mercoledì 24 febbraio 2016

Qi Gong

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Il termine Qì Gōng si riferisce a una serie di pratiche e di esercizi collegati alla medicina tradizionale cinese e in parte alle arti marziali che prevedono la meditazione, la concentrazione mentale, il controllo della respirazione e particolari movimenti di esercizio fisico. Il qi gong si pratica generalmente per il mantenimento della buona salute e del benessere sia fisici sia psicologici, tramite la cura e l'accrescimento della propria energia interna (il Qi).

Etimologia
La parola 氣 (cinese semplificato 气, pinyin qi) significa sia aria sia spirito, esprimendo così un concetto di "soffio vitale", con un'accezione simile a quella del greco antico pnéuma (πνεῦμα) e del sanscrito prana (प्राण). La parola 功 (pinyin gōng) significa tecnica o abilità. Il termine completo qi gong vuol dire quindi tecnica del respiro o tecnica dello spirito, indicando l'arte di far circolare l'aria nel modo più adatto per raggiungere e mantenere il benessere psicofisico.

Caratteristiche generali
Esistono molte tecniche diverse di qi gong. Il qi gong si può praticare in modo statico oppure in movimento e prevedere movimenti prefissati (qi gong energia lavoro). In Cina, molte forme di qi gong tradizionale sono collegate con la medicina, con correnti filosofiche come il taoismo, il buddismo e con le arti marziali.
Anche i princìpi di riferimento cambiano a seconda della finalità con cui si pratica il qi gong. Per finalità terapeutiche o igieniche il qi gong attinge ai princìpi della medicina tradizionale cinese. Se praticato con finalità spirituali, si basa su principi collegati all'alchimia cinese e alle indicazioni del pensiero spirituale o religioso a cui fa capo. Anche nel caso di pratica come arte marziale, molti stili di qi gong fanno riferimento alle corrispondenti correnti di pensiero culturali e spirituali in cui l'uso marziale si è venuto a sviluppare.
Le reazioni di fronte alla pratica del qi gong sono variegate. La maggior parte dei medici occidentali, una parte dei dottori della medicina tradizionale cinese e il governo cinese considerano il qi gong essenzialmente dal punto di vista dell'esercizio fisico, vedendolo come una pratica congiunta di tecniche di controllo di respirazione e del movimento che può contribuire a mantenere la forma e il benessere fisico. Altri si pongono da un punto di vista più metafisico, arrivando a sostenere che la respirazione e gli esercizi di movimento avrebbero un'importante influenza sulle forze dell'universo; questo risvolto del qi gong tuttavia viene generalmente considerato una credenza.

Storia
Il qi gong ha una storia molto antica, invece l'origine del qi gong moderno si colloca nel 1955 in corrispondenza dell'apertura di un ospedale di qi gong a Tangshan e della pubblicazione dei libri La pratica della terapia Qi Gong (Liao Fa Shi Jian) di Liu Guizhen e Qi Gong per la salute (Qi Gong Ji Bao Jian Qi Gong) di Hu Yaozhen.

L'influsso della medicina cinese
La descrizione di alcuni esercizi fisici atti a mantenere la salute si trova già nello Huángdì nèijīng Suwen (黄帝内经素問 Il libro interiore dell'Imperatore Giallo - Domande semplici), risalente al 200 a.C. e scritto sotto forma di dialogo tra l'imperatore e un suo consigliere. Il testo è anche il trattato di medicina cinese più antico di cui si è tramandata la versione integrale.
Nel 1973 presso il villaggio di Mawangdui 马王堆, vicino a Changsha 长沙 (capitale della provincia dell'Hunan 湖南省), vennero ritrovati all'interno di una tomba risalente al primo periodo della dinastia Han 汉朝 (all'incirca 2500 anni fa) diversi frammenti parzialmente illustrati uno dei quali mostra quarantaquattro uomini impegnati in esercizi di controllo della respirazione e del movimento. Le posizioni portano il nome di animali selvatici che simboleggiano il tipo di malessere o di malattia che l'esercizio serve a contrastare. Sebbene questi documenti rappresentino chiaramente elementi in seguito entrati a far parte del qi gong, non è tuttavia possibile desumere da essi che all'epoca esistesse già un metodo completamente strutturato.
Nella sua evoluzione, la medicina cinese ha sviluppato una concezione del corpo umano come rappresentazione di un universo in miniatura. In questo contesto, ha assunto importanza anche la funzione del Qi inteso come energia interiore la cui qualità e il cui flusso più o meno armonico influenzano lo stato di benessere o l'insorgere della malattia. Da questo filone di pensiero derivano direttamente i concetti di Yin e yang 阴阳 e dei cinque elementi taoisti.
Fu durante il periodo delle dinastie Sui 隋朝 e Tang 唐朝 (tra il 581 e il 907 d.C.) che le teorie mediche e il concetto di Qi della letteratura taoista Yangsheng si collegarono insieme a formare una vera e propria specializzazione medica.
Secondo questa teoria, il Qi è presente negli organi del corpo umano e circola al suo interno seguendo i meridiani vitali, producendo un effetto protettivo sia all'interno che alla superficie del corpo umano. Dal punto di vista della medicina, la salute è protetta e mantenuta dall'opera congiunta delle sostanze Qi, ossia Jīng (精 l'essenza), Xuè (血 il sangue) e Jīnyè (津液 letteralmente saliva o sudore, in senso più lato i fluidi corporali) e l'esercizio serve per garantire questo corretto funzionamento complessivo. L'accrescimento e il controllo del Qi acquista così un ruolo fondamentale.
Seguendo il principio che è meglio mantenere la buona salute piuttosto che curare la malattia, il qi gong terapeutico prevede un'elevata quantità di serie di esercizi finalizzati a prevenire gli squilibri del Qi. Un esempio è la serie del Dao Shi Qigong (qi gong ordinato o taoista) che prevede esercizi diversi in armonia con le stagioni dell'anno, a evidenziare l'influenza reciproca e inscindibile tra l'ambiente interiore e quello esteriore.

