giovedì 1 ottobre 2015

Uchimizu

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Uchimizu (打ち水) è un termine che indica l'aspersione d'acqua nei giardini e nelle strade giapponesi.

Descrizione
D'estate, nelle strade, serve a rinfrescare l'aria ed abbellire il paesaggio urbano. Non si tratta però di una mera questione di igiene o di benessere fisico in quanto nei templi e nei giardini esso assume anche caratteristiche di rituale contemplativo. I giapponesi vedono lo uchimizu come un'esemplificazione dei valori tradizionali giapponesi.
Tradizionalmente lo si celebra con catino e cucchiaio e il celebrante indossa lo yukata, un kimono estivo. Vari movimenti ambientalisti utilizzano internet per incoraggiare i giapponesi a celebrare l'uchimizu con acqua riciclata in modo che tale pratica diventi, oltre ad una forma di cortesia verso i propri concittadini, anche ambientalmente più sostenibile.


mercoledì 30 settembre 2015

Mercenario

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Il condottiero, nell'Italia tardo medievale e rinascimentale, era il capo delle truppe mercenarie.
Un mercenario (anche talvolta informalmente noto come soldato di fortuna) è una persona che prende parte a un conflitto armato senza fare parte di una nazione o fazione in conflitto e che è motivato a combattere per ottenere un vantaggio economico personale, non per dovere di cittadinanza o per patriottismo o altri ideali.
Il mercenario è dunque un soggetto formalmente estraneo alle parti in conflitto e appositamente reclutato da un committente (un governo, un'azienda o altra organizzazione), operando spesso all'estero. I suoi doveri sono stabiliti liberamente da un contratto con il suo committente, al contrario degli appartenenti alle forze armate regolari, che rispondono esclusivamente allo Stato di appartenenza. La sua remunerazione è superiore a quella dei soldati delle forze regolari, dei quali non possiede lo status di militare e i relativi doveri, poteri e diritti giuridici. In tal modo spesso i mercenari non agiscono secondo il diritto internazionale umanitario e, se catturati, non hanno le tutele dei prigionieri di guerra.
I mercenari sono stati ampiamente utilizzati nelle guerre di ogni epoca. Sebbene in vari Stati l'attività mercenaria sia formalmente illegale, le truppe mercenarie - organizzate da compagnie militari private - vengono comunemente usate anche nei conflitti contemporanei, sia come supporto alle truppe regolari, sia per compiere operazioni belliche non ufficiali.

Storia

Antichità

L'utilizzo di truppe mercenarie fu molto in uso già in età antica, ad esempio presso i popoli delle civiltà orientali antiche. Già nell'antico Egitto il faraone Ramesse II si servì di mercenari shardana provenienti dalla Sardegna per combattere i suoi nemici Hittiti nel XIII secolo. "Soldati" che prestano i loro servizi per mercede vennero indicati dai greci con nomi diversi (misthophóroi, misthōtoì, epíkouroi ecc.), presso i romani come mercenarii, peregrini milites.
Presso i greci apparvero per la prima volta quando, sulla fine dell'VIII secolo a.C., tiranni come Pisistrato e Policrate, per affermare il loro potere, si appoggiarono ad armi prezzolate. Di mercenari si servirono i re di Lidia; Milziade si impadronì del Chersoneso Tracico con l'aiuto di 500 mercenari.
Scomparsi con la caduta delle tirannidi, furono di nuovo largamente impiegati al tempo della guerra del Peloponneso. Grandiosa formazione di un esercito mercenario fu in quell'epoca, come tramandatoci nell'Anabasi di Senofonte, l'arruolamento dei diecimila greci che, partiti sotto il comando di Ciro il Giovane, si resero famosi per l'epica ritirata sotto la guida di Senofonte (401 a.C.). I superstiti, arruolati nell'esercito spartano sotto il comando del re di Sparta Agesilao II, passarono a combattere nell'Asia Minore contro il re di Persia. Da allora le milizie mercenarie entrarono normalmente nella costituzione degli eserciti greci, e si ebbero persino generali mercenari, come Ificrate, Cabria, Timoteo, Carete, i quali, detti egualmente strateghi, come quelli degli eserciti stabili, inviavano i loro capitani (lochagoí) a raccogliere gente in compagnie di 100 uomini ognuna (lóchoi). L'avvento dei mercenari cambiò notevolmente gli eserciti greci. Le armate delle città stato erano costituite da normali cittadini della polis che venivano richiamati in base alla necessità, quindi con un addestramento militare quasi nullo (l'unica eccezione è la città di Sparta). Questo si rifletteva sul campo di battaglia, dove era impossibile applicare una minima componente tattica. Coi mercenari, uomini che esercitavano la guerra come professione, la capacità bellica degli eserciti greci migliorò notevolmente.
Tali mercenari non militarono soltanto in Grecia: già fin dall'VIII-VII secolo a.C. s'erano posti al servizio della Lidia e della dinastia saitica d'Egitto. Più tardi furono numerosi anche nell'esercito persiano: nella battaglia del Granico, Alessandro Magno ne ebbe di fronte 20.000, in quella di Isso 30.000. Nell’età dei diadochi gli eserciti furono formati essenzialmente da mercenari, i quali passavano facilmente dall’uno all'altro campo. I tiranni di Sicilia ebbero truppe mercenarie; se ne trovano al principio del IV secolo a.C. al soldo di Dionisio I. Di solito, per l'arruolamento, gli stati interessati mandavano incettatori i quali, ottenuta licenza dalle autorità locali, percorrevano i diversi paesi offrendo il soldo e promettendo bottino. Cartagine faceva largo uso di mercenari, e preferiva usare le sue ingenti ricchezze per pagarli piuttosto che rischiare in guerra la sua popolazione cittadina. Sulla scia di quanto accadde in Oriente, dal 264 a.C. al 146 a.C. Cartagine impiegò mercenari di ogni sorta, armamento e provenienza: Celti, Numidi, Balearici, Sardi nuragici, Siculi, Liguri, Etruschi, Greci, Corsi e Iberi combatterono nelle tre guerre puniche contro Roma.



Medioevo

«Se uno tiene lo Stato fondato sulle armi mercenarie non starà mai fermo né sicuro, perché le [esse] sono disunite, ambiziose, senza disciplina, infedeli... Non hanno altro amore né altra ragione che le tenga in campo che un poco di stipendio, il quale non è sufficiente che vogliano [perché vogliano] morire per te. Vogliono ben essere tuoi soldati, mentre che tu non fai guerra; ma, come la guerra viene, vogliono o fuggirsi o andarsene.»
(Niccolò Machiavelli, Dell'arte della guerra, 1519-20.)



