martedì 22 settembre 2015

L'arte della guerra

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L'arte della guerra (Sūnzǐ Bīngfǎ, 孫子兵法) è un trattato di strategia militare attribuito, a seguito di una tradizione orale lunga almeno due secoli, al generale Sunzi (in cinese: 孫子; pinyin: Sūnzǐ; Wade-Giles: Sun Tzu), vissuto in Cina probabilmente fra il VI e il V secolo a.C. Importante è stato il ritrovamento di un manoscritto in lingua originale scritto su un rotolo di bambù intorno al III secolo a.C.
Si tratta probabilmente del più antico testo di arte militare esistente (VI secolo a.C. circa). Sono tredici capitoli, ognuno dedicato ad un aspetto della guerra. Ebbe una grande influenza anche nella strategia militare europea. È un compendio i cui consigli si possono applicare, al pari di altre opere della cultura sino-giapponese, a molti aspetti della vita, oltre che alla strategia militare. Ad esempio all'economia e alla conduzione degli affari.
Il libro è tuttora usato per la conduzione e strategia di molte aziende di tutto il mondo. Infatti ciò che tratta non è solo la guerra in sé ma anche gli aspetti collaterali, che lo avvicinano molto alla ricerca operativa, branca della matematica sviluppatasi nel dopoguerra per risolvere problemi decisionali in guerra e poi spostata all'uso civile; da notare le affinità anche con la moderna teoria dei giochi.
Sembra poi che molti grandi personaggi del passato tra i quali Napoleone Bonaparte, Mao Zedong e il Generale Douglas MacArthur siano stati influenzati o abbiano tratto espressamente ispirazione dalla lettura di questo libro.
Unendone la lettura al complementare studio delle filosofie orientali, è possibile se non comprendere appieno, almeno intuire alcuni aspetti di culture le quali, per chi vi si accosta la prima volta, sembrano del tutto aliene.



  • I. Valutazioni di base (Ji)
  • II. Conduzione del conflitto (Zuozhan)
  • III. Pianificazione dell'attacco (Mougong)
  • IV. Disposizioni (Xing)
  • V. La forza (Shi)
  • VI. Vuoti e pieni (Xushi)
  • VII. Manovre di eserciti (Junzheng)
  • VIII. Le nove variabili (Jiubian)
  • IX. Muovere l'esercito (Xingjun)
  • X. Conformazione del terreno (Dixing)
  • XI. I nove terreni (Jiudi)
  • XII. Attacco col fuoco (Huogong)
  • XIII. L'uso delle spie (Yongjian)

Alcuni estratti


  • "Il più grande condottiero è colui che vince senza combattere"
  • "In ogni conflitto le manovre regolari portano allo scontro, e quelle imprevedibili alla vittoria"
  • "Combatti con metodi ortodossi, vinci con metodi straordinari"
  • "Se sei inattivo mostra movimento, se sei attivo mostrati immobile"
  • "Chi è prudente aspetti con pazienza chi non lo è, sarà vittorioso"
  • "Quando ti muovi sii rapido come il vento, maestoso come la foresta, avido come il fuoco, incrollabile come la montagna"
  • "Conosci il nemico, conosci te stesso, mai sarà in dubbio il risultato di 100 battaglie"
  • "I Soldati vanno trattati innanzitutto con umanità, ma controllati con ferrea disciplina. Questa è la strada per la vittoria"
  • "Un risultato superiore consiste nel conquistare intero e intatto il paese nemico. Distruggerlo costituisce un risultato inferiore"



lunedì 21 settembre 2015

Itosu Ankō

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Itosu Ankō (糸州 安恒 Itosu Ankō; Naha, 1830 – Naha, 26 marzo 1915) è stato un karateka e maestro di karate giapponese.
Fu uno dei migliori allievi di Sōkon Matsumura ed è considerato il primo grande "modernizzatore" avendo operato modifiche al karate precedente per poter diffondere la disciplina su larga scala, eliminando le tecniche più pericolose contenute nei kata. Nel 1901 riuscì a far adottare il karate come disciplina nella scuola elementare di Shuri. In tal modo il karate poté essere assimilato da un numero di persone decisamente più ampio del passato, quando veniva tramandato in segreto e solo ad una ristretta cerchia di adepti. La stessa modalità d'insegnamento mutò alla radice: fino ad allora un maestro insegnava a uno o due allievi alla volta; nelle scuola, invece, un unico insegnante dirigeva tutti gli allievi, gridando ogni comando. Egli, inoltre, modificò i kata esistenti, o li creò addirittura, proprio per renderli più adatti all'insegnamento scolastico. La capacità pedagogica di Itosu si riflette nella grande preparazione dei suoi allievi, molti dei quali diventarono fondatori di stili importanti (due su tutti Gichin Funakoshi e Kenwa Mabuni).

domenica 20 settembre 2015

Kickboxing

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La kickboxing (o kick boxing) è uno sport da combattimento di origine giapponese, diffusosi poi in USA, che combina le tecniche di calcio tipiche delle arti marziali orientali ai colpi di pugno propri del pugilato.

Storia

La kickboxing è nata in Giappone negli anni sessanta. In quel periodo le uniche forme di combattimento a contatto pieno erano il full contact karate, il muay thai thailandese, il Sambo russo, il taekwondo coreano, il karate contact ed il sanda cinese.
I giapponesi iniziarono a organizzare gare di karate a contatto pieno (karate full contact). Questo genere di combattimenti stava acquisendo interesse sempre maggiore finché negli anni '70, alcuni maestri di arti marziali provarono a sperimentare una nuova formula unendo le tecniche di pugno del pugilato alle tecniche di calcio del karate e nacque così il Full Contact Karate.
Tuttavia vi fu una certa confusione dei nomi e degli stili, anche in virtù del fatto che nel Full Contact Karate si colpisce con i calci, dal busto in su, mentre nella kickboxing giapponese si potevano dare calci anche alle gambe.
A cavallo tra gli anni ottanta e gli anni novanta con il termine kickboxing spopolò negli Stati Uniti una forma di full contact karate dove gli atleti vestivano dei lunghi e larghi pantaloni e delle apposite scarpe, ed inizialmente era vietato colpire con calci portati sotto la cintura; tra i più importanti enti ed organizzazioni vi erano WKA ed ISKA.
Successivamente, sempre in Giappone, nel 1993, venne organizzato un torneo chiamato K-1, in cui "K" sta per Karate, Kempo e Kickboxing. In questo torneo le regole sono quelle della kickboxing, ma sono valide anche le ginocchiate senza presa e i pugni saltati e girati. Lo scopo era mettere sullo stesso ring atleti di diverse arti marziali e sport da combattimento e che avesse un regolamento sportivo che permetteva loro di confrontarsi.
Visti i capitali elevatissimi e l'entusiasmo enorme dei giapponesi, in questi avvenimenti, il K-1 (diviso in due tornei: il K-1 World Grand Prix, riservato ai pesi massimi e il K-1 MAX, riservato alla categoria dei pesi medi) divenne il più importante torneo al mondo. Il termine "K-1" ha assunto attualmente l'accezione di uno sport da combattimento a sé stante, benché vi partecipano atleti provenienti dal muay thai, dalla kickboxing o da altri sport simili; il regolamento del torneo è chiamato K-1 Style.