L'influsso del taoismo
Alle origini di quel che si definisce taoismo c'è il Dàodéjīng (道德經 Il libro del Tao), un testo risalente al 400 a.C. circa e attribuito tradizionalmente al filosofo Lǎozǐ 老子 la cui stessa esistenza è incerta. Il libro è una raccolta di pensieri di origine più antica, fino a quel momento tramandati soltanto oralmente, integrati da una serie di riflessioni a commento. I circa 5000 logogrammi di cui è composto parlano del Tao (in pinyin Dào) (道, cammino) e della virtù (德, dé), usando una formulazione enigmatica e aperta a molteplici interpretazioni. Questo carattere criptico dei contenuti è formulato chiaramente fin dalla frase iniziale del testo: "Il Tao di cui tratto non è un Tao eterno".
La civilizzazione del confucianesimo viene vista solo come un'estraneazione dall'ordine naturale. Il libro invece suggerisce uno stile di vita semplice e la cura del Qi, indicando come regola ottimale quella del non intervento (无为 wúwéi), ossia lasciare che le cose seguano il loro corso naturale. In modo ancor più radicale, il filosofo Zhuāngzǐ 庄子, nel quarto secolo a.C., si spinge a rifiutare regole e convenzioni sociali in nome della libertà dell'individuo.
Nel corso del terzo secolo a.C. si diffuse la corrente di pensiero dell'Huang Lao, basata su una combinazione degli insegnamenti medici di Huángdì 黄帝 con quelli spirituali di Laozi. In questa forma di taoismo si manifestano un forte significato politico e una certa scienza in merito alla preservazione del corpo. Nello stesso periodo di tempo, si diffuse in parallelo la convinzione che alcune tecniche di qi gong potessero portare all'immortalità fisica. L'ideale dell'immortalità in effetti è in relazione diretta con il postulato di base dell'integrità dell'ordine cosmico: il corpo continuerà a funzionare stabilmente e in modo sicuro come l'intero universo se si comprende come mantenerlo secondo le regole del Tao.
A partire dal 200 d.C., il medico Hua Tuo formalizzò così la cosiddetta "arte dei cinque animali" (五禽戲 Wŭ Qín Xì): "... gli antichi saggi curavano l'arte della respirazione. Allungavano gli arti e i lombi e muovevano i muscoli dell'addome. Così fermavano l'avanzare del tempo. Possiedo un metodo che è chiamato l'arte dei cinque animali: la tigre, il cervo, l'orso, la scimmia e l'uccello".
Fra le diverse tecniche per prolungare la vita, nel taoismo gioca un ruolo fondamentale l'alchimia. In particolare, vengono distinte due categorie: l'alchimia esterna (waidan) e quella interna (neidan). L'alchimia esterna tenta di rendere il corpo incorruttibile tramite elisir ottenuti per distillazione o miscelazione di sostanze. L'alchimia interna invece si basa su tecniche meditative e di controllo del respiro e dei movimenti del corpo per ottenere l'immortalità dello spirito. L'insieme di queste possibilità, il prolungamento della vita, il ringiovanimento e il mantenimento della salute, viene riassunto nel termine Yăngshēng (养生 nutrire il corpo), che oggi si usa anche per indicare le tecniche di Qi gong di carattere medico.
Il termine non va confuso con quello quasi analogo Yăngshén (养神 nutrire lo spirito), che si riferisce a tecniche più meditative, nelle quali l'alchimia viene intesa come mezzo di trasformazione della consapevolezza. Una delle principali scuole di questo tipo di qi gong alchimistico fu il Tai Yi Jin Hua Zong Zhi (Il segreto del fiore d'oro). La tecnica risale probabilmente al primo taoismo ed è descritta per la prima volta nei lavori di Wei Bo Yang (circa 140 d.C.). Nelle sue evoluzioni successive compare un'evidente influenza buddhista tanto che il metodo è diventato un componente importante in alcune varianti dello Zen. Questo tipo di qi gong è puramente meditativo e inizia con il controllo e il pilotaggio del respiro, senza prevedere alcun tipo di esercizio fisico. Da questa stessa tecnica, nel secondo secolo d.C., derivò una forma religiosa di taoismo (Il signore del cielo), probabilmente anche come risposta al rapido diffondersi del buddhismo.
Un ruolo importante giocava anche la cura delle malattie mediante rituali e talismani, così come erano importanti le pratiche divinatorie. A differenza del taoismo filosofico, il taoismo religioso andò sviluppando un ampio pantheon con una miriade di divinità difficilmente inquadrabili in un quadro sistematico e mentre nei templi divenne operante una forma di religiosità più popolare, nei monasteri, specie in quelli più isolati, a partire dal XII secolo si evolsero le tecniche di Yangshen Qi gong.
A partire dalla fine del VI secolo, l'impatto del buddhismo sulla vita intellettuale della Cina fu considerevole così come lo fu quello del taoismo, apprezzato e promosso soprattutto nelle classi sociali più elevate. Durante questo periodo particolarmente travagliato della storia cinese, che durò fino alla fine della dinastia Tang (907), i contenuti delle due filosofie religiose si mescolarono nel processo di collegamento con le teorie della medicina tradizionale. Fu così che pratiche rituali, ideali spirituali e tecniche di cura si combinarono insieme dando vita a una serie di nuove concezioni. Probabilmente fu proprio in questo periodo che si svilupparono gli esercizi di qi gong collegati alle stagioni dell'anno sul concetto di mantenere il qi e in generale il mondo interiore in armonia con le fasi del mondo esteriore.
All'inizio del primo millennio, lo Yuanqi Lun (raccolta di testi sul Qi originario) insiste continuamente sull'importanza di mantenere il cuore vuoto e quindi sull'efficacia degli esercizi di controllo della respirazione e del corpo come precondizione per accedere al Qi originario. Oltre al cuore, inteso come sede dello spirito, nel Qigong taoista giocano un ruolo essenziale anche i tre Dan tian e le cosiddette Piccola circolazione celeste e grande circolazione celeste. In una serie di indicazioni complesse e spesso contorte, l'adepto viene istruito a purificare il proprio qi e a fondere insieme i tre Dan tian per ricomporne l'unità originaria.
Con l'inizio della dinastia Song, le idee neoconfuciane divennero il nuovo punto di riferimento per lo sviluppo intellettuale cinese. Il qi venne così studiato in modo più sistematico e scientifico, con importanti ricadute positive sulle teorie mediche. Le pratiche taoiste rimasero confinate nell'ambito di templi e monasteri. I centri principali di questa cultura sono Wudang, nella provincia di Hubei, Emeishan nel Sichuan e Laoshan nello Shijingshan.



 

martedì 23 febbraio 2016

Dambe

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Il Dambe è una forma di pugilato associata alla popolazione Hausa dell'Africa occidentale.
Storicamente il Dambe includeva una componente di wrestling, conosciuta come Kokawa, ma oggi essenzialmente è un'arte di pugilistica. Lo sport è stato tradizionalmente associato alla casta dei macellai Hausa, sebbene nel corso dell'ultimo secolo si sia progressivamente svincolata da questi sino a prevedere dei tornei itineranti. Questi tornei sono svolti nei villaggi durante il periodo della mietitura, integrando i combattimenti dei campioni locali con stranieri nei festeggiamenti per il raccolto. Fu inoltre tradizionalmente praticato come allenamento dagli uomini che si preparavano per andare in guerra cui, difatti, allude parte della terminologia impiegata. Oggi compagnie pugilistiche itineranti svolgono incontri all'aperto accompagnati da cerimonie e percussioni, nelle terre degli Hausa (Nigeria settentrionale, Niger sud-orientale e Ciad sud-occidentale).
Il nome "Dambe" deriva dalla Hausa per "boxing" e compare in altre lingue, come il bole, come Dembe. I pugili sono chiamati in lingua Hausa "daæmaænga"

Teorie sull'origine

Il (singolo) avvolgimento di corda sui pugni dei pugili Hausa assomiglia ad alcune antiche rappresentazioni di combattenti egiziani, nuragici e ellenici. Da ciò la speculazione che il Dambe sia direttamente correlata alla boxe egizia (Powe, 1994). Quali siano le effettive influenze continua a essere fonte di contenzioso, ma tale tesi è supportata dalla teoria che gli Hausa, in passato, vivessero ben più ad est Sudan, di quanto non siano oggi, consentendogli così di venire a contatto con la cultura egizia.

lunedì 22 febbraio 2016

Honjō Shigenaga

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Honjō Shigenaga (本庄 繁長; 12 gennaio 1540 – 29 gennaio 1614), è stato un samurai giapponese del periodo Sengoku che visse dal periodo Azuchi-Momoyama a quello Edo. Shigenaga servì il clan Uesugi ed è famoso per averli traditi. Aveva il titolo Echizen no kami (vecchio titolo equivalente a quello dello Shugo).

Vita

Shigenaga combatté nella quarta battaglia di Kawanakajima come comandante della retroguadia sinistra, in qualità di servitore di Uesugi Kenshin.
Comunque, nel 1568-1569, dopo la campagna di Kawanakajima si ribellò brevemente contro Kenshin e si alleò con Takeda Shingen, la nemesi di Kenshin, poiché Shigenaga era profondamente insoddisfatto delle ricompense per le sue azioni. Prima uccise Nagao Fujikage, vassallo Uesugi, e catturò il suo castello. Questo tradimento costrinse Kenshin ad assediare il castello di Murakami tenuto da Shigenaga. L'assedio si rivelò estremamente costoso per Kenshin, con la perdita di Irobe Katsunaga, uno dei suoi generali, ucciso in battaglia, e perché non era facile conquistare il castello. Nonostante la ribellione contro Kenshin, che durò un anno, Takeda Shingen non lo aiutò, e Shigenaga fu costretto ad arrendersi a Kenshin sotto la coordinazione del clan Ashina. Dopo l'assedio fu perdonato da Kenshin.
Dopo la morte di Kenshin nel 1578 Shigenaga supportò Uesugi Kagekatsu come successore nell'assedio di Ōtate. Nel 1588, Shigenaga entrò nuovamente in conflitto con il clan Mogami ed il clan Date dove sconfisse un esercito Mogami nella battaglia di Jugorihara (十五里ヶ原の戦い). Quando Mogami Yoshiaki espanse i suoi territori nella regione dello Shōnai (provincia di Dewa) minacciando Yoshiuji Daihoji, questi chiese l'aiuto di Shigenaga. Assieme riconquistarono i territori nello Shōnai per il clan Uesugi. Nel 1598 Uesugi Kagekatsu fu trasferito al castello di Aizuwakamatsu (Prefettura di Fukushima) dallo shogunato Toyotomi, mentre Shigenaga fu trasferito nella regione di Aizu.[6]
Più tardi, durante il conflitto tra i lealisti Toyotomi e Tokugawa Ieyasu, Shigenaga combatté una serie di battaglie contro Date Masamune e Mogami Yoshiaki nell'assedio di Hasedō e battaglia di Matsukawa. Le forze Date attaccarono più volte e si difesero da un attacco nelle retrovie, nonostante il loro tentativo di attaccare dal monte Shinobu. Il 6 Ottobre, Shigenaga resistette ad un attacco dei guerrieri di Date Masamune, tra cui Katakura Kagetsuna, Oniniwa Tsunamoto e Yashiro Kageyori. Le sue forze uccisero diversi famosi soldati di Kagetsuna, costringendo Date Masamune a fermare gli attacchi e ripiegare mentre Shigenega difese con successo il castello di Fukushima dai tentativi d'invasione della coalizione orientale.

