venerdì 5 aprile 2019

Buddha Hill Young Springtime Boxing

Sifu Derek Frearson


Nota dell’autore
Questa serie è basata sulle informazioni che mi ha dato il maestro Liang Guang Man durante una recente visita a Foshan e anche contenute nel suo libro Yong Chun Quan. Dove è stato possibile ho usato il sistema di spelling pinyin che si basa sulla lingua mandarina.

La creazione dello Yong Chun Quan
Secondo la tradizione lo Yong Chun Quan è stato creato da Yan Yong Chun, una ragazza fjianese che ha sviluppato questo stile dopo aver assistito ad uno scontro tra un serpente ed una gru.
Durante la dinastia Qin (1810 d.c.) un uomo di nome Yan Si fuggì con la figlia Yong Chun verso i sobborghi di un piccolo paese per evitare di essere arrestato dopo aver violato la legge. Yan Si era un maestro di arti marziali dello stile Quan Zhou della provincia di Fujian.
Yong Chun iniziò ad apprendere le arti marziali da suo padre quando era una bambina e sviluppò un eccellente livello di abilità. Si mantenevano vendendo formaggio vegetale. Un giorno mentre lavava i vestiti sulla riva del fiume osservò uno scontro tra una gru bianca ed un serpente verde. Dopo un po’ che li osservava, si ispirò ai movimenti delle due creature, e quando rientrò a casa iniziò ad imitare i movimenti e a combinarli con i principali stili di combattimento a pugni dell’epoca.
Dopo qualche tempo un uomo d’affari della provincia di Jiang Xi chiamato Liang Bo venne a soggiornare in una locanda della zona. Per caso vide Yan Si e la figlia mentre praticavano Wushu e avendo studiato arti marziali nel tempio di Shaolin della provincia di Henan rimase colpito dalla sua profonda abilità. Dopo aver conversato ed essersi scambiati opinioni riguardo allo Wushu in varie occasioni Liang Bo Tao provò per lei una sincera ammirazione.
Liang era un vedovo di mezza età che non poteva non nutrire la speranza di sposarla. Poco dopo le propose di sposarlo, pensando che il padre non avrebbe sollevato obiezioni in quanto entrambi seguivano lo stesso stile Shaolin: egli infatti acconsentì e Liang visse con la famiglia della moglie.
Alcuni anni dopo Yan Si morì: la coppia lo seppellì e ritornò a Jang Xi alla ricerca di una vita migliore. Ma presto dovettero partire per la regione di Nanxiong a nord della provincia di Guangdong a causa dei disordini provocati dai banditi. Oltre a svolgere piccole attività commerciali, la coppia predispose una sala Wushu per l’insegnamento delle arti marziali e chiamarono la loro arte Yong Chun Quan.

Lo sviluppo e la diffusione dello Yong Chun Quan

Intorno all’anno1815 Liang e Yan trasferirono la loro sala Wushu a Zhaoqin, una città della provincia di Guangdong dove conobbero Huang Huabao, Liang E-di, A Jin e Sun Fu che appartenevano ad una troupe teatrale a Foshan. I quattro diventarono allievi della coppia ed impararono lo Yong Chun Quan.
Successivamente tornarono a Foshan per diffondere lo Yong Chun Quan.
Negli ultimi anni della sua vita Huang insegnò le sue abilità nello Yong Chun a Liang Zan, il giovane maestro dell’emporio Zan Sun Tang. Egli aveva molti discepoli, tra i principali c’erano Chen Hua, Chen Gei a Ling Qi. Dopo avere terminato il suo addestramento Chen Hua ritornò al suo villaggio nella regione di Shunde dove fondò la sua sala Wushu. Tra i suoi discepoli c’erano Chen Yumian, Wu Zhong-shu ecc. Altri rami dello Yong Chun erano rappresentati da Guo Baoqian, Yan Ji-yin, Yan Qi-shan, Yao Cai e Ye Wen. Dopo anni di scambio di insegnamenti e di apprendimento lo Yong Chun continuò a svilupparsi.
Adesso lo Yong Chun è prevalente in molti luoghi, le figure principali nello Guangzhou sono Yao Chi, Chen En, Peng Nan, ecc. Nel Foshan, Liang Guang Man, Chen Yin-song e Zhou Jianqiang. Nello Zaoqin, Lian Wei-zai ed altri. A Xintan nella regione di Shude, Chen Hua ed i suoi nipoti. A Macao, Liang Quan ed altri. Sale di Yong Chun vennero fondate anche ad Hong Kong rispettivamente da Yewen e Liang Tin.

Lo stile e le caratteristiche dello Yong Chun Quan

Lo Yong Chun Quan ha una lunga storia ed è ricco di contenuti, a parte lo Yong Chun Shanshou (forme a mani libere). Le sue abilità includono pali di bambù, palo da piede, palo a tre stelle, palo della parta del drago, palo spada ecc. La forme del pugno consistono nella forma della Piccola Idea, del Dito che Spinge e del Braccio che Cerca. Le forme con armi sono Le Spade Doppie delle due Parole e la forma del Palo lungo Sei Punti e Mezzo.



Anche gli esercizi delle braccia incollate sono importanti nello Yong Chun e sono: Mano che ruota, Presa forte, Braccio singolo incollato a due, Braccio doppio incollato a due.

Braccia incollate (Arm clinging) è un metodo di allenamento molto pratico che ha la funzione di attaccare e difendere ed è adatto a tutti: giovani, vecchi, maschi o femmine.

Lo Yong Chun è principalmente difensivo. Si basa sulla stabilità e agilità del corpo per raggiungere lo scopo protettivo. Su un piano teorico ci si dovrebbe chiudere ermeticamente, per affrontare i vari attaccanti.
Le tecniche della mano includono Braccio con il palmo all’insù, Ponte sul braccio, Braccio ad ala, Braccio che difende, Braccio orizzontale, Braccio che devia, Braccio che esplode, Braccio a ponte con sbarra. Il movimento del pugno dovrebbe assomigliare all’acqua che scorre, un’azione dopo l’altra, facendo fronte alle diverse situazioni. Le posizioni dello stile sono Posizione di adduzione della seconda persona, Movimento del passo cavalcato, Passo avanti del passo cavalcato, Passo indietro del passo cavalcato, Posizione cavalcata e Passo indietro del passo cavalcato.
Le posizioni dei piedi sono Piedi arcuati, Piede che calcia con il tallone che conduce e difende. L’enfasi viene posta sull’uso pratico piuttosto che sulla prestazione da rappresentazione; le tecniche protettive dello Yong Chun Quan tendono ad usare l’avambraccio per difendersi. Generalmente proteggendosi si dovrebbero usare le forze rotatorie per ottenere l’effetto di attacco e difesa. Così quando l’avversario attacca, si dovrebbe ricevere l’attacco dissolvendo la sua forza, e poi si restituisce l’attacco quando l’avversario si ritrae.

Lo Yong Chun Quan pone l’enfasi sul Gui Zhou (gomito che ritorna). Che significa usare il gomito per difendere dall’attacco vita e stomaco. Lo Yong Chun enfatizza anche la forza rotante, che è prodotta dalla rotazione dei pugni, palmi e braccia. L’offensiva dell’avversario viene dissipata dalla forza rotante.

Lo Yong Chun è particolare riguardo al punto, percezione, direzione e grado delle forze. I punti di forza arrivano da pugni, palmi, braccia e piedi. La maggior parte dei punti di forza sono prodotti dalla forza lieve del polso, avambraccio, gomito e caviglia. Perciò i cambiamenti e l’utilizzo delle forme della mano meritano attenzione.

Imparando lo Yong Chun Quan

Quando si inizia ad imparare lo Yong Chun Quan, è necessario dapprima fare pratica di Shanshou (forme per le mani libere dello Yong Chun); è la base per imparare anche lo stile. E’ imperativo averne una buona padronanza e una volta che la si è acquisita si possono imparare altre tecniche traendo spunti dai concetti di base. In questo modo si può continuare ad imparare forme di combattimento con i pugni, e forme che prevedono l’uso di armi e di manichini di legno. Il praticante sarà poi in grado di entrare nel livello finale di Mani Appiccicose.

Non ci si può aspettare di impararlo bene salvo che non lo si pratichi gradualmente ed accuratamente. Nel processo di apprendimento ad esempio, il movimento iniziale del polso inizia dalla Porta Mediana (il cuore) , proprio come recita il detto, “La mano inizia dal cuore mentre la forza arriva dalla vita”.

Corretto tempismo, capacità di percezione della direzione e del grado di forza solo gli elementi richiesti nella pratica in modo da formare una buona base. Alcune azioni come la forma del Serpente; Mei Nu Chuang Suo, Braccio che spinge e Pugno a freccia devono essere praticate ripetutamente fino a quando non si è esausti. Una regola generale per la sequenza nell’azione è da sinistra a destra, dal davanti all’indietro.

Le forme

La forma della Piccola idea costituisce la base per imparare le forme di Yong Chun e contiene dieci sezioni. La forma viene praticata principalmente per aumentare la forza del palmo, polso, vita, petto, forza esplosiva e linea di centro.

Nomi di forme della Piccola Idea

- Posizione di apertura
- Forbici a doppio incrocio
- Dita oscillanti
- Palmo di Buddha
- Palmo che uccide
- Palmo deviante
- Palmo eretto
- Braccio con palmo all’insù
- Braccio alato
- Braccio che libera

Dita che spingono è la prossima forma ed è la base per un ulteriore apprendimento dell’arte della lotta nello Yong Chun. Nel praticare i tre “Gomiti” la scelta della forza meriterebbe attenzione.
Il movimento del gomito ha la sua direzione, grado e punto di forza. Il movimento dell’Adorazione del Buddha viene usato per praticare la postura del bacino. Solo una postura stabile del bacino può produrre una forza morbida e potente. Ogni azione, attacco o difesa comprende tre cambi di direzione di livello alto, medio e basso.

La forza esplosiva è prodotta da una combinazione di forza morbida del piede, ginocchio, natiche, spalle, polso e pugno. Le Dita che spingono contengono dieci sezioni e sono:

- Posizione d’apertura
- Forbici a doppio incrocio
- Dita oscillanti
- Gomito che lancia
- Gomito che si inginocchia
- Braccio che spinge
- E Tong Shou
- Mano che lancia
- Bastone in pugno
- Adorazione del Buddha

La forma del Braccio che cerca rappresenta il livello più alto delle forme delle mani nello Yong Chun. Viene considerato in cima alla scala nell’arte pratica di lotta di questo stile.Tutti i movimenti di questa forma sono disegnati con il duplice scopo dell’attacco e della difesa. La forma insegna anche i principi di difesa dei “tre livelli”. La forma della mano che cerca ha otto sezioni:

- Posizione di apertura
- Dito oscillante
- Forma del braccio che cerca
- Braccio a ponte con barra
- Braccio con ala singola
- Braccio con ala doppia
- Braccio vuoto tre

Profilo del Maestro Liang Guang Man

Per quanto Liang Guang Man possa ricordare egli è sempre stato circondato dalla box Yong Chun. Suo fratello maggiore che era solito praticare ogni giorno dall’età di otto anni, quando iniziò ad allenarsi con suo fratello che era maestro di ottava generazione di Yong Chun Quan.

L’allenamento con il fratello era molto duro poiché egli era solito insistere fino a quando tutti i movimenti erano corretti. Quando lasciò la casa familiare continuò a praticare ed a sviluppare la sua arte ad un livello più alto. Successivamente in occasione di una visita del fratello, quest’ultimo gli chiese di dimostrare le sue abilità e rimase sinceramente colpito dai progressi fatti dal fratello minore.

Nel 1987 l’associazione Wushu a Pechino stava facendo delle ricerche sui vari stili di Wushu e chiese alle varie province di fornire informazioni in merito. Circa trenta maestri di Yong Chun fornirono informazioni, di questi solo Liang Guang Man venne invitato all’incontro di ricerca a Pechino. Le teorie del maestro Liang sulla box Yong Chun ebbero un largo consenso; gli venne conferita un’onorificenza dall’Associazione nazionale Wushu della Cina.

Nel 1988 entrò a far parte dell’Associazione Wushu Foshan e diventa Chief coach per la provincia, il suo lignaggio viene tracciato e verificato dall’Associazione Wushu Guangdong che lo proclama maestro di box Yong Chun di nona generazione.

Nel 1989 pubblica un libro in cinese che ora è stato tradotto anche in inglese.

