domenica 19 giugno 2022

Quali archi usava Genghis Khan?

Gli archi mongoli della fine del XII e dell'inizio del XIII secolo (epoca di Temujin) erano archi ricurvi fatti di tendini, legno e corno.

Le siyah di quel tempo avevano un design a contatto diretto senza fili. Più tardi, nel XIII e all'inizio del XIV secolo, fu utilizzato un design siyah a contatto più curvo. Puoi vedere entrambi i tipi in queste reliquie e riproduzioni moderne di esse.



L'arco di Temujin sarebbe stato così.



Più tardi, l'arco di Kubilai sarebbe stato più simile a questo.




Più tardi, gli archi mongoli sembravano quelli della dinastia Ming cinese. Simile agli archi turchi e tartari dell'epoca.



Dopo la loro conquista da parte dei Manciù/Qing, i Mongoli si inchinano così.





Il monaco italiano Carpini riferì di archi mongoli con pesi di trazione fino a 75 kg/166 libbre. La loro portata massima era di 536 m/586 yd, circa 120 m/135 yd più lontano dell'arco lungo. Joe Gibbs mostrato con un fiocco in stile tartaro, un design utilizzato anche dai mongoli.


In che cosa consiste la tecnica giapponese del Daisugi?

II Daisugi è un'antica tecnica di potatura giapponese del XIV secolo che consente di produrre legna senza il bisogno di abbattere l'albero.

I cedri vengono potati rigorosamente a mano, lasciando crescere solo i rami superiori da cui germoglieranno i nuovi rami. Questi nuovi germogli, seguendo delle regole precise, diventeranno un legno ideale: perfettamente uniforme, diritto e completamente privo di nodi.



A prima vista, sembrerebbe come se i cedri fossero coltivati ​​sopra altri cedri. Un singolo albero può far crescere fino a cento germogli alla volta e produrre legno per centinaia di anni.

L'area forestale di Kitayama, incentrata su Nakagawa, Kita-ku, Kyoto, è stata a lungo il territorio della corte imperiale e dei templi, ed è stata utilizzata per immagazzinare legna, legna da ardere, torce e iris.

Il villaggio di Kitayama, ricco di acqua e fresco, è particolarmente adatto per la coltivazione di alberi di cedro. Era molto difficile piantare e coltivare alberi sui ripidi pendii di Kitayama e gli alberelli erano molto preziosi. "Daisugi Tailoring" è un metodo di coltivazione forestale unico ideato a Kitayama.

Questo significa far crescere dozzine, al massimo 100 o più tronchi da un ceppo, e un ceppo si rinnova come una foresta. Ciò ha ridotto il numero di piantagioni, accelerato il ciclo di raccolta e prodotto legname più denso.

Tuttavia, non tutti i cedri possono essere trasformati in Daisugi. Hai bisogno di un albero con un gene che cresce dritto e continua a crescere.

Quello era "Shirosugi". L'albero madre di Nakagawa Hachimangu non ha perso la sua forma anche dopo più di 500 anni e sta crescendo diritto.




sabato 18 giugno 2022

Qual è l'arte marziale più efficace?


Più efficace DOVE? Sul ring? Per la strada? A casa quando tua moglie ti scopre a letto con un'altra e ti accoltella? Per le strade di Nassirya?

A Nassiriya non suona la campana dopo 3 minuti e nessuno ti sventola dandoti consigli su come affrontare l'avversario, ma magari giri armato sapendo che un guerrigliero dietro l'angolo ti può sgozzare con un coltello. A casa, nudo a letto con la tua amante l'effetto è diverso dall'avere una divisa militare ed un elmetto, a meno che non vi piaccia "farlo strano". Sul ring non hai la moglie che ti picchia, purtroppo, ma passerai comunque un brutto quarto d'ora se non sei preparato.

Seriamente: le arti marziali hanno perso molta della loro efficacia "marziale" ed oggi propongono o soluzioni improbabili a contesti differenti da quelli per le quali sono state concepite o delle applicazioni specifiche che non verranno usate mai in un contesto di combattimento reale civile.