Honjō Masamune

Honjō Shigenaga è particolarmente noto per essere il possessore della famosa spada Honjō Masamune, una katana reppresentativa dello Shogunato durante la maggior parte dell'era Tokugawa.[10] Shigenaga fu attaccato da Umanosuke che già possedeva un certo numero di teste quali trofei. Shigenaga fu attaccato con la Honjō Masamune che gli spaccò l'elmo in due, me egli sopravvisse, vinse e prese la spada come premio. La spada fu tenuta da Shigenaga finché non la mandò al castello di Fushimi tra il 1592 ed il 1595. A corto di fondi fu costretto a vendere la spada a Toyotomi Hidetsugu, nipote e servitore di Toyotomi Hideyoshi. Fu comprata per 13 Mai, 13 O-Ban che erano 13 larghe monete d'oro.

domenica 21 febbraio 2016

Hori Hidemasa

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Hori Hidemasa (堀 秀政; 1553 – 28 giugno 1590) fu un samurai giapponese del periodo Sengoku, conosciuto anche come Hori Kyūtarō (堀 久太郎), servitore prima di Oda Nobunaga e successivamente di Toyotomi Hideyoshi. Fu uno dei più importanti generali di Hideyoshi e guidò la maggior parte delle sue battaglie durante la sua ascesa.


Biografia

Nato nella provincia di Mino, fu cresciuto assieme al cugino Hori Naomasa da suo zio, un sacerdote Ikkō. All'inizio servì Ōtsu Chōji e Kinoshita Hideyoshi. All'età di tredici anni entrò al servizio di Oda Nobunaga. A sedici divenne bugyō per la costruzione della residenza dello shōgun Ashikaga Yoshiaki a Hongaku-ji lavorando con Sugaya Nagayori, Ōtsu Nagaaki, Yabe Iesada, Hasegawa Hidekazu, Manmi Shigemoto e Fukutomi Hidekatsu. Tuttavia iniziò a passare sempre più tempo nei campi di battaglia. Nel 1575 aiutò Nobunaga nella campagna contro gli Ikkō-ikki della provincia di Echizen e successivamente contro i Saika-ikki due anni dopo, guidando un'armata degli Oda assieme a Hashiba Hideyoshi e Sakuma Nobumori.
Hidemasa seguì Nobunaga contro Araki Murashige nel 1578 e nel 1579, e contro i Takeda nel 1581. Nello stesso anno gli fu assegnato il feudo di Sakata nella provincia di Ōmi, con un ricavo di 25.000 koku. Anche se alcune fonti riportando che controllasse il castello di Nagahama durante quel periodo, molte altre indicano che fu Hideyoshi il vero assegnatario. Durante questo periodo fu ancora un bugyō e supervisionò la costruzione di un palazzo per i missionari Portoghesi. Giocò un ruolo importante durante la disputa religiosa degli Azuchi (安土宗論 Azuchi shūron) nel 1579. Servendo come rappresentante di Nobunaga mantenne buoni rapporti con Tokugawa Ieyasu, Niwa Nagahide, e altri.
Nel 1582, Oda Nobunaga fu ucciso nell'incidente di Honnō-ji. Hidemasa entrò al servizio di Toyotomi Hideyoshi dopo la lotta per la successione all'interno del clan Oda e divenne l'assegnatario della maggior parte dei vecchi territori Oda.
Hidemasa guidò l'avanguardia di Hideyoshi nel 1582 durante la battaglia di Yamazaki assieme a Nakagawa Kiyohide e Takayama Ukon, e l'anno seguente ricevette grandi lodi da Tokugawa Ieyasu per la sua abilità nel combattimento. A questo punto Hideyoshi iniziò la sua battaglia con Shibata Katsuie, e Ieyasu espresse la propria fiducia nel fatto che la campagna sarebbe stata vinta senza problemi. Hidemasa fu promosso al quinto rango, prendendo il grado di Saemonfu (Ufficiale di sicurezza di Corte (左衛門)) e gli fu assegnato il feudo di Sawayama nella provincia di Ōmi con un ricavo di 90.000 koku. In seguito gestì per Hideyoshi i negoziati con la setta Ikkō che si opponeva fermamente a Nobunaga; il capo sacerdote di Renshō-ji era il cugino di Hidemasa, Hori Rokuemon, e così gli attriti furono velocemente risolti.
Hidemasa guidò nuovamente le forze di Hideyoshi nel 1584. Nella campagna di Komaki e Nagakute venne sconfitto dalle forze di Tokugawa Ieyasu. Colto di sorpresa da Ōsuga Yasutaka e Sakakibara Yasumasa riuscì a mantenere la posizione e respingere gli attacchi ma dovette successivamente ritirarsi dopo l'arrivo delle forze principali Tokugawa di 9.000 soldati. L'anno seguente Hideyoshi divenne Kampaku (Reggente Imperiale) e Hidemasa fu promosso al quarto rango di Corte. Dopo l'assedio di Negoro-ji e l'invasione di Shikoku, gli furono assegnate le terre di Niwa Nagahide nella provincia di Echizen, con una rendita di 180.000 koku. Si racconta che per la maggior parte della campagna non abbia mai riposato combattendo battaglia dopo battaglia senza interruzione.
Nell'assedio di Odawara del 1590 Hidemasa guidò per l'ultima volta le forze di Hideyoshi. Guidò il fianco sinistro dell'armata assediante con valorosi guerrieri sotto il suo comando, conquistando numerose fortificazioni minori.
Hidemasa si ammalò improvvisamente quell'anno e morì. le sue terre furono ereditate dal figlio maggiore Hori Hideharu.

sabato 20 febbraio 2016

Hatakeyama Shigetada

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Hatakeyama Shigeyasu (畠山 重忠; 1164 – 1205) noto anche come Shirafuji Hikoshichirō, fu un samurai che combatté nella guerra Genpei. All'inizio si schierò con il clan Taira, ma cambiò schieramento prima della battaglia di Dan-no-ura. Apparteneva alla prima linea del clan Hatakeyama.
Dopo la fine della guerra, quando suo figlio Shigeyasu fu ucciso da Hōjō Tokimasa, Shigetada si ribellò. Le conseguenze della sua temerarietà fu la morte, assieme al resto della sua famiglia. Il suo coraggioso tentativo di difendere il proprio onore, assieme ad altre varie azioni di forza ed abilità sono riportate nello Heike Monogatari ed in altre cronache dell'epoca.
In un aneddoto presente nel Heike monogatari si racconta che Shigeyasu, assieme ad altri samurai, fu il primo ad attraversare il fiume Uji. Quando il suo cavallo fu colpito da una freccia venne abbandonato e Shigeyasu usò il suo arco come un remo per aiutarsi nell'attraversata. Tuttavia non appena raggiunse la riva suo nipote Okushi no Shigechika chiese aiuto, e fu salvato da Shigeyasu; successivamente Shigechika si alzò in piedi e proclamò di esser stato il primo ad attraversare il fiume.
Dopo la battaglia di Awazu nel 1184, Shigetada fallì nel tentativo di catturare Tomoe Gozen.

venerdì 19 febbraio 2016

Kusarigama

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Il kusarigama (鎖鎌 kusari-kama, lett. "catena-falce") è un'arma giapponese, derivata dal kama, utilizzata sia nel combattimento a distanza che nel corpo a corpo; lo stile di combattimento basato su di essa è detto kusarigamajutsu.
È formato da una catena alle cui estremità sono fissate un falcetto (Kama) e un peso d'acciaio. Il peso è l'arma vera e propria, usata per colpire l'avversario prima che riesca ad avvicinarsi o per bloccargli la spada; il falcetto viene usato solo per finire l'avversario una volta reso inerme. Quest'arma possiede due funzioni, tagliare e frantumare, ci voleva una certa abilità per saperla usare in modo quantomeno adeguato.
Il kusarigama era prevalentemente utilizzata dai ninja, più raramente dai samurai.

giovedì 18 febbraio 2016

Brahman

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Brahman (devanāgarī ब्रह्मन्, lett. "sviluppo") è un termine sanscrito all'origine di molteplici significati nelle religioni vedica, brahmanica e induista.