Spesso si afferma che attualmente le arti marziali cinesi servano solo in ambito sportivo e che abbiano perso la loro capacità di lotta. La causa sarebbe il divieto delle arti marziali durante la Rivoluzione culturale. Il maestro Liang non è d’accordo: “ Anche oggi la maggior parte dei maestri Wushu preferisce allenarsi in privato, durante la rivoluzione culturale ci si allenava di nascosto” e continua “non soltanto siete benvenuti se portate persone che pratichino con me ma potete anche organizzare gare di lotta”

Fatshan è il luogo di nascita dello Yong Chun, la città ha una storia di oltre 1.300 anni. “Se le arti marziali della Cina non sono di ottimo livello, allora perché maestri provenienti da Hong Kong, dall’America, dal Giappone e dall’Inghilterra vengono a Foshan ad imparare?”

L’importanza della pratica dello Chi Sao è sottolineata dal Maestro Liang; è necessario prestare un’attenzione particolare agli angoli e alle misure, poiché la pratica dello Chi Sao avviene a distanza così ravvicinata che se la vostra posizione è scorretta il vostro avversario riesce a colpirvi.

E cosa ne pensate di usare lo Chi Sao per il combattimento reale? E’ possibile stabilire se il vostro avversario possiede una vera abilità di combattimento con lo Chi Sao? Attraverso la pratica dello Chi Sao siamo in grado di determinare il livello di abilità del vostro avversario. Non siamo però in grado di stabilire se possiede una abilità reale di lotta. Ci sono molti altri fattori da considerare per la lotta, l’atteggiamento mentale, la volontà di vincere, se siete in grado in caso di necessità, di ricevere un pugno e anche di dare un pugno efficace.

L’addestramento di Chi Sao dovrebbe darvi gli angoli e le misure giuste per difendervi.

Il Maestro Liang ha una struttura muscolare forte ma non utilizza nessun addestramento supplementare. Lo Yong Chun Quan è stato sviluppato da una donna e perciò non è necessario fare altro allenamento: usiamo il morbido per sconfiggere il duro. La difesa è morbida e l’attacco circolare duro lungo una linea diritta.




Sifu Derek Frearson

Rappresentane europeo di Mastro Lun Kai
Istruttore Certificato e membro permanente della ‘Ving Tsun Athletic Association’ ad Hong Kong
Direttore onorario del museo di Yip Man, Foshan in Cina

giovedì 4 aprile 2019

Iaidō

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Lo iaidō (居合道) è un'arte marziale giapponese, influenzata dalla dottrina zen, che trae le sue radici dalle antiche scuole di kenjutsu e iaijutsu frequentate dai buke in genere (ma specialmente dai samurai) e che hanno avuto il loro massimo splendore intorno al XVI secolo.
Lo iaidō è l'arte dell'estrazione della spada, ma letteralmente significa «via (? dō) dell'unione (ai) dell'essere (i)». Scopo ultimo di questa disciplina, infatti, è la perfetta ed armonica unione con sé stessi e con l'Universo.
Storicamente, lo iaidō trovava applicazione nei duelli tra samurai dove la morte di uno (o entrambi) i contendenti solitamente avveniva dopo uno o al massimo due scambi. Ovviamente in tali condizioni l'abilità tecnica richiesta era massima ed infatti era altresì possibile che un duello si concludesse anche solo con l'estrazione della spada e il successivo singolo fendente. Ecco quindi spiegata l'importanza fondamentale dell'arte dell'estrazione della spada nella vita del samurai.
Al giorno d'oggi, e a cominciare dalla Restaurazione Meiji, lo studio della katana ha acquisito valore prettamente interiore, come mezzo di indagine del profondo alla scoperta dell'essere, ed è in base a questi presupposti che le koryū di kenjutsu e iaijutsu sono evolute verso il kendō e lo iaidō.
L'essenza dello iaidō è racchiusa nella frase saya no uchi de katsu (鞘の内で勝つ) («vincere [con la spada] nel fodero», vincere senza sfoderare), ovvero avere e dimostrare una conoscenza tale da indurre l'avversario ad abbandonare la contesa ancora prima di averla iniziata. Tale principio è espresso, ad esempio, da Yagyu Munenori nel suo trattato Heihō kadenshō ed esplicitato ne «la spada che dà la vita» (katsushinken).
La disciplina è praticabile sia da uomini e donne, senza limiti di età. La diffusione della disciplina dello Iaido ha molti artefici in Giappone e nel mondo. Tra tutti questi, un ruolo di preminenza organizzativa, e nel numero di praticanti attivi nella disciplina, spetta alla All Japan Kendō Federation che nel tempo ha raccolto ed elaborato l'esercizio pratico di 12 kata seitei-iai ideali per avvicinarsi alla pratica e per approfondirla successivamente. Acquisita la padronanza di tali kata dopo un periodo di pratica variabile, ma comunque dell'ordine del paio d'anni, è possibile approfondire lo studio dei vari stili delle diverse koryū tradizionali, fra le quali una delle più note è la Muso Shinden Ryū.
Lo iaidō, insieme al kendō, la naginata-do e al jodo, nella sua corrente maggiore per numero di praticanti, afferisce alla All Japan Kendō Federation e alla IKF che ne promuovono lo sviluppo a livello mondiale, mentre a livello europeo il riferimento è la EKF. In Italia lo iaidō ZNKR (Seitei) è promosso ufficialmente dalla Confederazione Italiana Kendo (l'unica riconosciuta dalla IKF e dall'EKF). Una delle principali koryū praticate in Italia è la Hoki Ryu la cui pratica è promossa dall'Istituto Iaido Italia.

mercoledì 3 aprile 2019

Mande Muda il Jeet Kune Do del Pencak Silat




Sino al giorno della sua morte, Penderar Herman Suwanda ha tentato di rendere questa unica derivazione indonesiana parte del paesaggio delle arti marziali occidentali.

Sebbene l'arte marziale indonesiana del Pencak Silat esista già da secoli, nel mondo sono in molti a scoprire solo oggi la sua efficacia. Di primaria importanza nella società odierna così violenta, è l'utilizzo del Pencak Silat contro aggressioni in strada. Un sistema concreto e letale del Pencak Silat
contro aggressioni in strada.
Un sistema concreto e letale del Pencak Silat che si sta ultimamente facendo strada in America è il mande muda, che veniva insegnato da Penderar Herman Suwanda. Questo stile è così efficace che anche il leggendario Dan Inosanto metteva regolarmente in programma le lezioni di Suwanda nella sua accademia, così che questi potesse insegnare qualcosa in più su questa affascinante arte marziale indonesiana.

Uno stile abbondante
Il mande muda combinava originariamente 18 differenti stili di Pencak Silat. Oggi, il sistema attinge da 26 stili Silat. Come nel JKD, il fondatore de sistema Uyun Suwanda (il padre di Herman), studiò molti sistemi Silat e ne raccolse i movimenti e le tecniche migliori e più utili, miscelandole in un sistema formale d'arte marziale/Pencak Silat.
In tale sistema l'esperto di Cimande “caccerà in cerca del braccio”, il che significa che il suo primo obiettivo sarà il braccio dell'avversario nel tentativo di neutralizzarlo.
Un attacco al braccio significa spezzare qualsiasi cosa compresa tra le dita e le spalle.
Lo sviluppo delle braccia richiede anni di pratica nei complessi esercizi a due del Cimande, con applicazioni di un trattamento d'erbe il segreto chiamato Balur, atto a rafforzarle.
Il mande muda si basa su molti stili. Uno dei più importanti è quello Cikalong, che si concentra sull'evitare calci e pugni. Un praticante di Cikalong prova muoversi verso l'esterno del suo avversario, in modo di non doversi preoccupare dell'attacco da parte dell'altra sua mano o piede.
Per praticare tali movimenti, sono necessari molti esercizi a due chiamati “buah”, i quali aiutano a lavorare sulla parte esteriore. Il mande muda utilizza tre delle forme Cikalong per aiutare a sviluppare il lavoro di piedi appropriato.
Le forme prevedono tecniche con il ginocchio, gomito e spalla non comuni. In occasioni speciali tali forme vengono spesso eseguite con della speciale musica Silat. Uno dei sistemi più dinamici del Mande Muda viene dall'Harimau, o sistema della tigre proveniente dalla parte centroccidentale di Somatra. Il movimento del sistema Harimau ricorda quello di una tigre che lotta con le quattro zampe che toccano terra. La teoria dello stile Harimau è di cacciare o spezzare la gamba dell'avversario, è chiamata “Patakhan Tulang”. Altri obiettivi “di caccia” sono altri legamenti od ossa, sebbene le gambe Siano le più vicine una volta terra.

La trappola di Harimau
Un praticante Harimau andrà sempre al tappeto per trascinare il suo avversario con se.
Quindi, attingerà dal suo arsenale di fratture di legamenti, gambe o braccia per neutralizzarlo. Sebbene lo sparring free-style venga favorito, esso viene compiuto solo negli ambienti più controllati, perché le tecniche possono risultare mortali. Secondo Penderak Suwanda, un praticante Harimau venne ucciso a Bandung, Indonesia nel 1988 durante un match free sparring.
Un altro stile associato al Mande Muda è chiamato Syahbandar. La teoria in questo stile prevalentemente manuale è di attaccare un avversario dal centro, cercando prima il suo braccio e poi il suo viso. Molti degli esercizi a due del Syahbandar ricordano quelli del Wing Chun (Pak sao e del Lap Sao), ma i movimenti sono effettuati da un'applicazione di combattimento diversamente dal Chi Sao. Il Mande muda deriva le applicazioni dirette dagli esercizi di combattimento Syahbandar e miscela il movimento nel proprio sistema. Anche lo stile Kari Pencak Silat è stato incorporato nel sistema Mande Muda. Nel sistema Kari, in praticanti utilizzano un singolare sistema di lotta che utilizza una tecnica manuale a forbice. Questo aiuta a reagire con prontezza ed efficacia all'attacco di un nemico.
I praticanti di kari sono famosi per i loro bloccaggi e risposte istantanee. Il sistema madi del pencak Silat si concentra sul balzo sull'avversario, sbilanciandolo e colpendolo con le mani o con i piedi.
Il nucleo di questo sistema risiede nello spingere l'antagonista, facendogli perdere l'equilibrio e colpendolo simultaneamente sottomettendolo. Il mande muda Prende alcune delle sue tecniche dal sistema cipecut.
Esso proviene dal Cikalong Silat e significa in indonesiano “frustata”. I suoi principi possono essere applicati ad ogni arma flessibile. Una delle armi preferite dal Cipecut è il sarong indonesiano.
Questo è normalmente usato come normale indumento, ma il sistema Cipecut lo ha trasformato in uno strumento letale, impiegatolo in soffocamenti, bloccaggi, atterramenti, fratture e tecniche devastanti. Anche un asciugamano, una sciarpa o una cintura possono essere usate nell'esecuzione delle tecniche cipecut, anche se il sarong rimane l'arma preferita.

Tecniche di distorsione
Nel sistema Cipecut, è il praticante applica la teoria del sistema Cikalong per evitare uni o calci e per muoversi verso l'esterno, in modo da non aver a che fare con la mano opposta dell'avversario.
I praticanti Cipecut usano anche la torsione dei polsi, braccia, ossa, e bloccaggi delle gambe del sistema Rikesan Silat per aumentare l'efficacia del loro stile. Per eseguire alla perfezione il sistema Cipecut, il praticante deve lavorare su più di un migliaio di tecniche Sarong sotto l'occhio attento di un istruttore attento. Esse comprendono calci e pugni da ogni angolo e da ogni posizione sino a che non vengono correttamente assimilate e rese parte di se. Non ci sono forme, sets o sparring pre-arrangiati, solo pratica costante di tecniche specifiche.
Un altro sistema chi si trova nel Mande muda è il Timbangan Silat.
Questa parola nella terminologia marziale si riferisce all'equilibrio dell'energia che scorre tra il praticante ed il suo contendente. Il praticante Timbangan ridiziona L'energia del suo avversario causandone la caduta in una maniera simile ai principi dell'aikido.
Distanza e sincronizzazione sono cruciali, sono fattori cruciali per l'efficacia dell'arte.
Per sviluppare la prima, il praticante Timbangan svolge complessi esercizi a due per imparare come interpretare e mutare direzione all'energia dell'avversario.
Quando i praticanti si sentono a loro agio con le proprie tecniche, si impegnano in leggeri sparring sotto la stretta supervisione di un istruttore Timbangan.
Per proteggere il corpo da seri danni interni o esterni che possono capitare durante il combattimento, il Mande Muda incorpora anche lo stile Nampon del Silat.
In esso, esercizi di respirazione profonda sono coordinati con i movimenti del corpo specifici per rinforzare e rinvigorire varie parti del corpo. Un praticante Nampon dotato di buona preparazione può sostenere un violento attacco fisico in qualsiasi parte del proprio corpo.