Ciò detto, "per la strada" un militare con preparazione al combattimento corpo a corpo avrà sempre la meglio, a parità di fattori (età, sorpresa, status psicologico e mentale, preparazione atletica, preparazione marziale) su un atleta di una disciplina da combattimento a contatto pieno, che a sua volta avrà la meglio su un marzialista classico (prendiamo lo Shotokan o un qualsiasi stile di Kung Fu, per dire) che a sua volta avrà mediamente sempre la meglio sull'attaccabrighe da osteria.

Ma ovviamente può capitare la situazione dove il fighter le prende da uno che fa Karate tradizionale.

Se proprio vuoi dei nomi di discipline efficaci: Muay Thai/Lethwei, K1/kickboxing, Savate, ovviamente pugilato e tutte le discipline a contatto pieno.

Ma è una "lista" che va interpretata.



venerdì 17 giugno 2022

Qual è l'arte marziale più efficace tra quelle tradizionali (no MMA) ?

 


Personalmente credo la boxe inglese, più conosciuta semplicemente come boxe, e la muay thai. Pur con rispettivi pregi e difetti hanno entrambe queste caratteristiche: sono pratiche, essenziali, non hanno tecniche spettacolari che nella realtà non riescono quasi mai, invece insegnano a sferrare colpi devastanti, a schivare e ad incassare. Molti istruttori di arti marziali affermano che il pugile è l'avversario più "rognoso" che ci si può trovare di fronte in una rissa, perché con lui "non ti vengono le tecniche, incassa come un bulldog e se te ne piazza uno ben messo sei ko".

giovedì 16 giugno 2022

Quali sono le principali arti marziali giapponesi e in cosa differiscono l'una dall'altra?

Le arti dell'arco

L'arma preferita dai guerrieri giapponesi era l'arco wakyū (和弓), disponibile in una forma lunga (daikyū, 大弓) da usare a piedi e in una corta (hankyū, 半弓) da usare a cavallo.

La nascita dell'arco in Giappone risale a prima del 297, anno in cui ci giungono, da un testo cinese, le prime notizie di arceria giapponese. In seguito si svilupparono molte scuole di tiro con l'arco, le più importanti delle quali sono la Takeda-ryū (武田流) e la Ogasawara-ryū (小笠原流).

Durante il periodo Edo la classe guerriera si trasformò presto in una classe di funzionari non più dediti alla guerra e i maggiori praticanti di arti marziali divennero i monaci. Fu così che il kyūjutsu (弓術) si trasformò nel kyūdō (弓道), disciplina dalla forte componente filosofica tuttora praticata.


I praticanti di questa disciplina indossano un keikogi bianco a maniche corte, un obi nero e una hakama dello stesso colore, oppure, per occasioni formali, si può indossare un kimono con hakama con la manica sinistra sfilata o legata in modo da non intralciare i movimenti. L'arciere indossa inoltre un guanto sulla mano sinistra che copre da tre a cinque dita (i principianti possono usarne uno che copre solo il pollice per allenarsi) e i principianti indossano anche una protezione per il pollice sulla mano destra. L'equipaggiamento consiste in un arco lungo e quattro frecce scoccate a gruppi di due.

In genere l'allenamento avviene contro un bersaglio di paglia a distanza ravvicinata per allenare la tecnica e contro bersagli del diametro di 36 cm (dalla distanza di 28 m) o di 158 cm (dalla distanza di 60 m) per allenare la mira.

Esiste anche una tradizione millenaria di tiro con l'arco montato, che veniva studiato nell'arte del kasagake (笠懸), tiro al cappello: il bersaglio tipico era infatti il cappello conico tipico della tradizione giapponese.



Di kasagake esistono vari tipi, differenziati in base a dimensione, numero e posizione dei bersagli: i principali e ancora oggi praticati sono il tōkasagake (遠笠懸), che consiste nel tirare a uno o tre bersagli di 55 cm posti a 11–23 m dalla pista, e il kokasagake (小笠懸), praticato in genere mentre si tornava dal primo colpendo uno o due bersagli di 24–48 cm di diametro posti in posizione bassa a 2,3 m dalla pista. Quando il tōkasagake era eseguito in una competizione veniva chiamato kuji kasagake (籤笠懸) mentre la pratica sacra di colpire animali consacrati a un santuario prendeva il nome di shinji kasagake (神事笠懸).