Tecniche

Come già accennato, la kickboxing prevede l'utilizzo di tecniche di pugno e di calcio. Le principali sono riportate di seguito:

Tecniche di pugno

Le tecniche di pugno utilizzate nella kickboxing sono le stesse del pugilato occidentale: diretti, ganci, montanti e combinazioni dei tre:
  • diretto: colpo sferrato stendendo completamente il braccio in avanti, a colpire il volto o il busto dell'avversario. È un pugno fondamentale, e viene portato sfruttando la torsione della gamba d'appoggio, della schiena e delle spalle
  • gancio: pugno sferrato mantenendo il braccio piegato, ad uncino, ruotando la spalla
  • montante: colpo sferrato dal basso verso l'alto, a cercare solitamente il mento dell'avversario, anche se può essere diretto anche al busto o all'addome.

Tecniche di calcio

Esistono diverse tecniche di calcio nella kickboxing; di queste alcune vengono considerate fondamentali, altre sono varianti o tecniche speciali che possono essere utilizzate in combattimento. Le tecniche fondamentali di gamba utilizzate nella kickboxing sono:
  • calcio frontale: sferrato portando la gamba al petto e poi stendendola in avanti, per colpire con l'avampiede, o più raramente, il tallone.
  • calcio laterale: simile al calcio frontale ma sferrato da posizione laterale, ruotando la gamba d'appoggio di 90º e andando a colpire con l'altra utilizzando il taglio del piede.
  • calcio circolare o rotante: sferrato muovendo la gamba con una traiettoria -appunto- circolare, colpendo con la tibia o con la monta del piede. Viene realizzato torcendo tutto il corpo, a partire dal piede d'appoggio che, nell'esecuzione, ruota di 90º in avanti nella direzione del movimento. Può essere diretto alle gambe dell'avversario, e si parla in questo caso di low kick, al fianco (calcio medio o middle kick) infine al volto (calcio alto o high kick).
  • calcio girato:sferrato girando il corpo di 360 gradi.
  • calcio incrociato (crescent kick): la gamba compie un movimento laterale ascendente a colpire il volto.
  • calcio ad ascia (axe kick): il movimento è opposto a quello del crescent kick e il piede cade dall'alto verso il basso e lateralmente, usato solitamente per aprire la guardia avversaria.
  • calcio ad uncino (hook kick): consiste nel colpire con una traiettoria di rientro effettuando una rotazione di 90° (il colpo va dato con la pianta piede oppure con il tallone).
Esistono anche altre tipologie di calci tra cui i "calci ruotati" , in cui la gamba svolge una rotazione di 360 gradi sferrando alla fine il calcio; i "calci ad elevazione" (o saltati) , in cui contemporaneo a un salto sferri il calcio; i "calci ruotati saltati".
Nella versione americana della kickboxing, quella proveniente dall'American Full contact karate, si sono sviluppate tre formule fondamentali: il Semi-contact, il Light-contact e il Full-contact. Successivamente si sono sviluppate le discipline della Low-kick e della Kick-light. Per sfruttare al meglio il regolamento, negli anni la tecnica che caratterizza ognuna di queste versioni si è evoluta tanto da rendere completamente diversa l'impostazione e la preparazione degli atleti che la praticano. Per esempio la guardia laterale tipica del semi-contact è considerata pericolosa e da evitare nel full-contact.

Discipline

La kickboxing prevede sei differenti discipline che possono essere disputate su tatami (in questo caso si parla di contatto leggero) oppure sul ring (contatto pieno).

Discipline da tatami

Point Fighthing

Il point-fighting, che significa "combattimento a punti", è una formula della kickboxing che prevede un combattimento non continuato a punti.
È tra le cinque discipline quella che più si avvicina al karate, di cui questo sport è diretto discendente quando questa disciplina era denominata "karate contact" e quando W.A.K.O non stava per(World Association of Kickboxing Organizations) ma bensì era la sigla per "World All Styles Karate Organization". Infatti come nel karate il combattimento prevede che i due atleti si sfidino sul tatami (a differenza del full-contact dove è previsto un ring), e consiste in combattimenti "al punto" (cioè ad ogni azione valida il combattimento viene fermato e viene assegnato il punto). Altro elemento in comune con il karate, è l'utilizzo delle cinture (dalla bianca alla nera) che graduano gli atleti in base alla loro esperienza.
I due atleti combattono su di un tatami di forma quadrata che ha area 7x7 (è tuttavia possibile che in determinate competizioni il tatami misuri 6x6). Gli arbitri che dirigono l'incontro sono tre e si mettono sui lati esterni del quadrato di gara in modo da non interferire nel combattimento, fuori dal quadrato viene posizionato un banco sul quale saranno esposti il tabellone segnapunti e il timer.
Il combattimento varia a seconda delle manifestazioni, ma solitamente dura due round di due minuti ciascuno, e consiste nel colpire prima dell'avversario in una delle zone "legali" del corpo dell'avversario (quindi nel tronco e nella testa, escludendo colpi ai genitali, alle gambe, al collo e ai reni).
L'incontro inizia con il "saluto" dei due avversari (provenendo da un'arte marziale il vi è l'obbligo del rispetto dell'avversario) e con l'arbitro che darà il via con il termine "fight"; al termine del "stop" l'arbitro di gara interrompe momentaneamente il combattimento e consultanto gli altri due giudici di gara assegna il punto ad uno dei due contendenti (può essere assegnato anche ad entrambi nel caso in cui siano andati a segno contemporaneamente)
I punti in base ai seguenti criteri:
  • Tecnica di pugno al corpo: 1 punto
  • Tecnica di pugno alla testa: 1 punto
  • Tecnica di pugno in volo: 1 punto
  • Tecnica di calcio al corpo: 1 punto
  • Tecnica di calcio alla testa: 2 punti
  • Tecnica di calcio al corpo in volo: 2 punti
  • Tecnica di calcio alla testa in volo: 3 punti
  • Tecnica di spazzata seguendo il senso articolare della gamba colpita facendo cadere l'avversario: 1 punto
Durante il combattimento ogni atleta dovrà essere munito delle seguenti protezioni obbligatorie:
  • guanti a mano aperta
  • parastinchi
  • calzari
  • paradenti
  • gomitiere
  • paraseno (solo per le donne)
  • conchiglia (obbligatoria per gli uomini e facoltativa per le donne)
A differenza delle altre discipline nel point-fighting non vi è praticamente mai l'utilizzo dei "ganci" e dei "montanti" in quanto difficili da eseguirsi senza essere prima colpiti, mentre vengono predilette tutte le tecniche di calcio. Una tecnica tipica del point fighting è il "blitz", che consiste in un attacco improvviso andando a finire "addosso" all'avversario, tecniche impossibili da utilizzare nelle altre discipline della kickboxing perché poco utile specialmente in caso di contatto pieno. Poiché il contatto deve essere necessariamente limitato o controllato, richiede soprattutto doti specifiche di rapidità, reattività, prontezza e velocità, richiedendo più una preparazione atletica che una vera preparazione sulla forza. Il point fighting, facendo un paragone con altri sport, potrebbe essere definito come la "scherma" della kickboxing.