«se uno [principe] tiene lo stato suo fondato in sulle armi mercenarie, non starà mai fermo né sicuro; perché le sono disunite, ambiziose, senza disciplina, infedele.»
(Machiavelli, Il Principe)



L'utilizzo di mercenari fu molto comune durante il Medioevo: ad esempio, durante questo periodo, le milizie mercenarie per antonomasia furono le cosiddette compagnie di ventura, costituite da soldati di ventura. Presso la corte bizantina furono, già dall'Alto Medioevo, reclutati come mercenari guerrieri di origine scandinava (Vichinghi), noti come Guardie Variaghe, che andavano a formare la guardia scelta dell'Imperatore d'Oriente.

Furono poi i cavalieri normanni della famiglia Drengot a proporsi inizialmente al soldo dei principi longobardi (contro le incursioni saracene a Napoli e Salerno) e poi degli insorti baresi nelle lotte antibizantine. Truppe mercenarie furono utilizzate nella battaglia di Campaldino nel 1260 a fianco dell'esercito fiorentino; ne fece uso anche il comune di Siena, stipulando contratti tra il 1327 e il 1351 con un condottiero ante litteram come Guidoriccio da Fogliano che si pose anche al soldo degli Scaligeri. Tali truppe vennero più volte usate in Europa, erano riunite in compagnie di ventura e guidate da un capitano di ventura, che stipulava veri e propri contratti con i signori e i regnanti interessati. Ebbero vasto impiego in Europa dal XIV secolo alla prima metà del XVII secolo.
Anche gli stati medievali usavano questo genere di truppe, tanto che Niccolò Machiavelli ne denuncia la pericolosità nei suoi scritti (arrivando almeno secondo, dato che già Polibio ne sconsigliava l'uso se non in quantità minime). I lanzichenecchi sono state le truppe mercenarie che compirono il Sacco di Roma nel 1527. Altre milizie di fanteria mercenaria molto note e apprezzate erano le falangi di mercenari svizzeri.



Età moderna e contemporanea

Nel corso del XX secolo si è fatto uso di mercenari in diversi conflitti, specialmente nelle innumerevoli guerre dei paesi del Terzo Mondo. Durante la guerra fredda, i mercenari vennero assoldati, oltre per partecipare a conflitti armati per conto dei creditori, anche per attuare colpi di stato, come per esempio nella crisi del Congo nella prima metà degli anni sessanta, in Benin nel 1977 o nelle Seychelles nel 1981. Tali soggetti sono stati spessi impiegati ad esempio nella guerre jugoslave e nella crisi di Timor Est del 1999 e durante la guerra del Kosovo. Dal 1994 al 2002 Il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti ha stipulato più di 3000 contratti con delle cosiddette compagnie militari private statunitensi, per un giro d’affari da 100 miliardi di euro l’anno, con 15.000 uomini impiegati in missione che guadagnano fino a mille euro al giorno.
A partire dagli anni 2000 si è avuto un ulteriore incremento, ad esempio durante la guerra d'Iraq nel 2003 ed anche negli anni a seguire, a causa del loro coinvolgimento nei combattimenti e negli interrogatori della prigione di Abu Ghraib divenuta famosa per le denunce dei casi di tortura. Durante il conflitto i mercenari in Iraq rappresentarono la seconda forza in campo subito dopo gli Stati Uniti d'America e prima della Gran Bretagna. Utilizzo di truppe mercenarie è stato segnalato nel 2011, anche durante la guerra civile in Libia e nella guerra civile siriana.


Caratteristiche

Egli è un soggetto formalmente estraneo alle parti in conflitto e appositamente reclutato da un committente (un governo, un'azienda o altra organizzazione), operando spesso all'estero. I suoi doveri sono stabiliti liberamente da un contratto con il suo committente, al contrario degli appartenenti alle forze armate regolari, che rispondono esclusivamente allo Stato di appartenenza. La sua remunerazione è superiore a quella dei soldati delle forze regolari, dei quali non possiede lo status di militare e i relativi doveri, poteri e diritti giuridici. In tal modo spesso i mercenari non agiscono secondo il diritto internazionale umanitario e, se catturati, non hanno le tutele dei prigionieri di guerra.
A partire dal XX secolo i servizi riconducibili ad attività mercenaria sono spesso svolti da compagnie militari private spesso generalmente definite come contractors, ossia delle imprese che forniscono anche consulenze e servizi specialistici, anche se in molti paesi del mondo questa attività è espressamente vietata e sanzionata dalla legge, tuttavia oggi spesso il più generico anglicismo contractor per definire questi soggetti. Tale eufemismo in realtà indica, in generale, qualsiasi persona che sia impegnata allo svolgimento di un particolare compito definito in base ad un contratto o simile, con qualsiasi profilo professionale ed in qualsiasi ambito lavorativo (come il termine mercenario indicava in passato). Sebbene in vari paesi del mondo l'attività mercenaria sia formalmente illegale, le truppe mercenarie - organizzate da compagnie militari private - vengono comunemente usate anche nei conflitti contemporanei, sia come supporto alle truppe regolari, sia per compiere operazioni belliche non ufficiali.



La figura nel diritto contemporaneo

Nel diritto internazionale

Nel diritto contemporaneo non esiste una definizione di mercenario comunemente accettata. Infatti la distinzione tra un mercenario e un volontario di guerra straniero è spesso molto sottile perché la reale motivazione che spinge a combattere in un esercito straniero è incerta. Viene inoltre utilizzata la locuzione industria della difesa per indicare il complesso di enti privati e di operatori civili che generalmente non hanno ruolo e funzioni di combattimento diretto.
Il protocollo addizionale 8 giugno 1977 (APGC77) alle Convenzioni di Ginevra relativo alla protezione delle vittime nei conflitti armati internazionali, ratificato da 167 Stati, prevede la definizione più ampiamente accettata di un mercenario, e afferma:
«1. Un mercenario non ha diritto di essere un combattente o prigioniero di guerra.
2. Un mercenario è una persona che:
a) espressamente reclutata nel paese o all'estero per combattere in un conflitto armato;
b) di fatto prende parte diretta alle ostilità;
c) che partecipa alle ostilità essenzialmente in vista di ottenere un vantaggio personale ed alla quale è stata effettivamente promessa, da una parte al conflitto o a nome di quest'ultima, una remunerazione materiale nettamente superiore a quella promessa o pagata a combattenti aventi rango e funzioni analoghe nelle forze armate di detta parte;
d) che non è cittadina di una parte al conflitto, né residente del territorio controllato da una parte al conflitto;
e) che non è membro delle forze armate di una parte al conflitto;
f) che non è stata inviata da uno stato diverso da una parte al conflitto, in missione ufficiale come membro delle forze armate di tale Stato.»