Allenamento manuale
La preparazione in questo sistema coinvolge 20 tecniche manuali, coordinate con specifici modelli di respirazione. Viene quindi aggiunto il foot-work, per essere sicuri di poter applicare le tecniche di respirazione in movimento. La tensione dinamica e movimenti rilassati del corpo vengono utilizzati durante gli esercizi di respirazione per rafforzare i muscoli specifici normalmente non messi sotto sforzo nei metodi convenzionali. Dopo tre-sei mesi di pratica regolare del Nampon e corpo diventa forte abbastanza per resistere a pesanti e prolungati attacchi fisici. Il Mande Muda attinge anche elementi dal sistema sera, né incorpora sei Jurus (movimenti pre-arrangiati) Per migliorare il movimento di piedi e le tecniche manuali. Durante l'attacco, un praticante Sera usa gli angoli per colpire senza paura di essere colpito a sua volta.
Il Mande Muda Usa gli angoli esatti del Sera per aumentare la propria efficacia. Anche uno degli aspetti più dolorosi del sistema Silat (Rikesan Silat) viene incorporato nello stile Mande Muda.
Tradotto letteralmente come “rottura” in indonesiano, il Rikesan raggruppa tecniche mirate alla rottura delle ossa. Un praticante rikesan aspetta l'attacco, quindi applica una leva articolare che neutralizza l'arto. Tali leve devono essere praticate con attenzione con il partner durante l'allenamento perché possano anche causare danni permanenti. Velocità e forza aumentano quando il livello di abilità sale. Un abile praticante di Rikesan può afferrare qualsiasi parte del corpo dell'avversario e portarlo a terra usando un blocco invalidante. Un altro sistema Silat compreso nel Mande Muda è il Tanjakan. Parola che significa “collina”, a volte si riferisce al Tanjakan come “Montagna Silat”. Siccome il sistema fu sviluppato sulle montagne, l'aspro terreno portò a sviluppare particolari tecniche a terra. Il praticante spesso sbilancia l'avversario calciandolo nello stesso istante. Campi di posizione da alta a bassa rendono il praticante di Tanjakan Un obiettivo più difficile e gli permettono di accrescere la potenza del proprio pugno.
Non esistono forme ho sparring in questo stile, quindi per sviluppare l'applicazione appropriata della tecnica, vengono costantemente eseguiti esercizi a due sotto la guida di un istruttore qualificato. Il Mande Muda comprende anche l'Ulinapas Silat. Questo stile utilizza una serie di esercizi di respirazione che aiutano il praticante a controllare le sue emozioni durante combattimento. Rilassamento e controllo del respiro sono le chiavi di questo sistema. Bisogna prima controllare i propri metodi di respirazione stando sdraiati, quindi seduti ed infine assumendo la posizione eretta.
Esistono molte forme o kata nel Mande Muda. Una di queste, il Paleredan, è alquanto ricco di movimenti e porta l'allievo ad eseguire tecniche avanzate del Silat classico.
La classica posizione “depok”, individuata primariamente nei sistemi Silat, sviluppa l'abilità di un allievo ad attaccare e indietreggiare da seduto.

Padroneggiare la forma
Una volta che la forma composta da 200 movimenti è memorizzata, il praticante padroneggia la forma e la ripete più e più volte. Il numero di volte in cui la forma viene ripetuta viene determinato dal sistema numerico sudanese. Questo avviene per mezzo di una complessa formula, che interessa il giorno, l'ora e l'anno in cui il praticante è nato.
La forma può essere ridotta, ad esempio a 20 passaggi, ho superiore a 100.
La pratica della forma costituisce parte di una cerimonia che include una banda musicale indonesiana. L'Ulan Bade Silat è una forma estrema, basata sul combattimento, nella quale il praticante si dirige direttamente verso l'antagonista, il foot-work e gli angoli specifici qui sono secondari.
Lo scopo principale di questo sistema è di battere l'avversario il più velocemente possibile.
Tecniche fondamentali lineari manuali e di piedi sono eseguite in serie a due chiamata “byalis”.
Il praticante diUlan Bade ha come suo bersaglio primario la gola del suo avversario.
Il Mande Muda fa anche uso di una serie di armi che può variare dal coltello gaelico, che misura circa 40 cm di lunghezza, al bastone rattan, lungo quasi 1 m. Ma questo è un argomento a parte.
L'ultimo sistema del Silat ad essere stato aggiunto al Mande Muda è il Benjang Silat, più comunemente conosciuto come wrestling sudanese.
Il Benjing Silat è un'arte piuttosto violenta, normalmente messa in pratica in ambienti esterni. A causa della durezza delle regole e dell'ambientazione nella quale viene praticata, il praticante di Benjang rischia la vita ogni volta che ingaggia un combattimento.
Soffocamenti, leve articolari, bloccaggi al polso ed atterramenti sono le caratteristiche principali del Benjang. Poiché non esiste “la battitura del tappeto”, risultano piuttosto comuni ossa fratturate e serie ferite. Molte delle tecniche Mande MudaSono così semplici ma efficaci che il Los Angeles Sheriff's Department Special Enforcement Bureau (SWAT) utilizza molte tecniche a mani nude appartenenti allo stile per i suoi corsi avanzati. Come potete vedere, il fondatore di questo sistema Silat ha dedicato molto tempo ed energie per creare una completa disciplina da combattimento. Lo stile contempla tutto: pugni e calci, atterramenti, leve articolari, bloccaggi delle gambe, uso delle armi, combattimento a terra, controllo dei punti di pressione, di respiro e della mente.
Questo sistema possiede tutti gli elementi di un'arte da combattimento dinamica e costantemente in evoluzione, e si è già guadagnato il diritto di essere chiamato il jet kune do del Silat.

martedì 2 aprile 2019

Il ventaglio d'acciaio del choy lee fut


Conosciuto come il dottor Jekill e Mr, Hide delle armi del Kung Fu, il ventaglio d'acciaio del choy lee fut è innocente quanto mortale. I cinesi hanno un motto sulle armi:
Più corte sono, più pericolose sono. Le più ordinarie d'aspetto, le più mortali.
Tale massima è anche perfettamente appropriata per ventaglio d'acciaio. I cinesi spesso trasformano normali utensili di casa come un paio di bacchette, uno sgabello di legno, una ciotola di riso o anche un paio di sandali, in armi mortali.
Il ventaglio è considerato come arma corta, lunga circa 35 cm, d'aspetto decisamente innocente e non molto differente da un normale ventaglio di carta, tranne che le stecche sono costruite d'acciaio inossidabile invece che di bambù, e che la carta è sostituita da seta indurita.
Quando è chiuso, nessuno può sospettare che sia un'arma. Anche se lo aprite e lo usate per rinfrescarvi, appare alquanto comune inoffensivo. Ad ogni modo, nelle mani di un esperto l'apparentemente innocuo ventaglio può rivelarsi un'arma letale. Uno di tali esperti fu il monaco Jou Yud del Tempio Shao lin. Egli visse durante la dinastia Qing (1644-1911) ed innalzò l'arte del ventaglio d'acciaio a nuove vette.
La sua eredità venne trasmessa a Chang Heung, il fondatore del choy lee fut, attraverso il monaco Choy Fok. Anche il nipote di Heung, Chun Yu-Chi, adottò il ventaglio come sua arma comune preferita. Lo si vedeva spesso con esso mentre insegnava Kung Fu e quando andava a Yum-Cha con i suoi allievi. Il nipote di Chan, il nostro maestro Cheng Yong-Fa, ricevette l'arte in eredità dalla sua famiglia.

L'amico del bel tempo
Il ventaglio d'acciaio è un'arma molto maneggevole perché è facile da portare con sé e poco voluminosa. Quando la temperatura sale, lo potete usare per rinfrescarvi e mandare via le mosche. Quando siete in pericolo, il ventaglio d'acciaio diventa un'efficace arma per l'autodifesa.
Siccome le stecche sono fatte d'acciaio, lo potete utilizzare per bloccare e deviare armi molto più grosse, avvolgendolo intorno all'avambraccio e trasformandolo così nella “mano del ponte di ferro”.
Lo potete usare per il chinna (corpo a corpo) e per il Dim Mak (tecniche di punti di pressione). Quando è ripiegato, il ventaglio può essere usato come un piccolo pugnale per sferrare profonde stilettate, quando è aperto, assomiglia molto ad un coltello a serramanico per tagliare o penetrare le carni del vostro avversario.
Combinandolo con i movimenti del vostro corpo e con il foot-work, potete trasformare i piccolo ventaglio in una lunga arma lanciandovi sul vostro avversario mentre lo state aprendo.
Questo trasforma un normale utensile in un'arma pericolosa con una semplice torsione del polso.
Potete anche aprire il ventaglio usandolo come diversivo. L'azione è alquanto rumorosa diminuirà l'attenzione del vostro opponente mentre fate partire un calcio ho un pugno da una direzione diversa. Il ventaglio aperto può funzionare da sega con la punta delle stecche così aperte in semi-cerchio.
Oppure potete usare la superficie delle stecche aperte a guisa di uno schiaffo con il dorso della mano sul viso del vostro nemico. Quando è ripiegato, lo si può anche lanciare come un coltello Bowie da una certa distanza.
È un'arma “segreta” e versatile, favorita dai praticanti marziali/accademici gentiluomini cinesi.

Dentro il ventaglio
Il ventaglio d'acciaio choy lee fut può presentare 18, 24 o 36 stecche. A volte la loro punta ha un rinforzo in cuoio per aumentarne l'efficacia.
Le due stecche esterne sono spesso accuminate per renderle simili alla lama di una spada per tagliare affettare.
Spesso sul tessuto indurito viene dipinto un accattivante scenario con calligrafia cinese, per mascherarne la letalità. Possiede una personalità doppia alla Jekill e Hyde, caratteristica dell'armamento “Kei Mun” (ingegnoso ed inusuale). Siccome necessità un alto livello di conoscenza del Kung Fu per poterlo usare, è classificato come un'arma di terzo livello nel sistema choy lee fut.
Il ventaglio è considerato un'arma “interna”, perché usa il “morbido” per sconfiggere il “duro” e il corto per avere la meglio sul lungo.
Per lo studente di choy lee fut, esistono tre forme del ventaglio d'acciaio da conoscere alla perfezione. Sono chiamate Seu seou sin (il ventaglio che spezza le mani), Gum loong sin (il ventaglio del dragone d'oro), e il Fei loong sin (il dragone volante).
Nel Seu seou sin, il ventaglio è usato principalmente come arma dura, nel Gum loong sin è un'arma morbida e flessibile. Nel Fei loong sin viene usato per il Dim Mak.

Addestramento con l'uomo di legno
Ad un livello di preparazione superiore, il ventaglio d'acciaio è usato con un uomo di legno di forma umana per migliorare le tecniche per colpire i punti di agopressione.
L'uomo di legno e costruito in modo che quando il punto di agopressione corretto viene colpito, esso emette un suono distinto. Lo scopo è quello di colpire più punti con la maggior accuratezza possibile nel tempo più breve. L'allievo deve colpire i punti con forza e precisione per far sì che si senta il rumore.
Il nostro maestro diceva spesso: “è facile colpire i punti, ma è difficile localizzarli”. Per eseguire il Dim Mak, l'allievo deve studiare i grafici dei meridiani, conoscere la loro posizione a memoria e comprendere il danno che ognuno di essi causa.
L'area di superficie di un punto di agopressione è molto ridotta (2-3 mm al massimo), quindi la precisione è fondamentale, specialmente quando si prova a colpire un bersaglio che si muove velocemente. Il trucco è quello di sferrare una tecnica con ging (forza di penetrazione), mantenendo al contempo velocità e precisione. Nel manuale choy lee fut si afferma che quando si usa il ventaglio: “La mente deve accoppiarsi al cuore, il cuore con la forza, la forza con il qi, il qi con il ventaglio, il ventaglio con gli occhi, e l'abilità con la destrezza”.

lunedì 1 aprile 2019

Natura, una scuola


L'antica memoria dell'uomo parla di una remota età dove si viveva in perfetto contatto con la natura vicini alla divinità