Differenti significati del termine Brahman

Il termine sanscrito Brahman possiede differenti significati:
  • nella sua accezione di nome "maschile", brahmān indica nei Veda un officiante del sacrificio vedico in grado di pronunciare i mantra relativi alla conoscenza ispirata;
  • nella sua accezione di nome "neutro", brāhman indica nei commentari degli inni vedici denominati Brāhmaṇa il potere che ispira i cantori ṛṣi deputati alla trasmissione orale del sapere cosmico, ovvero "l'effusione del cuore nell'adorazione degli Dei" o la stessa invocazione (parola sacra opposta a vāc, parola umana);
  • nella forma derivata brāhmaṇa indica sempre come nome "neutro":
    • la prima delle quattro caste (varṇa): vedi brahmano;
    • dei testi vedici scritti in prosa e commentari dei Veda: vedi Brāhmaṇa;
  • nella successiva riflessione teologica e filosofica propria delle Upaniṣad vediche con il termine Brahman (nella forma "neutra") si indica l'unità cosmica da cui tutto procede: questo il significato più diffuso del termine;
  • nel successivo Induismo con Brahman si indica anche Brahmā, il deva creatore.
Da notare che nelle quattro raccolte degli "inni" dei Veda l'"origine primordiale" viene indicata con il termine Tat (Quello) e non ancora con il termine Brahman:
(SA)
«na mṛtyur āsīd amṛtaṃ na tarhi na rātryā ahna āsīt praketaḥ ānīd avātaṃ svadhayā tad ekaṃ tasmād dhānyan na paraḥ kiṃ canāsa»
(IT)
«Non c'era la morte allora, né l'immortalità. Non c'era differenza tra la notte e il giorno. Respirava, ma non c'era aria, per un suo potere, soltanto Quello, da solo. Oltre a Quello nulla esisteva»
(Ṛgveda, X,129,2)



Nei Veda il termine brahman richiama esclusivamente l'attività sacerdotale e quindi la sua forma "maschile", ad esempio nel Ṛgveda (X, 141,3) Brahman è il nome di Bṛhaspati in qualità di sacerdote degli Dei.
(SA)
«somaṃ rājānam avase 'gniṃ gīrbhir havāmahe ādityān viṣṇuṃ sūryam brahmāṇaṃ ca bṛhaspatim»
(IT)
«Invochiamo il re Soma in nostro aiuto, con i nostri canti e i nostri inni; gli Āditya, Viṣṇu , Sūrya e il sacerdote Bṛhaspati»
(Ṛgveda, X,141,3)



Origine del termine

Numerosi studiosi si sono occupati di ricostruire l'origine del termine brahman:
  • Jan Gonda fa riferimento, come d'altronde la cultura tradizionale indiana, alla radice di bṛh (forza);
  • George Dumézil lo ha collegato al termine latino flamen;
  • Paul Thieme rifiutando l'ipotesi di Gonda collega questo termine al greco morphē, quindi nella sua accezione di "forma", "formula";
  • Louis Renou ritiene invece che il termine derivi dalla radice brah col significato di "esprimersi enigmaticamente";
  • Jean C. Heesterman riassume queste posizioni e ritiene che l'origine del termine Brahman vada ricercato nei suoi collegamenti con l'epressioni delle formule sacre anche se la poliedricità della radice brah rende di fatto impossibile chiarirne l'origine.



Brahman e Brahmodya nella prima cultura vedica e nei Brāhmaṇa

Secondo Jean C. Heesterman il tema del Brahman è collegato, nelle quattro raccolte degli inni dei Veda alla contesa verbale, ovvero al rito del Brahmodya propria della cultura vedica con particolare riferimento al sacrificio del cavallo (aśvamedha). In questo contesto, prima del sacrificio i due officianti si sfidavano con domande enigmatiche, colui che riusciva a risolverle affermava di sé stesso:
(SA)
«brahmayāṃ vācaḥ paramaṃ vyoma»
(IT)
«questo brahman è il cielo più alto della parola»
Heesterman ricorda come queste contese non erano affatto pacifiche, il concorrente che insisteva a sfidare il vincitore con ulteriori enigmi avrebbe pagato con la sua testa i suoi affronti.
Quindi il termine Brahman originerebbe da una figura sacerdotale dell'India vedica vincitore nelle gare sacrificali poetico-enigmatiche. Con l'ingresso della letteratura in prosa dei Brāhmaṇa si osserva, a partire dal X secolo a.C., un radicale cambiamento: al rituale agonistico si sostituisce il rituale rigidamente codificato e pacifico.
«Questo cambiamento fondamentale è espresso in modo interessante in un mito ritualistico che narra della competizione sacrificale decisiva tra Prajāpati e Mṛtyu, o morte (Jaiminīya Brāhmaṇa, 2,69-2,70). Prajāpati conquista la vittoria finale perché riesce a "vedere" l'analogia, che gli consente di assimilare la panoplia sacrificale dell'avversario e di eliminarlo quindi in maniera definitiva. Conclude il testo: "da allora non vi furono più contese sacrificali»
(Jean C. Heesterman. Op.cit. pag.57)
Nel contesto dei Brāhmaṇa il Brahman da espressione dell'"enigma cosmico" oggetto di competizione sacerdotale, diviene la stessa formula sacrificale oggettiva e trascendente che si concretizza nel rituale.
Come evidenzia David M. Knipe la divinità che incarna e centralizza questo processo nei Brāhmaṇa è Prajāpati che lega l'antico Puruṣa vedico, ovvero colui che istituisce il sacrificio, l'impersonale Brahman (potere della formula sacra) e infine il dio personale Brahmā.
Così il Ṛgveda (X,90,7-8):
(SA)
«taṃ yajñam barhiṣi praukṣan puruṣaṃ jātam agrataḥ tena devā ayajanta sādhyā ṛṣayaś ca ye tasmād yajñāt sarvahutaḥ sambhṛtam pṛṣadājyam paśūn tāṃś cakre vāyavyān āraṇyān grāmyāś ca ye»
(IT)
«Quel Puruṣa, nato ai primordi, essi [gli Dei] lo aspersero come vittima sacrificale sull'erba. Con lui gli Dei, i Sādhyā e i cantori compirono il sacrificio. Da quel sacrificio completamente offerto fu raccolto il burro coagulato: esso divenne animali, quelli dell'aria, quelli della foresta e quelli dei villaggi»
(Ṛgveda (X,90,7-8))



Così, ad esempio, il Samāvidhāna Brāhmaṇa (I,1,3)
(SA)
«brahma ha vā idam agra āsīt tasya tejoraso 'tyaricyata sa brahmā samabhavat sa tūṣṇīṃ manasādhyāyat tasya yan mana āsīt sa Prajāpatir abhavat»
(IT)
«In origine vi era il Brahman soltanto; poiché il succo della sua forza si espandeva, divenne Brahmā. Brahmā meditò in silenzio con la mente e la sua mente divenne Prajāpati»
(Samāvidhāna Brāhmaṇa (I,1,3))
Sylvain Lévi osserva:
«Il sacrificio come Prajāpati è anteriore a tutti gli esseri, poiché questi non potrebbero sussistere senza di esso; esso nasce anche dai soffi della mente, poiché è essenzialmente mentale. [...] [Prajāpati] è altresì figlio delle Acque, poiché le Acque sono il principio della purezza rituale; oppure del Brahman, la formula sacra, poiché non c'è separazione tra rito e liturgia»
(Sylvain Lévi. La dottrina del sacrificio nei Brāhmaṇa. Milano, Adelphi, 2009, pag.46)



Il Brahman nelle Upaniṣad

Nato come sostantivo maschile negli inni dei Veda per indicare sia le figure sacerdotali che durante il sacrificio competitivo esprimono dei mantra enigmatici sul cosmo che lasciano non espressa la risposta sia le stesse espressioni enigmatiche, nei Brāhmaṇa, il brahman (sostantivo neutro) diviene il mantra rituale codificato, e il suo potere, che deve essere semplicemente appreso e conservato a memoria dal brahmano e recitato durante i riti.
Con le Upaniṣad si passa ad indagare la natura di questo Brahman che diviene l'origine di ogni cosa, l'Assoluto:
«Invisibile, inafferrabile, senza famiglia né casta, senza occhi né orecchie, senza mani né piedi, eterno, onnipresente, onnipervadente, sottilissimo, non soggetto a deterioramento, Esso è ciò che i saggi considerano matrice di tutto il creato. Come il ragno emette [il filo] e lo riassorbe, come sulla terra crescono le erbe, come da un uomo vivo nascono i capelli e i peli, così dall'Indistruttibile si genera il tutto.»
(Muṇḍaka Upaniṣad, I,1,6-7)
E che si identifica con il principio individuale, l'ātman:
(SA)
« tasya kva mūlaṃ syād anyatrādbhyaḥ adbhiḥ somya śuṅgena tejo mūlam anviccha tejasā somya śuṅgena sanmūlam anviccha sanmūlāḥ somyemāḥ sarvāḥ prajāḥ sad āyatanāḥ satpratiṣṭhāḥ yathā nu khalu somyemās tisro devatāḥ puruṣaṃ prāpya trivṛt trivṛd ekaikā bhavati tad uktaṃ purastād eva bhavati asya somya puruṣasya prayato vāṅ manasi saṃpadyate manaḥ prāṇe prāṇas tejasi tejaḥ parasyāṃ devatāyām sa ya eṣo 'ṇimaitad ātmyam idaṃ sarvam tat satyam sa ātmā tat tvam asi śvetaketo iti bhūya eva mā bhagavān vijñāpayatv iti tathā somyeti hovāca »
(IT)
« "E, dove risiederà la radice del corpo se non nell'acqua? Analogamente se riteniamo il germoglio l'acqua, figlio mio, il calore (tejas) sarà la sua radice. Se consideriamo il calore un germoglio l'essere (sat) sarà la radice. Tutti i viventi hanno le proprie radici nell'essere (sat), si basano sull'essere, si sostengono sull'essere. Ora mio caro ti è stato detto come queste tre divinità pervenute nell'uomo siano divenute triplici. Quando un uomo muore, mio caro, la parola rientra nella mente,la sua mente rientra nel soffio vitale, il soffio vitale rientra nel calore e questi rientra nella suprema divinità. Qualunque sia questa essenza sottile, tutto l'universo è costituito di essa, essa è la realtà di tutto, essa è l'Ātman. Quello sei tu (Tat tvam Asi) o Śvetaketu!". "Continua il tuo insegnamento o signore!". "Bene, mio caro" gli rispose. »
(Chāndogya Upaniṣad VI, 8, 6-7)
Esso è illimitato e inconcepibile:
«Al principio in questo universo soltanto il Brahman esisteva. Illimitato verso l'oriente, illimitato verso il mezzogiorno, illimitato verso l'occidente, illimitato verso settentrione, illimitato di sopra, illimitato da ogni parte. Esso è costituito di etere. Da questo etere esso desta questo universo. Da questo esso sorge e in esso va a finire. Di questo Brahman la forma luminosa è quella che arde nel sole lassù, nel fuoco senza fumo [e nel cuore]. Quello che è nel fuoco e quello che è nel cuore e quello che è nel sole, sono in realtà una sola cosa. Nell'unità con l'Uno va colui che così sa »
(Maitrāyaṇīa Upaniṣad VI,17)
Esso è l'Oṁ:
« L'Oṁ è tutto l'universo. Ecco la sua spiegazione: Passato, presente e futuro, tutto ciò è Oṁ. E anche ciò che va oltre il tempo, che è stato, è e sarà è Oṁ. Infatti ogni cosa è il Brahman. L'Ātman è il Brahman »
(Māṇḍūkya Upaniṣad, 1-2)