Tutti i criteri (a - f), devono essere rispettati, secondo la Convenzione di Ginevra, affinché un combattente possa essere definito mercenario.
La convenzione internazionale contro il reclutamento, l’utilizzazione, il finanziamento e l’istruzione di mercenari - adottata e aperta alla firma dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 4 dicembre 1989 con la risoluzione 44/34 ed entrata in vigore il 20 ottobre 2001 - contiene all'art. 1 la definizione di mercenario. La disposizione è simile all'articolo 47 del I Protocollo, tuttavia al punto 1.2 amplia gli elementi per considerare un soggetto come mercenario, introducendo tra i requisiti:
«Per rovesciare un governo o comunque minare l'ordine costituzionale di uno Stato, o pregiudicare l'integrità territoriale di uno Stato.»
e ancora:
«è motivato a farne parte essenzialmente dal desiderio di guadagno significativo privato ed è spinto dalla promessa o il pagamento di un indennizzo materiale.»
Le convenzioni suddette si applicano tuttavia ai soggetti provenienti dai paesi del mondo che le abbiano firmate, riguardo quella del 1989 ad esempio, taluni paesi come gli Stati Uniti d'America non l'hanno ad oggi ratificata, come riportato dal comitato internazionale della Croce Rossa.



Nelle legislazioni nazionali

A livello nazionale invece molti stati hanno una legislazione particolare per questo genere di attività, ad esempio:
  • In Austria i cittadini perdono la cittadinanza automaticamente se fanno parte di truppe mercenarie.
  • In Francia valgono i principi delle Convenzioni di Ginevra.
  • In Inghilterra è illegale fare parte di truppe mercenarie, ma ci sono state negli anni diverse deroghe.
  • L'Italia non consente la partecipazione di soggetti, diversi dalle proprie forze armate, a conflitti armati nel territorio di un altro stato, in quanto la convenzione delle Nazioni Unite dell'89 è stata ratificata con la legge 12 maggio 1995 n. 210.
  • Gli Stati Uniti d'America consentono l'utilizzo di forza militare da parte di privati; nel paese è legale la costituzione e l'utilizzo di compagnie militari private
  • In Sudafrica una legge (il "Foreign Military Assistance Act") chiarisce che i cittadini non possono fare parte di truppe a contratto se non per missioni umanitarie. Nel 2005, con la guerra in Iraq ed il caso di Mark Thatcher (il figlio di Margaret Thatcher) arrestato per attività mercenarie, sono state riviste le normative.
  • La Svizzera non permette attività mercenarie dal 1927, con l'eccezione delle guardie svizzere in Vaticano.

Mercenari famosi

Nel XX secolo alcuni mercenari sono stati molto conosciuti, soprattutto la generazione dei "mercenari bianchi", impiegati negli anni sessanta e settanta nelle guerre civili africane dalle potenze post-coloniali o dai governi locali:
  • Mike Hoare, "Mad Mike", cittadino britannico di origine irlandese, coinvolto sia nella crisi del Congo negli anni sessanta, dove formò il "5° Commando", che nel fallito colpo di Stato nelle Seychelles nel 1978.
  • Siegfried Müller, "Kongo Müller", tedesco, ex ufficiale della Wehrmacht e veterano del fronte, reclutato come luogotenente nella crisi del Congo nel '64, guidò il "52° Commando", una sub-unità del "5° Commando" di Mike Hoare.
  • John Peters, britannico, si unì a "Mad Mike" Hoare durante crisi del Congo degli anni sessanta diventando il suo vice-comandante e avvicendandosi alla guida del reparto nel 1965.
  • Bob Denard, francese, coinvolto in numerosi conflitti in Africa, talvolta con la copertura o il supporto della Francia, per conto della quale ha partecipato ad alcune azioni anche sulle isole Comore. In Congo guidò il "6° Commando" dopo il Colonnello Lamouline dal '65 al '67.
  • Daniele Zanata, alias Daniel Van Horne, alias Daniel Wydman, esperto di antiterrorismo coinvolto in numerosi conflitti in Africa (Angola, Sierra Leone, Isole Comore), Balcani (Serbia), ex Repubbliche sovietiche (Cecenia).
  • Simon Mann, più volte coinvolto in Angola e Sierra Leone. Arrestato in Zimbabwe nel 2004 per essere coinvolto nel tentato colpo di Stato in Guinea che ha portato all'arresto di Mark Thatcher nel 2006.
  • Jean Schramme,"Black Jack", belga, implicato nella guerra civile congolese degli anni sessanta e nel tentativo di golpe di Moise Ciombe, guidò le azioni del "10° Commando".
  • Roger Faulques, pluridecorato ufficiale di carriera francese, inviato nel Katanga durante la secessione, ebbe sotto il suo comando Bob Denard, condusse l'operazione francese nello Yemen e fu impiegato sempre per conto della Francia nella guerra civile nigeriana.
  • Rolf Steiner, tedesco, servì sotto il comando francese di Roger Faulques in Nigeria, poi formato un suo reparto, combatté nel Sudan meridionale e Biafra.
  • Frederick Russell Burnham ex militare statunitense ed uno dei fondatori dell'associazione Boy Scouts of America, la sua figura costituì ispirazione per le opere di Allan Quatermain.
  • Carl Gustav von Rosen, svedese, aviatore pioniero, mercenario e collaboratore della Croce Rossa. Prese parte ad azioni umanitarie e belliche nella guerra d'Etiopia, nella guerra d'inverno, nella seconda guerra mondiale, nel conflitto del Biafra e nella guerra dell'Ogaden.
  • Roberto delle Fave italiano, famoso soprattutto per la partecipazione alla guerra d'indipendenza croata, alla guerra in Bosnia ed Erzegovina e la guerra del Kosovo.