In quell'era non esisteva la morte, né malattia, odio, delitti e incomprensioni.
Questa era l'epoca che poi verrà ricordata come paradiso terrestre, età dell'oro, pace dell'uomo perfetto. Poi, qualcosa venne a spezzare questa idilliaca situazione e il mondo precipitò in una condizione di conflitto e miseria, dove ancora si trova.
Leggende altrettanto antiche narrano dei vari motivi che causarono questa rottura dell'armonia
innata e incorrotta. Tutti parlano dt un'azione umana dettata dall'orgoglio e dall'egoismo, celata sotto il falso motivo della ricerca della conoscenza.
Diversi testi attribuiscono all'invenzione del linguaggio la causa di questa disarmonia catastrofica.
Sostituendo le parole a uno stato di comunicazione diretta e istintiva, l'uomo causava non solo la sua esclusione dal resto della natura, non solo creava un abisso comunicativo tra i suoi stessi simili, dato che ogni linguaggio aveva, e ha, forti variazioni dettate dalla singola personalità, ma anche dissacrava e diminuiva il potere delle cose, attribuendo a esse un nome che, raffigurandole in un soggetto espresso, assicurava magicamente il potere sopra di esse. Possiamo definire il linguaggio la "prima tecnologia egoistica"? La tecnologia, da quella prima generazione, è aumentata e cresciuta a dismisura. Oggi siamo dipendenti dalla tecnologia, condizionati e regolati da essa, con il risultato che assicurarsi il suo possesso appare come un vero innalzamento della propria capacità individuale. Ma se pensiamo alla tecnologia per quello che è per noi, si rivela solo una scorciatoia che ci permette di fare un'azione in un modo veloce e apparentemente perfetto, ma in realtà carente. Non diciamo forse "fatto a macchina" per indicare una cosa in fondo dozzinale, poco accurata, senz'anima e senza quelle doti che costituiscono il risultato dell'opera precisa di un bravo artigiano o di un artista? La nostra "fuga in avanti" tecnologica ha cancellato, sotto i possenti colpi dell'industrializzazione, delle catene di montaggio e del benessere, moltissime conoscenze. Conoscenze che la nostra cultura aveva accumulato pazientemente nei suoi millenni di storia.
E adesso che ci siamo accorti, almeno alcuni, di quanto è stato perso e di quanto stiamo ancora per perdere, ci muoviamo con amarezza e passione per cercare di salvare, per recuperare questo patrimonio e riconquistare i tempi rotondi e remoti di vita, associati alle conoscenze perdute. Così è nelle arti marziali, travolte dal progresso tecnologico, dall'affermazione delle armi che uccidevano sempre più lontano, dall'imborghesimento della società. La logica borghese è solidamente protesa verso le logiche commerciali del profitto e del guadagno, logiche che ostacolano e aborriscono i sentimenti eroici, il comportamento improduttivo, l'esistenza dell'eroe e del poeta.
Le arti marziali sono state quasi uccise dallo sport agonistico, che corrompe l'aspirazione umana al confronto cavalleresco, trasformandolo in un gioco mascherato dove il fine, dopo tutto, è ancora una forma di profitto, di resa egoistica, di perdita dell'immagine di se stessi. Perso, per noi questo patrimonio in occidente, ci siamo rivolti all'oriente. L'Oriente misterioso ed esotico, uscito solo da poco, e non del tutto, dal Medio Evo, e in alcuni casi ancora non contagiato completamente dal morbo del progresso tecnologico.
Oriente ancora saturo di quella filosofia che permette di giudicare le cose per quello che sono e il progresso tecnologico per quello che è, un giocattolo lucente, ma vuoto. Oriente che ci da materiale per trovare un'ancora, per interpretare i segni rimasti del nostro antico patrimonio e ricomporlo con pazienza, Nelle arti marziali con una storia e un cuore, una via da seguire, noi possiamo trovare ancora molte delle cose che l'uomo primigenio, l'uomo dorato, ha lasciato di se stesso in eredità. Questo rapporto diretto e vero che, entrando negli esercizi e nelle forme, ci riporta di nuovo in diretta comunicazione, senza l'affanno deviante della parola, con il mondo, la natura, noi stessi, gli altri, nella ruota in moto perenne delle energie in movimento.
Sono le arti marziali create da uomini che nel vortice sanguinoso e caotico del combattimento trovarono la verità della vita e della quiete e, arrivati fino al cuore della violenza, scoprirono in quel luogo oscuro che l'estremo di un'energia desta e genera il suo opposto luminoso, crescente, potente. Ora, una scuola di arti marziali, classica o d'ispirazione classica, vive questa nascosta realtà e cela in se stessa le intuizioni del proprio fondatore. Chi si avvicina a un'arte marziale spesso non ha idee chiare o, avendole, rincorre all'inizio fini secondari e svianti, come possono essere la vittoria in una gara, il grado e la cintura nera, la forma fisica, l'invincibilità, l'esotismo.
Poi, per chi scava sotto la superfìcie, si trovano sensazioni che colpiscono l'ignaro principiante che non se le aspetta, celato sotto la maschera l'aspetto profondo e terribile. Caso o intuizione guidano gli adepti verso le discipline che più loro si confanno, più vicine al loro carattere e pensiero.
Questo caso e quest'intuizione mi hanno portato lungo le strade della arti marziali, sotto il cui già affascinante aspetto esterno c'è quanto cercavo. Il ricordo del linguaggio remoto della prima alba, la possibilità di sentirsi ancora uniti all'ambiente che ci circonda.
Molte arti marziali, come il tai chi chuan, il pa kua, l'i chuan, stili di ju jutsu e altre forme di combattimento, cercano il coinvolgimento globale del corpo nell'azione, unificando i tre aspetti che noi occidentali tendiamo a separare: corpo, mente, spirito.
Altre metodiche si avvalgono del movimento detto "onda-choc", all'inizio prevalentemente fisico, poi sempre più globale. Questo movimento scioglie e rende consapevoli le nostre catene muscolari, nel loro insieme di sostanza, impulsi e intenzione. Risuona una vibrazione, infine, che è armonica con quelle della natura e mette in comunicazione sfera personale e sfera universale.
Il rapporto con la natura è un punto importante, che si sviluppa in vari modi; oltre che col movimento ondulatorio, attraverso il raggiungimento della maestria nella pratica di un'arte marziale.
Tale cammino non è un punto comune, è piuttosto patrimonio delle discipline di contenuto tradizionale. Non è un sentimento new age o un'esaltazione passeggera, E' quel tipo di rapporto di cui parlava Morihei Ueshiba nei suoi discorsi. La sensazione della comunione delle, cose in un unico, un continuo vuoto-pieno, materia-energia, dove tutto in maniera alchemica si trasforma l'uno nell'altro in un ciclo senza sosta.
E' vero che l'esperienza delle arti marziali è un qualcosa di personale,
Ognuno si trova coinvolto in un ballo, all'inizio caotico, dove si cerca pian piano di dipanare i movimenti fino a descrivere un disegno ordinato e armonico. Per qualcuno, entrato col ritmo della danza fino al cuore del disegno, l'esperienza è di tale portata che non è più possibile continuare normalmente la vita precedente; occorre goderne, viverla e, per dividerla con altri, cercare di insegnarla. Spesso, in film o fotografie, si vede raffigurata l'immagine dell'anziano maestro o del
forte atleta in una fase di meditazione o in una di pratica, in ambedue i casi svolta davanti a uno scenario naturale. A volte l'aspetto di tale immagine è fortemente retorico, ma veritiero.
Se un dojo è un posto irrinunciabile, l'espressione del "luogo", della radicazione dello spinto e della consacrazione della pratica, al luogo chiuso è bene avere un'alternativa, uno o più luoghi naturali, tranquilli per posizione, ricchi di energie, dove rifugiarsi ogni tanto.
La pratica delle arti marziali cambia l'adepto.
Almeno, ciò succede se quest'ultimo ha la pazienza di perdurare nell'attività oltre le difficoltà iniziali, non accontentandosi delle glorie esteriori dei successi sportivi o dei gradi vissuti come gratificazione personale.
Qualcosa di diverso comincia a formarsi nel profondo del proprio abisso, fisico e non fisico.
Spesso, all'inizio è un malessere, dove la sensazione è l'inadeguatezza, superata temporaneamente da apparenti nuove conquiste d'abilità.
La stessa sensazione, poi, è ricorrente a cicli serrati o radi. Ci si ferma a guardare anche cose d'apparente infima importanza, o estranee al modo di vivere corrente. Il ritmo della vita è diverso, vano il tentativo degli altri: cercare di riportare chi è cambiato in termini per loro normali, modaioli, consumistici.
Così la pratica scopre la sfera esterna, l'uomo sente e si rivolge a guardare l'energia nelle sue forme e manifestazioni. L'esercizio stesso non è più un'azione per vincere, non è più un movimento, ma una ricerca continua e costante delle correnti e delle sfere, delle strade dove camminano, si oppongono e interagiscono yin e yang.
Chi lavora con me, lo stesso luogo, non sono più entità fisiche tridimensionali, corpi solidi compatti, ma un insieme di nastri di forze, con movimenti e scorrimenti. Si cerca di seguire, arrotondare e far adattare il movimento, con impalpabile dolcezza, ai propri intenti, oppure di tagliare con incisioni imperiose, laddove si vede già il germe dello sfilacciamento.
Queste sono cose che, prima o poi, si vogliono condividere. L'allievo ha compiuto un cammino, prima istruttore di modelli, ora maestro.
E' un'elezione o una predisposizione? Il maestro guarda le persone, le spinge a diventare istruttori, se ne hanno l'indole, per diffondere la pratica educativa e il patrimonio di cultura e conoscenza. Alcuni hanno qualcosa in più, entrano maggiormente nella pratica, diventano "viventi", persone in cui la disciplina, è in tutte le loro azioni. Sono, saranno, i maestri, guide e riferimento per tutti.
Qual è il rapporto tra maestro e allievo? Spesso, oggi, il confine tra l'uno e l'altro è molto sottile; ragazzi che intraprendono l'insegnamento dopo pochi anni, o addirittura dopo un corso di qualche fine settimana. Poi si fanno chiamare "maestri".
Non è il conoscere le teorie pedagogiche che fa l'insegnante, ma piuttosto l'apprendistato presso un vero maestro, che lo forgia attraverso l'imitazione imposta, comunica la sua vita, lo martella per formare e temprare. Il maestro è custode della disciplina.
Nella sua opera di testimone e trasmettitore, da una parte cerca di venire incontro all'allievo, dall'altra severamente s'impegna che le regole della scuola e il suo modello tecnico rimangano inviolati.
Non è facile insegnare, in generale, ed è diffìcile in modo particolare insegnare una cosa come le arti marziali.
Il maestro deve decidere se l'allievo è affidabile, quanto può insegnargli, deve capire quanto l'allievo può apprendere e quale sia la miglior maniera per farglielo imparare.
La gradualità dell'insegnamento, quando spingere e quando rallentare, i momenti .migliori per chiedere di più e quelli per accontentarsi.
Non sa, il maestro, se i suoi semi germoglieranno.
A volte sarà avaro d'acqua, a volte generoso di terra. Nessuno è uguale, e lui stesso cambia, nel tempo. E' difficile, però, che l'allievo oggi possa capire qual è il cammino e l'atteggiamento che gli è richiesto. All'interno di una scuola, quali devono essere i rapporti tra gli allievi perché, come gruppo, possano imparare meglio e assorbire con maggiore facilità gli insegnamenti?
In realtà, oggi, chi inizia è molto diverso rispetto a una volta. Nei tempi storici gli allievi di una scuola formavano un corpo, un clan, una famiglia trasversale con legami speciali. Allora, la vita di uno studente di arti marziali era vicina a quella di un monaco o di un soldato, quando non lo erano.
Si era un clan, in ogni caso. Oggi, nell'era delle palestre, con i corsi d'insegnamento spesso inseriti all'interno di strutture commerciali, chi fa le arti marziali ha spesso un'idea delle stesse pari a quella che avrebbe se andasse a fare tennis, fitness o a comprare un chilo di patate al supermercato.
Identifica direttamente la sua attività con un consumo. Al pari, i compagni del corso sono identificati come possibili amici, con cui svolgere attività di svago, venendo a mancare alcun tipo di concezione come unità di battaglia.
Tocca al maestro avere pazienza, distribuendo il suo cibo, guardando con attenzione se un seme germoglia. Ma è sbagliato pensare solo alla venuta di un nuovo predestinato.
La scuola vuole dare, a tutti, salute, capacità migliorate, senso del rispetto, l'amore per lo studio rigoroso. La scuola...

domenica 31 marzo 2019

Sciabola: velocissima e rapida


Correlazioni tra la sciabola giapponese e quella russa nell'uso dell'estrazione rapida

