lunedì 29 maggio 2017

Arte marziale ibrida

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Un'arte marziale ibrida (anche conosciuta in lingua inglese come hybrid fighting systems) indica arti marziali o sistemi di combattimento corpo a corpo nati dalla fusione di più sistemi differenti e che quindi incorporano tecniche o teorie da molte arti marziali particolari.

Caratteristiche

Mentre numerose arti marziali potrebbero anche prendere in prestito o adattarsi ad altre per alcuni punti, un'arte marziale ibrida vera e propria dà rilievo alle sue origini stilistiche. Un esempio di queste è il kajukenbo, nella cui pratica include specifici elementi dal karate, judo, jūjutsu, kenpō e sanda.
Altri termini come arti marziali miste e combattive forse sono a volte visti come sinonimi di arti marziali ibride, ma come termini hanno in realtà altri significati: arti marziali miste o MMA si riferiscono a un tipo di sport da combattimento in cui si incorporano tecniche da differenti discipline, mentre le combattive sono associate all'United States Army.

Esempi

Il primo probabile precedente storico dell'incrocio culturale ibrido delle arti marziali è il bartitsu, nato tra il 1899 ed il 1902 come combinazione di molte forme del jūjutsu tradizionale, kōdōkan judo, boxe inglese, savate e stick fighting.
In tempi più recenti, invece, è stato sviluppato il daido Juku come arte marziale e sport da combattimento dalla fusione del kyokushinkai e del judo, integrandoci elementi presi anche da muay thai, kickboxing e Jiu jitsu brasiliano.
Le arti marziali ibride sono ampiamente adoperate anche in ambito militare per via della relativa velocità di apprendimento: ne è un esempio il Nagasu do, sistema di combattimento creato dall'ex operatore dello Special Air Service Mick Gould, che si basa su un mix di Jūjutsu, Judo ed Aikidō o il più conosciuto Krav Maga, inizialmente messo appunto dal lottatore ebreo Imi Lichtenfeld per difendersi dalle rappresaglie naziste nei ghetti, in seguito adottato su larga scala dalle Forze di difesa israeliane, dal Mossad e da molte forze militari straniere per via della sua versatilità; del Krav maga esistono due varianti: una militare ed una civile, la seconda si discosta dalla prima poiché meno brutale e letale.
Alcune delle più famose arti marziali ibride vennero elaborate in Giappone a partire dagli anni '70, grazie ad Antonio Inoki che organizzò degli eventi di combattimento sportivo interstile definiti Ishu Kakutōgi Sen (異種格闘技戦, letteralmente "scontri di sport da combattimento eterogenei"), in seguito conosciuti con il nome di "Shoot Wrestling", all'interno del quale era permesso usare sia tecniche di lotta (wrestling-grappling) che tecniche di "striking" (pugni-calci-ginocchiate-gomitate). Successivamente, a metà degli anni '80, partendo da questo principio di complementarità tra sport da combattimento e lotta, Sensei Satoru Sayama ideò lo Shooto, con l'intento di creare uno sport realistico che potesse competere a livello internazionale con ogni tipo disciplina marziale, "scremando" perciò nel tempo le tecniche ritenute meno efficaci e sviluppando invece le migliori. A partire dal 1989 lo Shooto divenne anche il nome di una delle prime e più importanti organizzazioni di arti marziali miste professionistiche. Parallelamente allo Shooto e allo Shoot Wrestling, le arti marziali miste giapponesi vennero conosciute per molto tempo anche con il termine Shootfighting, fino a quando tale termine non venne registrato da Bart Vale. Attualmente egli lo utilizza per descrivere la sua tecnica di combattimento ibrida derivata dalla fusione tra lo shoot wrestling appreso in Giappone e la sua esperienza nell'American Karate e nella Kickboxing. Va sottolineato che nonostante sia lo Shooto che lo Shootfighting nacquero dalla fusione di alcune delle migliori tecniche di wrestling e di striking, le tecniche e più in generale i principi e le tattiche di lotta risultano prioritari, mentre i colpi e i principi di striking ricoprono perlopiù un ruolo di secondaria importanza. Nel 1985, Caesar Takeshi ideò la Shoot boxing, uno sport da combattimento simile alla kickboxing ma che prevede anche l'utilizzo di proiezioni e tecniche di sottomissione in piedi come strangolamenti e chiavi alle braccia, ma diversamente dallo Shooto e dallo Shootfighting, essa non prevede fasi di combattimento a terra.
Alcuni considerano il sistema di combattimento Jeet Kune Do un'arte marziale ibrida, oltre che una filosofia. In realtà, nonostante Bruce Lee, il creatore del sistema, analizzò e apprese svariati stili di combattimento, il Jeet Kune non è un mix di tecniche prelevate dalle altre arti marziali, ma è un sistema di combattimento autoctono che possiede una propria struttura ed è costituito da principi e tecniche peculiari. Nonostante ciò, rimane comunque evidente che la Boxe, la Scherma e il Kung fu abbiano enormemente ispirato Lee nella sintesi, intuizione ed elaborazione del Jeet Kune Do.
È corretto invece considerare un'arte marziale ibrida il Jun Fan Gung Fu, ciò che Bruce Lee praticava prima di sintetizzare il JKD.

domenica 28 maggio 2017

Kajukenbo

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Il Kajukenbo o Kajukembo è un'arte marziale ibrida, orientata prevalentemente alla difesa personale. Nasce in epoca recente, dalla fusione di cinque stili tra loro differenti. Stile codificato dopo la seconda guerra mondiale in Oahu nelle isole Hawaii, quale metodo di autodifesa contro i criminali ed i soldati della marina americana che avevano preso di mira i locali. Il più importante dei cinque creatori è Adriano Emperado, che dopo alcuni anni è stato invitato negli Stati Uniti, dove lo stile si è largamente diffuso. Il Kajukenbo è per definizione un metodo dove sia le difese sia gli attacchi sono in continuo cambiamento. È un sistema in rapida evoluzione, in grado di appropriarsi di qualunque tecnica utile.