martedì 29 settembre 2015

Il lottatore, cresciuto al Giambellino, spiega la nuova vocazione sportiva



Bruno Danovaro nella sua vita ha fatto un po' di tutto. Ma soprattutto ha combattuto. Per sport e non solo per sport visto che oltre a karate, judo, wrestling, è stato per il Ministero della Difesa istruttore dei militari italiani che venivano inviati nelle missioni di pace e, con il Provveditorato agli studi di Milano, ha fatto corsi nelle scuole milanesi per sconfiggere il bullismo. Anni fa negli Stati Uniti, dopo aver stabilito un record mondiale nel sollevamento pesi, è diventato l'«uomo più forte del mondo».
Così lo chiamavano e quello è diventato anche il titolo di un libro che ha raccontato la sua storia cominciata come lavapiatti negli States. Vai a cercare il suo nome sul web e salta fuori il racconto di una vita, a tratti anche avventurosa. Il padre avvocato è stato un nuotatore, la madre ha fatto atletica leggera e lui a quattro anni era già in vasca a sbracciare. Poi da Sampierdarena, dove è nato, è arrivato a Milano al Giambellino dove ha imparato anche a «menar le mani» e così, per evitare di finir nei guai, si è dato al judo e ai pesi «dirottato» da un istruttore giapponese colpito dalla sua forza.
Non è simpatico a tutti, anzi. Nel suo mondo non si è fatto tanti amici ma per uno abituato a combattere non sembra sia un problema: «Il mio mestiere è questo - racconta -. E oggi a 46 anni sono l'unico al mondo che ha sostenuto 90 kumite, novanta incontri di arti marziali miste in un giorno e mezzo...». Una sfida continua, dodici mesi l'anno: «Mi alleno praticamente tutti i giorni tre volte al giorno - racconta -. Con una sessione di pesi la mattina, lo sparring nella pausa di pranzo e la lotta la sera. Ed è una vita di sacrifici perché restare in forma non è facile e bisogna stare attenti un po' a tutto a cominciare dall'alimentazione. Pochissimi carboidrati, niente pasta e pizze, molta frutta, verdura e pesce e carne rossa vicino ai combattimenti. Ma è una filosofia di vita che mi porta a fare esperienze sempre diverse perché la mia passione è combattere... Come diceva Bruce Lee un lottatore deve saper fare tutto e non solo pugni o proiezioni».
Così, anche se gli anni passano, l'agenda di Danovaro resta fitta. Il prossimo appuntamento lo sta organizzando a Milano la Ibk, l'international budo kaikan, che a novembre metterà di fronte le due nazionali di Italia e Svizzera con una sfida sul ring tra Danovaro e Ivan Drago, già protagonista in un film con Silvester Stallone nella quarta serie di Rocky. E non è finita. «Sì ho altri due progetti che mi affascinano - racconta -. Essere il primo non fiorentino in campo in una sfida di calcio fiorentino ma stiamo aspettando la delibera comunale che possa dare il permesso a partecipare e giocare una partita di “palla grossa” a Prato». «Calcio fiorentino» e «Palla grossa» due sport antichi dove la palla è un pretesto per darsele di santa ragione tra abitanti di contrade avversarie: «Beh non è proprio così, c'è una storia di secoli alle spalle - spiega Danovaro -. Certo non è uno sport per signorine. Ed è questo che mi piace...».

lunedì 28 settembre 2015

Tokyo 2020, karate e surf tra le nuove discipline olimpiche


I riflettori su Rio 2016 non si sono ancora accesi, ma gli organizzatori delle Olimpiadi di Tokyo del 2020 hanno già iniziato a far girare la ruota delle proposte. 

Secondo le regole del Cio adottate lo scorso dicembre, i paesi ospitanti possono proporre nuove discipline da ospitare nei loro giochi. Mentre i giochi olimpici brasiliani rivedranno il ritorno del golf e rugby, in Giappone potrebbero essere ben cinque le discipline.
Tra innovazione e tradizione a Tokyo potrebbe esserci spazio per uno sport di squadra, il baseball-softball e 4 discipline individuali. L'arrampiacata sportiva, ma anche skateboard e surf. Il Comitato giapponese pesca anche dalla tradizione e sceglie di proporre il karate, arte marziale millenaria nata proprio nel paese.
"Si tratta di discipline al contempo tradizionali ed emergenti e rivolte ai giovani, che sono tutte popolari in Giappone e a livello internazionale - spiegano in una nota gli organizzatori - Faranno da forza trainante per promuovere ulteriormente il movimento olimpico e i suoi valori".
Il comitato giapponese, dopo una selezione iniziata a maggio, ha stimato che gli atelti dei 5 nuovi sport saranno circa 474. Dopo la proposta la palla passa ora al Comitato Olimpico Internazionale che nella sessione di Rio de Janeiro ad agosto 2016 deciderà se accogliere o meno le proposte giapponesi.
 

domenica 27 settembre 2015

Ame-onna

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Ame-onna (雨女letteralmente "donna della pioggia") è uno yōkai del folklore giapponese. Si tratta dello spirito di una donna che appare sotto la pioggia.

Origine

La leggenda racconta che l'Ame-onna fosse una dea del monte Wushan in Cina, e che fosse una nube al mattino e pioggia al pomeriggio. Entrando in Giappone, divenne uno yōkai che infastidiva la popolazione. Gli agricoltori allora la pregarono di portare la pioggia per le coltivazioni.

Nella cultura di massa

Oggigiorno in Giappone la parola ame-onna (il cui maschile è ame-otoko) si riferisce ad una persona sfortunata, che sembra essere seguita dalla nefasta pioggia ovunque vada, guadagnando la reputazione di aver rovinato eventi importanti come matrimoni e manifestazioni sportive.

sabato 26 settembre 2015

Dakyu

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Il dakyu (打毬 Dakyū) è un antico gioco equestre giapponese.

Storia

Originario della Cina, le prime notizie di questo gioco risalgono all'VIII secolo: la più antica testimonianza scritta è in un documento del 727 d.C. Lo scritto descrive una sfida disputata a Kasugano, nella provincia di Nara, mentre nello stesso anno un editto dell'imperatore proibiva le discipline equestri perché troppo popolari, impoverendo le forze della cavalleria imperiale. È rimasto popolare tra l'aristocrazia fino al periodo Kamakura, quando si estinse a poco a poco (l'ultima partita è stata registrata nel 986).
Nel XVIII secolo il gioco riapparve, in gran parte dovuto al sostegno di Tokugawa Yoshimune. A questo punto si era evoluto da un gioco simile al polo (usando bacchette) a qualcosa di più simile al lacrosse. Durante questo periodo, il dakyu era considerato come un corollario per l'addestramento militare (allo scopo di una formazione delle competenze necessarie per maneggiare una lancia a cavallo). Questo aspetto è stato sottovalutato in epoca Meiji, quando il gioco ancora una volta perso la sua diffusione. Oggi sopravvive solo come assetto culturale; viene praticato come forma di spettacolo, soprattutto in Cina, in occasione di rievocazioni storiche.

Regole

Nella sua forma primitiva il gioco consiste nel colpire una pietra sferica con lunghe pertiche di legno. Le competizioni si svolgevano su campi non delimitati da alcun lato e lo scopo era quello di spingere la sfera nella zona avversaria.
Nel XV secolo vengono stabilite delle dimensioni per il campo (20 m di larghezza e 50 m di lunghezza) e fissato a 5 il numero di giocatori per squadra.
Nel XVI secolo si sostituiscono gli strumenti del gioco: dalle pertiche si passa a mazze con lunghe canne terminanti con rete metallica che cattura e sposta la palla, come nel lacrosse. Lo scopo è quello di tirare la palla dentro il cerchio avversario (46 cm di diametro) posto a 2,13 m dal suolo. Una partita è divisa in due tempi e termina quando una delle due squadre arriva a 12 punti.

