di dover anche far trasudare la loro positività. Il pensare bene deve andare in coppia con l'agire bene.

3 - I guerrieri vedono gli allenamenti come campi di prova personali.
I guerrieri si avvicinano al proprio allenamento come gli antichi guerrieri si avvicinavano alle loro battaglie, con la differenza che i moderni guerrieri non combattono contro nessuno. Essi non combattono neanche contro i pesi. Il loro obiettivo è unirsi ai pesi per diventare il meglio che possono. La loro sfida è
combattere contro paure, dubbi e insicurezze. I guerrieri del bodybuilding sono persone con degli obiettivi che si concentrano interamente e creativamente sui compiti a portata di mano. Si concentrano nel fare correttamente serie e ripetizioni. Essi avvertono un interiore senso di soddisfazione nell'allenarsi bene.

4 - I guerrieri sono perseveranti.
Essi sanno che devono allenarsi alla lunga. I guerrieri valutano ed amano persino il loro sforzo e la loro lotta. Sopportano il disagio sapendo che quello è proprio il momento in cui stanno ampliando se stessi fisicamente e mentalmente. Spingono continuamente se stessi verso le proprie frontiere di crescita e sviluppo. I guerrieri accettano i fallimenti ed imparano dalle proprie delusioni per migliorarsi in quello che fanno. I guerrieri desiderano sempre imparare ed ampliare se stessi. Essi sono coinvolti nel pumping iron per "la vita".

5 - I guerrieri vivono una vita equilibrata.
I guerrieri sanno che per fare allenamenti produttivi devono avere ordine negli altri ambiti della vita. Essi hanno integrato il loro credo e la loro pratica in ogni area delle loro esistenze e di conseguenza sono non contraddittori e congruenti. Hanno imparato ad aggirare le proprie funzioni sociali per dare attenzione a tutto, mantenendo un ritmo complessivo. Essere un guerriero significa esserlo in ogni aspetto della propria vita.

6 - Infine, i guerrieri servono il prossimo.
Essi capiscono che parte del loro dovere è dare qualcosa in cambio aiutando il prossimo. Insegnano ed assistono gli altri così che gli altri possano massimizzare i propri progressi. Insomma, i guerrieri servono da modelli affinché i bodybuilders novizi e intermedi diventino anch'essi guerrieri. Spartendo continuamente con gli altri la loro conoscenza ed esperienza, i guerrieri fanno anche avanzare lo sport che amano.

Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber

domenica 8 aprile 2018

LO STILE DELLA FAMIGLIA HUNG

Immagine correlata


"L'Hung Gar è per uomini forti o che forti vogliono diventare".
Questo motto e' l'emblema di questo stile che rappresenta ancora oggi uno dei metodi di Kung Fu più duri e più completi.
Basato sullo studio degli animali Shaolin in particolare della Tigre e della Gru, lo stile si compone di forme a mano nuda e forme con le armi tipiche.
Fra le forme a mano nuda importanti sono:

1) MUI FA KUNE (Il fiore di prugno)
2) KUNG JEE FOK FU KUNE (L'unione della energia e movimento di tigre)
3) WU DIP CHEUNG (Le ali della farfalla)
4) FU HOK SHEUNG YING (La doppia via della tigre e della gru)
5) LAU GAR KUNE (Stile della Famiglia LAU)
6) SAP YING KUNE (i 10 metodi che raggruppano i 5 elementi e i 5 animali)
7) TIT SIN KUNE (Pugno del filo di ferro)
8) MG YING KUNE (Forma dei 5 metodi)
Poi si distingue la SAP JUET SAU che è una breve forma che raccoglie le 10 tecniche mortali dello stile.

Nell'Hung Gar si utilizzano molte armi, fra esse ricordiamo:

1) Spada curva (DAO )
2) Spada dritta (KIM )
3) Alabarda (KWAN DAO )
4) Coltelli a farfalla (WU DIP DAO )
5) Bastone della scimmia (MALAU KWAN )
6) Bastone a punta (KWAN )
7) Catena
8) Forcone (SAN CHA)
9) Lancia classica (CHEON)
10) Grande bastone (TA KWAN).

