lunedì 12 dicembre 2016

Yukio Mishima

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Yukio Mishima (三島 由紀夫 Mishima Yukio), pseudonimo di Kimitake Hiraoka (平岡 公威 Hiraoka Kimitake), (Tokyo, 14 gennaio 1925 – Tokyo, 25 novembre 1970) è stato uno scrittore, drammaturgo, saggista e poeta giapponese. Acceso nazionalista, ebbe notorietà anche come attore, regista cinematografico e artista marziale.
Mishima fu uno dei pochi autori giapponesi a riscuotere immediato successo anche all'estero. Le sue numerose opere spaziarono dal romanzo alle forme modernizzate e riadattate di teatro tradizionale giapponese Kabuki e Nō, quest'ultimo rivisitato in chiave moderna. Il suo suicidio rituale dopo l'occupazione del Ministero della Difesa, assieme a un gruppo di paramilitari da lui guidati, ha avuto ampia notorietà caratterizzando il personaggio di Mishima nell'immaginario della letteratura.

Biografia

Yukio Mishima, al secolo Kimitake Hiraoka, nasce a Tōkyō il 14 gennaio del 1925 nella casa dei nonni paterni, Hiraoka Jotarō e sua moglie Natsuko. Insieme ai nonni coabitavano i genitori di Kimitake, Azusa e Shizue. La nonna, reduce da un matrimonio infelice, decide di assumersi tutta la responsabilità della sua educazione, riversando un affetto ossessivo sul piccolo Kimitake: usurpando il ruolo della madre poco più di un mese dopo la nascita, ella diventerà una figura importantissima nello sviluppo del carattere del giovane Mishima, non soltanto per quanto riguarda gli aspetti psicologici ma anche perché lo avvicinerà alla letteratura classica e alle forme del teatro Nō e Kabuki.
La nonna teneva il bambino rinchiuso nella propria camera a fianco del futon, e alla madre era permesso visitarlo solo ogni quattro ore e per un brevissimo tempo, necessario per l'allattamento. Non gli veniva mai permesso di uscire da casa. Il bambino sfuggirà all'influenza della nonna, ormai sempre più debole, nel 1934, quando la madre con un sotterfugio riuscì a sottrarglielo. Queste ed altre esperienze dell'infanzia e dell'adolescenza sono riportate nel romanzo Confessioni di una maschera del 1949, autoanalisi approfondita della sua vita fino a quel momento, in cui già si trovano tematiche e argomenti che saranno presenti in tutta la produzione dell'autore.
Dal 1931 aveva intrapreso gli studi al Gakushūin, la scuola dei Pari, sotto spinta della nonna. Gli alunni di questa scuola non facevano necessariamente parte dell'aristocrazia, anche se chi non lo era veniva considerato un "outsider". Con un tipo di educazione spartana, gli studenti erano incoraggiati a diventare soldati più che poeti, ma Mishima prende parte alle attività del club letterario e alcune sue poesie vengono pubblicate sulla rivista della scuola.
Comincia a scrivere il suo primo lavoro in prosa di una certa importanza, Hanazakari no Mori (La foresta in fiore): completato nel 1941, è fortemente influenzato dalla scuola romantica giapponese (Nihon romanha). Lo stile classicheggiante farà sì che venga notato dal professore di lettere del Gakushūin, Shimizu Fumio, membro della scuola romantica. Sarà lui a far pubblicare il racconto sulla rivista Bungei Bunka, e proprio in quest'occasione viene scelto lo pseudonimo "Mishima Yukio". Nel 1944, Hanazakari no Mori verrà pubblicato in forma di libro insieme ad altri racconti: il suo successo farà conoscere per la prima volta il nome dello scrittore al pubblico.