Lo iaijutsu, la cui versione moderna è lo laido, è l'arte giapponese di estrarre la spada in modo rapido.
Una storia sulle origini dello iaijutsu racconta che un giovane samurai sognava di vendicarsi per l'omicidio di suo padre. Ma l'assassino era uno spadaccino provetto: nella sfida aperta, senza dubbio, avrebbe ucciso il giovane. Allora il ragazzo cominciò ad allenarsi per imparare a portare un colpo di sciabola già nel momento di sguainare. La vendetta ebbe così successo.
Secondo alcuni, lo iaijutsu rappresenta la quintessenza del kenjutsu (l'arte giapponese della spada), simbolizzando non solo la tecnica di una sola sciabolata mortale, ma anche una profonda preparazione psicologica che sviluppa capacità di concentrazione.
Questa capacità è importante per tutti gli atleti, qualsiasi tipo di sport essi pratichino. Non soltanto per i praticanti di arti marziali, ma anche per i velocisti, i pesisti, i nuotatori, eccetera.
Tutta la sfida si concentra in un solo movimento decisivo e micidiale: nel momento stesso in cui la lama esce dal fodero si dirige verso il bersaglio, con un risparmio di secondi decisivo. L'azione di sguainare deve essere impercettibile e nascosta, per non far indovinare l'intenzione all'avversario. E anche velocissima, rapida come un lampo, in modo tale che il nemico non riesca a reagire
in nessun modo, a deviare, parare o evitare il colpo. Sembra decisamente un'arte marziale perfetta.
Ma lo iaijutsu è proprio un elemento della cultura giapponese dei samurai?
Per rispondere a questa domanda risaliamo un poco indietro nella storia.
Nell'Europa antica e medievale esistevano parecchie scuole di scherma, tra le altre, la scuola spagnola, quella francese e quella italiana.
Con il progresso sociale l'arma bianca si modernizzava.
Così entrarono in auge "figli" della spada come sciabola, striscia, daga, rapier, fioretto, poteri, eccetera.
Striscia e fioretto sono spade leggere e strette e pure la sciabola europea è una spada leggera, spesso piegata e curvata. Il palash — così in Europa orientale chiamavano la lama alleggerita, dritta, a un filo con controfilo (detta spada da lato) — si è ambientato bene tra i polacchi, i rumeni, gli ungheresi. L'Europa occidentale era più famosa per la striscia, il rapier e il fioretto.
In Russia era preferita la sciabola a lama piegata, curvata a volte a forma di ruoto.
Essa dimostrò il suo vantaggio sul palash e sul fioretto nei combattimenti del XVIII e del XIX secolo. Non è un caso che nel periodo della Prima guerra mondiale le forze armate di tutti i paesi belligeranti erano dotati di sciabole e solo raramente di spade, palash o daghe. Un tipo dì sciabola usata dai russi si chiamava shashka (definita anche "sciabola dei cosacchi"), che tradotto dalle lingue caucasiche significa "lungo coltello piegato".
Rispetto alla sciabola classica, la shashka è simile, ma di provenienza diversa: la sciabola viene dall'Oriente, dall'Asia, mentre la shashka ha origine nel Caucaso, dopo che il condottiero russo Ermolov lo liberò dagli oppressori turchi e persiani nella prima metà del XIX secolo.
Non è però escluso che i cosacchi russi conoscessero quest'arma molto prima, trovandosi a contatto diretto con i popoli caucasici già dal XV secolo.
Risulta peraltro che i cavalleggeri russi padroneggiavano perfettamente la tecnica estrazione e colpo simultanei tipica dello iaijutsu giapponese: ussari russi e cosacchi la chiamavano "sciabolata anticipata", oppure "colpo-lampo". Questa tecnica è descritta anche nella letteratura classica russa e sovietica (Duello, di Kuprin, Onore di ufficiale, di Negentzev, Placido Don, di M. Sholokhov). Alcuni sono sicuri che i russi hanno assimilato questo uso della sciabola dai samurai dopo la guerra russo-giapponese (1904-5), una teoria che però è da escludere per due ragioni:
I ) bisogna considerare che a quei tempi lo iaijutsu in Giappone era tenuto segreto all'interno dei vari clan.
E' improbabile che qualcuno dei giapponesi svelasse i propri segreti marziali, tanto meno agli avversari in guerra
2) I cosacchi padroneggiavano la sciabolata anticipata ancora prima dell'instaurazione dei contatti con il Giappone. Autori europei e orientali hanno visto la maestria dei cosacchi tra il XVI e il XIX secolo e l'hanno descritta nelle loro note di viaggio e memone.
L'analisi dei documenti storici, di antichi manoscritti conservati negli archivi, permette di concludere che la sciabolata imprevista russa era indipendente dallo iaijutsu giapponese, facendo sorgere l'ipotesi che le stesse modalità esistessero pure in Europa.
Del resto la storia all'inizio dell'articolo potrebbe essere ambientata in qualsiasi Paese: dai vichinghi ai montanari scozzesi, dagli arabi ai popoli caucasici, nell'antica Russia o in Sicilia e anche in Spagna, dove esisteva un preciso codice d'onore tra i nobili, descritto pure nella letteratura classica (Cìd di Cornei). Ovviamente questo tipo di tecniche poteva ben essere inserito nell'addestramento di spie e sicari: i cosacchi usavano spesso questa furbizia e la storia è piena di tali eventi. Quando la Russia occidentale era occupata dai Polacchi e quella meridionale dagli Ottomani, questi invasori compivano dei veri e propri genocidi. Mandando il proprio inviato a trattare con i polacchi o i turchi, i cosacchi sceglievano un maestro spadaccino; poiché il capo con cui andava a parlare era circondato da una scorta con le armi pronte, egli aveva una sola possibilità.
Facendo fìnta di accettare tutte le condizioni della parte avversaria, dimostrando di essere d'accordo con le imposizioni e fingendo di adulare il nemico con lusinghe, il virtuoso di sciabola abbassava la loro soglia di attenzione. Fingeva anche di essere stanchissimo, malato oppure ubriaco.
Nel corso dell'accoglienza, delle trattative o anche del banchetto che le accompagnava, il sicario assumeva una posizione sfavorevole e persino stupida, una posizione da cui si pensava che nessuno avrebbe attaccato. Invece egli si era allenato per giorni e mesi ad attuare il suo movimento mortale proprio da quella posizione. E in un momento breve e invisibile, con una sciabolata rapida come un lampo... la testa del generale avversario cadeva a terra. Le persone circostanti a volte non riuscivano nemmeno a capire che cosa era successo. Certo, capitava che dopo un attimo anche l'eroe cadesse a terra massacrato, oppure venisse infilzato sulle picche e le alabarde. Ma in molti casi l'assassino riusciva anche a salvarsi, poiché a causa della sua azione le guardie e tutto il seguito perdevano la testa per uno o due secondi, e ciò bastava a un professionista per fuggire, magari, correndo, scappava fuori con un urlo selvaggio: "Aiuto, aiuto! Guardie! Il sultano (o generale) è stato ucciso!", E così la spia si dileguava nella confusione e nel caos.
L'omicidio del condottiero aveva un enorme effetto psicologico: l'esercito si disuniva e da questo momento era condannato, perché, di solito, le truppe senza capo sono destinate alla sconfitta.
Ma la storia ci racconta anche di occasioni in cui questo assioma non funzionò: il 25 agosto del 1758, presso Zomdorf, il re tedesco Federico veniva sconfitto con le sue truppe numerose dall'esiguo esercito russo... senza condottiero.
Furono comunque moltissimi e famosi i condottieri e i tiranni turchi e polacchi che trovarono così la loro morte. La protagonista fu spesso la shashka, la sinuosrtà della cui lama permette di estrarre i circa 30 centimetri e di portare il colpo senza usare molta forza.
L'impugnatura della shashka è di vari tipi, ma con un tratto in comune: non c'è l'elsa a coprire la mano, ma un pomo d'impugnatura fatto a forma di testa di sparviero, con il becco adunco. L'elsa era stata tolta perché nell'atto di colpire la lama si inclinava dalla stessa parte della garda e quindi la protezione della mano era insufficiente. Ma — ancora più importante —, perché l'elsa non permetteva di sfoderare rapidamente per colpire. Invece il pomo dell'impugnatura, con il suo
aspetto di becco di falcone, favoriva tale movimento. Per attuare il "colpo-lampo" con la-shashka basta fare un movimento corto (ricordatevi della sinuosità), agganciando con il mignolo "la testa d'aquila" (bene appesantita per bilanciare l'arma). La presa vera e propria si può completare durante il processo del colpire, stringendo tutte le dita. Inoltre lo spadaccino poteva anche cambiare la traiettoria del movimento già nella preparazione del colpo, con il vantaggio di qualche frazione di secondo che aveva owiamente un'importanza decisiva e fatale.
Tutto ciò è scritto nel regolamento di servizio effettivo militare dei cosacchi, parte 4 ("Volteggiamento acrobatico"), del 1899. Ci sono anche due maniere di portare la shashka: caucasico e asiatico - girata con il dorso opposto al taglio giù e con la lama affilata su. Il modo asiatico consente un ulteriore risparmio di una frazione di secondo: quando si porta la mano a sinistra per impugnare la sciabola, non serve girarla per attuare la presa; basta fare un movimento "falciato" del braccio sopra il manico. I maestri mancini sono stati riconosciuti i più efficaci: con un movimento brusco della mano sinistra essi fendevano la loro vittima in due parti più rapidamente di un battito di ciglia. I mancini usavano la presa inversa e agganciavano il "becco d'aquila" con l'indice.
Ci furono pure due italiani che padroneggiavano perfettamente questo fendente anticipato: Giuseppe Lorano e Gennaro Guardascione.
Giuseppe Lorano era nel servizio segreto dello zar russo e visse molti anni in Russia, mentre Guardascione era un militare italiano con molti contatti con cosacchi e ussari russi, dai quali potrebbe aver imparato questo metodo. Ma perché, se questo metodo ha le sue radici anche in altri Paesi, è conosciuto solo come elemento giapponese?
Perché i russi, gli europei e gli altri popoli non la consideravano altro che una tecnica astuta, solo un modo di anticipare l'avversario prima che riuscisse a reagire. Invece i giapponesi hanno aggiunto come base fondamentale l'idea di una mobilitazione dello spirito e della volontà, sviluppando il passo subitaneo dallo stato passivo, rilassato, all'azione attiva, dallo yin allo yang e dando quindi un contenuto spirituale. E' evidente che ogni elaborazione ha perfezionato la raffinatezza e si è accompagnata con la dottrina religiosa e fìlosofica E arrivando ai nostri giorni, iaido e kendo (la via giapponese della spada) sono ancora elevati a discipline di perfezionamento psico-fisico e culturale.

sabato 30 marzo 2019

Le forme del Wing Chun – Una breve panoramica

Risultati immagini per Le forme del Wing Chun

Come insegnante e comunicatore nel campo delle arti marziali, e nello specifico del Wing Chun Kung Fu secondo il metodo di Wong Shun Leung, per me è molto importante essere in grado di spiegare l’arte e presentarne i concetti nel modo più succinto possibile. Questo naturalmente serve ad assicurarsi che ogni allievo possa raggiungere una comprensione profonda e pratica di cosa può offrire il sistema, e che sappia come usare al meglio questo “strumento” per migliorare e proteggere se stesso. Naturalmente è possibile imbarcarsi in discussioni estremamente dettagliate su tutti gli aspetti del sistema, ma a volte questo genera più confusione che altro e rischia di portare a fraintendimenti piuttosto che a illuminazioni. Specialmente nel caso degli allievi con poca esperienza, troppi dettagli rischiano di inibire il loro apprendimento invece di favorirlo.
Detto questo, negli ultimi anni ho cercato di trovare il modo migliore per semplificare al massimo le informazioni e fornire dei semplici riepiloghi dei vari aspetti del sistema, in modo che gli allievi potessero assimilare le informazioni più facilmente. Questo breve articolo intende applicare questo approccio alle tre forme di base del Wing Chun e a quella dell’uomo di legno. Anche se le mie considerazioni si rifanno al metodo di Wong Shun Leung, mi auguro che le idee qui esposte possano essere utili anche a praticanti di altri lineage, magari fornendo loro un punto di vista diverso sulle forme che permetterà ai lettori di aumentare la propria conoscenza del sistema e, forse, aiutare lo sviluppo delle proprie capacità.