Dopo l'incendio che distrusse il monastero Shaolin nella regione di Henan, i monaci custodi dei segreti del Kung Fu che conferì loro l'invincibilità, fuggirono e si rifugiarono a sud, nel monastero della regione del Fujian.
In quel tempo, inizio del 1700, Hung Nei Kwun, un mercante di thè, ebbe degli scontri con dei nobili funzionari dell'attuale governo Qing (Ching), che lo costrinsero a fuggire e a chiedere ospitalità al monastero. L'impegno e il talento dimostrato da Hung furono notevoli tanto che Ti Sin Sin decise di allenarlo e istruirlo personalmente sullo stile Shaolin della Tigre.
Dopo un asilo di diversi anni gli fu riconosciuto il titolo di migliore discepolo "esterno". La pace però non durò a lungo e l'esercito di Qing, attaccò anche il monastero del Fujian.
Hung Nei Kwun era molto legato al suo Maestro Ti Sin Sin e decise, nonostante l'abate avesse oltre 80 anni, di portarlo con se nel tentativo di salvarsi e trovarono riparo presso un monastero in Canton.
Qui trascorsero altri anni durante i quali Hung Nei Kwun maturò il pensiero di essere moralmente obbligato ad insegnare il Kung Fu per combattere la tirannia dei despoti e degli invasori.
Quando il governo rilasciò la libertà di insegnamento del Kung Fu per addestrare i soldati del proprio esercito, Hung Nei Kwun chiese di poter lasciare il monastero al fine di insegnare il suo sapere.
Hung codificò la forma Kung Jee Fok Fu e unendo al suo stile lo studio dello stile della Gru, che gli fu tramandato dalla moglie Fong Wing Chun nipote di Fong Sai Yuk, uno dei monaci scampati alla distruzione del monastero. Creò così un nuovo stile di combattimento che divulgò e che prese il nome "Hung Gar Kune", cioè "stile della famiglia Hung". Questo stile riscontrò un grande successo tanto che insieme a stili di altre famiglie come Choy Gar, Li Gar, Mo Gar e Lau Gar (dal quale venne influenzato al punto che in seguito venne inserita la forma LAU GAR nelle forme dello stile per onorare appunto l'amicizia con la famiglia LAU), è diventato uno tra i più famosi e caratteristici del Sud della Cina.
Uno dei discepoli più importanti di Hung Nei Kwun fu Lok A Choy, monaco grande esperto di Wai Qi Gong, o Qi Gong esterno, già allievo di Ti Sin Sin che però, essendo troppo vecchio, lo mandò da Hung Nei Kwun.
Lok insegnò a sua volta a Wong Tai Yin e a suo figlio Wong Key Yen famoso medico che andando in giro per la Cina insieme a suo figlio Wong Fei Hung per procurarsi rare erbe medicinali incontrò Lam Fok Sing, allievo del grande maestro Tit Kiu San dal quale apprese l'ultima forma inserita poi nei programmi moderni di Hung Gar e cioé la Tit Sin Kune, la "Forma del Filo di Ferro" ove viene sviluppato il lavoro sul Qi Gong che rese famosi i vecchi maestri di questo stile.
Tit Kiu San , soprannominato "Braccia di Ferro" che riusciva a canalizzare il Qi nelle sue braccia al punto di portarci sopra 6 persone per 100 passi, insieme a Wong Fei Hung e suo padre furono inseriti nella speciale classifica delle "10 Tigri" (Sap Fu) di Canton.
Wong Fei Hung è sicuramente il personaggio più famoso di questo stile e della storia del Kung Fu del Sud della Cina. Le sue leggende narrate in numerosi film lo rendono realmente leggendario.
Creò numerose forme rivisitando quelle storiche e aggiungendone di nuove fra cui la forma Wu Dip Cheung.
Wong Fei Hung ebbe vari allievi tra i quali il più famoso è Lam Sai Wing che fu il primo ad aprire una scuola pubblica riorganizzando la didattica.
Lam ebbe molti allievi tra cui il figlio adottivo Lam Jo, il maestro Chiu Kao e il maestro Chan Hon Chun (1909 - 23/2/1991) dal quale deriva la nostra scuola.
Le caratteristiche dello stile sono l'impostazione stabile e forte, ispirata ai movimenti della tigre, che lo rendono stile potente e duro, il tipico Artiglio della Tigre (Fu Zhao), la ricerca dell'equilibrio ispirato ai movimenti della gru.
Nel programma complessivo della nostra scuola l'Hung Gar riveste un ruolo importante perché la sua geometrica impostazione del corpo consente allo studente di iniziare un percorso nell'ambito del Kung Fu che poi porterà verso Stili che si basano su coordinazioni psicomotorie assai meno regolari e di più difficile schematizzazione.
A livelli più avanzati apporta al praticante quel valore aggiunto di sviluppo energetico che caratterizza i praticanti più esperti di questo stile.

Ora siamo anche su YouTube col nostro nuovo canale ufficiale.
Iscriviti subito!!!
È già online: https:
//www.youtube.com/channel/UCSD5KRz-vJqXdVj24ACIJqA?view_as=subscriber