Storia

Gli stili che compongono il Kajukenbo

Gli stili che lo compongono danno anche l'origine alla sua definizione:
  • Ka - Il tangsudo, o stile coreano del karate.
  • ju - il jūdō ed il jujitsu, di origine giapponese
  • ken - il kenpo o il kempo, di origine cinese e giapponese
  • bo - il pugilato (boxe) americano, e il wushu o kungfu cinesi.

I fondatori del Kajukenbo

Cinque maestri delle arti marziali diverse si riunirono per completare la loro idea:
  • Peter Young Yil Choo - Campione hawaiano di pugilato e il maestro di tangsudo
  • Joseph Holck - Maestro di judo Kodokan e di jujitsu di Danzan Ryu
  • Frank Ordoñez - Maestro di judo Kodokan e di jujitsu di Sekeino
  • Adriano Emperado (chiamato "sijo" - "il fondatore") - Maestro di Kempo di Kara-ho e di Eskrima
  • George "Clarence" Chang - Maestro di pugilato cinese di Shaolin (Sil Lum kung fu, nord e del sud)

1945-1959

Tra il 1945 ed il 1947 i fondatori della disciplina avevano sintetizzato le loro conoscenze con la pratica. Avevano studiato in dettaglio tutte le possibili tipologie di aggressione che un individuo avrebbe potuto subire nella realtà. Più tardi hanno deciso di chiamare questo sistema "Kajukenbo". Inoltre decisero anche di creare la Società delle Cinture Nere e simultaneamente l'istituto dell'Autodifesa di Kajukenbo. Con il tempo, ciò che loro avevano insegnato, si era trasferito sulla Costa del Pacifico degli Stati Uniti: infatti, nel 1958, alla base d'aria di Travis in California, il maestro Aleju Reyes apre la prima scuola al di fuori delle isole Hawaii, e diede speciali lezioni ai membri dell'esercito dell'aria degli Stati Uniti d'America. Uno di questi membri era il professore Richard Peralta che nel 1959 iniziò a praticare il Kajukenbo.
Nel 1959, il Sijo Emperado, ha aggiunto le tecniche del Wushu al Kajukenbo, cambiando l'arte marziale in una combinazione fluente di tecniche "dure" e tecniche "molli".

Dopo 1959

Charles Gaylord, Ramos Tony ed Aleju Reyes, che avevano ricevuto le cinture nere da Emperado, hanno trasmesso il kajukenbo al continente americano. Ciascuno di loro apre la sua propria scuola in California. Nel 1969, Tony Ramos ha praticato con Bruce Lee ed ha scambiato con lui le sue tecniche. Aleju Reyes morì nel 1977 e Tony Ramos nel 1999 alle Hawaii. Charles Gaylord aveva personalizzato la tecnica inventando il cosiddetto "Metodo Gaylord". È attualmente presidente dell'Associazione del Kajukenbo dell'America ed ha ereditato l'arte del suo sijo.
La sua diffusione nel resto del mondo abbastanza modesta, è legata principalmente all'iniziativa di singoli individui che l'hanno trasferita nei luoghi ove si trovavano per motivi di servizio. Maestro di tale arte è stato Kenzo Roroi, co protagonista di alcuni film.

Il Kajukenbo ora

Attualmente, il Kajukenbo annovera più tecniche di prese e più proiezioni di altre scuole di Kenpo. Le tecniche di difesa di tale arte marziale, sono una fusione di colpi presi dai diversi stili, che, in una sequenza micidiale, conduce all'immobilizzazione, spesso definitiva, dell'avversario. Include: leve alle articolazioni, collegamenti tra due ossa, colpi bassi, e attacchi con l'aiuto di diverse combinazioni. Anche se contiene certi aspetti della competizione, si concentra principalmente sul vero combattimento e sul significato delle analisi pratiche. In generale, le persone che praticano il Kajukenbo pensano che le azioni considerate eticamente "disgustose e estremamente sgradevoli", come i colpi negli occhi o nel genitali, possono essere permesse, se aiutano con la difesa contro l'aggressore. La maggioranza di scuole del Kajukenbo evita i trucchi ed movimenti, spettacolari ma poco pratici. I piani di studi includono diversi contrattacchi contro i colpi con di pugno, contro i coltelli, contro i bastoni, contro l'arma da fuoco e contro prese di lotta.
Anche se i diversi tipi del Kajukenbo hanno origine da una base comune, sono possibile delle variazioni. Tale arte marziale è basata su quattro stili diversi. È impossibile incorporarli interamente: la specializzazione è inevitabile. Un approccio aperto spinge pertanto le scuole di Kajukenbo ad incorporare nella sua pratica colpi e tecniche provenienti da altre arti marziali. Gli esempi sono l'Escrima filippina e l'Aikido giapponese.
Certe scuole di Kajukenbo dirigono l'attenzione a 26 forme ("Kata") fondamentali. Tali Kata erano stati suddivisi in 13 "Pinyans" e 13 "Concentrazioni". Ognuna possiede il suo nome specifico: per esempio, la prima è chiamata "il colpo della gru/l'artiglio della tigre". Il nome di ogni "Concentrazione" descrive il suo movimento caratteristico. Allora, la prima concentrazione include un colpo della gru ed un artiglio della tigre. Queste sequenze sono incorporate in Kajukenbo per migliorare le capacità dello studente. Ogni movimento in queste forme ha il suo significato. Per esempio, il primo movimento nella "Pinyan 1" è un colpo esterno destro che si porta durante il movimento nella posizione di flessione all'indietro. Questo movimento può essere applicato per bloccare un colpo con un pugno. Queste sequenze si concentrano anche nel combattimento che vede di fronte più di un avversario.
La Kajukenbo Prayer, di Frank Ordonez, include una consistente pratica mistica, pratica che manca alla maggior parte delle scuole. Agli studenti di questa arte marziale, viene nel corso del tempo insegnato che il Kajkenbo si basa su tre elementi fondamentali: spirito, mente e corpo. Nel corso degli insegnamenti gli studenti e l'istruttore nello stesso modo aprono le loro mani per rappresentare la pace; poi salutano con una riverenza per esprimere il rispetto. Il saluto viene praticato in molte scuole: nello stesso modo, sia gli studenti che gli istruttori, quando entrano in palestra, salutano le persone che hanno raggiunto il livello di cintura nera.