Finita la scuola, sotto pressione del padre si iscrive all'università per studiare giurisprudenza. Non solo conseguirà la laurea, ma vincerà un concorso per un ambitissimo posto di funzionario statale al Ministero delle Finanze. Nel periodo del lavoro al Ministero, vive una sorta di "doppia vita": funzionario statale fino alla sera e scrittore di notte, dormendo non più di tre o quattro ore. La situazione diventa presto insostenibile: scivola per la stanchezza sui binari della stazione di Shibuya e, d'accordo con il padre, presenta le dimissioni dal Ministero per dedicarsi esclusivamente alla scrittura.
Nel 1946 fa visita con due suoi racconti allo scrittore futuro premio Nobel Yasunari Kawabata. Fra i due nascerà un rapporto soprattutto di grande stima e rispetto reciproco prima che di maestro-discepolo.
Nel 1948 si unisce alla rivista letteraria Kindai Bungaku, legata ad ambienti di sinistra. Mishima nei suoi romanzi cercò generalmente di evitare qualsiasi riferimento alla politica che non fosse strettamente descrittivo (si vedano ad esempio Dopo il banchetto e Cavalli in fuga), ma è comunque difficile immaginarlo integrato nell'ambiente intellettuale di sinistra, visto il suo ideale di patriottismo indiscriminato e trascendente l'ambizione personale; Mishima probabilmente entrò a far parte del gruppo per ottenere più contatti col mondo intellettuale dell'epoca.
È però nel giugno del 1949, con la pubblicazione di Kamen no Kokuhaku (Confessioni di una maschera), che ottiene il riconoscimento della critica e un buon successo di vendite. Tra il 1950 e il 1951 pubblica tre importanti romanzi: Sete d'amore, L'età verde (entrambi del 1950) e Colori proibiti (1951). Invece di continuare con la forma-confessione che lo aveva portato al successo, in Sete d'amore torna alla narrazione in terza persona.
Nel 1951 visita gli Stati Uniti, il Brasile e l'Europa come corrispondente dell'Asahi Shinbun. Saranno soprattutto la Grecia e l'estetica classica a impressionarlo: l'ispirazione troverà forma in Shiosai (La voce delle onde; 1954). Il viaggio in Grecia e un nuovo culto del corpo segnano l'inizio di una nuova vita per Mishima: dal 1955 inizia a dedicarsi al culturismo, seguito dalla pratica delle arti marziali, precisamente del kendō.
Mishima si sposa l'11 giugno 1958 con Yoko Sugiyama, più che altro per compiacere la famiglia; la coppia avrà due figli, Noriko (nata il 2 giugno 1959) e Ichiro (nato il 2 maggio 1962).
Nonostante siano note varie visite ai gay bar giapponesi il suo orientamento sessuale resta controverso, per quanto dopo la morte la vedova abbia tentato di smorzare il dibattito su questo aspetto della vita del marito. Varie persone infatti sostennero di avere avuto relazioni di tipo omosessuale con Mishima; tra queste lo scrittore Jiro Fukushima il quale, in un suo libro, riportò stralci abbastanza espliciti della corrispondenza che tenne con il famoso romanziere. Dopo tale pubblicazione i figli di Mishima perseguirono con successo Fukushima per violazione della privacy.
Ormai diventato personaggio pubblico, appare come protagonista nella pellicola tratta da Yūkoku (Patriottismo, 1966), racconto di un giovane ufficiale che decide di morire tramite seppuku insieme alla moglie, film da lui scritto, diretto e interpretato; le sue foto come culturista e kendōka vengono pubblicate sui giornali popolari, così come le notizie dei periodi di addestramento insieme al Jieitai (Forza di Autodifesa Giapponese) e alla fondazione della Tate no Kai (Società degli scudi), il suo "esercito privato".
La tetralogia Hōjō no Umi (Il mare della fertilità) comincia ad apparire dal 1965. L'ultimo volume viene pubblicato nel 1970.