Light-contact

Il Light-contact, che letteralmente significa "contatto leggero", ma è inteso anche come "contatto controllato" ed è una formula della kickboxing che prevede un combattimento continuato a punti.
Come nel point fighting, il contatto deve essere necessariamente limitato o controllato, e privilegia soprattutto le doti specifiche di esecuzione tecnica e di pulizia dei colpi che vanno eseguiti con scioltezza e velocità, privilegiando la tecnica alla forza.
I due atleti combattono su di un tatami, ma a differenza del point fighting sono liberi di muoversi sul quadrato di gara a loro piacimento, e senza che l'arbitro interrompa il combattimento dopo l'esecuzione di una tecnica portata a segno.
Il combattimento dura due o tre round da due minuti a secondo del tipo di competizione nazionale o internazionale e i due atleti, combattono in posizione di guardia frontale o semifrontale uno dall'altro, possono trovarsi anche a distanza molto stretta e colpirsi a vicenda con le varie tecniche di pugno e di calcio previste.
L'arbitro di gara può fermare l'incontro solo in caso di "break", quando cioè gli atleti si trovano in clinch e vanno distanziati, oppure in caso di richiamo per eccessivo contatto, scorrettezze o uscita dal quadrato di gara: le uscite comportano una sottrazione di un punto fino alla quarta uscita dal tatami dove l'atleta viene squalificato, stesso discorso con i richiami (il primo richiamo però non comporta decurtazione di punti).
Oltre all'arbitro centrale, vi sono tre giudici i gara che servendosi di un cartellino come nel contatto pieno sommano i punti totalizzati, e assegnano la vittoria. Da poco è stato inserito il sistema easy scoring, dei tabelloni elettronici dove i giudici assegnano i punti con un mouse dedicato, in questo modo si ha la visione effettiva sui monitor dell'andamento dell'incontro.
Poiché nel light-contact non è previsto il K.O., la vittoria è perseguibile soltanto accumulando più punti dell'avversario e in caso di parità decidono si ha la decisione arbitrale di preferenza, nel caso si utilizzo del sistema easy scoring sarà direttamente il sistema a decretare il vincitore.

Kick-light

Esiste infine una versione del light-contact, definita Kick Light, che aggiunge alla tradizionale formula del light-contact la possibilità di colpire con i low kick, cioè con i calci circolari bassi nella parte interna o esterna del quadricipite: l'unico tipo di calcio che si può eseguire al di sotto della cintura.
La differenza con il tradizionale light-contact è che nella kick light le distanze si accorciano ulteriormente e l'atleta necessita di una prontezza e di una mobilità maggiore per evitare i pericolosissimi calci portati sotto la cintura e sferrati nella coscia, che naturalmente danno punti.

Discipline da Ring

Full-contact

Il Full-contact, che significa "contatto pieno", è la formula più impegnativa della kickboxing, e universalmente riconosciuta come la "formula principe" di questo sport. Nato negli USA come variante del Full contact karate, in Europa e nel mondo si distaccò ben presto dall'aspetto marziale, unì subito il pugilato alle tecniche di calcio e diventò con gli anni lo sport da ring per eccellenza.
Prevede un combattimento continuato a pieno contatto e infatti, a differenza del semi-contact e del light-contact, i colpi vanno portati con forza e potenza, privilegiando appunto la forza e l'incisività, unita a stile e precisione.
Nel full-contact, la preparazione fisica degli atleti è molto più importante che nel semi-contact e nel light-contact, perché diversamente da questi, è consentita la vittoria del match anche via Knock-out (K.O.), cioè quando un combattente subisce un colpo tale da rendergli impossibile il proseguire dell'incontro.
I due atleti combattono esclusivamente su un ring da boxe e sono liberi di muoversi sul quadrato di gara a loro piacimento. Il combattimento è suddiviso in round (che possono essere dai tre ai cinque, oppure anche dai dieci ai dodici, a seconda delle federazioni o dell'importanza della competizione) da due minuti. I colpi devono essere portati nel tronco e al volto, sono quindi esclusi i colpi al di sotto della cintura.
Come per il light-contact, c'è un arbitro centrale e altri tre di giuria che assegnano i punti. Se l'incontro dura fino al termine delle riprese stabilite e non vi è stato il K.O. o l'interruzione per intervento del medico di bordo ring, allora la vittoria viene stabilita in base ai punti.
Questa formula ha molte analogie con la preparazione tecnica e atletica della boxe: infatti l'atleta deve prepararsi secondo un ferreo programma di allenamento dal punto di vista atletico e agonistico e perfezionare la precisione dell'impostazione, dei movimenti e della guardia (come nella boxe) che sono di fondamentale importanza durante il match. Inoltre, come per il light-contact, i colpi di calcio e di pugno vanno eseguiti con precisione tecnica e dovizia di perfezione, aggiungendo però una maggiore dose di forza e potenza poiché, a differenza del light, i colpi nel full devono per forza "fare male".
L'Italia possiede un'ottima scuola di Full Contact. Dagli anni '70 fino ad oggi, numerosi sono gli atleti iridati a livello mondiale ed europeo; tra i dilettanti come tra i professionisti, tra cui Giorgio Perreca (oggi Fight1), Franz Haller e Roberto Fragale.