La forma personale del Brahman (Brahman Saguṇa)

Con il progressivo sviluppo di approfondimenti teologici il Brahman impersonale indifferenziato (nirdvaṃdva) divenne oggetto di un processo di personalizzazione in divinità specifiche, principalmente nella figura dei deva Viṣṇu e Śiva.

Un paragone con altre religioni

Alexandre Saint-Yves d'Alveydre propone questa interessante assonanza del nome con quello di Abramo affermando che: “Abraham è, come Brahmâ, il Patriarca dei Limbi e del Nirvana... I Brahmi dicono "estinguersi in Brahmâ", così come gli Ebrei dicono "addormentarsi nel seno di Abramo", vale a dire ritornare nei Limbi.”

mercoledì 17 febbraio 2016

Chamunda

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Camunda (Sanskrit चामुण्डा, IAST Cāmuṇḍā) è una divinità femminile del pantheon dell'Induismo. Si tratta di una forma terribile della Devi il cui nome è dovuto all'uccisione di due demoni, Chanda e Munda. Il culto è tipico del tantrismo.

martedì 16 febbraio 2016

Ziranmen

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Lo Ziranmen (自然门, scuola naturale) è uno stile di arti marziali cinesi di cui non si conosce bene l'origine e di non facile classificazione. Secondo Ziranmen Gongfu[1] questa Scuola segue la teoria Taoista ed ha componenti sia di Waijia che Neijia. Oggi lo Ziranmen è praticato nelle province di Hunan e Fujian.

Il nome
Lo stile prende il nome di Scuola Naturale perché secondo la propria teoria il movimento deve essere rilassato e naturale (Dongzuo Qingzong Ziran 动作轻松自然).

Storia
Lo Ziranmen è stato tramandato a partire dal 1887 da Du Xinwu (杜心五, 1869-1953), un celebre pugile dell'Hunan, che lo avrebbe appreso da un certo Xu, chiamato Xu Xiake (徐侠客, Xu il cavaliere errante), o Xu Aizi e Xu Aishi (徐矮子 e 徐矮师, Xu il nano o Xu il piccolo maestro), originario del Sichuan.
L'allievo più importante di Du Xinwu è stato Wan Laisheng (万籁声).

Esercizi
Lo Ziranmen contiene una serie di esercizi di Qigong di condizionamento, di potenziamento e che lavorano sull'equilibrio. Celebre è l'esercizio in equilibrio sul bordo di una cesta di vimini, ma vengono utilizzati anche i Meihuazhuang, i sacchi di sabbia, le Zimuqiu (子母球, sfere madre figlio, per rinforzare le mani e le dita), i Sanjiaozhuang (三角桩, pali a triangolo), eccetera. In questo stile si studiano anche un Taolu, Tuifa Bashi (腿法八势), che assomiglia moltissimo al Tantui); una serie di tecniche di autodifesa dette Podi Shiwu Shi (破敌十五势, 15 forze per sconfiggere un avversario)); alcune armi: Ziranmen qiang (自然门枪); Ziranmen dadao (自然门大刀)) e Ziranmen Youlong jian (自然门游龙剑)). L'articolo Zi Ran Men Kung Fu divide il metodo di allenamento della Scuola Naturale in Allenamento Fisico, Tecniche di Combattimento e Condizionamento con l'obiettivo di migliorare la salute del corpo e della mente, invece in curriculum il programma di insegnamento è così ripartito: Fondamentali, Sequenze a Mano Nuda, Sequenze con Armi, Esercizi in Coppia, Qigong, Condizionamento, Combattimento.

lunedì 15 febbraio 2016

Masakatsu Funaki

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Masakatsu Funaki (13 marzo 1969) è un artista marziale, wrestler e artista marziale misto giapponese.
Ha ottenuto grande fama prima come lottatore di arti marziali miste, lottando nella categoria openweight, per poi dedicarsi al puroresu, lottando in quella dei pesi massimi.
È stato cofondatore della promozione di arti marziali miste Pancrase.

Carriera

Debutta nel puroresu nel 1985, all'età di soli 15 anni. Allenatosi presso il New Japan Dojo della NJPW, si esibisce per essa come peso medio-massimo sino al 1989. Non avendo conseguito alcun successo sostanziale, abbandona in quell'anno la federazione di debutto passando al wrestling di stile shooto: presentato come "vero", questo tipo di wrestling enfatizzava l'uso di tecniche e regole prese dalle arti marziali e dalla lotta libera per ragioni di realismo. Si esibisce dapprima per la UWF, divenendo celebre per i suoi incontri con Akira Maeda, che lo rendono molto noto, per poi seguire nel 1990, essendo nel frattempo la UWF fallita, il suo mentore Yoshiaki Fujiwara nel nuovo progetto Pro Wrestling Fujiwara Gumi. Abbandona tale federazione tre anni più tardi assieme ad altri atleti per dedicarsi alle arti marziali miste, provocando il declassamendo della stessa.
Cofondatore, nel 1993, dell'organizzazione di arti marziali miste Pancrase, tuttora esistente e tra le maggiori e più importanti al mondo, ne è stato l'uomo di punta per anni. In questa disciplina ha raggiunto il primato di 39 vittorie su 53 incontri ed ha conseguito una notevole fama a livello internazionale. Si esibisce anche nel mondo della kickboxing per il K-1.
Ha abbandonato tali sport nel 2009 per ri-dedicarsi al wrestling, che aveva praticato fino al 1993. Attraverso accordi interfederazionali della AJPW, ha potuto esisbirsi anche in altre federazioni, tra le quali la NJPW. Da questa data è sotto contratto per la giapponese AJPW. Quivi, il 26 agosto 2012, all'età di quarantatré anni, si è laureato campione del mondo. Ha infatti sconfitto Jun Akiyama per il titolo Triple Crown Heavyweight.

domenica 14 febbraio 2016

Sonny Chiba

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Sonny Chiba, conosciuto anche come Shinichi Chiba (千葉真一 Chiba Shinichi), nome d'arte di Sadaho Maeda (前田禎穂 Maeda Sadaho) (Fukuoka, 23 gennaio 1939), è un attore e artista marziale giapponese. Considerato uno dei migliori attori di arti marziali di tutti i tempi, lo stesso regista Quentin Tarantino l'ha definito "il più grande attore che abbia mai lavorato nei film di arti marziali". Fu uno dei primissimi attori che iniziò a lavorare proprio per le sue qualità provette nelle arti marziali, inizialmente solo per un pubblico giapponese e un po' più tardi per le platee internazionali.