Alcune tradizioni prevedono di colpire ripetutamente un bersaglio: era il caso dello hyakuban kasagake (百番笠懸), dove si colpivano cento bersagli e del tanabata kasagake (七夕笠懸), dove un bersaglio viene colpito sette volte.

Oltre a queste tecniche ufficiali era diffusa la pratica ludica dello hasaimono (挟物), dove alcuni arcieri si sfidavano per colpire piccoli bersagli (per esempio un ventaglio) da un cavallo in corsa.

Anticamente, veniva praticata anche una forma di arcieria montata che aveva come bersaglio cani in corsa in un recinto, chiamata inuōmono (犬追物), fortunatamente caduta in disuso.

Un tipo molto particolare di tiro con l'arco a cavallo dalle importanti caratteristiche religiose è lo yabusame (流鏑馬), dove ogni arciere deve colpire tre bersagli posti consecutivamente lungo una pista lunga quantomeno 218 m.



Il profondo impatto che lo yabusame ebbe nella cultura guerriera giapponese può essere intuito pensando che l'etichetta giapponese discende dalle pratiche rituali della Ogasawara-ryū, una delle due scuole di yabusame insieme alla Takeda-ryū.

Una tradizione molto particolare di tiro con l'arco è il cosiddetto sihan-mato (四半的), il tiro con l'arco da seduti, praticato con un arco corto e completamente separato dalle altre scuole di tiro con l'arco giapponese.


Le arti della lancia

Oltre all'arco, i samurai usavano spessissimo lo yari () ossia la lancia. Le prime lance giapponesi erano costituite da un'asta su cui veniva infilata una punta metallica cava, in seguito si svilupparono lance con un codolo inserito nell'asta.

Per la sua facilità di costruzione e uso, la lancia si affermò presto sui campi di battaglia nipponici, diventando un segno distintivo della classe guerriera.

L'arte che studiava l'uso della lancia si chiamava sōjutsu (槍術) e prevedeva combattimenti sia individuali che in formazione, utilizzando soprattutto affondi e parate effettuate deviando i colpi avversari con l'asta. Si utilizzano molto posizioni basse e stabili, che, pur compromettendo in parte l'agilità, permettono di migliorare molto l'utilizzo della forza e l'equilibrio.

Molti samurai venivano rappresentati con una lancia in mano.


Molto recentemente (2015) è stata creata una versione più sportiva chiamata sōdō (槍道). Questa viene praticata con bastoni di legno dalla punta imbottita e un'armatura da kendō.

Molto più praticato è il naginatajutsu (薙刀術), l'arte del falcione, tipicamente riservata alle donne e usata per difendere la propria abitazione.



A metà del secolo scorso si tentò di modernizzarla (con scarsi risultati) in un'arte chiamata naginatadō (薙刀道). Nel secondo dopoguerra fu fatto, con successo, un secondo tentativo, e nacque così lo sport chiamato atashi naginata (新しいなぎなた), la nuova naginata, che non è considerato come una vera e propria arte marziale ma gode comunque di un discreto successo. Si utilizza un'armatura da kendō con l'aggiunta di gambali, visto che sono contemplati anche i colpi alle tibie.

Simile al naginatajutsu era il nagamakijutsu (長巻術), che utilizzava un'arma intermedia tra naginata e tachi (spada). Era molto difficile da usare, e per questo non ci sono mai stati tentativi di far rivivere quest'arte.

Un esempio di nagamaki.


Le arti della spada

Siamo dunque arrivati a quelle che potrebbero essere le arti più influenti nella cultura di massa: quanti di voi non hanno mai sentito parlare delle spade giapponesi e dei miti (quasi sempre falsi) che circolano attorno ad esse?