SIU NIM TAU (“giovane idea”)
Descriverei le tre sezioni della Siu Nim Tau con sole tre parole:
1a sezione: Struttura
2a sezione: Recupero
3a sezione: Coordinazione
La 1a sezione è dedicata principalmente a Lat Sau Jik Chung (“forza elastica diretta in avanti” – il desiderio costante che hanno le mani di attaccare quando sono libere, il marchio caratteristico dell’efficacia del Wing Chun), ma viene esaminato molto di più di un solo concetto. Qui entrano in gioco le strutture coinvolte non solo nel concetto di cui sopra, ma anche nel footwork, nei calci, nell’attacco e nella difesa simultanei, nella generazione di forza e in molti altri aspetti. Da qui la mia definizione: struttura.
La 2a sezione riguarda i vari modi in cui possiamo comprendere i concetti/le tecniche/le strategie necessarie a gestire situazioni in cui abbiamo perso la linea centrale e non stiamo più fronteggiando correttamente l’avversario. In breve, fornisce dei modi per riuscire a puntare l’avversario quando ci troviamo in posizioni compromesse come leve, prese o fasi lottatorie. Da qui la mia definizione: recupero.
Infine, la 3a sezione ci mostra varie combinazioni di movimenti, applicati con una mano, per enfatizzare l’importanza di riuscire a usare una mano per compiere più di un’azione alla volta. In altre parole, solo perché ho usato la mia mano sinistra per attaccare o difendere non vuol dire necessariamente che non possa essere utilizzata nuovamente e all’istante, invece che ricorrere per forza all’altra mano secondo un tipico schema “uno-due”. Inoltre ci aiuta a migliorare la qualità delle nostre azioni, sviluppando dei movimenti naturali che percorrono traiettorie ottimali. È importante capire che questa sezione non presuppone in nessun momento che le combinazioni presenti debbano necessariamente essere utilizzate secondo quelle sequenze. Sono collegate l’una all’altra solo per facilitare la pratica e i miglioramenti, non perché sono sequenze prestabilite. Dunque lo scopo principale della 3a sezione è lo sviluppo di uno degli attributi chiave per l’efficacia in combattimento: la coordinazione.

CHAM KIU (“ricerca del ponte”)
Forse il modo più semplice di vedere la forma Cham Kiu è tramite le tre diverse applicazioni/interpretazioni del Bong Sau, di cui ogni sezione pone l’accento su un’idea diversa:
1a sezione: Yi Bong (“Bong che sposta”), che insegna il concetto di “prendere in prestito l’energia dell’avversario” per disperdere/ridirigere un attacco. Il movimento presuppone che ci sia già il contatto e che questo venga manipolato attraverso il Bong/Lan Sau e la rotazione del cavallo in modo da prendere posizione per lanciare un attacco.
2a sezione: Paau Bong (“Bong lanciato”), che insegna il concetto del “prendere contatto” quando le mani non si trovano già in posizione favorevole. In altre parole è un’introduzione letterale al concetto di Cham Kiu (“cercare/trovare il ponte”). Insegna anche i concetti e le capacità associate al footwork offensivo (e, invertendo l’azione, a quello difensivo nella maniera in cui deve essere applicato con il Bong Sau che, per sua natura, richiede un tipo specifico di azione un po’ differente dalle altre tecniche), ai calci (Dang Geuk – “calcio ascendente”) e all’idea di “inseguire i calci” in modo che l’avversario sia sempre tenuto sotto tiro, e al recupero del centro (Chau Kuen – “pugno sferzante”) e al suo ri-puntamento (Yi Ying Sau – “forma di recupero/mano strutturante”).
3a sezione: Dai Bong (“Bong inferiore”), che fornisce un’interpretazione “due in uno” del Bong Sau per proteggere i cancelli inferiori, una per quando si viene attaccati lungo una traiettoria bassa quando si hanno le mani abbassate, l’altra per controllare l’equilibrio/posizione quando si viene sbilanciati. Questa sezione introduce anche il concetto di controllare le gambe attraverso il controllo delle braccia, una variazione del calcio di base (Waang Geuk –“calcio orizzontale”), e un’altra applicazione di recupero nel momento in cui il Dan Sau (“mano che rimbalza/ a molla”) della Siu Nim Tau viene applicato al pugno per completare la forma.
Per approfondire brevemente la 3a sezione della Cham Kiu (controllare le gambe tramite il controllo delle braccia), mi riferisco agli ultimi movimenti dove il Soh Sau (“mano che preme”, che si trova la prima volta nella 2a sezione della Siu Nim Tau) viene effettuato in combinazione con un giro. Si tratta di un’azione molto “da Chi Sau”, ma naturalmente può essere applicata anche fuori di quel contesto. Si applica pressione sulle braccia per impedire alle gambe di alzarsi (ciò avviene perché si modifica l’allineamento delle anche e diventa difficilissimo calciare con efficacia). Immaginate di trovarvi a contatto con un compagno che, durante il Chi Sau, prova a tirare un calcio. Per farlo deve trasferire il peso su una gamba. Nel momento in cui sentite questo cambio di peso, la mano in Fook Sau (“mano che sottomette”), alto o basso, preme verso il basso in combinazione con un giro, bloccando sul nascere il calcio e cambiando la sua traiettoria. La mano del Bong/Taan effettua un’azione di “mezzo-Taan”, tenendo sotto controllo la mano del compagno e occupando la posizione ideale da cui lanciare il primo contrattacco. Fuori dal contesto del Chi Sau, lo stesso controllo di braccio/gomito può essere utilizzato contro la mano avanzata dell’avversario per impedirgli di calciare, o per deviare il calcio impattando su ginocchio/polpaccio/tibia/piede (a seconda della distanza) per sbilanciare l’avversario verso l’interno o verso l’esterno. Lo stesso concetto viene analizzato nella forma al Muk Yan Jong (“uomo di legno”), comprendendo una delle due sole sequenze di tutta la forma al MYJ che devono essere effettuate una dopo l’altra.

MUK YAN JONG (“uomo di legno”)
Il modo più semplice per comprendere davvero il senso della forma al Muk Yan Jong è riflettere sulla seguente affermazione: anche se facciamo di tutto per non sbagliare, in quanto esseri umani non possiamo evitare di commettere degli errori, almeno ogni tanto. La scienza del Wing Chun più semplice ed efficace, e applicata correttamente, si trova in Siu Nim Tau e Cham Kiu. Queste due forme ci guidano attraverso le tecniche e i principi più comuni ed efficaci, che ci vengono mostrati nel miglior modo possibile. Nella forma del pupazzo, tuttavia, vediamo tecniche/concetti eseguiti in maniera errata. Questo perché se vogliamo riuscire a correggere istintivamente un errore, dobbiamo per prima cosa saperlo riconoscere. Dunque molto di ciò che è presente nel pupazzo rappresenta il metodo migliore di recuperare una tipica situazione di svantaggio. Secondo il punto di vista di Sifu Wong Shun Leung, le tecniche e i concetti più utili e di uso più comune sono contenuti all’incirca nei primi 60 movimenti, fino alla sezione dei Po Pai Jeung (“palmi in linea”) compresi, che hanno in gran parte una natura Siu Nim Tau e Cham Kiu. Da lì in poi, le tecniche e i concetti tendono ad essere di natura più Biu Ji e in qualche modo servono a rimediare a degli errori, oltre a contenere varie strategie di calcio.

BIU JI (“dita che puntano”)
La Biu Ji è un “dito che punta”. Cosa? Punta una serie di esempi delle tipologie di problemi che possono verificarsi nel corso di un combattimento quando le cose non vanno come previsto, e presenta alcune soluzioni. Siamo esseri umani, e tutti noi possiamo sbagliare a prescindere da quanto siamo preparati o allenati. La Biu Ji ci porta al di fuori del Wing Chun, al di fuori del sistema che ci viene presentato nella Siu Nim Tau e nella Cham Kiu e ci pone una domanda: Cosa fare se…?
Laddove le prime due forme possono essere facilmente divise ciascuna in tre parti distinte, ognuna con concetti e tecniche proprie, la Biu Ji è diversa. Qui la suddivisione assume la forma di gruppi di tecniche che vanno a formare un repertorio di “risposte d’emergenza” progettate per affrontare un avversario molto più forte, che ha compromesso la nostra posizione, che ci ha feriti o colti di sorpresa o che, sfruttando un errore da parte del praticante di Wing Chun, è riuscito a passare in vantaggio.
Sifu Wong Shun Leung diceva che la forma era una raccolta di “tecniche di emergenza” e che, a differenza delle prime due forme che sono strutturate in maniera chiara ognuna con tre sezioni, la Biu Ji era molto meno organizzata e poteva essere ampliata in qualsiasi momento, nel caso a qualcuno venisse in mente un’altra situazione che necessiti di una soluzione specifica al di fuori del normale spettro dei concetti del Wing Chun. Per questo la Biu Ji è una sorta di forma “aperta”, in accordo con il motivo principale della sua esistenza.
Se mi concedete l’ardire, infatti, vi dirò quello che ho detto più di una volta ai miei allievi, ossia che la Biu Ji da sola è “mortale” quanto un piatto di spaghetti! La riluttanza che il clan del Wing Chun aveva in passato nel mostrare la forma agli esterni è comprensibile se si pensa che la Biu Ji mette in luce le potenziali debolezze del sistema, di cui un nemico che avesse conosciuto la forma avrebbe potuto approfittare. Si potrebbe pensare quindi che questa forma sia “mortale” nel senso che contiene gli aspetti svantaggiosi, e non quelli forti, del Wing Chun.
Il mio insegnante ha sempre sostenuto che, al contrario di quanto si crede comunemente, la Biu Ji non è la forma più micidiale del sistema; se così fosse, perché investire tanto tempo nell’allenamento delle altre forme e del Chi Sau? Di certo, diceva, se la Biu Ji contenesse davvero queste fantomatiche tecniche invincibili allora si allenerebbe solo quella. Quello che fa la Biu Ji è portarci fuori dalla scatola. Ci permette di osservare il combattimento da una prospettiva diversa dai concetti e dalle tecniche di base che formano il metodo ideale fornitoci nella Siu NimTau e nella Cham Kiu, facendoci pensare a cosa potrebbe andare storto e a come riuscire, quando possibile, a “ridurre le perdite” e almeno a sopravvivere allo scontro. Nella Biu Ji la vittoria non è una possibilità e certamente non è una garanzia. Si tratta di reazioni istintive che possono permetterci di fuggire o di neutralizzare un attacco in modo da uscire da una brutta situazione. Per questo motivo, Sifu Wong diceva sempre che sperava non avremmo mai dovuto aver bisogno di ricorrere alle tecniche e ai concetti di questa forma, perché avrebbe volute dire trovarsi in una pessima situazione alla quale forse non avremmo potuto porre rimedio.

venerdì 29 marzo 2019

Le dodici forme di Sum Nung


Le sup yee sik (dodici forme), conosciute anche come sup yee san sao (dodici tecniche separate) vennero organizzate in una forma unica dal Gran Maestro Sum Nung, che si basò sui san sik (tecniche libere) dei suoi maestri Cheung Bo e Yuen Kay-San.

Storia
Il dott. Sum Nung (Cen Neng) nacque in Sudamerica nel 1925, ma tornò in Cina con la sua famiglia da bambino. A Foshan, Sum Nung iniziò a lavorare al Tien Hoi, un ristorante in una traversa della strada chiamata Kuaizi (bacchette), per aiutare la sua famiglia durante i tempi difficili dell’occupazione giapponese. A Sum Nung le arti marziali erano sempre piaciute, e nel 1938 cominciò a studiare il Wing Chun Kuen con Cheung Bo.
Cheung Bo, conosciuto come “Dai Ngao” (grande toro) Bo, era un uomo forte e possente con un’incredibile fama di combattente che lavorava come cuoco al ristorante Tien Hoi. Cheung Bo aveva appreso l’arte da un medico dell’Esercito Nazionalista, Wai Yuk-Sang, che a sua volta era stato allievo di Ngau Si del mercato della carne di Kuaizi Street. Ngau aveva studiato dal famoso sceriffo di Guangzhou, Fung Siu-Ching (discepolo di “Faccia dipinta” Kam, attore dell’Opera della Giunca Rossa). Riconoscendo il grande potenziale del giovane, nel 1940 Cheung Bo fece in modo che Sum Nung proseguisse il suo addestramento sotto la guida del suo buon amico Yuen Kay-San.
Yuen Kay-San era un maestro abilissimo che aveva appreso il Wing Chun Kuen in gioventù da Fok Bo-Chuen, agente della polizia imperiale di Foshan e allievo degli attori dell’Opera della Giunca Rossa Wong Wah-Bo e “Faccia dipinta” Kam. In seguito, Yuen aveva completato la sua formazione nelle applicazioni avanzate e nel combattimento a cortissima distanza sotto la guida di Fung Siu-Ching.
Sum Nung studiò intensamente con Yuen Kay-San per molti anni e raggiunse una comprensione profonda del Wing Chun Kuen. Alla fine degli anni ’40 si trasferì nella vicina capitale provinciale di Guangzhou per aprire il suo studio medico, ma continuò a frequentare il suo maestro finché Yuen non morì di malattia nel 1956.
A Guangzhou, Sum Nung combinò e perfezionò alcuni dei san sik che aveva appreso da Cheung Bo e da Yuen Kay-San per aiutare i suoi allievi nelle prime fasi dell’addestramento, permettendo loro di costruire delle solide fondamenta.