Low-kick

Esiste una versione del full-contact, definita Low-Kick, che per l'appunto aggiunge alla tradizionale formula del full-contact la possibilità di colpire con i low kick, cioè con i calci circolari bassi nella parte interna o esterna del quadricipite.

K1 Rules

Disciplina nata nei primi anni '90 dall'omonimo torneo che aveva come scopo pricipale quella di far affrontare atleti provenienti da diverse arti marziale (come Karate, Muay Thai e Taekwondo) con un regolamento che fosse valido per tutti i tipi di stile.
È considerata la disclipina più completa di tutte in quando è possibile colpire con tutti i pugni della boxe come il diretto (jab), il gancio (hook), il montante (uppercut) ed inoltre è consentito il pugno-girato (spinning-back) tirato col dorso della mano, con tutti i tipi di calcio (compresi i low-kick) ed inoltre è possibile colpire anche con le ginocchia (si può colpire con qualsiasi parte del ginocchio, in tutti i bersagli consentiti, importante in caso di clinch è dare una sola ginocchiata e poi lasciare l'avversario). Non sono consentite le proiezioni (tuttavia è possibile afferrare la gamba dell'avversario ed entro pochissimi secondi spazzare sulla gamba di appoggio).
La grande spettacolarità ha fatto si che nascessero molte federazioni che organizzassero tornei con il regolamento del k1 (la più grande attualmete è il Glory), e molti atleti professionisti che combattessero con l'utilizzo di questa diciplina come Giorgio Petrosyan, Raymond Daniels, Mirko Cro Cop, Gökhan Saki, Rico Verhoeven e Badr Hari

Associazioni

La federazione FIKBMS, facente capo alla WAKO, dal 15 novembre 2015 è disciplina sportiva associata effettiva del CONI nonché l'unica federazione riconosciuta per Kickboxing, Muay Thai, Savate e Shoot Boxe. Nel panorama internazionale, invece, la WAKO non è ancora stata riconosciuta dal CIO ma dal SportAccord.

sabato 19 settembre 2015

Kick jitsu

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Kick jitsu è un moderno sport da combattimento italiano inserito all'interno della FIKBMS, la federazione italiana di kickboxing riconosciuta dal CONI. Nata negli anni '80 attraverso la fusione innovativa delle tecniche e metodologie di combattimento della kickboxing e quelle del jujitsu, la kick jitsu o kickjitsu è regolata in Italia dalla FIKBMS attraverso una commissione tecnica nazionale che è presieduta dal maestro Patrizio Rizzoli, che riveste anche il ruolo di direttore e commissario tecnico nazionale. In Italia la disciplina è diffusa soprattutto in Toscana, Calabria e Liguria. La kickjitsu è uno sport spettacolare nel quale ai calci e pugni tipici della kickboxing si aggiungono leve e proiezioni del jujitsu ma anche di altre discipline affini come il pancrazio e l'hapkido. Il regolamento prevede che nello scontro tra due contendenti venga assegnata la vittoria a chi riesce a schienare e a tenere per dieci secondi a terra l'avversario o a chi lo costringe alla resa con una leva o una immobilizzazione. La versione full (cioè dov'è previsto il KO) della kickjitsu è la shoot boxe.

venerdì 18 settembre 2015

Yakuza

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La yakuza (hiragana: やくざ, katakana: ヤクザ), chiamata anche gokudō (極道) è una tradizionale organizzazione criminale giapponese suddivisa in numerose bande dette kumi o – nella terminologia legale – bōryokudan (暴力団 letteralmente "gruppo violento").
I loro appartenenti a volte le definiscono ninkyō dantai (任侠団体), nome il cui significato è accostabile a quello di "onorata società". Nella letteratura e nella stampa occidentale solitamente vi si riferisce con il termine generico di "mafia giapponese" o Borekudan ("bo: rekudan"). La yakuza è basata sui valori della famiglia patriarcale di acritica obbedienza ai principi di stretta osservanza con il capo e una serie di regole (codice della mafia), che prevedeva alla violazione un'inevitabile punizione. La stabilità e la durata dei vari clan yakuza forniscono un rapporto specifico tra il capo e i suoi subordinati e la conservazione delle ("fraterne") relazioni orizzontali tra i membri di rango e subordinati del gruppo.
La yakuza è strettamente intrecciata nella vita economica e politica del Giappone e ha un certo numero di distintivi, ma le sue caratteristiche sono intrinseche. A differenza di altre strutture criminali del mondo, la yakuza non ha una ben definita zona territoriale di influenza, non si basa su legami familiari come la base strutturale della loro organizzazione e non cerca di mantenere il segreto sulla gerarchia interna, le dimensioni o la composizione della leadership (molti gruppi yakuza hanno il loro ufficiale logo, non nascondono la posizione della sede e il nome del capo; molti dei gruppi sono inoltre registrati sotto il "tetto" di varie associazioni patriottiche di destra o dei sindacati). Dal 1950 le autorità di contrasto giapponesi avevano il numero di conto dei membri ufficiali di gruppi yakuza. Se il tipico capo prima della guerra delle bande consisteva in un massimo di cinquanta membri, il raggruppamento del dopoguerra riunisce centinaia e magari migliaia di gangster. Nel 1958 la polizia stimò il numero di yakuza di 70.000 persone, nel 1963 184.000 uomini uniti in 5.200 bande, nel 1982 103.300 persone (più 2.400 bande) e nel 1988 86.300 persone (3.200 bande).
Nei primi anni novanta il numero della yakuza superò le 90.000 persone (anche se dopo l'adozione della legge antimafia il numero di gangster nei diversi anni scese a 79.300). Secondo i dati della polizia del 2002, i membri della yakuza sono pari a 85.300, nel 2005 circa 87.000 e nel 2007 quasi 85.000 secondo la direzione generale della polizia del 2008 messa sul conto di oltre 82.000 gangster. Secondo dati non ufficiali ci sono circa 110.000 membri attivi della yakuza uniti in 2.500 gruppi (famiglie). Un fattore importante che contribuisce al gran numero della yakuza è la strutturazione rigida della società giapponese, mentre i gangster sindacali svolgono una funzione sociale da "ultima spiaggia" per le persone che non hanno una famiglia completa o un normale funzionamento.