La principale arte che riguarda l'utilizzo della spada giapponese è il kenjutsu (剣術), un'arte estremamente complessa che può occuparsi di duelli o combattimenti con molti avversari, in cui si utilizzano una o due spade (nel primo caso l'arma può essere lunga o corta, nel secondo si utilizzano una spada lunga e una corta). Uno dei maggiori esponenti di quest'arte fu Miyamoto Musashi, vissuto tra la fine del periodo Azuchi-Momoyama e l'inizio del periodo Edo. Questi fu forse il primo ad utilizzare due spade contemporaneamente e fondò la sua scuola (二天一流, Niten-ichiryū).


Due samurai combattono su un tetto.


Dopo la restaurazione Meiji, ci fu un impegno a livello nazionale per rendere il kenjutsu meno militare e fruibile da tutti. Nasce così il kendō (剣道). In questa disciplina, entrambi i combattenti indossano un'armatura di legno laccato e usano una spada di bambù. L'obiettivo è segnare due punti colpendo l'avversario in punti vitali o indispensabili per il combattimento con colpi di taglio (testa, busto, mani) o di affondo (gola). Quando si utilizzano due spade, quella lunga viene usata per attaccare e quella corta per difendere.


L'altra importantissima arte che insegnava ad utilizzare la spada era lo iaijutsu (居合術) o battōjutsu (抜刀術), che insegnava come estrarre la spada velocemente e colpire l'avversario in un solo movimento. Viene spesso praticato con lame affilate, e per questo non ci si allena nel combattimento uno contro uno, ma solo nel kata (sequenze di tecniche codificate).

Attualmente, quest'arte viene praticata nella sua forma competitiva e più filosofica, lo iaidō (居合道), pressoché identica tecnicamente alla sua arte madre.


Il termine battōdō (抜刀道), invece, indica una pratica completamente diversa, dove lo scopo è quello di tagliare un rotolo di tatami avvolto attorno a una canna di bambù, in modo da simulare la consistenza della carne e delle ossa umane. Questa tecnica deriva dall'antica pratica del tameshigiri (試し斬り), anche se quest'ultima serviva a stabilire la qualità di una spada, mentre la prima è un modo per perfezionare l'abilità dello spadaccino. L'obiettivo finale è arrivare a estrarre la spada e tagliare il bersaglio in un unico movimento fluido.


Al pugnale (短刀, tantō) e alla spada corta (脇差, wakizashi) era dedicata un'arte marziale chiamata tankenjutsu (短剣術), che si occupava di studiare queste armi quando usate singolarmente, utilizzando la mano libera per impedire i movimenti dell'avversario.

In epoca moderna, quest'arte è stata trasformata in una forma più sportiva chiamata tankendō (短剣道), che viene praticata con un'armatura simile a quella del kendō con un imbottitura in più sotto al braccio destro.


Le arti del bastone

Una delle ermi giapponesi più note è sicuramente il bastone. Se ne distinguono, in genere, cinque lunghezze diverse: bō (), lungo circa 180 cm, jō (), di circa 127 cm, hanbō (半棒), circa 90 cm, tanbō (短棒), circa 60 cm e yubibō (指棒), 20 cm. Di questi i primi tre avevano tutti un'arte dedicata.

Il bō veniva usato nel bōjutsu (棒術), un'arte che prevede movimenti ampi e circolari in modo da colpire con entrambe le estremità del bastone.



Al jō era dedicato il jōjutsu (杖術), inventato da Musō Gonnosuke Katsuyoshi dopo aver perso un combattimento contro Miyamoto Musashi, nel tentativo di trovare un'arte efficace contro la spada. In tempi recenti è nata una forma competitiva chiamata jōdō (杖道), dove ci si esibisce in kata a coppie alternando il ruolo dell'attaccante e del difensore.

Alcuni affermano che il creatore di quest'arte fu l'unico capace di sconfiggere Miyamoto Musashi in duello, tuttavia non ci sono fonti certe riguardanti un secondo duello tra i due al di fuori della tradizione orale della scuola. Altro punto a sfavore di questa ipotesi è che l'allenamento in quest'arte prevede il combattimento tra due bastoni e tra un bastone e una spada, mentre Musashi combatteva spesso con due spade contemporaneamente.


Infine, lo hanbō viene studiato nell'arte chiamata hanbōjutsu (半棒術), che in genere è parte di un programma più vasto.