Biografia

Nato a Fukuoka, in Giappone, Chiba è il secondo di 5 figli nella famiglia di un pilota militare. Fin da ragazzo iniziò a manifestare interesse sia al teatro che alla ginnastica. La sua determinazione lo portò a partecipare al team olimpionico giapponese nel periodo adolescenziale. Da studente universitario iniziò a studiare arti marziali con il rinomato Gran Maestro di Karate mondiale Masutatsu "Mas" Oyama (che poco dopo recitò in una trilogia di film). Oyama lo portò in poco tempo ad acquisire la cintura nera di karate.
Intorno ai primi anni sessanta (le date sono incerte, perché avrebbe potuto recitare anche nel '59) fu scoperto come nuovo talento dalla Toei Company Ltd., e iniziò la sua carriera sullo schermo, inizialmente con il nome di Shinichi Chiba. Dagli anni settanta in poi recitò prevalentemente in thriller e noir. Adottò in quel periodo il nome d'arte con cui è conosciuto oggi, Sonny Chiba. Dagli anni ottanta in poi venne invece chiamato Sunny-S, probabilmente a causa della sua affiliazione con uno spot della Toyota. Nel 1970 aprì la sua scuola d'allenamento per potenziali attori di film arti marziali e, nel 1973, il periodo in cui iniziava ad emergere anche Bruce Lee, ritornò nello schermo nel ruolo di attore. Il successo internazionale di Chiba arriva nel 1974 con Il teppista, che lo consacrò come il re degli attori di film arti marziali giapponesi per le successive due decadi.
I suoi seguenti successi includono film come Bullet train (1975), Karate warriors (1976), Doberman cop (1977), e Yakuza Deka: the assassin (1977). Ritornò occasionalmente nella sci-fi in film come Message from space (1978). Il periodo di maggior intensità per Chiba furono gli anni ottanta: recitò in dozzine di film per la TV, in film basati sui manga di Hong Kong come The storm riders (1998), in cui lavorò a fianco di Ekin Cheng, il principe dell'avantpop di Hong Kong, e la principessa dell'avantpop di Hong Kong, Aaron Kwok. La sua fama negli anni novanta rimane immutata in Giappone.
Raggiunti i cinquant'anni, l'attore ricominciò a lavorare sotto il nome di Shinichi Chiba e servì come coreografo nelle sequenze di arti marziali. Agli inizi del ventunesimo secolo, Chiba è di nuovo impegnato in film giapponesi e in varie altre serie TV.
Successivamente ha avuto ruoli particolarmente importanti in Deadly outlaw: Rekka di Takashi Miike e in Battle Royale 2 di Kinji e Kenta Fukasaku, che effettivamente marcano il gradino tra le leggende del passato e i film moderni. Chiba ha ricevuto poi nel 2003 un grande omaggio da parte del regista Quentin Tarantino, che lo ha voluto nel cast di Kill Bill vol. 1 con un ruolo che l'attore aveva già interpretato in Shadow Warriors, quello di Hattori Hanzō. Nel 2006 ha interpretato il personaggio Kamata in Fast and Furious: Tokyo Drift.

Cinture nere e altri premi vinti

Oltre alle sue doti di attore, Chiba ha una serie di cinture nere nei seguenti stili di arti marziali:
  • Ninjutsu - Quarto Dan
  • Gōjū-ryū - Secondo Dan
  • Jūdō - Secondo Dan
  • Kendo - Primo Dan
  • Shorinji Kempo - Primo Dan
  • Kyokushin Karate - Quarto Dan
  • Japan Action Club (JAC) – Fondatore

Curiosità

  • Sonny Chiba ha recitato in più di 125 film della Toei Company Ltd. e ha vinto numerosi premi per queste interpretazioni.
  • È stato sposato dal 1967 al 1994 con l'attrice Yôko Nogiwa da cui ha avuto una figlia, l'attrice Julie Manase; al momento Chiba vive in Giappone e a Los Angeles, con la sua seconda moglie (sposata nel 1995) da cui ha avuto 2 figli. A causa delle arti marziali, l'attrice e super modella Reiko Chiba è ritenuta la sua "figlia d'arte", ma non c'è nessuna parentela tra i due. Il suo fratello più giovane, Jiro Chiba, è anche un attore che vive adesso con la sua famiglia in Giappone.
  • Già nei primi lavori di Quentin Tarantino esistono dei riferimenti ai film di Sonny Chiba: i personaggi centrali di Una vita al massimo vanno a vedere in una grind house la maratona completa de Il teppista. Clarence Worley (Christian Slater) lo descrive come "il più grande interprete in assoluto di film arti marziali che ci sia". I sonori discorsi biblici di Jules Winnfield in Pulp Fiction sono una citazione dell'assassino immedesimato da Chiba nel film Karate Kiba.
  • Sonny Chiba compare anche nell'episodio speciale pubblicato sull'almanacco 1993 di Martin Mystère

sabato 13 febbraio 2016

Cumberjung

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Il Cumberjung è un tipo di mazzafrusto doppio indiano.
Quest'arma ha una forma a dir poco insolita, composta da un bastone dritto di legno, di circa 45 cm che ha attaccate alle due estremità due catene di circa 25–30 cm, con in fondo una palla ciascuno. Queste palle sono di legno rivestito di tessuto colorato, di aspetto non dissimile alle moderne palle antistress di tela riempite di sabbia, ma a differenza di queste, lungo l'asse mediano, vi è un cerchio di acciaio affilato che dava a queste palle l'aspetto di Saturno.
L'arma era prodotta (e usata) solo dai Gujarat, al tempo dell'Impero Maratha, e anche tra questi era poco diffusa, a causa della scarsa maneggevolezza e la ovvia pericolosità se ne veniva perso il controllo, ma in mani esperte è un'arma temibile, difficile da parare, e il tutto pesa poco più di un chilogrammo.

venerdì 12 febbraio 2016

Moraingy

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Il Moraingy è un'arte marziale tradizionale del Madagascar.

Storia

Il Moraingy ha avuto origine nella costa occidentale del Madagascar durante la dinastia Maroseranana (dal 1675 al 1896) del regno dei Sakalava. Con il tempo si è diffusa in tutto il Madagascar, prevalentemente nelle zone costiere, ma la sua popolarità ha sconfinato anche nelle vicine isole come Riunione, Comore, Seychelles e Mauritius.
Arte marziale riguardante unicamente l'uso delle mani nude, il Moraingy era inizialmente praticato solamente da giovani di ambo i sessi, generalmente con un'età compresa tra i 10 ed i 35 anni, mentre ora viene praticato da gente di ogni età: nonostante ciò tuttora i lottatori vengono chiamati kidabolahy (uomini giovani) o kidabo mpanao moraingy (giovani che praticano Moraingy).
Essere lottatore di Moraingy in alcune zone del Madagascar è anche uno status symbol e chi pratica tale disciplina ha generalmente il rispetto da parte della popolazione.

Caratteristiche tecniche

Il Moraingy generalmente riguarda scontri tra lottatori di differenti villaggi. Si combatte in ampi spazi all'aperto come campi da calcio e il combattimento è generalmente accompagnato da musica tradizionale come il Salegy.
Il Moraingy viene organizzato in competizioni a più incontri uno-contro-uno, e prima dell'inizio dell'evento i lottatori si radunano per scegliere ognuno il proprio avversario.
È un'arte marziale che prevede esclusivamente colpi, principalmente pugni ma è possibile anche calciare l'avversario. Le tecniche più utilizzate sono il pugno diretto (mitso), il gancio (mandraoky), il pugno basso (vangofary) e il montante (vangomioriky). In fase di difesa si tiene la guardia e si effettuano schivate.
L'incontro prevede un solo round e la vittoria può avvenire se una delle seguenti condizioni si avvera:
  • uno dei due lottatori esce dall'area di combattimento
  • svenimento di uno dei contendenti
  • impossibilità da parte di uno dei lottatori di continuare l'incontro per infortunio
  • manifesta inferiorità di un lottatore sull'altro.

giovedì 11 febbraio 2016

Ii Naosuke

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Ii Naosuke (井伊 直弼; Hikone, 29 novembre 1815 – Edo, 24 marzo 1860) fu daimyō di Hikone (1850–1860) e in seguito tairō (reggente) dello shogunato Tokugawa, posizione che mantenne dal 23 aprile 1858 fino alla morte, avvenuta il 24 marzo 1860. È celebre per la firma del trattato di Harris con gli Stati Uniti d'America, che garantì l'accesso ai porti giapponesi a tutti i mercanti e marinai americani, e l'extraterritorialità ai cittadini statunitensi. Fu anche un praticante dello stile Sekishū-ryū (石州流) della cerimonia del tè, e tra i suoi scritti vi sono almeno due opere ad essa dedicate.
Sotto la sua guida, lo shogunato Tokugawa superò una successione shogunale particolarmente combattuta in seguito alla morte di Tokugawa Iesada, rimasto senza eredi diretti. Ii riuscì inoltre a ripristinare il potere politico dello shogunato per l'ultima volta prima del periodo Meiji. Venne in seguito assassinato il 24 marzo 1860 durante l'incidente di Sakuradamon (桜田門外の変 Sakuradamon gai no hen) da parte di un gruppo di 18 samurai (17 provenienti dal dominio di Mito e uno dal dominio di Satsuma).