Divisione delle origini

Nonostante l'incertezza circa l'origine unica delle organizzazioni yakuza la maggior parte degli yakuza moderni derivano da due categorie emerse nella metà del periodo Edo (1603–1868): i tekiya, coloro che in primo luogo spacciavano merci illecite, rubate o scadenti; e i bakuto, coloro che erano coinvolti o partecipavano a giochi d'azzardo.
I tekiya ("venditori ambulanti") erano considerati uno dei più bassi gruppi sociali a Edo. Quando iniziarono a formare le loro organizzazioni presero alcune funzioni amministrative relative al commercio, come ad esempio l'assegnazione di stallo e la protezione delle loro attività commerciali. Durante le feste shintoiste questi venditori ambulanti aprivano le bancarelle e alcuni membri vennero assunti per agire come agenti di sicurezza. Ogni ambulante pagava l'affitto in cambio di un incarico di stallo e la protezione durante la fiera.

Caratteristiche

Il nome deriva da tre numeri, 8-9-3, che si traducono rispettivamente in hachi, kyuu e san (ha-kyuu-sa, da cui deriva appunto ya-ku-za), che costituivano il punteggio più basso di un gioco di carte nipponico, l'Oicho-Kabu (おいちょかぶ). Da questo si può capire che uno degli originali campi d'azione della mafia giapponese fosse il settore del gioco. L'origine della yakuza non è rintracciabile con precisione, ma deriva da varie organizzazioni legali o semi-legali dell'era feudale giapponese. L'esistenza della gran parte dei gruppi yakuza è nota al pubblico e molti dei loro membri non temono di rendersi pubblicamente identificabili, vestendo in modo appariscente ed esprimendosi a volte in un gergo peculiare. Difatti a causa del profondo radicamento nel territorio, dovuto in parte ai trascorsi del periodo feudale e alla protezione spesso fornita da gruppi legali di estrema destra — uyoku (右翼 letteralmente "destra") — la polizia giapponese ha grandi difficoltà nel combattere queste organizzazioni. Il più importante atto di legislazione antimafia in Giappone risale solo al 1995. Un altro segno distintivo dei membri di questi gruppi sono i grandi tatuaggi che tutti gli affiliati si fanno eseguire, ma che usualmente nascondono. L'associazione tra tatuaggi e yakuza in Giappone è tale che questa pratica è quasi completamente sconosciuta nel resto della popolazione; in tutte le palestre e piscine delle maggiori città giapponesi sono inoltre affissi cartelli che vietano l'ingresso a chi ha dei tatuaggi.
Le attività illegali delle quali si occupa la yakuza sono speculazioni finanziarie e immobiliari, traffico di droga e armi, estorsioni, gioco d'azzardo (soprattutto il pachinko), sfruttamento della prostituzione e infiltrazione nelle attività aziendali. Molti gruppi si sono spinti fino ad acquistare un piccolo numero di azioni di una grande corporazione per poter accedere alle riunioni del consiglio di amministrazione, dove gli inviati della banda commettevano atti di aperta intimidazione nei confronti dei soci a scopo di estorsione. Questi fatti non venivano quasi mai denunciati. La peculiarità fisica, caratteristica di questa organizzazione, è che ai suoi affiliati viene asportata la prima falange del dito mignolo. Tale rituale si chiama yubitsume ("taglio cerimoniale"). Ciò richiama alla mente il rapporto oyabun-kobun ("padre-figlio", "discepolo-maestro") e il significato più antico del gesto che simboleggiava l'espiazione delle colpe e la venerazione verso il maestro a cui viene consegnata la falange in un fazzoletto di stoffa pregiata. Tra i motivi che hanno sempre attirato verso la yakuza la simpatia della popolazione e un certo atteggiamento bonario delle istituzioni giapponesi, almeno fino al 1992, è il continuo richiamo solo teorico e la parvenza formale ipocrita di adesione al bushidō, codice di comportamento del samurai ispirato al senso del dovere e dell'onore (giri) e al sentimento umano (ninjo), caratterizzato dall'altruismo verso i più deboli e generosità verso i poveri. Valori travolti ormai da decenni in questo tipo di organizzazione nata in origine come una società di mutuo soccorso.

Storia

Anche se non chiare del tutto le origini della yakuza sono da rintracciare nel XVI secolo, ossia nel periodo Edo. L'allora Impero giapponese, fino a quel momento logorato da incessanti guerre, riuscì a trovare una certa stabilità politico-sociale durante lo shogunato Tokugawa. Nonostante ciò numerosi samurai, che fino a quel momento ebbero ruoli altisonanti, non riuscirono a inserirsi nel sistema burocratico e sentendosi ai margini della società si riunirono in piccoli gruppi chiamati hatamotoyakko, dediti all'oppressione della popolazione, considerati da molti i progenitori della yakuza. Ci sono anche teorie che propongono collegamenti coi ninja. Altri ritengono che i suoi antenati furono i machiyakko, bande di rōnin al servizio della gente indifesa, ma anche loro coinvolti, acquisì uno spirito prettamente nazionalista. L'organizzazione si specializzò inoltre in atti intimidatori nei confronti degli avversari politici e nella stipulazione di patti con persone autorevoli del mondo economico, garantendosi così posti sempre più rispettati e ingenti guadagni. L'organizzazione conobbe un periodo di crisi dopo la seconda guerra mondiale, quando il Giappone fu occupato dalle forze alleate guidate dagli Stati Uniti, ma riuscì a rimanere in attività e persino a guadagnarsi la stima della coalizione, approfittando delle divisioni interne al comandante supremo delle forze alleate (SCAP).
La yakuza ottenne il compito di mantenere l'ordine pubblico in cambio di appalti nell'edilizia. Fu così che la mafia giapponese rinacque e divenne ancora più influente di prima: si infiltrò nel Partito Liberal Democratico, fornì guardie del corpo ai politici più importanti, appoggiò campagne elettorali portando voti con le minacce e intervenne spesso nel settore industriale. Davanti al sempre più crescente potere dell'organizzazione lo SCAP adoperò misure drastiche, arrivando ad arrestare circa 50.000 persone, di cui solo una minima parte fu condannata. La sua vicinanza ai gruppi della destra neofascista e xenofoba viene confermata dalla protezione che fornì al terrorista nero latitante Delfo Zorzi.
Nel 1992 per poter ostacolare l'ascesa dell'organizzazione il governo giapponese emanò la legge anti-boryokudan, che dichiarò illegali tutte quelle associazioni che ricorrono a violenza e intimidazione. Inizialmente il provvedimento sembrò dare buoni frutti, in quanto più di mille membri furono arrestati e altre migliaia di loro uscirono dal giro per immettersi in attività a norma di legge, ma con il tempo si rivelò inefficace dato che i componenti dei clan scomparsi si unirono a quelli più potenti come Yamaguchi-gumi di Kobe e Sumiyoshi-kai di Tokyo, accrescendo così la loro supremazia.
Nell'estate del 2015 l'organizzazione ha visto una divisione interna da parte della Yamaguchi-gumi che prende il nome di Kobe Yamaguchi-gumi, continuando a usare logo e simboli della yakuza originale. La yakuza gode anche dell'appoggio di molti giapponesi che vedono in essa dei protettori su cui fare affidamento, nonostante numerose campagne di sensibilizzazione da parte del governo nipponico. Per questo i suoi adepti circolano tranquillamente con abiti prestigiosi a bordo di auto lussuose, mostrano con disinvoltura il loro biglietto da visita e si riuniscono in eleganti edifici dove è facilmente visibile il loro logo. A causa di ciò le forze dell'ordine giapponesi trovano numerose difficoltà nel fermare l'organizzazione.