I gradi ed i titoli

Cintura
Tempo approssimativamente (mese)
bianca
4
gialla
5
arancione
6
porpora
7
blu
8
verde
9
marrone III
6
marrone II
6
marrone I
6
nera
12



I gradi ed i titoli sono diversi in alcune scuole. Le persone che hanno raggiunto il livello di cintura nera, avevano ricevuto titoli di origine cinese:
  • Sijo (in cinese: "il professore, il fondatore") è il grado più alto. Rappresenta il fondatore della scuola. Questo titolo è usato da Adriano Emperado.
  • Sigung ("il grande padre") rappresenta l'insegnante degli insegnanti - il sesto grado di maestria o sopra.
  • Sifu ("il padre") rappresenta l'insegnante - dal terzo al quinto grado di maestria.
  • Sibak ("il fratello più vecchio") rappresenta l'assistente dell'insegnante - la persona che aiuta nell'istruzione - sotto il terzo grado di maestria.
Le persone che hanno cinture nere dell'ottavo grado sono titolati "i professori", il nono grado di maestria è "il grande maestro" (grandmaster).


sabato 27 maggio 2017

Tsubo

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Nella medicina tradizionale cinese gli tsubo sono 361 punti del derma su particolari linee energetiche chiamate meridiani, attraverso le quali è possibile accedere al sistema energetico di ogni individuo mediante una particolare sollecitazione con aghi nell'agopuntura o con la pressione manuale nello shiatsu.
Ogni tsubo possiede un nome che ne specifica una caratteristica e/o la localizzazione anatomica: "piccola residenza", "alloggio dell'energia", "cancello inferiore" ecc. Ciascuno di essi è collegato attraverso il sistema neurovegetativo a uno o più organi interni.
Attraverso la stimolazione di ciascuno tsubo mediante aghi, pressioni o moxa, è possibile ottenere effetti terapeutici e/o antalgici, anche immediati, sull'organo o gli organi ad esso collegato. Risultati stupefacenti si possono avere in particolare su problemi alla testa, allo stomaco o alla schiena.
Una mappatura degli tsubo con i relativi effetti è nel testo "Tsubo" di Katsusuke Serizawa.

Nell'universo immaginario di Naruto, ogni individuo possiede 361 punti "di fuga", tramite i quali si può controllare il flusso del chakra, l'energia presente in ogni persona; nell'universo di Ken il guerriero coloro che praticano le micidiali arti marziali "Hokuto Shinken" e "Hokuto Ryuuken" sconfiggono i loro avversari colpendo i punti di pressione per far esplodere gli avversari. In Hunter x Hunter gli shouko vengono paragonati agli tsubo.  

venerdì 26 maggio 2017

Naha-te

La genealogia del Naha-te (in Giapponese)
Naha-te (那覇手 Okinawan: Nāfa-dī) è un termine usato prima della Seconda guerra mondiale per indicare il karate che si praticava nell'area intorno a Naha, l'antica città commerciale del Regno delle Ryūkyū e oggi città capitale delle isole di Okinawa. Si crede derivi dallo Shōrei ryū.
Nelle prime decadi del XX secolo, ci si riferì alle arti marziali di Okinawa con il nome te, che nella lingua giapponese significava "mano". Il Te venne spesso accompagnato al nome di una città, per distinguere i vari stili di te, e spesso la parola faceva da prefazione all'area di origine, per esempio: Naha-te, Shuri-te, o Tomari-te.
Il Naha-te si basava originariamente sul sistema della Gru Bianca di Fujian della Cina meridionale, che confluì ad Okinawa agli inizi del XIX secolo attraverso Kumemura (Kuninda); il Naha-te nacque nell'allora sobborgo di Naha, e continuò a svilupparsi ed evolversi fino ad essere formalizzato da Higaonna Kanryō negli anni ottanta. L'Okinawa-te o più semplicemente Te, detta anche Tode, si differenziò subito in tre stili, a seconda dei luoghi di Okinawa in cui veniva praticato: il Naha-te (sul modello del kung fu/gongfu della Cina meridionale), il Shuri-te e il Tomari-te (entrambi sul modello del kung fu/gongfu della Cina settentrionale).
Nei primi anni del XX secolo, furono fondate diverse organizzazioni ufficiali di arti marziali okinawensi, e grazie alla loro influenza la parola karate divenne ampiamente accettata come un termine generico per qualsiasi tipo di arte marziale okinawense senza armi. Con la popolarità del termine karate, la pratica di nominare ogni tipo di arte marziale a partire dalla sua area geografica di origine declinò. Dal Naha-te derivò uno stile di karate: il Goju-ryu. Il termine Naha-te non è più di uso corrente.