Le arti del fucile e della baionetta

Quando i portoghesi introdussero i fucili in Giappone, nel periodo Muromachi, gli autoctoni lo perfezionarono fino a renderlo una delle armi da fuoco migliori del periodo, chiamata tanegashima teppō (種子島鉄砲), dal nome del luogo dove aveva avuto origine. Quest'arma andò a sostituire i vecchi cannoni basati sul modello cinese (鉄砲, teppō), oltre alle lance e agli archi. Fu dunque necessario sviluppare un'arte marziale che avesse lo scopo di minimizzare il tempo di ricarica e massimizzare la precisione. Questa nuova arte fu chiamata hōjutsu (砲術).


Più recentemente, il Giappone importò dall'occidente anche la baionetta (銃剣, jūken) e, utilizzando le vecchie tecniche dell'arte della lancia e riadattandole per la lunghezza e l'impugnatura dei fucili, nacque il jūkenjutsu (銃剣術), l'arte della baionetta. Dopo la seconda guerra mondiale, quest'arte fu bandita e in parte dimenticata, finché, quando nel 1953 l'occupazione alleata finì, l'arte fu riportata in vita sotto il nome di jūkendō (銃剣道), praticata con fucili di legno dalla punta imbottita e un'armatura da kendō con un ulteriore rinforzo per la spalla sinistra.


Altre arti marziali che usano armi

Oltre alle armi precedentemente menzionate, molto diffuse erano anche l'ascia, il mazzafrusto, il falcetto e varie armi da lancio.

L'ascia (, ono) possedeva anch'essa una sua arte, chiamata appunto onojutsu (斧術), fatta rivivere nel 2015 in un'arte sportiva che prevede unicamente kata (forme) chiamata onodō (斧道).

Il chigiriki (契木) era un particolare tipo di mazzafrusto giapponese che ha un manico particolarmente lungo, dove una delle due estremità è rinforzata da una punta di ferro mentre all'altra è fissata una catena fissa o estendibile con un peso liscio o con punte alla fine. Ad esso era dedicata l'arte chiamata chigirikijutsu (契木術), che non è mai esistita come arte autonoma, ma sempre come complemento ad altre scuole di arti marziali.

Ancora il cosiddetto kusarigama (鎖鎌) era un falcetto a doppio taglio a cui era legata una catena con un peso nell'estremità inferiore. Anche la sua arte marziale, il kusarigamajutsu (鎖鎌術), non è mai stata autonoma, sebbene abbia goduto di una certa diffusione.


Per finire, molto noti nell'immaginario popolare sono gli shuriken (手裏剣), armi da lancio a forma di coltello o, più raramente, di stella, arma tipica dei ninja. Sotto il nome di shurikenjutsu (手裏剣術) rientrano tutte le tecniche usate per lanciare questo tipo di armi ma anche pugnali e spade corte.

Un'arma molto importante nei campi di battaglia era anche il jitte (十手), una particolare mazza con una guardia ad uncino, spesso utilizzata in coppia con la spada, che veniva utilizzata per effettuare leve articolari, disarmare l'avversario e eventualmente rompere la sua arma. L'arte che lo studiava era il jittejutsu (十手術).


Arti marziali che non utilizzano armi

Sebbene alcune delle precedenti arti marziali siano abbastanza note, quelle più diffuse e conosciute in occidente sono le arti marziali dette "del corpo", ossia quelle che non prevedono armi, o che comunque le utilizzano in modo limitato o marginale. Le prime di queste arti, note complessivamente sotto il nome di jūjutsu (柔術), ossia l'arte flessibile, in riferimento all'abitudine di non contrapporsi mai alla forza dell'avversario, utilizzandola invece per eseguire proiezioni, strangolamenti o leve articolari. Il jūjutsu prevedrebbe, tra le altre cose, lo studio del koppō (骨法), il metodo dell'osso, che studia l'utilizzo di percosse e leve articolari allo scopo di rompere le ossa dell'avversario, e del kenpō (拳法), il metodo del pugno, ossia il pugilato, che comprende anche tecniche di calcio, gomito, ginocchio e testata.


