Yukio Mishima (三島
由紀夫 Mishima
Yukio),
pseudonimo di Kimitake Hiraoka (平岡
公威 Hiraoka
Kimitake),
(Tokyo, 14 gennaio 1925 – Tokyo, 25 novembre 1970) è stato uno
scrittore, drammaturgo, saggista e poeta giapponese. Acceso
nazionalista, ebbe notorietà anche come attore, regista
cinematografico e artista marziale.
Mishima fu uno dei pochi autori
giapponesi a riscuotere immediato successo anche all'estero. Le sue
numerose opere spaziarono dal romanzo alle forme modernizzate e
riadattate di teatro tradizionale giapponese Kabuki e Nō,
quest'ultimo rivisitato in chiave moderna. Il suo suicidio rituale
dopo l'occupazione del Ministero della Difesa, assieme a un gruppo di
paramilitari da lui guidati, ha avuto ampia notorietà
caratterizzando il personaggio di Mishima nell'immaginario della
letteratura.
Biografia
Yukio Mishima, al secolo Kimitake
Hiraoka, nasce a Tōkyō il 14 gennaio del 1925 nella casa dei nonni
paterni, Hiraoka Jotarō e sua moglie Natsuko. Insieme ai nonni
coabitavano i genitori di Kimitake, Azusa e Shizue. La nonna, reduce
da un matrimonio infelice, decide di assumersi tutta la
responsabilità della sua educazione, riversando un affetto ossessivo
sul piccolo Kimitake: usurpando il ruolo della madre poco più di un
mese dopo la nascita, ella diventerà una figura importantissima
nello sviluppo del carattere del giovane Mishima, non soltanto per
quanto riguarda gli aspetti psicologici ma anche perché lo
avvicinerà alla letteratura classica e alle forme del teatro Nō e
Kabuki.
La nonna teneva il bambino rinchiuso
nella propria camera a fianco del futon, e alla madre era permesso
visitarlo solo ogni quattro ore e per un brevissimo tempo, necessario
per l'allattamento. Non gli veniva mai permesso di uscire da casa. Il
bambino sfuggirà all'influenza della nonna, ormai sempre più
debole, nel 1934, quando la madre con un sotterfugio riuscì a
sottrarglielo. Queste ed altre esperienze dell'infanzia e
dell'adolescenza sono riportate nel romanzo Confessioni di una
maschera del 1949, autoanalisi approfondita della sua vita fino a
quel momento, in cui già si trovano tematiche e argomenti che
saranno presenti in tutta la produzione dell'autore.
Dal 1931 aveva intrapreso gli studi al
Gakushūin, la scuola dei Pari, sotto spinta della nonna. Gli alunni
di questa scuola non facevano necessariamente parte
dell'aristocrazia, anche se chi non lo era veniva considerato un
"outsider". Con un tipo di educazione spartana, gli
studenti erano incoraggiati a diventare soldati più che poeti, ma
Mishima prende parte alle attività del club letterario e alcune sue
poesie vengono pubblicate sulla rivista della scuola.
Comincia a scrivere il suo primo lavoro
in prosa di una certa importanza, Hanazakari no Mori (La
foresta in fiore): completato nel 1941, è fortemente influenzato
dalla scuola romantica giapponese (Nihon romanha). Lo stile
classicheggiante farà sì che venga notato dal professore di lettere
del Gakushūin, Shimizu Fumio, membro della scuola romantica. Sarà
lui a far pubblicare il racconto sulla rivista Bungei Bunka, e
proprio in quest'occasione viene scelto lo pseudonimo "Mishima
Yukio". Nel 1944, Hanazakari no Mori verrà pubblicato in
forma di libro insieme ad altri racconti: il suo successo farà
conoscere per la prima volta il nome dello scrittore al pubblico.
Finita la scuola, sotto pressione del
padre si iscrive all'università per studiare giurisprudenza. Non
solo conseguirà la laurea, ma vincerà un concorso per un
ambitissimo posto di funzionario statale al Ministero delle Finanze.
Nel periodo del lavoro al Ministero, vive una sorta di "doppia
vita": funzionario statale fino alla sera e scrittore di notte,
dormendo non più di tre o quattro ore. La situazione diventa presto
insostenibile: scivola per la stanchezza sui binari della stazione di
Shibuya e, d'accordo con il padre, presenta le dimissioni dal
Ministero per dedicarsi esclusivamente alla scrittura.