Importanti maestri okinawensi di Naha-te

  • Isei Kogusuku
  • Ranhō Maezato
  • Seishō Arakaki
  • Higaonna Kanryō
  • Chōjun Miyagi
  • Kyoda Jūhatsu
  • Kenwa Mabuni

Kata importanti

  • Sanchin
  • Saifa
  • Seienchin
  • Seipai
  • Seisan
  • Shisochin
  • Suparinpei

Stili di Naha-te

Ulteriori stili di Naha-te sono:
  • Gōjū-ryū,
  • Tōon-ryū (sviluppato dagli studenti di Higaonna Kanryō),
  • Kogusuku-ryū,
  • Ryūei-ryū
ed altri ancora.
Al di fuori degli stili di Naha-te veri e propri, ricordiamo che dalle arti marziali Naha-te e dal Kung Fu il Mushindo Kempo ha preso alcuni aspetti.





Jimpul

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Il jimpul (chiamato anche jumbul, mandau pasir, parang djimpul, parang jimpul) è un'arma tradizionale delle popolazioni Dayak e Kenyah originarie del Borneo. È un'arma ibrida tra il mandau e il langgai tinggang originatasi all'incirca tra il 1870 e il 1885.

Descrizione

La lama del jimpul ha i lati piatti ed è ricurva; si allarga verso la punta e termina con un angolo obliquo o una punta di tipo "drop point". La parte tagliente è più lunga del dorso della lama. La lama può avere due o tre scanalature vicine al dorso, così come uncini e sporgenze (dette krowit) vicine all'elsa o al filo. Su entrambi i lati dell'elsa possono essere presenti scene di caccia. L'impugnatura e il fodero sono fatti nello stesso modo che nel mandau, con la differenza che il fodero è ricurvo e ricalca la forma della lama.

giovedì 25 maggio 2017

Gosoku Ryū

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Il Gosoku Ryū ( 剛速流) è uno stile di Karate fondato dal Gran Maestro Soke Kubota Takayuki, 10 Dan, fondatore e presidente della International Karate Association, Inc. In giapponese, la parola, "Gosoku" esprime il concetto di "duro e veloce", il che suggerisce una combinazione tra tecniche dello stile Shotokan, veloce e dinamico, con le tecniche dello stile, Goju Ryū, duro e concreto.

Soke Kubota Takayuki

Il maestro Soke Kubota Takayuki |宗家洼田孝行| nasce il 20 settembre 1934, nella prefettura di Kumamoto, Giappone, luogo in cui visse, per gli ultimi sei anni della sua vita, anche il famoso e leggendario schermidore Miyamoto Musashi. Detiene il titolo di Soke, grazie al suo contributo dato allo sviluppo dello stile karate Gosoku Ryū. Nel 1950 fu istruttore di auto-difesa per il dipartimento di polizia di Tokyo, dove venne notato per la sua competenza nel praticare uno stile di karate pratico ed efficiente. Ha dedicato la sua vita per l'apprendimento, la creazione, l'insegnamento e l'applicazione di tecniche di autodifesa per militari, polizia e personale civile. Si è guadagnato i gradi cintura di nera di karate, Judo, aikido e kendo . Fu anche l'inventore della Kubotan, un portachiavi di autodifesa che porta il suo nome. È inoltre fondatore e presidente della International Karate Association, Inc.

Sistema dei gradi

L'avanzamento nei gradi, come indicato dal colore della cintura, è un processo che valuta nel tempo il miglioramento nel controllo e nella coordinazione di corpo e mente durante la pratica di un'arte marziale. La durata del tempo necessario per raggiungere un determinato livello, dipende in gran parte dalla dedizione e dell'impegno del singolo studente. Ogni persona, indipendentemente dall' età, genere, o talento innato, può diventare abile, solo se applica diligentemente le tecniche insegnate.
La progressione dei gradi del karate si riflette nella differenziazione dei colori delle cinture. Vi sono due grandi classificazioni: i gradi delle cinture nere sono chiamati dan, mentre tutti quelli al di sotto della cintura nera sono definiti kyū.
Nel Gosoku-ryū, vi sono nove gradi di kyu :
Bassissima

10° Kyu
Cintura bianca

9° Kyu
cintura gialla

8° Kyu
Cintura arancione

7° Kyu
Cintura blu

6° Kyu
Cintura porpora

5° Kyu
Cintura verde

4° Kyu
Cintura verde

3° Kyu
Cintura marrone

2° Kyu
Cintura marrone

1° Kyu
Cintura marrone

Highest



Origini

L' International Karate Association venne fondata nel 1953 a Tokyo, in Giappone, allo scopo di promuovere l'insegnamento e lo stile Gosoku Ryū del karate. Gosoku Ryū, "lo stile di forza e rapidità," incorpora i metodi di Goju Ryū e Shotokan karate con jujitsu aikido, e judo. Viene applicato in modo da difendersi da qualsiasi attaccante proveniente da tutti i lati. L' International Karate Association crebbe rapidamente, fino alla sua attuale quota di 100.000 aderenti, distribuiti in 45 paesi diversi. Nel 1964, il maestro Kubota Takayuki si è recato negli Stati Uniti. Fu in grado di interessare al suo stile di arte marziale molti giovani di talento allo scopo di creare il primo nucleo della succursale statunitense. Sotto la tutela Kubota, l' International Karate Association ha ottenuto ampio riconoscimento nel mondo delle arti marziali. I membri dell'organizzazione hanno vinto diversi titoli, tra cui quelli statali vinti nello Stato della California, nazionali vinti negli Stati Uniti e i Campionati del Mondo. L' International Karate Association ha la sua sede centrale a Glendale (California).