La natura dei Sup Yee Sik
Compatte nella struttura, pur contendendo molti degli elementi essenziali per un corretto sviluppo del Wing Chun Kuen, le sup yee sik sono ideali nelle prime fasi dell’addestramento. Possono essere organizzate a grandi linee in tre macrocategorie. Le prime quattro tecniche si concentrano sullo sviluppo della struttura del corpo attraverso sequenze di base di pugni, posizioni, rotazioni e passi. Le successive quattro lavorano su cicli e cambi di braccia fondamentali, ponendo le basi essenziali per intercettazione e adattamento. Le ultime quattro comprendono l’allenamento alla sensibilità e combinazioni di tecniche.
Anche se questa serie di tecniche forse non è dettagliata come quelle presenti nelle tre forme classiche a mani nude del Wing Chun Kuen, le caratteristiche di cui sopra la rendono valida come una sorta di corso intensivo di difesa personale del Wing Chun Kuen. Per coloro che vogliono apprendere delle abilità di base, ma non hanno il tempo o il desiderio di approfondire l’arte del Wing Chun, le sup yee sik posso essere un ottimo punto di partenza.
Ciascun punto del sistema aiuta a sviluppare attributi (rilassamento, flessibilità, allineamento strutturale, utilizzo raffinato dei muscoli ecc.), difesa (ridurre sin dall’inizio i possibili angoli d’attacco dell’avversario, intercettare un ponte in movimento, controllare i ponti estesi ecc.), attacco (colpi, leve e proiezioni con tutte le parti del corpo) e i concetti dell’arte (linea meridiana, prendere il fianco ecc.).
L’allenamento viene svolto a solo, con degli attrezzi (sacco di sabbia, anello di rattan, uomo di legno ecc.), e praticando con un compagno sia nel san sao (mani libere) che nel chi sao (mani appiccicose). Ogni punto viene allenato singolarmente e poi in combinazione, per essere poi applicato a seconda delle circostanze.

Le dodici forme
Le dodici forme a volte cambiano leggermente da ramo a ramo, anche se l’essenza rimane la stessa. La presente lista rappresenta la versione appresa e praticata dall’autore, organizzata in modo da renderne agevole la presentazione scritta.
1. Jee ng choi (pugno meridiano) allena la fondamentale yee jee kim yeung ma (posizione trapezoidale che stringe una capra) e introduce il chung choi (pugno spinto) basilare dello stile, che esplode potente lungo la jee ng sien (linea meridiana). Da questo derivano i lien wan choi (pugni a catena) e i sam sing choi (pugni delle tre stelle). Il pugno meridiano insegna l’allineamento lungo la linea meridiana, ad attaccare la linea meridiana dell’avversario e a dominare quella che ci collega a lui.

2. Pien choi (pugno laterale), chiamato anche pien san choi (pugno con il corpo laterale) aggiunge la rotazione pien ma (cavallo laterale)al pugno spinto e lavora sulla forza del corpo connesso in un’unità. Il pugno laterale allena anche la postura necessaria a fronteggiare e a prendere il fianco dell’avversario nel Wing Chun Kuen. Da esso deriva il kwai dei pien choi (pugno laterale in ginocchio), chiamato anche gwai ma choi (pugno del cavallo inginocchiato). 3. Duk lung choi (pugno del drago singolo) combina elementi delle forme precedenti, allenandole in maniera complementare. Alterna un pugno che parte lateralmente dalla posizione frontale e uno che parte frontalmente dalla posizione laterale. Integra anche i pugni a catena e introduce il movimento fondamentale del bong sao (braccio ad ala). Inoltre il pugno del drago singolo aiuta ad allenare i riflessi necessari a intercettare e a rispondere agli attacchi provenienti dai lati e da dietro, completando così le quattro direzioni fondamentali dell’addestramento di base.
4. Jin choi (pugno a freccia) aggiunge alla meccanica del pugno del drago singolo un passo lungo una linea frontale e laterale, integrando il footwork con la struttura del corpo. Allena anche la parte inferiore del corpo nella difesa (radicamento rapido, cambio della linea meridiana ecc.) e nell’offesa (colpire, sradicare, controllare ecc.).
5. Sam pan jeung (palmi a triangolo) allena i movimenti di tan sao (braccio che disperde), chang jeung (palmo che sostiene) e gaun sao (braccio che ara) che riguardano le azioni basilari per intercettare all’interno, all’esterno e verso il basso. Aiuta anche a mostrare la struttura triangolare che sta dietro i ponti del Wing Chun Kuen. Questa forma viene solitamente esercitata anche in coppia, con il compagno che sferra pugni a catena alti e bassi.
6. Loi lim yum yeung jeung (palmi yin e yang interni/esterni),conosciuto anche come tan fook sao (braccia che disperdono e controllano), contiene due dei principali strumenti per intercettare propri del Wing Chun in una forma breve ma intensa. Concentrandosi su un cambio fluido dei ponti, questa tecnica può sfociare anche in jao da (correre e colpire), poon tan bong (mezza dispersione-mezza ala), ecc.
7. Noi dap (collegamento interno), a volte chiamato anche noi lim sao (braccio interno a falce), il primo di due forme collegate, allena i riflessi necessari a chiudere la linea meridiana dall’esterno verso l’interno. Consiste in un ciclo di braccia che controllano interne e di braccia circolari esterne. Le variazioni comprendono noi tan (dispersione interna) e noi lop (afferramento interno).
8. Ngoi dap (collegamento esterno), a volte chiamato anche ngoi lim sao (braccio esterno a falce), complementare al collegamento interno, combina un braccio che controlla esterno di base con un braccio circolare interno. Ngoi tan (dispersione esterna) e ngoi lop (afferramento esterno) sono variazioni del collegamento esterno.
9. Kao dap sao (braccio che unisce a trattenere) utilizza un ampio braccio che trattiene (presente nello stile di Cheung Bo)insieme a un kwa choi (pugno sospeso) che domina la linea verticale e a una struttura soffocante. Questa forma può essere estesa anche nel kao lop sao (braccio che afferra e trattiene).
10. Pok yik jeung (palmi ad ali che sbattono) unisce la forza della rotazione a palmate orizzontali mirate a colpire o sradicare l’avversario. Vengono allenati in vari modi, all’interno e all’esterno, da fermi o uniti a yee ma (cavallo in movimento).
11. Na dan kiu (ponte singolo appiccicoso) alterna una tecnica chum kiu (affondare il ponte) con un pugno orizzontale a controllare, in una sequenza solitamente allenata con un compagno per sviluppare la capacità di dissolvere una grande forza. Alcuni rami praticano invece seung huen sao (doppie braccia circolari).
12. Bak hok kum wu (la gru bianca immobilizza la volpe) utilizza passi a inseguire per mantenere il controllo dell’avversario, e saat kiu (ponte che uccide) e gok ma (posizione angolare) come forbici per abbatterlo. La gru bianca immobilizza la volpe aiuta anche a sviluppare l’utilizzo di tre ponti contemporaneamente.

giovedì 28 marzo 2019

Stili boxe a confronto

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Ci sono delle regole generalmente accettate riguardo alle possibilità di successo che ciascuno di questi stili di boxe ha sugli altri. In generale, un aggressore / in-fighter è avvantaggiato rispetto ad uno stilista / out-fighter, uno stilista / out-fighter è avvantaggiato rispetto ad uno stilista / puncher, e un puncher è avvantaggiato rispetto ad un aggressore / in-fighter; questo forma un circolo in cui ciascuno stile è più forte rispetto ad alcuni stili e più debole rispetto ad altri, senza che ce ne sia uno superiore agli altri, come in un rock-paper-scissors. Il risultato di un incontro è ovviamente determinato anche da vari altri fattori, quali il livello di abilità e di allenamento dei pugili, ma l'ampiamente sostenuta esistenza di queste relazioni tra i vari stili si riassume in un cliché diffuso tra fan e scrittori di pugilato che dice che “gli stili fanno i match”.
I puncher e i picchiatori tendono a vincere gli aggressori / in-fighter perché, cercando di avvicinarsi, gli aggressori / in-fighter finiranno invariabilmente dritti incontro ai più potenti colpi dei primi. Così, a meno che l'aggressore non abbia delle capacità di incassatore fuori dal comune, la potenza superiore dei primi la spunterà. A parità di capacità pugilistica e di condizione atletica, naturalmente. Un esempio famoso del vantaggio del picchiatore in questo tipo di confronto è la vittoria per KO di George Foreman su Joe Frazier.
Nonostante gli aggressori / in-fighter trovino più sfogo alla loro boxe con i punchers, che accettano molto più di buon grado gli scambi ravvicinati, hanno in realtà più probabilità di successo contro gli stilisti. Lo stilista / out fighter preferisce un combattimento più lento, con maggior distanza tra se stesso e l'avversario. L'in-fighter tenta senza soste di ridurre questa distanza per scatenare continue raffiche furibonde, mentre a distanza ravvicinata lo stilista perde parecchia della propria efficacia, perché non riesce a tirare i colpi più efficaci del suo repertorio. L'aggressore / in-fighter esce generalmente vittorioso da questo confronto, a causa del proprio incalzare e dell'agilità con cui questo viene messo in atto, che lo rende difficile da sfuggire. Per esempio, l'aggressore / in-fighter Joe Frazier, nonostante fosse stato facilmente dominato dal picchiatore Gorge Foreman, creò invece molti più problemi allo stilista Muhammad Ali nei loro tre incontri. Allo stesso modo l'aggressore Harry Greb fu l'unico ad aver sconfitto il grande out-fighter Gene Tunney. Joe Louis, dopo il ritiro, ammise che odiava essere incalzato, e che l'aggressione continua dell'imbattuto Rocky Marciano gli avrebbe causato problemi anche nel suo periodo migliore.
Gli stilisti / out-fighter tendono ad essere più efficaci contro un picchiatore, la cui ridotta velocità di braccia e gambe, e l'inferiore tecnica, lo rendono un bersaglio facile da colpire per la superiore velocità dello stilista. La preoccupazione principale dello stilista è quella di prestare sempre il massimo dell'attenzione, poiché al picchiatore è sufficiente arrivare a segno con un colpo di quelli giusti per mettere fine all'incontro. Se lo stilista riesce ad evitare o a limitare l'efficacia dei colpi del picchiatore, lo può stancare colpendolo con veloci jab fino a portarlo, alla lunga, all'esaurimento delle forze. Se la tattica è sufficientemente efficace, lo stilista può perfino aumentare la pressione negli ultimi round in un tentativo di raggiungere il KO. Molti pugili classici, ad esempio Muhammad Ali, hanno avuto i loro successi migliori contro i picchiatori. Il più famoso degli esempi di questo tipo di match è quello con cui Ali, nel 1974, a Kinshasa, stroncò Foreman con un KO all'8º round dopo avergli fatto esaurire le energie nel vano tentativo di trovare immediatamente una soluzione di forza.