Stile Kagemiryu

Nello stile di gioco Kagemiryu o Hachinohe, che risale al XVIII secolo, le squadre sono composte da quattro cavalieri ciascuna. I giocatori corrono a sospingere palline del diametro di 30 cm del loro colore nei quattro obiettivi posti nel campo (due per ogni lato), tirando da una distanza predefinita tra i 18 e i 27 metri dall'obiettivo. Un obiettivo centrato è segnalato da percussioni, tamburi per la squadra bianca, gong per la squadra rossa. La squadra vincente è la prima a mettere tutte le palle in gol.

Stile Yamagata

Nello stile Yamagata o Imperiale, vengono utilizzati bastoni più brevi (solo 1 metro, meno della metà della lunghezza di quelli utilizzati nello stile Hachinohe), ed entrambe le squadre devono centrare un unico obiettivo. La palla è anche più piccola, avendo soli pochi centimetri di diametro. Nei giochi in stile Yamagata vengono utilizzate cinque sfere, mentre undici nello stile imperiale. Quando l'obiettivo ha ricevuto tutte le palle, una palla finale chiamata agemari è messa in gioco; a seconda di quale squadra poi ha segnato con la agemari vince la partita.

venerdì 25 settembre 2015

Strategikon

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Lo Strategikon (in greco antico Στρατηγικόν) è un manuale sulla guerra del VI secolo redatto dall'imperatore bizantino Maurizio; è soprattutto un manuale pratico, "un manuale piccolo ed elementare", secondo l'introduzione, "per coloro che si dedicano al comando militare". È ancora incerto chi sia il vero autore dello Strategikon: Maurizio potrebbe averlo solo iniziato e forse suo fratello o un generale della sua corte potrebbe essere il vero autore. Il testo fu scritto in greco, divenuto lingua ufficiale dell'impero romano d'oriente, sebbene numerosi termini adoperati siano chiaramente di derivazione latina.
Strategikon fu il tentativo di codificare le riforme militari promulgate dall'imperatore-soldato Maurizio. Queste riforme rimasero in vigore per 500 anni, fino all'XI secolo.
L'opera consiste in dodici capitoli o "libri" e si occupa di tutto ciò che riguarda l'organizzazione, l'addestramento ed il supporto per le truppe a cavallo. Include anche piani per reclutare una milizia di contadini in modo tale da sostituire le armate mercenarie. Di particolare importanza ed interesse etnografico è l'undicesimo libro, che descrive molti dei nemici di Bisanzio (Franchi, Longobardi, Avari, Persiani e Slavi). Lo Strategikon appartiene anche alla letteratura legale bizantina in quanto contiene la lista delle infrazioni militari e delle relative punizioni.
Lo Strategikon fu molto stimato negli ambienti militari come il primo, e solo, esempio di una sofisticata teoria dell'utilizzo combinato delle varie specialità fino alla seconda guerra mondiale.

giovedì 24 settembre 2015

Capoeira

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La capoeira è un'arte marziale brasiliana, caratterizzata da elementi espressivi come la musica e l'armonia dei movimenti (per questo spesso scambiata per una danza).
Nata e diffusa inizialmente a Bahia, trasformatasi poi in una pratica spettacolare: i capoeiristi formano un grande cerchio, suonano le percussioni e incitano cantando i lottatori che a due a due si confrontano con una tecnica unica e affascinante, per molti versi simile a una danza.

Storia

La storia della capoeira è molto complessa e difficile da tracciare in maniera precisa, soprattutto per la carenza di documenti scritti al riguardo e per la loro distruzione dopo l'abolizione della schiavitù in Brasile; di certo sappiamo che trae le sue origini dalla mescolanza di rituali di lotta e danza di alcune tribù africane già colonie dei portoghesi, catturate e fatte schiave in massa per essere deportate in Brasile.
Il 22 aprile 1500 Pedro Álvares Cabral sbarca in Brasile e, con lui, inizia così la storia del colonialismo portoghese. I colonizzatori per risolvere il problema di manodopera schiava cominciano a catturare africani (più robusti fisicamente degli indios autoctoni, decimati dalle malattie portate dai colonizzatori). Gli schiavi venivano sfruttati nelle piantagioni (canna da zucchero, tabacco, caffè, ecc.) per molte ore al giorno, ritirandosi poi nelle Sem-Alas (sem = senza, ala = lato di muro), grandi e miseri dormitori sotterranei, bui e senza mura divisorie, vivendo in condizioni pessime. Con le ingerenze olandesi nelle colonie portoghesi (1624-1654) in Brasile gli schiavi approfittarono degli scontri per darsi alla fuga.
Alcuni si organizzarono in comunità indipendenti, nei villaggi detti quilombos. Questo periodo fu sicuramente un catalizzatore dello sviluppo della capoeira. Uno di questi villaggi, Palmares, all'epoca probabilmente collocato nello Stato nordestino Alagoas, è assurto a simbolo della lotta degli schiavi contro i loro carnefici. Fondato nel 1610, il primo Palmares sopravvisse per più di ottant'anni resistendo all'incalzare dei portoghesi; fu distrutto nel 1695 dopo un assedio di 5 anni e 9000 soldati impiegati.
I primi documenti che parlano di capoeira risalgono al 1624, si tratta di diari dei capi di spedizione incaricati di catturare e riportare indietro gli schiavi neri che tentavano di scappare. Questi documenti fanno riferimento ad uno strano modo di combattere, "usando calci e testate come fossero veri animali indomabili".
Il mito diffuso è che la capoeira fosse un modo per gli schiavi di allenarsi a combattere dissimulando, agli occhi dei carcerieri, la lotta con la danza. Questo può essere vero solo per uno stadio molto primitivo del suo sviluppo, perché in realtà la pratica della capoeira a partire dal 1814 venne vietata agli schiavi, assieme ad altre forme di espressione culturale, principalmente per impedirne l'aggregazione, anche se alcune fonti dicono che questa forma di arte marziale ha continuato ad esistere e svilupparsi considerando il fatto che sia sopravvissuta fino ai nostri giorni.
Il 1888 fu l'anno di liberazione dalla schiavitù, ma gli schiavi liberati non ebbero modo di integrarsi facilmente nel tessuto socio-economico. Specie nelle grandi città, molti di loro si diedero al crimine per sopravvivere, facendo spesso ricorso alla capoeira negli scontri con altri delinquenti o con la polizia. La capoeira fu quindi presto associata alla delinquenza di strada, tanto da venire proibita a livello nazionale già dal 1892. La pratica della capoeira rimase clandestina (da questo deriva l'uso per ogni capoeirista di un apelido, un soprannome), spesso violenta e praticata solo nelle strade da individui malfamati, schedati appunto dalla polizia come capoeiristas.
Nel 1930 la politica nazionalistica del presidente/dittatore Getúlio Vargas, in cerca di uno sport da promuovere come sport nazionale, diede l'opportunità a Mestre Bimba di riscattare la fama negativa della capoeira mediante lo stile di "Lotta Regionale di Bahia", da lui ideato. Nel 1932 gli venne permesso di aprire la prima academia nella quale impose anche delle regole di disciplina per ripulire la cattiva immagine che l'opinione pubblica aveva della capoeira. Dopo una pubblica esibizione di Mestre Bimba e dei suoi allievi finalmente lo sport ebbe il suo riscatto, e cominciò la sua lenta ascesa.
Nel 1974 la capoeira è stata riconosciuta come sport nazionale brasiliano. In Italia, a partire dagli anni ottanta, la Capoeira ha visto la nascita di molti gruppi, molti dei quali ancora attivi su tutto il territorio nazionale.