Maggiori differenze con gli altri stili

Lo stile Gosoku Ryū è simile allo stile del karate Shotokan. Si differenzia da quest'ultimo in quanto al suo interno sono presenti sia i movimenti potenti e lineari dello Shotokan sia movimenti veloci, circolari e morbidi del Goju Ryū. Viene data molta enfasi sull'applicazione pratica e sullo sparring. Le posizioni sono generalmente più corte quando si mettono in atto posizioni difensive o di transizione e posizioni più lunghe, nei movimenti potenti. Durante i calci e nel kihon, l'insieme delle tecniche fondamentali, le mani sono tenute in guardia. Il Gosoku Ryū insegna l'uso delle spazzate veloci. Nel kumitego allenamenti, gli attacchi finiscono sempre sul pavimento. Il gioco di gambe, la velocità e la potenza usata dalla rotazione delle gambe costituiscono la particolarità del Gosoku Ryū rispetto agli altri stili. Il Gosoku Ryū presenta al suo interno tecniche di Aikido, Judo, e Jujitsu utilizzate nel combattimento.

Armi del Kobudo

Sul dojo vengono utilizzate molte armi: il Kubotan, il Tonfa, il Kama, il Jō, il Bokken, il Bokuto, lo Shinai, il Tsue (walking cane), e la Katana, o spada giapponese. Il maestro, Soke Kubota Takayuki addestrò i suoi allievi con Taira Shinken imparando gli antichi kata del Kobudo, mentre sviluppava i suoi per la sua scuola. I kata del Kobudo da lui creati da lui :
  • Tonfa - Washi no kata, Juji no uke.
  • Jō - Keibo jitsu, Ken shin ryū.
  • Tsue - (walking cane) Tsue ichi no kata, ni no kata, san no kata, yon no kata, go no kata, roku no kata, Mawashi no kata.
  • Katana - creati dal maestro Kubota: Sankaku giri, Atemi no kata, Kubo giri, Gyaku giri, Iaido ichi no kata, ni no kata, san no kata, Toshin.
  • Bokken - Ken no Michi, Ken no Mai




mercoledì 24 maggio 2017

Yawara

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Lo yawara (anche detto pasak o dulodulo nelle arti marziali filippine) è un'arma giapponese utilizzata in diverse arti marziali, costituita da una asticella solitamente in legno lunga da 15 a 20 centimetri, a seconda della dimensione della mano del combattente, e modellata in modo da favorirne la presa. Un esperto nell'uso dello yawara può disporre di un'arma pericolosissima, seppur legale nella maggior parte delle giurisdizioni, e facile da nascondere.

Utilizzo

Lo yawara è spesso utilizzato in coppia per eseguire tecniche di percussione (uchi waza), tecniche di parata (uke waza), di proiezione (Nage waza) o di attacco diretto (tsuki waza) colpendo determinati punti sensibili del corpo umano (kyusho). Un colpo ricevuto con uno yawara può facilmente rompere ossa o bloccare l'utilizzo di un arto o di un muscolo, se portato su determinati punti come le arterie o i nervi.

Storia

Lo yawara, come moltissime delle armi delle arti marziali quali nunchaku, sai o bō, è una delle armi nate durante il periodo del Giappone feudale, secondo le cui leggi era proibito ai civili utilizzare armi con lama; per questo motivo nacquero molte scuole di arti marziali che insegnavano l'utilizzo per difesa personale di vari oggetti nella vita quotidiana. Uno di questi era lo yawara: facile da nascondere e leggero da usare. L'utilizzo dello yawara è stato largamente diffuso tra i poliziotti giapponesi a partire dagli anni '40 dal professor Frank A. Matsuyama e reso popolare in Occidente negli anni '70 dal Gran Maestro Soke Kubota Takayuki, in una sua variante denominata kubotan in dotazione alle forze di polizia di Los Angeles.

martedì 23 maggio 2017

Zanbato

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La zanbatō (斬馬刀, letteralmente "spada taglia-cavalli") o zambatō è una spada giapponese di grandi dimensioni, e di notevole peso, per il quale era solitamente impugnata a due mani. L'utilizzo storico della spada è tuttora controverso: probabilmente serviva per troncare o spezzare le zampe dei cavalli ed era utilizzata dai soldati delle prime file dell'esercito sottoposto ad una carica di cavalleria.

lunedì 22 maggio 2017

Balestra

Drevnosti RG v3 ill122 - Arbalets and Bolt.jpg
Balestre - ill. di Fëdor Solncev.


https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/1/12/Arbalette-p1000554.jpg/220px-Arbalette-p1000554.jpg
Balestre in legno


Antiche balestre


Progetto di balestra gigante di Leonardo da Vinci.



La balestra è un'arma da lancio costituita da un arco di legno, corno, o acciaio e nei tempi moderni anche con materiali più adatti come fibra di carbonio o alluminio anodizzato per un migliore rapporto peso/resistenza, da una calciatura (fusto) denominata teniere e destinata al lancio di quadrelli, frecce, strali, bolzoni, palle, o dardi. La corda viene bloccata da un meccanismo chiamato noce. Lo scatto avveniva facendo pressione su una sorta di grilletto chiamato chiave oppure, nei modelli più antichi, abbassando un piolo. La corda veniva tesa grazie a un meccanismo a gancio chiamato crocco oppure, nei modelli più sofisticati, a un martinetto.