Nel XX secolo, nel tentativo di rendere le arti marziali più adatte ad essere praticate anche da bambini e adolescenti, il maestro Kanō Jigorō iniziò a sviluppare una sua propria arte marziale, che permetteva anche a persone di piccola statura di affrontare avversari più pesanti e muscolosi, mediante l'utilizzo dell'equilibrio e delle proiezioni. Nasce così il jūdō (柔道), che godette da subito di grande successo e molto presto fu inserito nel programma di educazione fisica nelle scuole, insieme al kendō e al karate shōtōkan. A Kanō Jigorō dobbiamo anche l'invenzione della divisa tipica delle arti marziali, il keikogi, che consiste in un paio di pantaloni, lo zubon, e di una casacca, l'uwagi, da chiudere con il lembo sinistro sopra quello destro. Entrambi devono essere rigorosamente bianchi. Infine, l'uwagi è tenuto chiusa da una fusciacca, l'obi, che ha assunto anche il ruolo di marcatore dell'esperienza del praticante.


Sempre in questo periodo fu attivo il maestro Ueshiba Morihei. Questi, dopo un profondo studio del jūjutsu, in particolare della Daitō-ryū, sviluppò un proprio stile di combattimento con forti influenze mistiche: l'aikidō (合氣道). Quest'arte ha molte caratteristiche peculiari, tra cui i movimenti estremamente fluidi e la concentrazione sulla difesa e il raggiungimento di uno stato di pace. Il nome significa letteralmente "via dell'unione con l'energia che permea l'universo" a sottolineare il carattere mistico, filosofico e di autoperfezionamento di quest'arte.


Un'arte estremamente particolare era il suieijutsu (水泳術), l'arte del nuoto e del combattimento in acqua. Questa tecnica insegnava anche a mangiare in acqua, nuotare per lunghe distanze a anche nuotare con indosso un'armatura.


Arti dello spionaggio

Tra tutte, l'arte marziale giapponese più influente nella cultura di massa è molto probabilmente il ninjutsu (忍術), arte di rubare, anche noto con il termine ninpō (忍法), tecnica del furto. Questa, più che un'arte vera e propria, era un termine ombrello usato per racchiudere tutte le scuole di arti marziali che comprendevano nel loro programma lo studio di tecniche di camuffamento, furto, spionaggio e omicidio.

Per ogni missione, un ninja doveva imparare il dialetto del luogo, il modo di parlare della classe sociale del suo personaggio, il modo di vestirsi degli abitanti del luogo, in modo da passare quanto più possibile inosservato.

Costume teatrale usato per rappresentare i ninja. Non avevano un vestiario particolare, si camuffavano in base al personaggio che dovevano interpretare.


Arti di polizia e arresto

Alla polizia dello shogunato Tokugawa veniva insegnata un'arte marziale chiamata toritejutsu (捕手術). Questa prevedeva lo studio dell'immobilizzazione di un prigioniero senza apportare danni permanenti.

Le armi principali usate dalla polizia dei Tokugawa erano lo tsukubō (突棒), il sodegarami (袖搦) e il sasumata (刺股).


Da sinistra, tsukubō, sodegarami e sasumata.


Il primo era un bastone con punta a T usato per tenere il prigioniero a distanza, il secondo aveva lo scopo di intrecciarsi alle maniche e ai vestiti di un fuggitivo intralciandone i movimenti e il terzo (ancora usato dalla polizia giapponese) aveva lo scopo di immobilizzare il prigioniero al suolo.

Strettamente correlata a questa era l'arte di legare le persone, chiamata hojōjutsu (捕縄術). La forma del nodo poteva cambiare in base all'estrazione sociale del prigioniero e al fatto che esso sia accusato o condannato.

Sumō

Merita un discorso a parte il sumō (相撲), che per molto tempo è stata l'unica forma di lotta sportiva in Giappone.

Questa forma di lotta prevede che due contendenti chiamati rikishi (力士) si spingano e si strattonino cercando di atterrare l'avversario o spingerlo fuori dall'anello (土俵, dohyō).