Biografia

Vita e formazione

Ii Naosuke nacque il 29 novembre 1815, 14° figlio di Ii Naonaka, daimyō di Hikone, e una concubina. In quanto 14° figlio, non era in linea di successione per una posizione prominente e venne quindi inviato fin da giovane in un tempio buddhista dove poté vivere grazie ad un piccolo stipendio offerto dalla sua famiglia. Per sua fortuna, i suoi 13 fratelli maggiori vennero poi adottati da altre famiglie in bisogno di erede o morirono prima di poter prendere il posto del padre come daimyō. E grazie a ciò, quando il padre morì nel 1850, Ii venne richiamato dal monastero e divenne il daimyō di Hikone. In quanto fudai daimyō (daimyō vassalli diretti dei Tokugawa), ottenne una posizione prominente nel bakufu, l'assemblea di consiglio dello shōgun.
Ii venne coinvolto fin da subito nella politica nazionale, diventando rapidamente il capo di una coalizione di daimyō. Nel 1853 si espresse in merito ai negoziati giapponesi con il Commodoro Matthew C. Perry. Avendo capito immediatamente che il Giappone era "di fronte ad una urgente emergenza militare", Ii propose di approfittare della relazione tra Giappone e Olanda per ritardare le trattative e nel frattempo costituire un corpo di forze armate in grado di resistere ad un'invasione, e raccomandò di aprire solo il porto di Nagasaki agli scambi mercantili con gli stranieri. Si oppose al consigliere shogunale Abe Masahiro (阿部正弘) che tentava di placare la fazione anti-stranieri e si mise a capo di un gruppo di fudai daimyō allo scopo di deporlo e rimpiazzarlo con Hotta Masayoshi (堀田正睦). Ciò gli alienò molti daimyō riformisti, portandoli a rafforzare i loro rapporti con la Corte imperiale.

Reggenza

Nel 1858, in seguito al maldestro tentativo di Hotta Masayoshi di ottenere l'approvazione da parte dell'Imperatore Kōmei del Trattato di Harris, lo shōgun Tokugawa Iesada (徳川家定) scelse Ii Naosuke per assumere la carica di tairō (大老 reggente, lett. "grande anziano"). Si trattò di una decisione influenzata dal ramo Kii del clan Tokugawa. La carica di Tairō, per quanto assegnata raramente, veniva spesso assunta dalla famiglia Ii: tra il 1700 e l'ascesa di Ii Naosuke 158 anni più tardi ci sono stati tre Tairō appartenenti alla famiglia Ii e uno solo appartenente ad un'altra famiglia. L'assunzione della carica di tairō da parte di Ii contrariò molti dei shinpan daimyō (親藩大名) incluso Tokugawa Nariaki. In qualità di tairō, Ii Naosuke ebbe prestigio e potere secondi solo allo shōgun; poté inoltre contare sul pieno supporto dei fudai daimyō e, con il loro appoggio, agì con determinazione nel ripristinare il potere politico del bakufu, sia nella politica interna che estera.
Ii Naosuke considerò il trattato di Harris, negoziato da Hotta Masayoshi con al diplomatico americano Townsend Harris, come nei migliori interessi giapponesi. In linea con il protocollo chiese alle tre casate del Gosankyō (御三卿 , i tre rami della famiglia Tokugawa) le loro opinioni sulla stesura. Tuttavia si trovò a far fronte alle politiche ostruzioniste messe in atto dalla fazione Hitotsubashi capitanata da Tokugawa Nariaki, padre di Yoshinobu e discendente di Mito Komon.
Ii non era intenzionato a firmare il trattato senza l'approvazione dell'Imperatore Kōmei, tuttavia i daimyō della fazione Hitotsubashi tentarono in ogni modo di impedirgli di presentare a questi il trattato, rifiutandosi di appoggiare il documento. Allo stesso tempo Harris aveva iniziato a fare pressione sugli ufficiali giapponesi per ottenere una firma del trattato. Ii decise di non rischiare un aggravamento dei rapporti con gli americani e il 29 luglio 1858, incoraggiato dal pieno supporto dei funzionari del bakufu, ordinò la firma del trattato. In seguito alla firma, il bakufu si trovò a negoziare simili trattati ineguali con gli olandesi, i russi, i britannici e i francesi. Il ripristino del potere e della sovranità giapponese, persi a causa dei trattati firmati da Ii Naosuke, diventarono poi la base per una larga parte delle politiche formulate durante il periodo Meiji.
A causa della fragile salute dello shōgun Iesada, i membri della fazione Hitotsubashi tentarono di costringere Ii a sostenere Tokugawa Yoshinobu come possibile successore. La sua candidatura venne avanzata dalla fazione riformista, capitanata da suo padre Nariaki, e i suoi sostenitori posero l'accento sulla sua esperienza e abilità nelle decisioni politiche. Ii era consapevole che il Giappone aveva bisogno di una guida forte, ma al contrario dei daimyō riformisti, non era preparato ad accettare una leadership estranea alle tradizionali forme di governo. Il bakufu preferì quindi il dodicenne daimyō di Kii, Tokugawa Yoshitomi, come erede dello shōgun: la sua giovane età e l'inesperienza avrebbero reso più facile poterlo influenzare e controllare.
In modo da porre fine alle interferenze esterne nelle politiche del bakufu, poco dopo la firma del Trattato di Harris Ii proclamò che la successione shogunale era una faccenda privata del clan Tokugawa e che gli shinpan daimyō e l'Imperatore non avevano alcun diritto di interferire. In tal modo, in virtù della sua carica di Tairō Ii era ora libero di influenzare la decisione in favore di qualsiasi candidato di sua preferenza senza alcuna opposizione. Riuscì ad ignorare i daimyō che supportavano Yoshinobu e nominò al suo posto il candidato dei fudai daimyō, Yoshitomi, che prese il nome di Tokugawa Iemochi come 14º shōgun Tokugawa.
La decisione di Ii non fu vista di buon occhio da parte dei lealisti imperiali e in particolare dai samurai di Mito. Verso le fine del 1858 i riformisti incontrarono l'Imperatore con la speranza di poter fermare Ii. In risposta al tentativo di Tokugawa Nariaki e dei suoi sostenitori di denunciarlo alla Corte Imperiale, Ii emanò un decreto shogunale che gli permise di dare inizio all'Epurazione Ansei (安政の大獄 Ansei no taigoku). Durante il resto del 1858 e del 1859 il decreto colpì oltre 100 funzionari del bakufu, della Corte Imperiale e dei possedimenti di vari daimyō. Otto dei funzionari epurati vennero giustiziati; gli altri vennero condannati all'esilio. Durante l'Epurazione Ii Naosuke costrinse i sostenitori di Yoshinobu a ritirarsi e pose la famiglia Hitotsubashi agli arresti domiciliari. Riuscì inoltre a rimuovere dalle cariche amministrative i funzionari che avevano espresso malcontento per le sue decisioni politiche.

Kōbu gattai

All'inizio del 1859 un agente del bakufu infiltrato alla Corte Imperiale, Nagano Shuzen (長野主膳), propose a Ii Naosuke di effettuare una politica di Kōbu gattai (公武合体, "Unione della Corte imperiale e dello shogunato"). Questa mossa, che aveva l'obiettivo di collegare Kyoto ed Edo in modo da supportare l'ormai decadente shogunato con il prestigio della Corte Imperiale, si sarebbe concretizzata attraverso il matrimonio fra lo shōgun e la sorella più giovane dell'Imperatore, la principessa Kazunomiya Chikako (和宮親子内親王). Ii comunicò le sue intenzioni alla Corte attraverso il suo ambasciatore Manabe Akikatsu (間部詮勝), che venne incaricato di verificare se la Corte avrebbe accettato il matrimonio proposto fra Iemochi e la principessa Kazunomiya. Konoe Tadahiro (近衛忠熙), un prominente funzionario di Corte, inizialmente rispose con favore alla proposta, affermando che un matrimonio fra i due era possibile. Tuttavia, nel marzo del 1859 Konoe fu costretto a ritirarsi in seguito all'Epurazione Ansei e l'idea del Kōbu gattai smise di venire considerata almeno fino al 1861, dopo la morte di Ii Naosuke. In quello stesso anno, in seguito ad un ulteriore deterioramento dello shogunato, avvenne finalmente il matrimonio fra Iemochi e la principessa Kazunomiya, che tuttavia ebbe breve durata, a causa della morte dello shōgun nel 1866.

Morte e conseguenze

Nonostante l'Epurazione Ansei avesse permesso di allontanare i funzionari ostili a Ii Naosuke e i suoi avversari politici di alto rango, eggli non ebbe lo stesso successo coi samurai di basso rango. Il suo regime dittatoriale di 20 mesi finì improvvisamente il 24 marzo 1860.
Durante l'Incidente di Sakuradamon, Ii venne attaccato da una banda di 18 samurai lealisti provenienti da Mito e Satsuma e fatto a pezzi di fronte al Cancello di Sakurada (桜田門 Sakuradamon) del Castello di Edo mentre si apprestava ad incontrare lo shōgun. L'assassinio di Ii Naosuke, che era considerato l'emblema del potere e dell'autorità del bakufu, rappresentò la fine di qualsiasi speranza per la resurrezione del potere dello shōgun.
La sua morte diede inizio ad un'onda di fanatismo lealista in tutto il Giappone e persino il poeta Tsunoda Tadayuki (角田忠行, 1834-1918) scrisse una poesia congratulandosi con gli assassini di Ii. In seguito vi furono altri tentati omicidi di membri ed informatori del bakufu. L'ondata popolare di dissenso si scatenò anche contro i funzionari con distanti connessioni a Ii Naosuke. Shimada Sakon (島田左近), servitore dei Kujō (九条家 Kujō-ke), venne assassinato dai dissidenti per avere supportato il Trattato di Harris ed aver aiutato l'agente di Ii, Nagano Shuzen, ad esporre altri membri della Corte che vennero in seguito colpiti dall'Epurazione Ansei.
Lo shōgun e il bakufu furono colti di sorpresa dalla morte di Ii Naosuke, che fu tenuta segreta per alcuni mesi dopo suo assassinio. Durante questo periodo, essi dapprima sostennero che Ii svolgesse ancora l'incarico di Tairō, poi proclamarono la sua malattia e le dimissioni, e infine ne annunciarono la morte. I suoi assassini ricevettero in seguito l'amnistia da parte del bakufu, un precedente che verrà poi utilizzato da Yamagata Aritomo, membro chiave del Rinnovamento Meiji, per dimostrare che qualsiasi azione può venire perdonata se effettuata pensando al bene dell'Imperatore.