Il suicidio rituale

«Una vita a cui basti trovarsi faccia a faccia con la morte per esserne sfregiata e spezzata, forse non è altro che un fragile vetro.»
(da Lezioni spirituali per giovani samurai e altri scritti, traduzione di L. Origlia, Feltrinelli)
Da sempre ossessionato dall'idea della morte, sia a livello personale sia artistico, decide di unire questo disagio esistenziale al suo ideale politico di patriottismo tradizionalista.
Il 25 novembre del 1970, a 45 anni, insieme ai quattro più fidati membri del Tate no Kai, occupa l'ufficio del generale Mashita dell'esercito di autodifesa. Dal balcone dell'ufficio, di fronte a un migliaio di uomini del reggimento di fanteria, oltre che a giornali e televisioni, tenne il suo ultimo discorso: l'esaltazione dello spirito del Giappone, identificato con l'Imperatore, e la condanna della costituzione del 1947 e del trattato di San Francisco, che hanno subordinato, secondo Mishima, alla democrazia e all'occidentalizzazione il sentimento nazionale giapponese:
«Dobbiamo morire per restituire al Giappone il suo vero volto! È bene avere così cara la vita da lasciare morire lo spirito? Che esercito è mai questo che non ha valori più nobili della vita? Ora testimonieremo l'esistenza di un valore superiore all'attaccamento alla vita. Questo valore non è la libertà! Non è la democrazia! È il Giappone! È il Giappone, il Paese della storia e delle tradizioni che amiamo.»
(Yukio Mishima, Discorso prima del suicidio rituale)
Al termine del discorso, entrato nell'ufficio, e dopo aver inneggiato all'Imperatore, si toglie la vita tramite seppuku, il suicidio rituale dei samurai, trafiggendosi il ventre e facendosi poi decapitare. Insieme a lui si toglie la vita il suo più fidato amico e discepolo, Masakatsu Morita, il quale, secondo Marguerite Yourcenar nel saggio breve Mishima o la visione del vuoto, fu presumibilmente anche suo amante. Dopo che l'amico sbagliò per ben due volte il colpo di grazia, previsto dal rito tradizionale, lo scrittore venne finito da un altro compagno, Hiroyasu Koga, e Morita si trafisse a sua volta per la vergogna.
I tre sopravvissuti si consegnarono alla giustizia e vennero condannati a quattro anni di prigione per l'occupazione del ministero.

Giudizio storico

Personaggio difficile e complesso, spesso in Europa considerato vicino al Fascismo, secondo vari critici interpretava invece una personale visione del nazionalismo nipponico in chiave nostalgica, un conservatore decadente come lo definì Alberto Moravia, che lo aveva incontrato nella sua casa in stile occidentale liberty in un sobborgo di Tokyo. Egli si autodefiniva apolitico e antipolitico. Tra i suoi ideali più forti vanno annoverati il patriottismo, che ispirò anche numerosi personaggi delle sue opere, e il culto per l'Imperatore, visto non come personaggio reale, storico o figura autoritaria ma come ideale astratto e/o semidivino, incarnazione dell'essenza del Giappone tradizionale.
Con la sua tragica morte avvenuta in diretta televisiva nel 1970 all'età di quarantacinque anni (data studiata e ponderata accuratamente), con il suicidio rituale (seppuku) durante l'occupazione simbolica del ministero della difesa, suggellò la conclusione insieme della sua vita e della sua vicenda letteraria: poco prima del suo suicidio aveva infatti consegnato all'editore l'ultima parte della tetralogia Il mare della fertilità (completata comunque circa tre mesi prima della consegna, ma sulla quale appare, nell'ultima pagina, la data simbolica "25/11/1970", come a volere lasciare il suo ultimo testamento). La sua uscita di scena era stata organizzata con lucidità e freddezza: uscendo dal suo studio per andare incontro all'epilogo della propria vita lasciò un biglietto in cui era scritto «La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre». Va ricordato che la morte ha sempre ossessionato Mishima durante tutta la sua vita, un'ossessione che si riflette chiaramente nelle sue opere.
Mishima fu anche fondatore di una organizzazione paramilitare, di cui lui era capo e finanziatore, chiamata Tate no kai ("Associazione degli scudi"), che rifiutava in maniera netta ciò che lui definiva una sottomissione del Giappone, ossia il Trattato di San Francisco del 1951, col quale il suo paese aveva rinunciato per sempre a possedere un esercito, che non fosse di autodifesa e di misura ridotta, affidando la propria difesa agli Stati Uniti. Egli insistette spesso sulla funzione non reale ma simbolica del suo esercito, composto solo da 100 giovani selezionati dallo scrittore stesso, inteso come esercito di salvaguardia dello spirito tradizionale giapponese e difensore dell'Imperatore.

Ricezione critica

Mishima è famoso in occidente sia per il suo seppuku che per le sue opere, che fanno di lui, comunque, l'autore giapponese più tradotto nel mondo. Altri hanno paragonato Mishima a Gabriele D'Annunzio, mentre rimane comunque una figura scomoda sia per il mondo intellettuale dei conservatori (in cui trova comunque molti ammiratori) sia presso i progressisti: nel primo caso, a causa della sua presunta bisessualità e della sua astratta apoliticità; nel secondo caso, per il suo nazionalismo.
È stato però avvicinato ad altri scrittori e artisti della "mistica omosessuale", personaggi fuori dagli schemi, spesso nostalgici di un passato idealizzato, come Henry de Montherlant, Federico García Lorca, Jean Genet, Rainer Werner Fassbinder e Pier Paolo Pasolini.



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