Gruppi della yakuza

  • Aizukotetsu-kai
  • Asano-gumi
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La yakuza nella cultura di massa

  • Nel 1975 il regista Sydney Pollack dirisse il film Yakuza con Robert Mitchum, Brian Keith e Ken Takakura, pellicola che descriveva con accurata precisione i meccanismi interni dell'organizzazione criminale e le sue ramificazioni all'estero, come negli Stati Uniti, secondo il soggetto cinematografico).
  • Nel 2006 è uscito il videogioco omonimo Yakuza e successivamente il seguito Yakuza 2, Yakuza 3, Yakuza 4, Yakuza 5, Yakuza 6, Yakuza 0 e Yakuza Kiwami. Dalla serie è tratto anche il film Like a Dragon. "Like a Dragon" è la traduzione letterale del titolo del gioco in giapponese.
  • Il manga Sanctuary di Sho Fumimura e Ryoichi Ikegami è interamente incentrato sul mondo della yakuza e sui rapporti di questa con il potere politico.
  • Il manga Nisekoi ha per protagonista il figlio di un capo della yakuza.


giovedì 17 settembre 2015

Aizukotetsu-kai

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Il Quinto Aizukotetsu-kai (五代目会津小鉄会), a volte scritto Aizu-Kotetsukai o Aizu Kotetsu-kai, con sede a Kyoto, è la quarta più grande organizzazione della yakuza in Giappone. Il suo nome è formato da quello della regione di Aizu, da "Kotetsu", un tipo di spada giapponese, e dal suffisso "-kai", ossia "società".
L'Aizukotetsu-kai fu fondata a Kyoto intorno al 1868, all'inizio del periodo Meiji. Gli affiliati all'Aizukotetsu-kai erano in origine i principali clienti del colosso dei giochi Nintendo, che ha cominciato la sua attività producendo carte hanafuda. Alcuni affiliati sostengono addirittura che il nome Nintendo sia stato scelto per evocare i princìpi della loro filosofia. Il primo carattere di ninkyo è infatti lo stesso di Nintendo. Ancora negli anni sessanta, i dipendenti dell'azienda dovevano controllare le macchine che distribuivano i mazzi di carte hanafuda e ritirare quelli difettosi. Se avessero avuto anche il minimo difetto, la yakuza avrebbe protestato. È una federazione di circa 100 gruppi della yakuza di Kyoto, che comprende all'incirca 7.000 membri.
Nel 1992 l'Aizukotetsu-kai è stato uno dei primi gruppi yakuza accusati sotto la nuova legislatura contro le attività illegali dei boryokudan, che dichiarò illegali tutte quelle associazioni che ricorrono a violenza e intimidazione. L'allora capo Tokutaro Takayama partecipò a una campagna pubblica contro le nuove leggi e il gruppo avviò una causa che venne rigettata dal Tribunale distrettuale di Kyoto, nel settembre 1995.
Nell'ottobre 2005 il gruppo ha formato un'alleanza con il Sesto Yamaguchi-gumi, il più grande clan della yakuza giapponese.

Capi

  • terzo (1975–1986) sōsai: Riichi Zukoshi (図越利一)
  • quarto (1986–1997): Tokutaro Takayama (高山 登久太郎)

mercoledì 16 settembre 2015

Bakuto

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I bakuto (博徒) erano giocatori d'azzardo che percorrevano il Giappone portando i loro giochi tradizionali dal diciottesimo secolo alla metà del ventesimo secolo. Furono precursori delle moderne bande criminali giapponesi conosciute come yakuza.

Storia

I Bakuto esercitavano il loro mestiere nelle città e nelle strade pubbliche del Giappone feudale, praticando giochi tradizionali come l'hanafuda e i dadi. Erano per lo più emarginati di vario tipo, che vivevano al di fuori delle leggi e delle norme della società. Tuttavia, durante l'era Tokugawa venivano di tanto in tanto assunti dalle amministrazioni locali per giocare con i lavoratori, al fine di riconquistare una parte del reddito in cambio di una percentuale.
Molti Bakuto usavano ricoprire il corpo con elaborati tatuaggi che spesso esponevano a torso nudo. Questa moda ha portato alla tradizione della yakuza moderna di tatuare tutto il corpo.
Quando i Bakuto si organizzarono in gruppi espandendosi in altre attività, come l'usura, la metà delle basi per la yakuza moderna era nata (l'altra metà proveniva dai Tekiya, un gruppo di venditori ambulanti).
Fino alla metà del XX secolo alcune organizzazioni yakuza che si occupavano principalmente del gioco d'azzardo si descrivevano come gruppi bakuto, ma questo era visto come obsoleto, e la maggior parte di essi vennero poi assorbiti in grandi gruppi yakuza più diversificati. Ad esempio la Honda-kai situata a Kobe fu una banda bakuto che dopo la seconda guerra mondiale formò un'alleanza con la Yamaguchi-gumi, ma venne presto superata dalla banda più grande.