Capoeiristi storici

  • Besouro Mangangá
  • Mestre Pastinha
  • Mestre Bimba
  • Mestre Suassuna
  • Mestre Camisa
  • Tore Esporão Capoeira

Sport

La capoeira è, nella sua origine, una lotta di liberazione dissimulata nella danza, in un gioco di arguzia. Con ogni probabilità affonda le sue origini nelle tecniche di lotta tribali dell'Africa centro-occidentale, ma si sviluppa in Brasile durante l'epoca coloniale, quando vi vennero deportati gli schiavi africani. La tradizione vuole che gli schiavi di origini africane si esercitassero nella lotta con l'intento di conquistare la libertà; l'apparenza di danza tribale li avrebbe messi al sicuro dalla punizione dei padroni. L'origine del suo nome è incerta in quanto si crede che derivi dal nome del capotribù della fazione di schiavi che riuscì a fuggire liberandosi dalla schiavitù e a formare una comunità che col tempo divenne un villaggio nascosto nelle foreste amazzoniche che secondo fonti storiche incerte prese poi anch'esso lo stesso nome, appunto Capoeira.
La capoeira è divisa in diversi stili: la Capoeira primitiva, la Capoeira Angola, la Capoeira Regional, la Capoeira Estilizada, la Capoeira Contemporanea. Mentre nel resto del Brasile continuarono a praticare la capoeira che conoscevano, a Bahia nacquero due stili: negli anni trenta Mestre Bimba aprì la sua palestra di capoeira come attività culturale (la sua Académia si chiamava "Centro de Cultura Fisica e Regional Baiana"), perciò la sua capoeira fu denominata "Regional" ed ebbe un ruolo centrale nel processo di integrazione di questa disciplina nella società brasiliana, accettando nella sua scuola soltanto lavoratori (poveri, neri) e studenti (nella maggioranza bianchi): tecnicamente, senza snaturare la capoeira adottò alcune tecniche derivate dal "Batuque" e da altre arti marziali per restituire alla capoeira la sua valenza di lotta, persa nel tempo in favore di valori puramente folcloristici, ed introdusse un metodo di insegnamento sistematico con 8 sequenze. Nella sua scuola si enfatizza la verticalità e l'oggettività del jogo, integrando anche l'aspetto musicale con l'introduzione di nuovi toques appositamente creati per ogni situazione.
Era un'epoca di rinnovamento, quindi sulla scia dell'esempio di Mestre Bimba, che aveva evidenziato questa esigenza di organizzazione nella capoeira, altri capoeiristas di Bahia, a un'impostazione più tradizionale, decisero a loro volta di riunirsi fondando lo stile Angola, che fu organizzato e perfezionato da Mestre Pastinha. Questo stile conservava la capoeira praticata all'epoca "pre-Bimba" con i suoi aspetti originali e rituali: i movimenti a seconda del ritmo eseguito al berimbau possono essere veloci, portando il capoeirista ad avere una postura ed un gioco più alto, o più lenti e più vicini al suolo. Il jogo dura più a lungo ed enfatizza il dialogo fra i due corpi, l'estetica e la ritualità dei movimenti, le strategie e le tattiche, la malandragem (cioè l'astuzia, la malizia nel gioco); venne codificata come disciplina sportiva nel "Centro Esportivo de Capoeira Angola" di Pastinha.
Oggi, in realtà, la mescolanza di stili e tecniche non permette una classificazione così netta per molti gruppi di capoeira, tranne che per chi pratica la Capoeira Regional di Mestre Bimba, che ha sue specifiche e rigorose regole.
Elemento comune a qualsiasi stile di capoeira è la musica. Il ritmo del berimbau (lo strumento simbolo della capoeira) scandisce ogni fase del gioco nella roda (il cerchio di persone che si forma attorno ai due capoeiristi che stanno giocando). Esistono tipi di gioco diversi a seconda del ritmo: infatti, attraverso la musica, i suonatori possono modificare il gioco, comunicare messaggi al pubblico e ai giocatori. Come diceva Mestre Canjiquinha: "Io sono capoeira, quindi io gioco il ritmo che fa il berimbau". Nel 2014 l'UNESCO ha iscritto la Roda di Capoeira nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità.

Regole

Il berimbau Berra-boi detta la modalità del gioco e di solito viene assegnato al capoeirista più anziano presente nella roda. Lo stile, il rituale del gioco dipende dalla conoscenza e approfondimento del praticante nei "fondamentos" (es. fondamento tecnico, fondamento storico e fondamento musicale). Con il berimbau, tramite un ritmo specifico, si può formare la roda, iniziare il gioco, far uscire dalla roda, interrompere il gioco e terminare la roda. Per questa ragione si dice che il berimbau comanda la roda.
Quando la batteria di strumenti al completo sta suonando il ritmo "Angola" e il solista canta una "ladainha", poi passa alla "louvaçao" e di seguito al "corrido" e quando si sente le note del vamo s'imbora oppure Ie voltas do mundo, si entra in roda in coppia a partire dal berimbau e si comincia a giocare. Si esce dalla roda quando uno dei due giocatori fa capire di non volere continuare a giocare, o quando il berimbau lo comanda. In questo caso subentrano altri due giocatori (sempre passando dal berimbau). Certi ritmi del berimbau permettono il gioco di compra (inserirsi in mezzo ai due giocatori nella roda per prendere il posto di uno dei due). Un giocatore stanco può chiedere all'altro di fare assieme a lui un giro defaticante della roda per recuperare le energie, ma in realtà spesso si tratta di "imboscate" in cui si rischia di essere colpiti a sorpresa.
Riguardo al contatto dipende del ritmo suonato al berimbau. Alcuni ritmi non permettono il contatto (es. Banguela, Iuna, jogo-de-dentro) altri invece lo propongono proprio (es. Sao Bento di Bimba, Sao Bento Grande) Ma quando si tratta di un gioco realizzato tra amici, mentre fra i giocatori non esistono regole specifiche. Tutto dipende dal contesto, dall'abilità e dalle intenzioni dei giocatori. Spesso i colpi non vengono portati al bersaglio: se un giocatore viene sorpreso scoperto, il colpo viene accennato per dimostrare che lo si sarebbe potuto colpire, se il giocatore è coperto non si tenta di portare il colpo a segno forzando la sua difesa. In entrambi i casi quindi non si avrà contatto fisico. Questa non è una regola.
Ci sono scuole in cui, in base alla conoscenza della modalità di gioco proposta dal ritmo eseguito al berimbau, vengono insegnate tecniche (prese, proiezioni a terra) che implicano il contatto fisico, e ci sono contesti in cui un giocatore scoperto viene effettivamente colpito. È molto importante rendersi conto, quando si vuole entrare nella roda, del contesto, delle modalità di gioco, dell'intenzione dell'altro giocatore e delle proprie possibilità di confrontarsi con lui. Comunque, molto spesso un giocatore molto più abile dell'altro si accontenta di mostrare la sua superiorità senza colpire fisicamente, magari ironizzando sull'avversario, facendo acrobazie o mostrandosi scoperto per poi reagire in modo fulmineo ad un tentativo di attacco (un esempio di malandragem).