Storia

La balestra ha una storia molto antica. È certo comunque che essa fu sviluppata solo dopo l'invenzione dell'arco per aumentarne la potenza e la gittata. Il suo utilizzo inizialmente fu sporadico e non decisivo per l'esito degli scontri in battaglia, forse a causa delle difficoltà tecniche che si incontravano nella sua costruzione e soprattutto a causa dei costi di fabbricazione.
La Grecia e la Cina rivendicano l'invenzione della balestra. È probabile che essa sia stata sviluppata indipendentemente da entrambe le culture, anche se non è chiaro quale delle due la utilizzò per prima.
A favore dei Greci c'è l'invenzione della balista avvenuta attorno al 400 a.C. Essa è una sorta di grande balestra, anche se il proietto della balista riceve l'energia dalla torsione di due grandi matasse e non dalla curvatura dell'arco. Inoltre la balista era atta al lancio di pietre e dardi. Sembra tuttavia che fra i primi esemplari ve ne fossero alcuni aventi le stesse dimensioni di una balestra. Secondo alcuni autori greci nello stesso periodo erano presenti i gastraphetes, ma queste testimonianze sono posteriori e quindi incerte.
A favore della paternità della Cina ci sono dei rinvenimenti archeologici di meccanismi di sgancio in bronzo prodotti attorno al 200 a.C. e dei documenti scritti cinesi che descrivono l'impiego della balestra in battaglia attorno al 341 a.C.

Utilizzo in battaglia



Balestra a pistola



L'uso della balestra in Europa continua ininterrottamente dall'epoca classica fino al periodo di maggior popolarità tra l'XI e il XVI secolo, in seguito essa venne abbandonata a favore delle armi da fuoco. Erano famosi e molto apprezzati i balestrieri genovesi.
Fino alla comparsa delle prime armi da fuoco la balestra è stata l'arma più devastante che un singolo soldato poteva utilizzare tralasciando l'arco composto od a doppia curvatura. Infatti ha un potere di penetrazione tale da forare le armature dei cavalieri. Inoltre l'addestramento per il suo utilizzo, rispetto all'arco, risulta più breve.
La balestra ha una fase di caricamento più lunga rispetto all'arco. Nella pratica ciò si traduceva nella necessità di assicurarsi un riparo durante la fase di caricamento; il lungo caricamento era bilanciato dalla notevole distanza di ingaggio, superiore a quella dell'arco normale o dell'arco lungo, ma non a quella dell'arco composto od a doppia curvatura. Proprio per migliorare l'efficacia dei balestrieri in campo aperto, soprattutto in presenza di tiratori nella parte avversaria, venne introdotto l'uso dei pavesi, grandi scudi di legno dietro cui i balestrieri si proteggevano durante la lenta fase di ricarica. Tali scudi potevano essere assicurati dietro la schiena oppure portati da un addetto, chiamato "palvesario". Proprio l'assenza dei pavesi nei ranghi dei balestrieri genovesi al servizio del re Filippo VI di Francia portò alla sconfitta francese a Crecy. Sempre nella medesima battaglia i francesi ricorsero allo stratagemma di montare su carri grosse balestre da postazione in grado di scagliare frecce ad oltre 500 m e con la possibilità quindi di essere spostate sul fronte, ma le cattive condizioni atmosferiche che avevano reso un pantano il campo di battaglia ne limitarono l'utilizzo.
La balestra comportò un discreto cambiamento nelle strategie utilizzate in battaglia, ma soprattutto modificò l'approccio alla battaglia da parte dei nobili che, fino ad allora protetti dalle armature e a cavallo, avevano sempre buone possibilità di uscire vivi dallo scontro. Con l'uso massiccio delle balestre il rischio di morire aumentava considerevolmente. Inoltre anche l'approccio delle battaglie venne generalmente preceduto dall'intervento dei tiratori che, sfruttando la vasta gittata e potenza delle balestre, potevano sfoltire i ranghi avversari prima del corpo a corpo e ripararsi in fretta dietro le vicine linee amiche se caricate da truppe di cavalleria le cui cavalcature si dimostrarono comunque molto vulnerabili ai proiettili, il che li rendeva un facile bersaglio se esposte, o risultavano più lente se coperte da corazze abbastanza spesse da assicurare un'adeguata protezione all'animale, permettendo il riparo dei tiratori. Spesso le battaglie venivano precedute da un confronto a distanza tra i tiratori delle parti avversarie: il vincitore, una volta sgominati i tiratori nemici, avrebbe avuto un importante vantaggio tattico, mantenendo la possibilità di colpire a distanza le truppe avversarie e di coprire quelle amiche nell'avanzata e soprattutto impedendo al nemico ogni possibilità di fare altrettanto.
La balestra modificò a tal punto le regole dell'ingaggio in battaglia che il suo uso fu spesso osteggiato. Lo stesso Concilio Laterano II del 1139 con Bolla ribadita successivamente da papa Innocenzo II, vietò l'utilizzo della balestra tra eserciti cristiani mentre, non potendo avere influenza sugli eserciti musulmani e gli eretici, lo consentì contro questi.

Caratteristiche

La maggior parte delle balestre medievali avevano una potenza media misurabile in termini di carico di tiro o libbraggio (misura della tensione della corda, generalmente espressa in libbre-forza o chilogrammi-forza, quando essa viene tesa al massimo) di circa 45 chilogrammi, ma con l'introduzione dell'arco in acciaio furono costruite balestre in grado di sviluppare un libbraggio di oltre 500 chilogrammi e con una gittata utile di oltre 450 metri.