I rikishi indossano un indumento particolare chiamato mawashi (廻し), una fascia di seta (per i lottatori delle prime due divisioni) o di cotone (per tutti gli altri) lunga da 4,5 a 9 m e larga 45–60 cm, per un peso complessivo che può arrivare a 5 kg. Appese al mawashi vi sono un numero dispari di cordicelle chiamate sagari (下がり), che sono semirigide per i lottatori delle prime due categorie.



I lottatori competono in sei tornei annuali (本場所, honbasho), dove vengono suddivisi per categorie (sei in tutto, ne riparlerò fra poco) e competono in 15 (prime due categorie) o 7 (le altre quattro) incontri. I lottatori con un risultato vincente (勝ち越し, kachi-koshi) salirà nella classifica, mentre quelli con un record perdente (負け越し, make-koshi) molto probabilmente verranno degradati. Oltre a questi tornei, i lottatori competono in gare svolte in tutto il Giappone e a volte all'estero, senza alcuna importanza per la classifica.

La principale caratteristica è che non esistono categorie di peso, ma solo di esperienza. Così, un lottatore di "appena" 100 kg può trovarsi a combattere contro un lottatore di 200 (e se gioca bene le sue carte, può persino vincere).

Non bisogna farsi ingannare dalla stazza imponente dei rikishi: questi sono lottatori estremamente veloci e agili, e se nelle divisioni inferiori si può vincere usando unicamente spinte e strattoni, in testa alla classifica i combattimenti sono estremamente complessi e necessitano di un'abilità tecnica molto elevata.

Arti marziali di Okinawa

Includo in questa lista le arti marziali di Okinawa solo per via della vicinanza geografica tra le Ryūkyū e l'arcipelago giapponese. Bisogna comunque considerare che le arti marziali di Okinawa sono nate dall'influenza cinese sulle tecniche di combattimento autoctone, e le influenze giapponesi sono tutte risalenti al secolo scorso.

L'insieme di tutte le tecniche che prevedono l'utilizzo di armi viene chiamato Okinawa kobudō (沖縄古武道). Quest'arte comprende lo studio di vari tipi di bastone (, bō, 半棒, hanbō, 短棒, tanbō, , eku, un remo da barca), tridente (, sai, e la sua variante inastata 貫手棒, nunti-bō), manganello (トンファー, tonfā), tirapugni (鉄甲, tekkō), falce (, kama), zappa (, kuwa), catena (スルチン, surujin), nunchaku (ヌンチャク, con la variante a tre bastoni 三節棍, sansetsukon) e del combattimento con coltello e scudo (ティンベーローチン, tinbē-rōchin). A causa del divieto di portare armi imposto dal dominio di Satsuma agli abitanti di Okinawa si nota la forte presenza di armi improprie di origine contadina.



Molto più famoso a livello internazionale è probabilmente il karate (空手), noto a Okinawa con il semplice nome di ti (). Il ti di Okinawa nasce con l'introduzione del kung-fu sull'isola, e nacquero inizialmente tre stili: Shuri-te, Tomari-te, Naha-te, che prendono il nome dalle principali città dell'isola dove questo era studiato.

La popolarità moderna del karate si deve soprattutto ai maestri Funakoshi Gichin, che portò il karate in Giappone e, su suggerimento del maestro Kanō Jigorō, adottò il keikogi bianco e le cinture colorate. La scuola di Funakoshi fu chiamata Shōtōkan (松濤館), ossia la scuola di Shōtō, il nome d'arte di Funakoshi. Dopo lo Shotokan nacquero moltissimi altri stili di karate Okinawa-giapponese, e attualmente questa è una delle arti marziali più studiate al mondo.


mercoledì 15 giugno 2022

Quali sono alcune semplici, ma sbalorditive invenzioni sviluppate dal Giappone?

1- Non ci sono bidoni della spazzatura perché ai residenti non piace l'odore del tabacco. Se inizi a fumare in un luogo pubblico, un educato agente di polizia ti offrirà un posacenere portatile



2- Hanno cioccolatini a forma di pianeta. Mangiarli sarebbe un peccato.


3- Gli ascensori di Osaka hanno un pulsante "pioggia" che si accende se fuori piove.


4- Anche le coperture dei tombini sono uniche in questo paese.