Corde e gradi

Nella maggior parte dei gruppi di Capoeira Angola non esistono corde, né gradi che distinguano l'abilità o il tempo di pratica di un capoerista (ad eccezione del Mestre). Alcuni maestri di Capoeira Angola concedono il titolo di "trenel" o "professor" ad alunni già in grado di insegnare. Nell'accademia di Mestre Bimba esistevano gradi molto semplici, che servivano a distinguere - con l'attribuzione di un fazzoletto colorato - gli allievi principianti da quelli avanzati (formados). Oggi molte scuole di Capoeira Regional Contemporanea usano il "cordao" o "cordel" (corda): nella capoeira è l'equivalente delle cinture nelle arti marziali come karate e jūdō. Viene assegnato durante una cerimonia detta batizado (battesimo). Spesso consiste in una treccia di nove fili ed è adottato nella Capoeira Regional e da alcuni gruppi di Angola. Ogni scuola ha il suo peculiare sistema di cordel, il che rende impossibile giudicare il livello di un capoeirista solo dal colore del cordel se non si conosce la scuola.
Comune a molte scuole è invece il riconoscimento del livello raggiunto con un titolo.
Livelli di base degli allievi in ordine crescente di esperienza:
  • principiante
  • batizado
  • pre-intermedio
  • intermedio
  • intermedio-avanzato
  • avanzato
  • graduado.
Allievi specializzati:
  • Monitor, primo livello di allievo abilitato all'insegnamento
  • Instrutor, secondo livello di allievo abilitato all'insegnamento
  • Professor, terzo livello di allievo abilitato all'insegnamento
  • Contramestre, quarto livello di allievo abilitato all'insegnamento.
  • Mestre (Formado in Capoeira è Maestro).
In alcune scuole e/o gruppi esiste soltanto una unica graduazione di Maestro (Mestre). Altre scuole e/o gruppi suddividono in gradi con colori diversi che possono variare da 3 a 5 cinture.
  • Gran Mestre, titolo dato ad un Maestro con più di 30 anni di formazione.
Di solito è l'ultimo livello di Maestro per le scuole e/o gruppi che utilizzano il sistema di gradi per i Maestri.

Abbigliamento

L'abbigliamento della capoeira è caratterizzato da dei pantaloni chiamati abadà (favoriscono i movimenti del capoeirista); la differenza tra Angola e Regional si può notare anche nel vestiario: infatti nella Capoeira Angola i colori predominanti sono il bianco (tradizionale), il nero e il giallo (erano i colori della popolare squadra di calcio Ypiranga, di cui il Mestre Pastinha era tifoso), nella Capoeira Regional, invece, il colore predominante è il bianco, in ricordo degli abiti da festa della domenica.

Musica

La musica è un ingrediente fondamentale della capoeira. La batteria di strumenti al completo comprende:
  • Berimbau (arco musicale)
  • Atabaque (un tipo di tamburo)
  • Pandero (tamburello a sonagli)
  • Agogô (campane di legno o metallo)
  • Reco reco (una sorta di "raspa" di legno)
  • Caxixi (strumento idiofono di origine africana).

Ritmi della Capoeira

I differenti ritmi utilizzati nella capoeira sono conosciuti con il nome di toques. Lo strumento principe è il berimbau, di cui esistono tre tipi: Gunga, Medio e Viola. Esistono diversi toque del berimbau che dovrebbero dettare lo stile di gioco e guidare la roda. I toques più comunemente utilizzati:
Toque de angola
São Bento de Bimba
È un tocco che trasmette molta energia e richiede molta tecnica ed attenzione da parte dei capoeristi impegnati nel gioco, in quanto è lo stile di capoeira più marziale. Fu creato da Mestre Bimba. Viene anche chiamato São Bento Grande da Regional. Si suona con un berimbau Viola, e due pandeiro (uno per lato). A questa formazione musicale (batteria) si dà il nome di "charanga".
São Bento Grande de Angola o São Bento Pequeno de Angola (Prima di Bimba erano conosciuti come São Bento Pequeno e Grande, senza l'aggiunta Angola)
Iúna
La Iuna è un uccello e il ritmo dovrebbe ricordare il "discorso" tra un maschio e una femmina di questo animale. Può essere giocato solo dal grado di alunno formato in su. Il gioco deve essere sia tecnico che acrobatico.
Cavalaria
È un ritmo che ricorda il suono di cavalli al galoppo, e consiste in una percussione veloce del berimbau. Esso quando la capoeira era ancora proibita serviva per avvisare i capoeiristi dell'arrivo della polizia. Oggi, che la capoeira non è più proibita, quando viene suonato questo tocco i capoeiristi non possono toccare il terreno con le mani e vengono avvisati dell'arrivo di qualcuno non benvenuto.
Samango
Santa Maria
Benguela
Benguela o Banguela è un ritmo intermedio tra Angola e Regional. La Benguela rappresenta la capoeira contemporanea; la capoeira più seguita e completa dei nostri giorni. Anche questa tecnica fu ideata e portata avanti da Mestre Bimba e col passare degli anni si cerca sempre di migliorarla. Il gioco di Benguela è un gioco incastrato dove i giocatori cercano di sopraffare l'avversario con la tecnica; nella roda di Benguela non è possibile effettuare salti mortali (poiché possono essere compiuti solo nella Regional)
Amazonas
È un ritmo suonato con il berimbau e indica un evento di festa è infatti utilizzato per accogliere e salutare i mestre e gli alunni di altri luoghi e che sono venuti in visita per un incontro o un batizado.
Idalina
Il ritmo degli strumenti è accompagnato dalle canzoni della capoeira. La roda de Angola inizia con la ladainha cantata da un singolo, mentre la "roda de regional" inizia con la chula (o ouvação) dopo il primo coro corridos, al quale tutta la roda risponde, il gioco inizia. I testi di queste canzoni sono in portoghese ed attingono ad un repertorio vastissimo di canzoni tradizionali della capoeira che si compongono, solitamente, di pochi versi. In nessun caso è permesso giocare nella roda se la musica si ferma.