Tipi di balestra




Caccia alla gru con balestra (tacuinum sanitatis casanatensis, XIV secolo)


Una balestra lanciagranate impiegata sul fronte francese nel primo conflitto mondiale


  • Balestra a crocco: prendeva tale nome dal gancio appeso alla cintura del balestriere e dalla staffa di cui era fornita la balestra stessa. Il balestriere inseriva il crocco nella corda, il piede nella staffa e sollevandosi tendeva l'arco.
  • Balestra a e da leva: si caricava con la leva, da cui prese il nome. La leva si componeva di un braccio di ferro biforcato verso il mezzo della sua lunghezza, ed all'estremità ripiegato a mezzo cerchio, con uno o due ganci snodati che, afferrata la corda, facendo girare i due rami sui perni di ferro posti ai lati del teniere, traevano ed appiccavano la corda stessa alla tacca della noce. Era anche un'arma dei balestrieri a cavallo, con minori dimensioni e con la leva fissata sul teniere;
  • Balestra a martinello: era generalmente una balestra di grosse dimensioni che si caricava con un grosso martinello;
  • Balestro a molinello: era così chiamata una balestra di maggiori dimensioni delle altre, e quindi molto potente: per farla funzionare occorrevano vari uomini e per tendere l'arco occorreva un grosso e forte congegno, dal quale appunto l'arma stessa traeva il nome un argano. Era arma da posta e si adoperava a difesa delle mura;
Vi erano poi le balestre con altri nomi, secondo la nazione ove era stata fabbricata, secondo il modo di caricarle e la loro forma; oppure anche secondo il proiettile che lanciavano:
  • Balestra a staffa: perché si caricava con i crocchi e colla leva, premendo però con il piede su una staffa. Di questa balestra, detta anche balestra manesca, erano armati i balestrieri genovesi alla battaglia di Crecy nel 1346, e a quella d'Azincourt nel 1415;
  • Balestra a un piede o a due piedi: quella che si caricava con la forza di uno o di due piedi;
  • Balestra a bolzoni: era una balestra che lanciava una freccia chiamata bolzone;
  • Balestra a bussola: essa aveva una girella contenuta entro una scatola tonda a mo' di bussola;
  • Balestra a e da tornio: era la balestra più grossa e non manesca, ed il nome derivava dall'ordigno acconciato all'estremità del teniere per tenderla. Erano balestre grosse da muro, da posta ed erano trasportate a soma;
  • Balestra a girella: la balestra che si caricava a mezzo di una rotella scanalata, o carrucola, la quale raccoglieva lo spago che serviva per tirare la corda dell'arco per tenderlo;
  • Balestra a piè di capra: il meccanismo per tendere la corda era così chiamato per la sua forma all'estremità divisa in due parti;
  • Balestra a ruota d'ingranaggio: si caricava mediante una ruota dentata che spingeva lungo il teniere un'asta dentata da una parte come una sega;
  • Balestra a pallottole: lanciava pallottole di piombo;
  • Balestra a pistola: fu in uso nel XVI secolo: Era una balestra munita anche di una specie di pistola disposta lungo e sotto il teniere; cosicché essa era a doppio uso: pistola o balestra, a secondo se veniva usata voltata di sopra o di sotto;
  • Balestra a panca: era così chiamata quella che aveva il fusto rialzato da terra sopra un appoggio a forma di panca;
  • Balestra a tagliere: era così chiamata quando il fusto era a foggia di una tavola larga, quasi a guisa di tagliere;
  • Balestra a telaro: era così chiamata quando il fusto era costruito alla foggia di un telaro o telaio;
  • Balestra cinese a ripetizione: (o Chu-ko-nu) è una balestra che ha una specie di custodia sopra e lungo il teniere o fusto, la quale può fornire successivamente venti frecce in essa custodite, disposte l'una sull'altra;
  • Balestra multipla: progettata da Leonardo Da Vinci nel Codice Atlantico, era in grado di scagliare più dardi in direzioni diverse allo stesso tempo, grazie anche alla particolare forma del teniere, che si apriva a ventaglio.
  • Balestra lanciagranate: tipo di balestra per lanciare bombe a mano fu in uso per breve tempo sul fronte francese durante la Prima guerra mondiale;
  • Balestrino: Balestra molto piccola che si tendeva mediante una vite disposta lungo il teniere e messa in moto dal di dentro del calcio. Si poteva portare nascosta, per cui era considerata arma proibita ovunque dai bandi sulle armi. Lanciava un cortissimo dardo o a volte un ago spesso avvelenato;
  • Balestrone: Grossa balestra che si caricava con fortissimo tornio o martinetto, ed aveva un arco di ferro o di acciaio lungo dai quattro ai sei metri. Era arma di norma posta sulle mura, come macchina di difesa.

La balestra nello sport




La russa Anna Sushko ai 10m Match Crossbow Championships del 2006



Nell'era moderna la balestra si evoluta diventando un attrezzo sportivo. La balestra moderna è l'evoluzione di quella dei secoli passati. I materiali e l'ingegneria moderna hanno sostituito il legno e l'acciaio del passato decretando la nascita di un oggetto sportivo di grande efficacia, precisione e affidabilità. L'arco in acciaio o composito in legno/corno/tendine è ora stato sostituito con due flettenti in fibra dalle eccezionali capacità elastiche. Possono rimanere armati per diverse ore senza subire deformazioni: i produttori più seri tuttavia, offrono indicazioni di sicurezza su quanto la balestra può restare armata.
Nei paesi dove la caccia con la balestra è permessa, per disarmare una balestra rimasta armata per ore e inutilizzata si usa solitamente un dardo apposito in materiale biodegradabile.
È anche eccezionale il loro rendimento fra energia immagazzinata/restituita all'atto dello scocco.