mercoledì 27 marzo 2019

Pradal Serey, l'antico stile di combattimento Khmer

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Pradal Serey, o boxe cambogiana, significa "combattimento libero" in lingua Khmer. Si crede che sia la forma piu' antica di combattimento originaria del Sud Est Asiatico. Alcuni bassorilievi visibili al Bayon, il tempio piu' antico del complesso di Angkor Wat, raffigurano soldati nell'atto di usare ginocchiate, doppie spade, gomitate e calci: questo era il Bokator, l'arte marziale propria di ogni soldato, da cui si e' sviluppato il Pradal Serey. Anche se non esiste alcun reperto scritto riguardante le arti marziali piu' antiche, si crede che furono proprio i Khmer a creare le prime tecniche di combattimento a mani nude, che furono poi insegnate a Birmani e Siamesi dai progionieri catturati e modificate di conseguenza in forme diverse. Questa e' solo una teoria, ma che coinciderebbe perfettamente col periodo storico di massima espansione dell'impero Khmer, che si estendeva fino ai monti della Birmania intorno al nono secolo dopo Cristo.
La boxe Khmer corse il rischio di scomparire assieme ai maestri che ancora la conoscevano e a tanti altri aspetti della cultura cambogiana durante il regime di Pol Pot e dei Khmer Rossi (1975-1979). Nel tentativo di creare una nuova societa' di stampo ultra-Maoista, basata sull'agricoltura e sul ritorno alla purezza della razza dei tempi della grandezza di Angkor, i Khmer Rossi annunciarono l'Anno Zero, inizio di una nuova era per il paese e sistematicamente ne distrussero l'infrastruttura e qualsiasi testimonianza del passato recente e "sbagliato". Tutti i nemici della rivoluzione - intellettuali, dottori, maestri di scuola, artisti, attori e praticanti di boxe - furono cercati e uccisi sistematicamente nei famosi "Killing Fields", i campi di sterminio tra le risaie. Un'enorme porzione dell'eredita' culturale Khmer, inclusa la Pradal Serey, fu spazzata via dalla faccia della terra in due anni.
La boxe Khmer ricomparve solo verso la fine degli anni 80, quando le prime, piccole scuole, spesso gestite da pugili scampati agli orrori dei Khmer Rossi, apparirono a Phnom Penh. Lo scopo non era di guadagnare alcunche', ma piuttosto di tramandare a quanti piu' giovani possibile un'arte marziale in via d'estinzione. Dal 2003, il Pradal Serey e' stato ufficialmente supportato dal governo come parte inscindibile della cultura cambogiana e ha iniziato ad attrarre un numero sempre maggiore di atleti. Pugili semi professionisti ora guadagnano qualcosa dagli sponsors e con premi partita, ma sono ancora molto indietro rispetto ai loro colleghi Thai in termini di cifre. In media, un pugile Khmer guadagna 20 USD a incontro, piu' qualche piccolo premio in contanti e in beni di consumo donato dagli sponsors, in genere aziende thailandesi che gia' sponsorizzano incontri di muay thai in Thailandia.
I Cambogiani sono stati molto chiari riguardo la storia della loro boxe, specialmente in risposta a certe affermazioni fatte dai Thailandesi che non sono affatto piaciute in Cambogia. Mentre esistono testimonianze storiche che la boxe Khmer fosse gia' praticata ai tempi di Angkor Wat, nell'undicesimo secolo, nulla esisteva all'epoca ne' di muay thai, ne' di Thailandia o Siam, in quanto i Siamesi erano una razza senza una patria unificata e spesso impegnati in lotte fratricide tra loro. Inoltre, i Cambogiani affermano che quando l'impero Khmer si sgretolo' alla fine del dodicesimo secolo e Angkor fu abbandonata alla jungla per sei secoli, furono proprio i prigionieri Khmer a insegnare ai Siamesi i rudimenti della loro antica arte marziale. Quindi il Pradal Serey e' l'antenato da cui derivano la muay boran e poi la muay thai. Teoria interessante e molto plausibile, ma non andate a raccontarla a un Thai....
Da un punto di vista dello spettatore, il pradal serey appare molto simile alla muay thai. In verita', molte tecniche figlie della muay boran che sarebbero permesse nella muay thai raramente si vedono a Bangkok, ma si ritrovano spesso negli incontri in Cambogia. Sembrerebbe che i pugili Khmer usino con piu' liberta', e meno paura, tecniche di gomito e ginocchio che i loro colleghi Thai al giorno d'oggi usano con molta piu' parsimonia. Quindi pradal serey e' forse piu' veloce, meno statico e piu' spettacolare della muay thai. La boxe Khmer e' quindi piu' eccitante da vedere, senza la brutalita' propria della Leth Wei birmana e la staticita' della muay thai attuale. Il pradal serey ha il suo circuito televisivo e gli incontri appaiono sulla TV Cambogiana Channel 3 e 5 nei weekends. Guarda pradal serey su VDO

martedì 26 marzo 2019

Mae Mai e Look Mai Muay Thai

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Allo scopo di preservare dall'oblio, in un contesto culturale come quello attuale, la ricchezza della Muay Boran cioè dell'insieme delle tecniche da combattimento sviluppate dal popolo tailandese e arricchito dalle esperienze di tutti i Maestri del Siam nel corso dei secoli, lo stesso Ministero dell'Educazione della Thailandia, ha dato a suo tempo precise istruzioni alla Commissione Nazionale della Cultura, uno dei massimi organi del Governo di quel paese, di raggruppare e rdinare tutto il repertorio tecnico dell'antica Arte Marziale Thai; tale opera di restaurazione ha dato il via alla formulazione di veri e propri programmi di studio e di una completa progressione tecnica, che potesse essere usata anche fuori dai confini tailandesi per aiutare gli studenti di tutto il mondo ad apprendere nel migliore dei modi la vera Arte Guerriera del Siam e non una versione annacquata della stessa, di provenienza dubbia.
Il risultato del lavoro di codificazione effettuato dai Maestri convocati a tale scopo dall'allora Direttore della Commissione Cultura, Mr. Payungsak Jantrasurin, ha portato a suddividere l'insieme delle Tecniche Marziali a mani nude della Muay Boran nei cinque sottogruppi di seguito elencati.
Il primo gruppo di principi e di tecniche denominato Chern Muay, comprende i metodi per il corretto uso delle armi naturali del corpo umano (mani, piedi, tibie, ginocchia, gomiti e testa) per attaccare le varie parti sensibili del corpo dell'avversario: gli attacchi potranno essere diretti o preceduti da finte e inviti, semplici o eseguiti in combinazione.
Il secondo gruppo, o tecniche Kon Muay Kee, riguarda lo studio dei diversi stili di lotta mirati a neutralizzare gli attacchi dell'avversario con appropriate azioni difensive e ai sistemi di contrattacco adeguati alla situazione di combattimento ed alle differenti attitudini del combattente: avremo così tecniche di blocco, schivata, spostamento, deflezione, anticipo, presa, ecc., seguiti da contro colpi diretti a zone non protette del corpo dell'avversario ed eseguiti dalla distanza lunga, media o corta.
Il terzo gruppo è il cosiddetto Chap Ko cioè le tecniche per il combattimento a corta distanza, altrimenti detto corpo a corpo secondo alcuni maestri siamesì questa branca della Muay Thai Boran rappresenta il vero cuore dell'Arte Marziale tradizionale tailandese.
E' infatti a questa distanza che lo scontro diventa più violento ed impietoso e, per questo, ogni Thai Boxer deve essere ferrato in questo tipo di lotta. Nel Chap Ko il combattente si specializza in tecniche di percussione con gomito, ginocchio, testa ed impara ad applicare anche esplosive tecniche di rotture articolari e proiezioni a terra.
Gli ultimi due gruppi comprendono le tecniche, strategie ed i metodi di utilizzo dei principi fondamentali della Muay Thai Boran: si definiscono come Mae Mai Muay Thai (o Mai Khruu) le 15 tecniche fondamentali della Muay Thai, e come Look Mai Muay Thai le 15 tecniche complementari di combattimento.
Sia le prime che le seconde sono state codificale in un ordine preciso ed il novizio dovrebbe impararle secondo l'ordine previsto, passando dalle tecniche più semplici alle più complesse.
Come molte "forme" delle Arti Marziali tradizionali anche le Mae Mai e le Look Mai Muay Thai sono suscettibili di letture diverse, effettuate su piani sempre più approfonditi.
Se infatti ad una lettura superficiale esse sembrano dare informazioni solo relative a movimenti offensivi e difensivi, ad un esame più attento, sotto la guida di un vero esperto di Muay Boran, si rivelano essere una fonte eccezionale di nozioni indispensabili per il combattimento Marziale, fino ad oggi tenute gelosamente custodite e mai rivelate nella loro interezza agli studenti occidentali.
Queste sequenze tecniche la cui origine risale secondo alcuni studiosi al XIX secolo, ci mostrano, ad esempio i sistemi necessari a sviluppare attributi indispensabili quali la scelta di tempo nelle azione di attacco o difesa dell'adepto, fin dalle prime sessioni di allenamento; ci insegnano inoltre come allenare il senso della distanza (elemento strettamente correlato al punto precedente) a fini offensivi o difensivi (vedi a questo proposito le tecniche appartenenti al misterioso stile di Hanuman, la mitica Scimmia Bianca); ci forniscono una mappa dei punti sensibili e vitali del corpo umano unitamente agli angoli secondo cui percuoterli in modo più devastante; ci indicano infine in modo preciso quali armi naturali (mani, piedi, tibie, testa, anche, gomiti, ginocchia) usare per ottenere i maggiori effetti quando attacchiamo i differenti bersagli precedentemente identificati.
Per noi appassionati europei lo studio di tali principi e gruppi di tecniche è una fonte praticamente inesauribile di informazioni Marziali di grandissimo valore utilizzabile in primis da chi fosse interessato a costruirsi un solido bagaglio tecnico a fini di autodifesa, in secundis dai preparatori di atleti agonisti che attraverso le Mae Mai e le Look Mai possono elevare enormemente la caratura tecnica dei propri allievi con ovvi benefici a breve e lungo termine.
Grazie alla Federazione Internazionale IAMTF (International Amateur Muay Thai Federation) con sede a Bangkok, direttamente controllata dalla Commissione Cultura della Tailandia ed alla Accademia Internazionale di Muay Boran (IMBA), l'organismo che cura la diffusione della Muay Thai Marziale in Europa, oggi anche i praticanti occidentali possono accedere a tali preziose nozioni come non era mai stato possibile fare fino ad ora: finalmente siamo in grado di penetrare a fondo nelle tradizioni, solo apparentemente di facile lettura, ma in realtà molto complesse ed articolate, del vero Combattimento Marziale Tailandese.

lunedì 25 marzo 2019

Il concetto della linea centrale nel Wing-Chun


Il Wing-Chun enfatizza l'attacco e la difesa lungo una linea immaginaria tracciata lungo la verticale, occhi, naso, gola, ombelico, tra le ginocchia e l'inguine.
Gli obiettivi primari da colpire sul corpo umano sono considerati nella norma o vicino a questa linea. Questo nella convinzione che il percorso più veloce tra due punti è una linea retta.
Alcuni movimenti di parata o di stoppata tuttavia, possono essere circolari.
Un praticante Wing-Chun si adopererà per proteggere la sua mezzeria e attaccare il suo avversario. Il footwork viene utilizzato per spostare la nostra linea centrale ad una distanza di sicurezza dagli attacchi di un avversario e per posizionare le mani e i piedi per attaccare e invadere la sua linea centrale.
Le tecniche del Wing-Chun sono "chiuse", tutto il corpo è posizionato per proteggere la linea centrale e per mantenere l'equilibrio. Le mani non dovrebbe andare oltre il cerchio verticale che è descritto facendo oscillare le braccia di fronte, con le mani incrociate all'altezza dei polsi.
Per uscire fuori da questa zona, viene usato il footwork.


Un vantaggio sottile dell'attaccare la linea di mezzeria è il reindirizzamento della forza, o meglio la mancanza di essa. Colpire qualcuno sul lato (per esempio la spalla) farà sì che il corpo del ricevente a sua volta, assorbirà parte della forza. Colpire qualcuno nel centro causa più di un'onda d'urto, l'energia cinetica viene trasmessa direttamente al corpo. Circa l'ottanta per cento (80%) del corpo umano è composto d'acqua, quando si viene colpiti al centro la respirazione diviene molto difficile.
Questo concetto può essere facilmente illustrato riempiendo un secchio vuoto con acqua e poi frustando il secchio con un bastone. L'onda d'urto viaggia attraverso il secchio e non si ferma immediatamente, ma continua a muoversi per un po'.
La stessa cosa con il nostro corpo: se veniamo colpiti, l'onda d'urto sarà all'interno del nostro corpo.

domenica 24 marzo 2019

Tin Wan Huen


La Tin-Wan-Huen "legato con un cerchio di ferro" viene utilizzato per rafforzare e sviluppare il coordinamento delle armi ponte in collaborazione con il-Jee-Kim-Yeung-Ma posizione Yee e lavoro di gambe. A causa del peso i gomiti del praticante dissipano l'energia verso il basso, durante la pratica, e quindi si stabilizzano per gravità (attraverso il rilassamento del trapezio e dei muscoli deltoidi) creando ciò che i cinesi chiamano Jang-Dai-Lik (potenza del gomito naufragato).
Una volta che i movimenti del praticante sono stati acquisiti senza problemi, l'addestramento dovrebbe portare alla pratica del Jook Wan-Huen "legato con un cerchio di bambù" (la più leggera delle due versioni) la cui pratica porta allo sviluppo di una forza isometrica duttile, che facendo roteare gli avambracci si crea il vortice delle braccia ponte che culminano in un'espansione esplosiva o con una trazione altrettanto esplosiva chiamata Bau-Ja-Ging (potere esplosivo) e Cheun-Ging (potere perforante).