giovedì 6 giugno 2019

FRA STORIA E MITO: L'EROICO ORAZIO COCLITE

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Secondo la tradizione nell'anno 509 a.C. i Romani cacciarono dall'Urbe il re Tarquinio il Superbo, esasperati dalle violenze e dalla tirannia esercitata dal monarca e la sua famiglia. Le fonti antiche riferiscono che l’episodio scatenante fu la violenza che il principe Tarquinio Sesto inflisse a Lucrezia, moglie del futuro console Lucio Tarquinio Collatino. Ma l’ex-monarca etrusco non aveva intenzione di abbandonare il suo trono tanto facilmente ed ottenne l’aiuto delle città di Veio e Tarquinia. Nel corso della sanguinosissima battaglia della Selva Arsia i romani riuscirono a respingere gli etruschi, ma Tarquinio non si diede ancora per vinto. Infatti riuscì a convincere il lucumone di Chiusi, Lars Porsenna, ad unirsi a lui nella spedizione di riconquista. Diverse fonti parlano di quest’ultimo personaggio come “re d’Etruria”, indicando se non altro la grande importanza che egli deteneva all'interno della Lega Etrusca. La minaccia era molto grave, e in città si presero tutti i provvedimenti possibili per prepararsi all'assedio imminente, predisponendo presidi armati nei punti nevralgici e accumulando provviste. Con un attacco a sorpresa i soldati di Porsenna riuscirono però ad impadronirsi del Gianicolo, per poi sciamare verso il ponte Sublicio, che una volta catturato avrebbe consentito loro di penetrare senza sforzo in città. I romani di guardia al ponte si persero d’animo e fuggirono, tutti tranne uno, Orazio Coclite, che incitò i compagni alla lotta con grande vigore. Radunatili, comandò loro di distruggere il ponte con qualsiasi mezzo, mentre lui, da solo, affrontava e teneva a bada i nemici. Tito Livio racconta che «Trattenuti dal senso dell'onore due restarono con lui: si trattava di Spurio Larcio e Tito Erminio, entrambi nobili per la nascita e per le imprese compiute. Fu con loro che egli sostenne per qualche tempo la prima pericolosissima ondata di Etruschi e le fasi più accese dello scontro. Poi, quando rimase in piedi solo un pezzo di ponte e quelli che lo stavano demolendo gli urlavano di ripiegare, costrinse anche loro a mettersi in salvo». Quando il ponte era ormai inutilizzabile, Orazio disse «O padre Tiberino, io ti prego solennemente di accogliere benignamente nella tua corrente questo soldato con le sue armi!» e si tuffò nel Tevere. Secondo Polibio, Orazio venne trascinato a fondo dal peso dell’armatura e annegò, mentre secondo Tito Livio riuscì a raggiungere la riva fra l’esultanza dei compagni. Per ricompensarlo e onorare il gesto con cui aveva salvato la città, i romani in seguito gli dedicarono una statua e si stabilì di donargli tanta terra quanta avrebbe potuto ararne in un giorno.
Secondo diversi storici romani di età imperiale le gesta di Orazio Coclite, Muzio Scevola e Clelia impressionarono a tal punto Porsenna che il re tolse l’assedio e concluse un trattato coi romani. Ma molto più probabilmente il re etrusco riuscì a soggiogare la città, non restaurandovi però i Tarquini e riservandole un trattamento tutto sommato mite. I romani sono noti per il loro uso di abbellire e glorificare il passato per non ammettere le sconfitte, proprio come era d’uso esaltare il nemico per giustificare le disfatte subite e per far risaltare ancora maggiormente le vittorie. Probabilmente Orazio Coclite esistette davvero e compì degli atti eroici, ma la sua storia venne mitizzata e strumentalizzata per celare quella che fu a tutti gli effetti una sconfitta per la giovane repubblica.

1 commento:

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