martedì 15 settembre 2015

La suprema arte di estrarre la spada



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“La spada è l’anima, se l’anima non è giusta, a sua volta la spada non sarà giusta. Se si vuole imparare ad usare la spada bisogna imparare dall’anima”.
Shimada Toranosuke

Lo iaidō ("Via dell'unione dell'essere") è l'arte di estrarre la spada, sviluppata nel Giappone feudale nel periodo Nara (710-784). Si differenzia dal kenjutsu per le tecniche eseguite nel momento in cui il guerriero sguaina la spada.
L'influenza della dottrina zen e l'esaltazione della katana, come anima stessa del samurai, diede impulso alla nascita di diverse scuole in tutto il territorio nipponico.
Originariamente, quest'arte era praticata solo dalle caste guerriere giapponesi mentre oggi è diffusa in tutto il mondo grazie alla All Japan Kendō Federation. Questa federazione codificò le numerose tecniche utilizzate dai diversi maestri in solo 12 Kata (forme) dello stile Seitei Iai:


1. Ipponme
2. Nihonme
3. Sanbonme
4. Yonhonme
5. Gohonme
6. Ropponme
7. Nanahonme
8. Happonme
9. Kyuhonme
11. Junihonme
12. Juiponme

Le capacità del praticante di iaidō sono riconosciute dal tipo di spada che utilizza nel combattimento a due. Una volta assimilate le forme, la prima fase è eseguita utilizzando una spada di legno (bokken), successivamente una spada senza filo (iaito) e per i più esperti una vera katana (Shinken).
In Italia, lo iaidō è riconosciuta dalla Confederazione Italiana Kendo, insieme al Kendo, Jodo e Naginata.


lunedì 14 settembre 2015

Agura

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Agura (胡坐, lit., "seduta forestiera\barbara") è un termine giapponese con cui si indica il sedersi a gambe incrociate, con la natica sul pavimento (o su un cuscino collocatovi previamente) e le gambe innanzi, ogni piede al di sotto della gamba contrapposta.

Utilizzo

In Giappone la posizione agura è considerata informale se paragonata alla seiza (seduta adatta) per gli uomini ed è vista come un gesto da virago per le donne. Una posizione accettabile per una donna è invece quella di tenere entrambe le gambe dallo stesso lato del corpo mentre siede rilassata sul tatami. La seduta con lo stile agura viene però tollerata per coloro i quali nelle situazioni formali avrebbero difficoltà a sedersi secondo lo stile seiza, come ad esempio persone anziane o stranieri.

domenica 13 settembre 2015

Ai ai gasa

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Nella cultura giapponese l'Ai ai gasa (相合傘) (letteralmente condividere un ombrello) è il simbolo degli innamorati, equivalente ai cuori trafitti da una freccia in uso nel mondo occidentale. Viene rappresentato come un ombrello stilizzato, sotto al quale possono essere scritti i nomi dei due innamorati.

Origine

In Giappone, prima dell'era moderna, i rituali di corteggiamento erano molto rigidi. Per una ragazza non fidanzata era ritenuto sconveniente farsi vedere in pubblico in compagnia di un uomo che non fosse un parente (padre o fratello) e per questo motivo i giovani non avevano la possibilità di frequentare la ragazza che amavano. Il clima giapponese è caratterizzato da una lunga stagione delle piogge (conosciuta come tsuyu (梅雨)), durante la quale è indispensabile uscire di casa portandosi dietro un ombrello (kasa ()). Gli innamorati ricorsero allora ad uno stratagemma: stare insieme ad una ragazza riparandola dalla pioggia con il proprio ombrello era un comportamento galante ed accettabile, che dava ai due la possibilità di rimanere da soli ed iniziare a frequentarsi. Il gesto di condividere l'ombrello prese così una connotazione romantica, e ben presto l'ombrello divenne il simbolo utilizzato per indicare una coppia di innamorati.

sabato 12 settembre 2015

Aka manto

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Aka manto (赤マントin italiano "mantellina rossa") è il protagonista di una leggenda metropolitana giapponese incentrata su uno spirito maligno che infesta i bagni pubblici e le toilette delle scuole, chiedendo ai malcapitati avventori se desiderano una carta rossa o una carta blu (secondo altre versioni, offrirà un mantello rosso o blu).
Spesso descritto come un uomo bello in vita e braccato costantemente da ammiratori, ora Aka manto indossa una maschera per nascondere la sua faccia.

La leggenda

Secondo la leggenda, una volta che la vittima è seduta sul water di un bagno pubblico o di una scuola (possibilmente nella cabina più lontana dall'uscita), una voce misteriosa gli chiederà se vuole carta rossa o carta blu. A questo punto, lo sventurato si trova davanti a quattro possibilità, di cui solo una gli permette di salvarsi. Infatti:
  • Se risponde «rossa», sarà decapitato e fatto a pezzi fino a che i suoi vestiti non siano diventati rossi del suo sangue;
  • Se risponde «blu», sarà strangolato fino a che il suo volto non sia diventato completamente blu;
  • Se risponde con un altro colore, se sta zitto o se prova a raggirare Aka manto con la retorica, verrà trascinato direttamente negli Inferi;
  • Se risponde affermando di non volere carta, lo spirito se ne andrà lasciandolo in pace.
Come accade in molte leggende metropolitane, anche qui compaiono delle versioni alternative della stessa storia. In una, lo spirito è chiamato Aoi manto ("mantellina blu"); in un'altra chiederà all'avventore se vuole un mantello rosso o uno blu: se sceglie la prima opzione gli verrà strappata via la schiena; se opta per la seconda alternativa gli sarà estirpato tutto il sangue.
Una versione popolare della storia sostituisce la carta con un giubbotto: due poliziotti, un uomo e una donna, sono stati chiamati da una scuola dopo che una studentessa disse d'aver sentito una voce maschile nel bagno delle ragazze. La donna andò in bagno mentre il suo collega rimase fuori ad aspettarla e sentì che, all'interno di una cabina, una voce chiese: «Vogliamo mettere il giubbotto rosso?». Alla successiva risposta affermativa seguì un urlo improvviso e un forte tonfo: quando il poliziotto aprì la porta del WC, trovò la sua collega decapitata con il giubbotto rosso, poiché sporco di sangue.
Un'altra versione della storia afferma che la vittima avrà la testa infilata brutalmente nel water appena usato qualora dovesse rispondere alla domanda di Aka manto chiedendo carta gialla (o mantello giallo).



venerdì 11 settembre 2015

Ama

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Le ama (海女), note anche come uminchu nella lingua di Okinawa e come kaito sulla penisola di Izu, sono delle pescatrici subacquee in apnea tradizionali giapponesi.