5- C'è uno zoo dove puoi stringere la "mano" di una lontra attraverso un piccolo foro nel vetro.


6- Questo è un drone giapponese ed è la piccola cosa più carina mai inviata nello spazio. Sta volando intorno alla Stazione Spaziale Internazionale e fotografa gli astronauti e l'ambiente circostante.


7- Questo è un aereo coperto dai disegni dei Pokémon. Sono molto speciali per i giapponesi.



8- Questi sono camion per "trasloco". Oltre ad aprirsi come tutti gli altri camion, si aprono anche lateralmente per caricare facilmente i mobili ingombranti.


9- I bagni delle donne sono dotati di dispositivi a basso rumore. Tutto perché le donne giapponesi sono timide.





martedì 14 giugno 2022

Esistevano davvero le donne Samurai?

 

Esistevano, ma non erano chiamate samurai, bensì Onna-musha o Onna Bugeisha.

Già pochi secoli dopo Cristo, esse combatterono a fianco dei loro colleghi maschi.

Qui si vedono uomo e donna che combattono insieme.

E proprio come oggi, SE una donna fa il lavoro di un uomo, allora vuole dimostrare soprattutto se stessa.

Per questo motivo queste guerriere avevano la reputazione di essere particolarmente devote alla guerra e agguerrite.

Impararono a usare la naginata (lancia con lama) e la kaiken (spada corta), nonché l'arco e le frecce.


Hanno anche imparato a usare queste armi in modo efficace a cavallo. Praticavano anche arti marziali come il jutsu e il karate.

Seguivano il codice d'onore dei samurai o Bushidō (武士道).

Si trattava della "via del guerriero" e si riferiva al comportamento, agli atteggiamenti e allo stile di vita dei combattenti.

Nakano Takeko era una nota guerriera.


La sua fine dimostra come sia stata attenta a preservare il suo onore.

Mentre guidava un attacco contro le truppe dell'esercito imperiale giapponese, fu colpita al petto.

Sapendo che il tempo che le restava da vivere sulla terra sarebbe stato breve, Takeko chiese a sua sorella Yūko di tagliarle la testa e di seppellirla piuttosto che permettere al nemico di prenderla come trofeo.

Fu portata al tempio di Hōkai e sepolta sotto un pino.

La peggiore trasgressione morale per i samurai era il disonore, per se stessi o per la propria famiglia.

Pertanto, se perdevano una battaglia, commettevano qualcosa di simile a un "suicidio d'onore", il seppuku.


lunedì 13 giugno 2022

Perché più combattenti non usano lo stile peek-a-boo per cui Mike Tyson è noto?

Mike Tyson era noto per la sua genetica bizzarra che si adattava perfettamente allo stile peekaboo di Cus D'Amato... quindi la risposta breve è che un dato combattente avrebbe anche bisogno di genetiche bizzarre per avere successo con questo ad alto rischio, ultra-aggressivo stile.



Ascoltando i membri del team originale di Tyson, i testi parlano del passato: loderebbero principalmente Cus come l'architetto di uno stile brillante, efficace e piacevole per la folla... ma poi loderebbero ugualmente Tyson per "i suoi enormi talenti fisici". Non commettere errori: per far funzionare questo stile nella divisione dei pesi massimi, avevi bisogno del combattente giusto con la cassetta degli attrezzi prerequisita.

Un ottimo esempio di cosa può andare storto usando lo stesso stile (con lo stesso allenatore) può essere visto graficamente quando Sonny Liston ha appiattito due volte Floyd Patterson all'inizio degli anni '60.


Patterson è stato anche diligentemente allenato da Cus ed è stato abbastanza bravo da diventare campione del mondo... ma quando si è imbattuto in una bestia tecnica come Liston, gli mancava semplicemente la fisicità e la potenza di fuoco per tenerlo a bada. In poche parole, con peekaboo: o vinci alla grande o perdi alla grande e non ci sono molte vie di mezzo.

Per questo motivo, lo stile sembra rimanere una specie di rarità... Tuttavia Canelo incorpora sicuramente alcuni peekaboo nel suo lavoro, ma ovviamente non in modo aggressivo come il primo Tyson.