Agustina Raimunda Maria Zaragoza y
Domenech nacque a Reus, nella provincia di Tarragona, in una Spagna
decadente, lontana dai fasti dell'immenso impero su cui aveva
dominato per anni. Dopo che la sua famiglia si fu trasferita a
Madrid, la ragazzina cominciò a mostrare un carattere estremamente
vivace, tanto da zampettare fin dai tredici anni lungo le strade dei
quartieri militari, attratta dalle armi e dalle divise dei soldati.
Poiché la sua figura diventò molto famosa nella penisola Iberica,
le storie sulla sua vita si sprecano e si contraddicono: sembra
tuttavia avere più credito un suo matrimonio a sedici anni con un
artigliere di nome Joan Roca Vila Seca, seguito dalla nascita del
primo figlio di nome Eugenio e infine la rottura con il marito,
partito al fronte allo scoppiare della guerra con la Francia, in data
2 maggio del 1808. Il suo obiettivo era proteggere il proprio bambino
dagli orrori della guerra, ma il destino le si accanì
contro.
Nell'estate del 1808, Agostina si trovava a Saragozza.
La città era una delle ultime città del nord della Spagna non ancora cadute nelle mani dei francesi, per questo un gran numero di profughi che fuggiva all'avanzare della Grand Armée aveva trovato rifugio tra le sue mura. A giugno, però, francesi si diressero verso Saragozza. Protetta da una piccola forza provinciale comandata dal Duca José de Palafox, la città non era nelle condizioni di scampare all'assedio del migliore esercito d'Europa.
Il 15 giugno i francesi presero d'assalto il Portillo, un antico bastione della città. A difenderlo vi era soltanto un insieme raffazzonato di vecchi cannoni e unità di moschettieri volontari.
Agostina, giunta sul bastione con un cesto di mele per sfamare gli artiglieri, vide i miliziani cadere sotto le baionette francesi, che avevano già scalato le mura. Le truppe spagnole non avevano né l'esperienza né il numero per tenere testa ai napoleonici: alla vista delle giubbe blu abbandonarono infatti le proprie posizioni, lasciando sugli spalti feriti e moribondi.
Solo una donna rimase ad affrontare i francesi.
Con gli invasori a pochi metri di distanza, Agostina raccimolò ogni briciola del proprio coraggio: scattò verso le postazioni difensive, caricò un cannone da sola e, quando ritenne che i francesi fossero abbastanza vicini, accese la miccia, liberando contro i nemici un devastante colpo a mitraglia.
A decine vennero fatti a pezzi dalla pioggia di detriti, piombo, rifiuti.
La vista di una piccola donna azionare un cannone con tale efficacia ispirò gli spagnoli in ritirata, i quali con alte grida tornarono subito nella mischia per proteggere quella santa lercia di polvere nera dai francesi.
Dopo una sanguinosa lotta, i soldati napoleonici abbandonarono l'assalto di Saragozza, da cui levarono l'assedio per alcune settimane, prima di ritornare ad attaccare. Alla fine, con un costo di vite umane elevato per entrambe le parti, Palafox fu costretto ad consegnare la città ai francesi. Era stata una sconfitta, ma l'azione di Agostina echeggiava già per tutta la penisola. Durante la prigionia sotto i francesi, la donna vide il figlio Eugenio morire per le privazioni. Dopo una fuga rocambolesca, Agostina divenne la leader di un gruppo di guerriglieri anti francesi, evitando però di farsi contagiare da quel fanatismo religioso che animava numerosi partigiani spagnoli, come da un eccessivo patriottismo. Piuttosto era una donna animata sia dal sentimento di giustiza nonché dalle condizioni in cui si era trovata, tali da costringerla a rivestire un ruolo maschile.
Senza dubbio, Agostina aveva però un debole per i cannoni.
Con la progressiva respinta delle forze napoleoniche, la donna venne assorbita nei ranghi istituzionali dell'armata alleata, sotto la guida del Duca di Wellington. Diventata l'unico ufficiale femminile dell'esercito alleato, Agostina scalò i ranghi fino ad essere insignita del titolo di capitano, oltre che diventare una vera e propria leggenda tra i soldati. Il suo effettivo contributo ad altre battaglie (Quali Vitoria, ormai esclusa dagli storici) è discusso, pare molto probabile che in realtà si limitasse più che altro alle gestione dei rifornimenti e all'addestramento delle reclute, compiti comunque non certo alla portata di chiunque. Al termine della guerra, quando i francesi furono finalmente respinti oltre i Pirenei, Agostina abbandonò l'esercito con il titolo di defensora de Zaragoza, insieme alla recompensa del valor y patriotismo.