Nel 1946 fa visita con due suoi
racconti allo scrittore futuro premio Nobel Yasunari Kawabata. Fra i
due nascerà un rapporto soprattutto di grande stima e rispetto
reciproco prima che di maestro-discepolo.
Nel 1948 si unisce alla rivista
letteraria Kindai Bungaku, legata ad ambienti di sinistra.
Mishima nei suoi romanzi cercò generalmente di evitare qualsiasi
riferimento alla politica che non fosse strettamente descrittivo (si
vedano ad esempio Dopo il banchetto e Cavalli in fuga),
ma è comunque difficile immaginarlo integrato nell'ambiente
intellettuale di sinistra, visto il suo ideale di patriottismo
indiscriminato e trascendente l'ambizione personale; Mishima
probabilmente entrò a far parte del gruppo per ottenere più
contatti col mondo intellettuale dell'epoca.
È però nel giugno del 1949, con la
pubblicazione di Kamen no Kokuhaku (Confessioni di una
maschera), che ottiene il riconoscimento della critica e un buon
successo di vendite. Tra il 1950 e il 1951 pubblica tre importanti
romanzi: Sete d'amore, L'età verde (entrambi del 1950)
e Colori proibiti (1951). Invece di continuare con la
forma-confessione che lo aveva portato al successo, in Sete
d'amore torna alla narrazione in terza persona.
Nel 1951 visita gli Stati Uniti, il
Brasile e l'Europa come corrispondente dell'Asahi Shinbun. Saranno
soprattutto la Grecia e l'estetica classica a impressionarlo:
l'ispirazione troverà forma in Shiosai (La voce delle onde; 1954).
Il viaggio in Grecia e un nuovo culto del corpo segnano l'inizio di
una nuova vita per Mishima: dal 1955 inizia a dedicarsi al
culturismo, seguito dalla pratica delle arti marziali, precisamente
del kendō.
Mishima si sposa l'11 giugno 1958 con
Yoko Sugiyama, più che altro per compiacere la famiglia; la coppia
avrà due figli, Noriko (nata il 2 giugno 1959) e Ichiro (nato il 2
maggio 1962).
Nonostante siano note varie visite ai
gay bar giapponesi il suo orientamento sessuale resta controverso,
per quanto dopo la morte la vedova abbia tentato di smorzare il
dibattito su questo aspetto della vita del marito. Varie persone
infatti sostennero di avere avuto relazioni di tipo omosessuale con
Mishima; tra queste lo scrittore Jiro Fukushima il quale, in un suo
libro, riportò stralci abbastanza espliciti della corrispondenza che
tenne con il famoso romanziere. Dopo tale pubblicazione i figli di
Mishima perseguirono con successo Fukushima per violazione della
privacy.
Ormai diventato personaggio pubblico,
appare come protagonista nella pellicola tratta da Yūkoku
(Patriottismo, 1966), racconto di un giovane ufficiale che
decide di morire tramite seppuku insieme alla moglie, film da lui
scritto, diretto e interpretato; le sue foto come culturista e
kendōka vengono pubblicate sui giornali popolari, così come le
notizie dei periodi di addestramento insieme al Jieitai (Forza di
Autodifesa Giapponese) e alla fondazione della Tate no Kai
(Società degli scudi), il suo "esercito privato".
La tetralogia Hōjō no Umi (Il
mare della fertilità) comincia ad apparire dal 1965. L'ultimo
volume viene pubblicato nel 1970.
Il suicidio rituale
«Una vita a cui basti
trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e
spezzata, forse non è altro che un fragile vetro.»
|
(da Lezioni
spirituali per giovani samurai e altri scritti,
traduzione di L. Origlia, Feltrinelli)
|
Da sempre ossessionato dall'idea della
morte, sia a livello personale sia artistico, decide di unire questo
disagio esistenziale al suo ideale politico di patriottismo
tradizionalista.
Il 25 novembre del 1970, a 45 anni,
insieme ai quattro più fidati membri del Tate no Kai, occupa
l'ufficio del generale Mashita dell'esercito di autodifesa. Dal
balcone dell'ufficio, di fronte a un migliaio di uomini del
reggimento di fanteria, oltre che a giornali e televisioni, tenne il
suo ultimo discorso: l'esaltazione dello spirito del Giappone,
identificato con l'Imperatore, e la condanna della costituzione del
1947 e del trattato di San Francisco, che hanno subordinato, secondo
Mishima, alla democrazia e all'occidentalizzazione il sentimento
nazionale giapponese:
«Dobbiamo morire per
restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara
la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo
che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo
l'esistenza di un valore superiore all'attaccamento alla vita.
Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il
Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni
che amiamo.»
|
(Yukio Mishima,
Discorso prima del suicidio rituale)
|
Al termine del discorso, entrato
nell'ufficio, e dopo aver inneggiato all'Imperatore, si toglie la
vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi
il ventre e facendosi poi decapitare. Insieme a lui si toglie la vita
il suo più fidato amico e discepolo, Masakatsu Morita, il quale,
secondo Marguerite Yourcenar nel saggio breve Mishima o la visione
del vuoto, fu presumibilmente anche suo amante. Dopo che l'amico
sbagliò per ben due volte il colpo di grazia, previsto dal rito
tradizionale, lo scrittore venne finito da un altro compagno,
Hiroyasu Koga, e Morita si trafisse a sua volta per la vergogna.
I tre sopravvissuti si consegnarono
alla giustizia e vennero condannati a quattro anni di prigione per
l'occupazione del ministero.
Giudizio storico
Personaggio difficile e complesso,
spesso in Europa considerato vicino al Fascismo, secondo vari critici
interpretava invece una personale visione del nazionalismo nipponico
in chiave nostalgica, un conservatore decadente come lo definì
Alberto Moravia, che lo aveva incontrato nella sua casa in stile
occidentale liberty in un sobborgo di Tokyo. Egli si
autodefiniva apolitico e antipolitico. Tra i suoi ideali più forti
vanno annoverati il patriottismo, che ispirò anche numerosi
personaggi delle sue opere, e il culto per l'Imperatore, visto non
come personaggio reale, storico o figura autoritaria ma come ideale
astratto e/o semidivino, incarnazione dell'essenza del Giappone
tradizionale.
Con la sua tragica morte avvenuta in
diretta televisiva nel 1970 all'età di quarantacinque anni (data
studiata e ponderata accuratamente), con il suicidio rituale
(seppuku) durante l'occupazione simbolica del ministero della
difesa, suggellò la conclusione insieme della sua vita e della sua
vicenda letteraria: poco prima del suo suicidio aveva infatti
consegnato all'editore l'ultima parte della tetralogia Il mare
della fertilità (completata comunque circa tre mesi prima della
consegna, ma sulla quale appare, nell'ultima pagina, la data
simbolica "25/11/1970", come a volere lasciare il suo
ultimo testamento). La sua uscita di scena era stata organizzata con
lucidità e freddezza: uscendo dal suo studio per andare incontro
all'epilogo della propria vita lasciò un biglietto in cui era
scritto «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre».
Va ricordato che la morte ha sempre ossessionato Mishima durante
tutta la sua vita, un'ossessione che si riflette chiaramente nelle
sue opere.
Mishima fu anche fondatore di una
organizzazione paramilitare, di cui lui era capo e finanziatore,
chiamata Tate no kai ("Associazione degli scudi"),
che rifiutava in maniera netta ciò che lui definiva una
sottomissione del Giappone, ossia il Trattato di San Francisco del
1951, col quale il suo paese aveva rinunciato per sempre a possedere
un esercito, che non fosse di autodifesa e di misura ridotta,
affidando la propria difesa agli Stati Uniti. Egli insistette spesso
sulla funzione non reale ma simbolica del suo esercito,
composto solo da 100 giovani selezionati dallo scrittore stesso,
inteso come esercito di salvaguardia dello spirito tradizionale
giapponese e difensore dell'Imperatore.
Ricezione critica
Mishima è famoso in occidente sia per
il suo seppuku che per le sue opere, che fanno di lui,
comunque, l'autore giapponese più tradotto nel mondo. Altri hanno
paragonato Mishima a Gabriele D'Annunzio, mentre rimane comunque una
figura scomoda sia per il mondo intellettuale dei conservatori (in
cui trova comunque molti ammiratori) sia presso i progressisti: nel
primo caso, a causa della sua presunta bisessualità e della sua
astratta apoliticità; nel secondo caso, per il suo nazionalismo.
È stato però avvicinato ad altri
scrittori e artisti della "mistica omosessuale", personaggi
fuori dagli schemi, spesso nostalgici di un passato idealizzato, come
Henry de Montherlant, Federico García Lorca, Jean Genet, Rainer
Werner Fassbinder e Pier Paolo Pasolini.
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