Roda di Capoeira

La roda di Capoeira è un circolo di persone al centro del quale si danza e recita la capoeira.
I capoeristi si dispongono in circolo battendo i palmi delle mani al ritmo del berimbau e cantando mentre due capoeristi danzano capoeira al centro del circolo. La danza mimata tra due capoeristi può terminare a seguito di un cenno del suonatore del berimbau (solitamente un capoeirista esperto) o quando qualche altro capoeirista "compra" il gioco ad uno dei due, col quale inizia a ballare.
La grandezza della roda può variare da un diametro di tre metri fino a un diametro di più di dieci metri, e può essere formata da una dozzina di capoeristi come da più di cento.
Normalmente il gioco inizia di fronte al berimbau. La roda si può formare in qualsiasi luogo, in ambienti chiusi o all'aperto, sul cemento, sull'asfalto, sulla terra, sulla sabbia, per strada, in spiaggia in campagna, in palestra.
Affinché si formi una roda è necessaria la presenza di un'orchestra di strumenti (batteria).
La roda di capoeira è un microcosmo che riflette il macrocosmo della vita e del mondo. Gli elementi che la caratterizzano sono la malizia, il rispetto, la responsabilità, la provocazione, la competizione, la libertà, ma ogni gioco è diverso dagli altri e in ognuno si ritrovano elementi più marcati rispetto ad altri.
In generale nella capoeira non si cerca di distruggere il rivale sebbene non siano rare le contusioni a seguito del gioco. In generale il capoerista preferisce dimostrare la sua superiorità senza completare i colpi.
La ginga è il movimento base della capoeira, ed è un movimento delle gambe al ritmo del tocco del berimbau e ricorda una danza.
Il gioco di capoeira può durare pochi secondi o alcuni minuti a seconda del numero di capoeristi che vogliono giocare. Durante i combattimenti più lunghi capita che un capoerista richieda una pausa girando nella roda, dopo due o tre giri i capoeristi ritornano ai piedi del berimbau e riprendono a giocare.
Ogni tocco di capoeira richiede una forma differente di gioco, il toque Angola richiede un gioco più lento e più "mandingueiro" (sottile, dissimulato), São Bento Grande de Bimba un gioco veloce e molti colpi rotatori, Iúna (nella capoeira Regional) un gioco con molte acrobazie (floreios) e riservato agli alunni formati e i mestre e così via.

Colpi e movimenti di capoeira

I nomi dei colpi di capoeira variano da gruppo a gruppo, ma i principali sono:
  • Amazonas
  • Attacco Armada
  • Arpão
  • Aú Batido
  • Aú Queda de Rins
  • Aú sem mão
  • Avanço
  • Baiana
  • Bananeira
  • Bananeirinha
  • Banda
  • Beco do Papagaio
  • Benção
  • Cabeçada
  • Cadeira
  • Chapa
  • Cocorinha
  • Deslocamento Base
  • Deslocamento Lateral
  • Esquiva
  • Esquiva Avançada
  • Esquiva Baixa
  • Esquiva Media-Alta
  • Esquiva Quebrada
  • Esquiva Requadra
  • Folha Seca
  • Galopanche
  • Gancho
  • Gato
  • Giro de cabeça
  • Giro de mão
  • Ginga
  • Godeme
  • Loca
  • Macaco
  • Macaco de pé
  • Martelo
  • Martelo Cruzado
  • Meia-lua de base
  • Meia-lua de compasso
  • Meia-lua de frente
  • Meia-lua na Coluna
  • Parafuso
  • Pisão Cruzado
  • Pisão De Frente
  • Pisão Giratorio
  • Ponta de faca
  • Ponte aranha
  • Ponteira
  • Primera Trasformação
  • Queda de rim
  • Queixada de frente
  • Queixada de lado
  • Rabo-de-arraia
  • Rasteira
  • Salto mortal
  • Santo Amaro
  • Scissora
  • S-Dobrado
  • Tesoura
  • Vingativa
  • Voo do morcego

La danza nella capoeira

Il batuque, maculelê, puxada de rede e la samba de roda sono danze fortemente legate alla capoeira.

Curiosità

  • Durante il periodo in cui la capoeira era fuorilegge, l'utilizzo del berimbau venne proibito dalla polizia, dal momento che poteva essere trasformato in un'arma bianca dotando di una punta l'estremità del palo.
  • A ribadire l'importanza che la capoeira ebbe durante il periodo della schiavitù, uno dei toques più antichi recita "se non ci fosse stata la schiavitù la capoeira non sarebbe mai nata"
  • Marcus Aurélio, combattente brasiliano di MMA, ha utilizzato la capoeira nei suoi incontri.



mercoledì 23 settembre 2015

Danna

Risultati immagini per Danna (Giappone)


La parola danna (旦那) in giapponese significa padrone, ma in relazione con la geisha questo termine significa cliente-marito.
Il danna è colui che si occupa di tutto ciò di cui ha bisogno una geisha, paga le sue spese, acquista i suoi costosissimi kimono, la sommerge di regali e a volte, se è particolarmente generoso, le compra anche un'abitazione, o una ochaya (casa da tè); per questo motivo di solito i danna sono persone molto importanti e facoltose.
Tra le altre cose è anche il finanziatore dei suoi spettacoli (la geisha deve pagare per potersi esibire), quindi può essere considerato una sorta di mecenate.
Spesso i danna erano già piuttosto avanti con gli anni, quindi alla loro morte una geisha poteva trovarne un altro.
Colui che sceglieva una geisha per diventare il suo danna stipulava un contratto con la proprietaria dell'okiya, non molto diverso da un contratto di matrimonio, e saldava tutti i debiti che la geisha aveva nei confronti della "madre". La geisha aveva la possibilità di rifiutare un danna, ma solo se era molto richiesta, in caso contrario rischiava di non trovarne un altro, cosa che l'avrebbe legata per sempre a lavorare per la "madre".
Il danna solitamente era già sposato, ma in passato questo non era un problema per la vera moglie, anche perché solitamente i matrimoni erano combinati dalle famiglie degli sposi, non erano una scelta dettata dall'amore. In secondo luogo era molto prestigioso avere per amante una geisha famosa, o a volte anche più di una.
Ovviamente geisha e danna non vivevano sotto lo stesso tetto, ma quando egli annunciava una sua visita la geisha doveva dimostrarsi totalmente disponibile nei suoi confronti, anche se in sua assenza poteva avere anche altri clienti.
Mentre in passato il danna era necessario per una geisha, attualmente è una figura sempre più rara. Capita a volte che una geisha si innamori (anche se non dovrebbe farlo) e decida di sposarsi, abbandonando la professione e magari diventando insegnante di danza o di shamisen.