Sposatasi con un dottore militare (aveva il pallino per i soldati), la donna passò pacificamente i restanti anni della propria vita nella città che aveva contribuito a difendere, Saragozza. Perfetta matrona come perfetta guerriera, Agostina venne descritta come una vecchietta autoritaria e gioviale, solita camminare lungo le strade della città con le sue medaglie ben in vista, mentre raccontava ai nipoti le imprese dell'armata spagnola.
Morì a 71 anni circondata dai parenti e tuttora riposa nella magnifica cappella di Nuestra Señora de Portillo.
Nell'estate del 1808, Agostina si trovava a Saragozza.
La città era una delle ultime città del nord della Spagna non ancora cadute nelle mani dei francesi, per questo un gran numero di profughi che fuggiva all'avanzare della Grand Armée aveva trovato rifugio tra le sue mura. A giugno, però, francesi si diressero verso Saragozza. Protetta da una piccola forza provinciale comandata dal Duca José de Palafox, la città non era nelle condizioni di scampare all'assedio del migliore esercito d'Europa.
Il 15 giugno i francesi presero d'assalto il Portillo, un antico bastione della città. A difenderlo vi era soltanto un insieme raffazzonato di vecchi cannoni e unità di moschettieri volontari.
Agostina, giunta sul bastione con un cesto di mele per sfamare gli artiglieri, vide i miliziani cadere sotto le baionette francesi, che avevano già scalato le mura. Le truppe spagnole non avevano né l'esperienza né il numero per tenere testa ai napoleonici: alla vista delle giubbe blu abbandonarono infatti le proprie posizioni, lasciando sugli spalti feriti e moribondi.
Solo una donna rimase ad affrontare i francesi.
Con gli invasori a pochi metri di distanza, Agostina raccimolò ogni briciola del proprio coraggio: scattò verso le postazioni difensive, caricò un cannone da sola e, quando ritenne che i francesi fossero abbastanza vicini, accese la miccia, liberando contro i nemici un devastante colpo a mitraglia.
A decine vennero fatti a pezzi dalla pioggia di detriti, piombo, rifiuti.
La vista di una piccola donna azionare un cannone con tale efficacia ispirò gli spagnoli in ritirata, i quali con alte grida tornarono subito nella mischia per proteggere quella santa lercia di polvere nera dai francesi.
Dopo una sanguinosa lotta, i soldati napoleonici abbandonarono l'assalto di Saragozza, da cui levarono l'assedio per alcune settimane, prima di ritornare ad attaccare. Alla fine, con un costo di vite umane elevato per entrambe le parti, Palafox fu costretto ad consegnare la città ai francesi. Era stata una sconfitta, ma l'azione di Agostina echeggiava già per tutta la penisola. Durante la prigionia sotto i francesi, la donna vide il figlio Eugenio morire per le privazioni. Dopo una fuga rocambolesca, Agostina divenne la leader di un gruppo di guerriglieri anti francesi, evitando però di farsi contagiare da quel fanatismo religioso che animava numerosi partigiani spagnoli, come da un eccessivo patriottismo. Piuttosto era una donna animata sia dal sentimento di giustiza nonché dalle condizioni in cui si era trovata, tali da costringerla a rivestire un ruolo maschile.
Senza dubbio, Agostina aveva però un debole per i cannoni.
Con la progressiva respinta delle forze napoleoniche, la donna venne assorbita nei ranghi istituzionali dell'armata alleata, sotto la guida del Duca di Wellington. Diventata l'unico ufficiale femminile dell'esercito alleato, Agostina scalò i ranghi fino ad essere insignita del titolo di capitano, oltre che diventare una vera e propria leggenda tra i soldati. Il suo effettivo contributo ad altre battaglie (Quali Vitoria, ormai esclusa dagli storici) è discusso, pare molto probabile che in realtà si limitasse più che altro alle gestione dei rifornimenti e all'addestramento delle reclute, compiti comunque non certo alla portata di chiunque. Al termine della guerra, quando i francesi furono finalmente respinti oltre i Pirenei, Agostina abbandonò l'esercito con il titolo di defensora de Zaragoza, insieme alla recompensa del valor y patriotismo.
Sposatasi con un dottore militare (aveva il pallino per i soldati), la donna passò pacificamente i restanti anni della propria vita nella città che aveva contribuito a difendere, Saragozza. Perfetta matrona come perfetta guerriera, Agostina venne descritta come una vecchietta autoritaria e gioviale, solita camminare lungo le strade della città con le sue medaglie ben in vista, mentre raccontava ai nipoti le imprese dell'armata spagnola.
Morì a 71 anni circondata dai parenti e tuttora riposa nella magnifica cappella di Nuestra Señora de Portillo.
Nessun commento:
Posta un commento