Eredità

Dopo la sua morte, Ii Naosuke fu sia diffamato che difeso. Persino i suoi nemici ammisero che, assieme a Tokugawa Nariaki, era stato una delle più importanti figure politiche del tardo periodo Edo della storia giapponese. A causa dei suoi metodi spesso tirannici utilizzati per mantenere il suo potere, egli venne valutato negativamente sui mezzi di stampa, e dipinto come una persona malvagia nella maggior parte della letteratura contemporanea, per esempio nelle poesie di Tsunoda Tadayuki. Nonostante ciò, storici come Miyauchi e Beasley considerano Ii come un patriota che agì per il bene del Giappone e dell'Imperatore. Per affermare ciò, si basano sulla proposta avanzata da Ii nel 1853 in occasione dei negoziati con il Commodoro Perry, quando suggerì una politica di conciliazione ed un contemporaneo rafforzamento militare del Giappone, ritenendo che il Paese non era in grado di affrontare i poteri occidentali (che fu poi la politica attuata dal Governo Meiji). I successori di Ii non riuscirono ad abolire le sue politiche, e la sua attitudine verso gli stranieri diventò la base della politica giapponese nel periodo Meiji.
In seguito alla sua morte, la famiglia Ii venne disonorata per molti anni; recentemente, tuttavia, l'operato di Ii ha iniziato a venir riconsiderato con maggior favore. Il 7 ottobre 2009, Ii Naotake (井伊直岳, vero nome Ii Takeo 井伊岳夫), un discendente diretto di Naosuke, ha preso parte con i cittadini di Fukui ad una cerimonia di riconciliazione per l'esecuzione di Hashimoto Sanai (橋本左内) durante l'Epurazione Ansei.
Ii è sepolto al tempio Gōtokuji (豪徳寺), a Setagaya, Tokyo.

mercoledì 10 febbraio 2016

Hatakeyama Takamasa

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Hatakeyama Takamasa (畠山 高政; 1527 – 5 novembre 1576) è stato un daimyō giapponese del periodo Sengoku, appartenente al ramo Kawachi-Hatakeyama della provincia di Kawachi.

Biografia

Takamasa era figlio di Hatakeyama Masakuni (gli altri figli erano Masayori e Akitaka) e governava dal castello di Takaya nella provincia di Kawachi. Si scontrò con il clan Miyoshi tra il 1559 e 1560 e nel 1568 Ashikaga Yoshiaki lo mise a capo del castello di Takaya. Takamasa nel 1573 perse il castello dopo la rivolta di un vassallo chiamato Yuza Nobunori. Il castello fu successivamente riconquistato da Oda Nobunaga che non ne ridiede a Takamasa il controllo.

martedì 9 febbraio 2016

Langgai Tinggang

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Il langgai tinggang, detto anche langgai tinggan, langgi tinggang o mandau langgi tinggan è una spada tradizionale del popolo Iban del Borneo. Il nome langgai tinggang significa letteralmente "la piuma più lunga della coda di un bucero".

Descrizione

L'arma è molto simile ad un niabor, ma con un'impugnatura che ricorda più quella del mandau. La lama è ricurva e convessa verso il lato tagliente, mentre il dorso è concavo. Su entrambi i lati è presente una sorta di spessa nervatura che percorre la lama per la sua intera lunghezza allo scopo di rinforzarla. La guardia è più piccola di quella del niabor ed è più simile a quella del mandau. Un'altra differenza con il niabor è rappresentata dal fatto che il pomolo del langgai tinggang è sempre decorato con ciuffi di peli di animali.

lunedì 8 febbraio 2016

Chandra

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Presso la religione induista, Chandra (Sanscrito: चन्द्र, letteralmente "brillante") rappresenta il dio-luna che negli appellativi letterari ha ereditato il nome e le funzioni del dio Soma vedico.
Il suo culto assume carattereri più che altro mitici e molto meno liturgici.
Le sue funzioni principali sono quelle di compensare l'eccesso dell'ardore solare e di far soggiornare le anime degli antenati, visto che la via verso i "Padri" (pitr-yāna), opposta a quella verso "gli dèi" (deva-yāna), era anticamente concepita come lunare.
Viene chiamato anche saumya, ossia risanante e rinfrescante e tra le sue funzioni vi è quella di aiutare le piante a crescere.
Protegge gli amanti ma contemporaneamente viene visto come portatore di sfortuna.
Viene raffigurato come un giovane aureolato, posizionato su un carro guidato da dieci cavalli, accompagnato da due regine.
Il suo simbolo è l'antilope.
Nato, secondo il mito, dal frullamento del mare, ossia dal girare vorticoso del mare su sé stesso, Chandra rapisce Tārā per sposarla, ma scatena la guerra fra i Deva e gli Asura. Inoltre Chandra viene colpito da una maledizione, causata dall'aver preferito una delle sue ventisette mogli, figlie di Daksa, che lo trascina ad uno stato di consunzione. Secondo un'altra leggenda Chandra è costituito dalle ossa di Kāma, quasi per evidenziare il suo legame con l'amore sfortunato.
Viene anche chiamato śaśamka ("il Segnato dalla Lepre") per denotare le sue macchie lunari.
Il dio Chandra è il progenitore di una lunga dinastia lunare che ispira molti personaggi dell'epica indiana.

domenica 7 febbraio 2016

Le rare tecniche dell'Artiglio dell'aquila


Le rare tecniche dell'Artiglio dell'aquila è un sistema di Kung Fu completo, dotato di:
  • artigli
  • parate
  • atterramenti
  • applicazioni di soffocamento
  • spazzate di gambe
  • combattimento a terra
Oltre alle artigliate, famosa tecnica di questo stile, vi sono le leve ai punti vitali di pressione e come una delle tecniche fondamentali le tecniche dei palmi taglienti.
La particolarità di quest'ultima tecnica sta nell'efficacia, visto che i movimenti delle mani utilizzando questi attacchi sono più difficili da intercettare.
La mano agisce come una lama, creando un effetto a mulinello che sferza implacabilmente l'avversario. Questo stile prevede uno speciale tipo di allenamento che si chiama "palmo di cotone".
Questo tipo di allenamento ha lo scopo di rendere queste tecniche micidiali, infierendo all'avversario danni agli organi interni, muscoli e vene, mantenendo allo stesso tempo mani e dita soffici come il cotone, ed impedendo all'opponente di ritirarsi e contrattaccare.
L'efficacia di questa letale tecnica dipende dal mantenimento della leggerezza di mani e dita mentre si permette al chi di scorrere attraverso le punte. Le maggiori tecniche del palmo nell'Artiglio dell'Aquila sono:
  • Il palmo dritto
  • Il palmo sospeso
  • Il palmo tagliente
  • Il palmo pressante
  • Il palmo continuo
La bellezza di questo sistema di combattimento la si ammira nella tecnica chiamata "fiore che cammina".
Questa prevede il movimento dei palmi in un moto circolare camminando allo stesso tempo seguendo un percorso simile.
Lo spostamento delle braccia distrae l'avversario, ignaro del fatto che voi vi apprestate ad eseguire una leva o un attacco a sue spese.
Per avere una discreta conoscenza con questo stile bisogna conoscere anche delle tecniche un pò più avanzate, divise in 4 livelli:
Il blocco ed attacco; Blocco con il palmo ed attacco con tecniche di palmo, pugni e calci.
Blocco ed attacco simultanei; Uguale a quello precedente ma con simultaneità
Attacco senza bloccaggio; Attacco all'avversario senza incorrere in bloccaggi di alcun tipo
Attacco e difesa continui; Questo è il livello più avanzato, dove il praticante ha già confidenza con i livelli precedenti e può destreggiarsi con naturalezza contro l'avversario in continuità
Il palmo tagliente non è la tecnica principale del sistema, ma è sicuramente una delle tecniche più letali ed efficaci, e rendono quest'arte una delle più dure e combattive nei sistemi di Kung Fu.