Le caratteristiche tecniche

La corda è normalmente fatta di filati ad altissima rigidità come il Fast Flight, normalmente di 22/30 fili. La "corsa" o "corsa/power stroke" (la misura della distanza fra la corda in riposo e il punto di aggancio) della balestra arriva anche a 17" (43.18 cm) ed oltre, consentendo grande rendimento rispetto al passato. A differenza dell'arco che immagazzina l'energia muscolare delle braccia e di parte del busto, la balestra immagazzina anche quella delle gambe e del busto completo, permettendo così grandi accumuli di energia. Ma un arco ha un rendimento maggiore a parità di libbre perché ha un allungo normalmente superiore, da 26" a 32" (66 cm - 81.3 cm): una balestra da 150 libbre (67.5 kg) corrisponde infatti come prestazioni ad un Arco compound da 70 libbre (31.5 kg) o ad un arco ricurvo da 90 (40.5 kg). Il carico massimo delle balestre moderne, in libbre, normalmente oscilla fra le 150 (67.5 kg) e le 225 (101.3 kg).
Il sistema di sgancio è estremamente raffinato, dotato di sicura, ha uno sforzo normalmente fra le 3 e le 12 libbre (1.35 kg - 5.4 kg). I sistemi di mira possibili normalmente sono due: tacche di mira e cannocchiale. Il primo consente di avere un oggetto più leggero e meno delicato (urti, sole ecc.); il secondo permette tiri più precisi e di avere una migliore mira in situazioni di scarsa luminosità.

I tipi di balestra


Balestra Compound



Le balestre possono essere di due tipi: tradizionali e compound. Le prime offrono numerosi vantaggi fra cui: estrema semplicità nella sostituzione/manutenzione della corda; nessuna necessità di sincronizzare le cams; leggerezza; possibilità di usare frecce più leggere e quindi più veloci. Le balestre compound, dotate di cams o eccentrici sui flettenti invece hanno le seguenti caratteristiche: a parità di libbraggio massimo permettono normalmente una maggiore velocità di uscita del dardo (il sistema di carrucole permette di immagazzinare una quantità maggiore di energia); sono più compatte; in fase di armamento il let-off (diminuzione di sforzo) delle carrucole permette di ridurre la tensione sul meccanismo di aggancio.

I dardi

Il munizionamento tipico della balestra è il dardo: una freccia corta e tozza.
Sono principalmente di due materiali: fibra di carbonio ed alluminio, normalmente nel diametro di 22/64" (0.87 cm). I dardi in fibra di carbonio sono di norma più leggeri di quelli in alluminio, e presentano doti di indeformabilità in situazioni nelle quali un dardo in alluminio si piegherebbe, deformandosi. Le misure delle aste in alluminio più comuni sono 2213, 2216 e 2219. La lunghezza del dardo dipende, ma non è subordinata dal Power Stroke (allungo) della balestra e normalmente varia fra 14" (35.6 cm) e 22" (55.9 cm). Non è comunque una regola assoluta, in quanto rispetto alla freccia usata sull'arco, il dardo della balestra non deve rispettare rigidamente i parametri di spine: dunque può essere più lungo o più corto del power stroke, entro certi limiti, senza subire penalità rilevanti.

Sono impennate con 3 penne naturali o di plastica di lunghezza compresa fra 2" (5 cm) e 5" (12.7 cm). La parte terminale posteriore della freccia ha un inserto protettivo(codolo) su cui spinge la corda che può essere piatto o leggermente scavato a mezzaluna (half moon). Se è piatto la freccia può essere incoccata in tre posizioni diverse, se è a mezzaluna in un'unica posizione. Nella parte anteriore della freccia è presente un inserto a vite che permette di avvitare punte diverse e di diverso peso. La massa della freccia completa varia normalmente fra 350 grani (22.7 g) e 650 grani (42.1 g). Le balestre compound normalmente non possono usare frecce di peso inferiore a 400-420 grani (25.9 g - 27.2 g); le balestre Excalibur possono usare frecce fino a 350 grani (22.7 g). Le marche più conosciute di balestre sono tutte nord americane e sono: Barnett, Excalibur, Horton e Ten Point.

domenica 21 maggio 2017

Balato

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Balato con fodero e cestino sferico in rattan per contenere amuleti.






Il balato (conosciuto anche come baltoe, balatu, balatu sebua, ballatu, foda, gari telegu, klewang buchok berkait, roso sebua o telagoe) è una spada tradizionale indonesiana, originaria dell'isola di Nias, a nord-ovest di Sumatra, tipica del popolo dei Nias.

Descrizione

Il balato è prodotto in una grande varietà di lame, manici e foderi. Una caratteristica comune è l'allargarsi della lama verso la punta. La lama ha un solo filo e può essere dritta o leggermente ricurva. I manici generalmente hanno la forma di teste di animali o creature mitologiche come il lasara, e possono essere stilizzati o particolarmente dettagliati, e sono fatti di legno sebbene esistano versioni in ottone. I manici in legno hanno comunque una ghiera in ottone in prossimità della lama. Il fodero è in legno avvolto in strisce di rattan o in lamine di ottone. Spesso al fodero viene attaccato un cestino sferico in rattan che ha lo scopo di contenere vari amuleti. Solitamente i balato delle regioni meridionali hanno cestini più decorati di quelli delle regioni settentrionali.

Uso cerimoniale

Nel sud dell'isola di Nias le popolazioni locali praticano una danza di guerra detta faluaya o fataele: essi, vestiti con colori sgargianti, adoperano per questa danza scudi (baluse) e armi, tra cui i balato. I Nias facevano uso di questa spada anche per le decapitazioni, poiché in passato erano cacciatori di teste e ritenevano che i decapitati sarebbero diventati loro servitori nell'aldilà. Oggi, tuttavia, quest'usanza è andata perduta, poiché i Nias sono per la maggior parte cristiani protestanti.