Descrizione

La parola ama significa letteralmente “donna del mare”. Secondo la tradizione giapponese, questa figura esiste da circa duemila anni. Tradizionalmente, ed almeno sino agli anni sessanta, le ama non indossavano che un leggero panno, senza alcun ausilio per la respirazione sott'acqua. Ora, a seconda della regione, indossano una maschera, le pinne o, al massimo, una leggera tuta termica. La tradizione delle ama sta scomparendo, sostituita da donne che utilizzano una muta da sub completa.
Le ama sono note per la pesca delle perle, ma soprattutto per le immersioni in cerca di prodotti del mare (per il consumo o la vendita), come alghe, aragoste, polpi, ricci di mare, abaloni, ostriche. Di solito le ama hanno anche un altro lavoro ed hanno meno incidenti rispetto agli altri tipi di apneisti professionisti, in quanto non iperventilate.
Le ama possono continuare a immergersi fino in età avanzata. Nel 2003, l'età media delle ama era di 67 anni (le più giovani intorno ai 50 anni e le più anziane sugli 87 anni).
Le ama sono state immortalate sulle stampe ukiyo-e di Utamaro e Hokusai (Il sogno della moglie del pescatore ne è l'esempio più famoso) e sui francobolli. Esse appaiono, inoltre nel dorama della NHK Ama-chan e nei romanzi Il respiro degli Abissi di James Nestor e Si vive solo due volte di Ian Fleming, dal quale venne tratto il film Agente 007 - Si vive solo due volte, nel quale appare la pescatrice Kissy Suzuki.

giovedì 10 settembre 2015

Amigurumi

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Amigurumi (編みぐるみ, letteralmente "giocattoli lavorati all'uncinetto" o, talvolta, a maglia) è l'arte giapponese di lavorare all'uncinetto o a maglia piccoli animaletti o creature antropomorfizzate. Il nome è il risultato della combinazione delle parole giapponesi ami, che significa lavorare a maglia o all'uncinetto, e nuigurumi, che significa peluche.
Gli amigurumi non hanno un uso pratico; sono creati e collezionati per ragioni estetiche. Caratteristica estetica degli amigurumi è essere kawaii.

Tecniche

Gli amigurumi sono solitamente realizzati all'uncinetto a maglia bassa con la tecnica della lavorazione in tondo, ma possono essere anche lavorati ai ferri (anche in questo caso lavorando circolarmente con il goco di ferri o la tecnica del magic loop con ferro circolare e con ampio uso di tecniche avanzate quali i ferri raccorciati). Gli uncinetti o i ferri utilizzati sono leggermente più piccoli della norma, perché è necessario costruire una struttura che tenga ben stretta al suo interno l'imbottitura, solitamente formata da poliestere (fiberfill o imbottitura di cuscini), avanzi di filato in lana o bambagia; per lo stesso motivo i pupazzi sono generalmente realizzati in lana o in filato acrilico e non in cotone. Sono lavorati suddivisi in parti che successivamente vengono unite, ad eccezione di quelli che non presentano arti (aventi soltanto la testa e il busto), che possono essere trattati come un unico pezzo.

mercoledì 9 settembre 2015

Amitori-shiki

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Lo amitori-shiki (網取り式) o amitori hō (網取法) è un particolare metodo di caccia praticato in Giappone sin dal XVI secolo. Si ritiene che questo tipo di caccia sia stato sviluppato a Taiji, Wakayama da un cacciatore di nome Wada Kakuemon, a partire dalla tecnica precedente della caccia di gruppo (刺手).

Descrizione

Grazie ad un particolare accorgimento consentiva di attaccare cetacei di grandi dimensioni che gli europei non osavano all'epoca ancora attaccare. Le balene venivano spinte in acque poco profonde, a non meno di 400 metri dal luogo previsto per la cattura. Delle barche, posizionate in tre punti precisi, si disponevano a gettare le reti in acqua. A un dato segnale del capo equipaggio, gli uomini facevano forza sui remi, allontanando le imbarcazioni e gettando nello stesso tempo le reti in acqua, che così si allargavano. I battitori forzavano il transito della balena verso un passaggio lasciato aperto tra le reti spaventandola con rumori assordanti, battendo ad esempio sul fianco della barca. La balena si gettava quindi tra le reti, venendo poi arpionata allorquando ritornava in superficie per respirare.

martedì 8 settembre 2015

Binchōtan

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Binchōtan o carbone bianco o binchō-zumi (備長炭) è un tipo di carbone vegetale tipico del Giappone, utilizzato fin dal Periodo Edo. Durante l'era Genroku, un fabbro, Bitchū-ya Chōzaemon, iniziò a produrlo a Tanabe, Wakayama. Il materiale grezzo è la quercia, specificatamente la quercia ubame (Quercus phillyraeoides), albero ufficiale della Prefettura di Wakayama. Wakayama continua a produrre il carbone bianco di maggiore qualità, con la città di Minabe in testa alla produzione di binchōtan rispetto a tutte le altre del Giappone. Binchōtan è un tipo di carbone protuberante o carbone di legno duro.

Caratteristiche e benefici

La finezza e l'alta qualità del binchōtan sono attribuibili all'evaporazione ad alte temperature (1000° circa). Siccome non rilascia fumo o altri inquinanti, è il favorito dei cuochi unagi e yakitori. Essendo difficile riconoscerne l'esatto luogo di provenienza, il termine binchōtan indica tutto il carbone bianco prodotto in Giappone e all'estero, comprendendo tutte la varietà.
Binchōtan non viene utilizzato esclusivamente come combustibile, ma può essere utilizzato anche come filtro per le sostanze nocive, grazie ai piccoli pori che lo caratterizzano. Difatti questi ultimi assorbono l'umidità dell'aria, facendo del carbone bianco un eccellente regolatore di umidità. Ci sono anche altri benefici e vantaggi nell'uso del carbone bianco: assorbe gli odori sgradevoli del cibo cucinato. Attualmente ci sono molti prodotti a base di binchōtan, ad esempio shampoo, lozioni, deodoranti, prodotti per il bagno o di bellezza.