Carl Ethan Akeley, nato a New York nel
1864, crebbe in una fattoria e frequentò poco la scuola, preferendo
vivere all'aria aperta per studiare gli animali e le piante,
un'inclinazione che lo portò a diventare apprendista del naturalista
Henry Ward. Lavorare per lui e collaborare con vari musei lo portò
in pratica a creare la tassidermia moderna: all'epoca per impagliare
un animale si prendeva una pelle, la si riempiva di paglia e la si
cuciva. I musei erano pieni di buffi pupazzoni che non potevano
soddisfare un uomo come Akeley, il quale iniziò invece a
sperimentare fino a creare una tecnica volta a riprodurre il più
fedelmente l'animale rappresentato. Tramite la creazione di sculture
da ricoprire con la pelle, e lo studio della muscolatura, della
struttura ossea e del comportamento dell'animale, Akeley poté creare
dei diorama che riproducevano fedelmente l'ambiente naturale da cui
essi venivano.
Nel 1909 Akeley accompagnò Theodore
Roosevelt in un viaggio in Africa finanziato dallo Smithsonian, con
lo scopo di preservare le specie animali selvatiche. Potrebbe
sembrarci strano che "preservare" si traducesse in andare
personalmente in Africa per abbattere di tutto a colpi di calibro
.557 (sufficiente ad sistemare un t-rex a cavallo di un triceratopo)
per poi portare le pelli in America e metterle in un museo, ma la
motivazione principale che spingeva Akeley era assicurarsi che le
future generazioni avrebbero potuto osservare le bestie africane "in
natura" nel caso in cui si fossero estinte. Durante una
spedizione in Somalia, il naturalista aveva abbattuto una iena e un
facocero, ma non soddisfatto li aveva lasciati sul posto per cercare
di meglio. Al suo ritorno, non trovando più le carcasse e sentendo
dei rumori provenienti da un cespuglio, pensò a una iena e fece
fuoco, pur non sapendo quale animale si nascondesse nell'erba alta.
Riconoscendo il ruggito di un leopardo, decise di tornare al campo,
per tornare il mattino seguente con la speranza di averlo ferito a
morte. Ma il felino era stato ferito solo di striscio, e seguì il
cacciatore con l'intenzione di sbranarlo. Akeley si accorse della
bestia che lo stava per aggredire e riuscì a sparare alcuni colpi,
dei quali solo un paio riuscirono a colpire e ferire superficialmente
l'animale. Ma grazie a ciò la belva mancò il colpo mortale e invece
di affondare nella gola dell'uomo, le sue fauci andarono a chiudersi
sul braccio proteso della vittima. Con il braccio intrappolato nella
bocca del felino, Akeley fece l'impensabile: spinse ancora più in
profondità il braccio nella bocca dell'animale, e iniziò a
strangolarlo con l'altra mano. Liberato il braccio semi maciullato
dalla presa, ne approfittò per schiacciare l'animale col suo peso e
strangolarlo a morte.
Quando l'uomo coperto di sangue e coi vestiti laceri tornò al campo, i suoi portatori africani non poterono credere ai loro occhi. Pensando che si fosse imbattuto in indigeni ostili o un leone, lo avevano dato per morto e non erano nemmeno andati a cercarlo. L'esploratore si iniettò talmente tanti antisettici nel braccio che "il liquido di un'iniezione faceva uscire quella precedente". Ma era vivo, e a dimostrarlo c'era la carcassa di una delle più perfette macchine di morte che la natura avesse mai creato, dopo Carl Akeley. L'esploratore non si scoraggiò per l'increscioso avvenimento, ma continuò a esplorare e cacciare in nome della scienza. Sopravvisse dopo essere stato quasi impalato e calpestato da un'elefante straordinariamente grande, attraversò un fiume pieno di coccodrilli usando uno dei rettili morto come una zattera, sfuggì a tre rinoceronti che lo caricarono contemporaneamente, inventò uno sparacemento e una macchina fotografica usata anche da Hollywood e nella Prima Guerra Mondiale. Nel 1921, durante una spedizione per "studiare" i gorilla in Congo, Akeley ebbe una profonda riflessione e finì per convincere il re del Belgio Alberto I a istituire il parco nazionale dei Virunga, il primo del suo genere in Africa. Così il poliedrico cacciatore diventò anche uno dei primi e più influenti esponenti della causa ambientalista della conservazione delle specie animali. Il naturalista, scultore, inventore, tassidermista e fotografo trovò la morte nella sua Africa, all'età di 62 anni quando morì a causa della dissenteria in Congo, nel 1926.
Quando l'uomo coperto di sangue e coi vestiti laceri tornò al campo, i suoi portatori africani non poterono credere ai loro occhi. Pensando che si fosse imbattuto in indigeni ostili o un leone, lo avevano dato per morto e non erano nemmeno andati a cercarlo. L'esploratore si iniettò talmente tanti antisettici nel braccio che "il liquido di un'iniezione faceva uscire quella precedente". Ma era vivo, e a dimostrarlo c'era la carcassa di una delle più perfette macchine di morte che la natura avesse mai creato, dopo Carl Akeley. L'esploratore non si scoraggiò per l'increscioso avvenimento, ma continuò a esplorare e cacciare in nome della scienza. Sopravvisse dopo essere stato quasi impalato e calpestato da un'elefante straordinariamente grande, attraversò un fiume pieno di coccodrilli usando uno dei rettili morto come una zattera, sfuggì a tre rinoceronti che lo caricarono contemporaneamente, inventò uno sparacemento e una macchina fotografica usata anche da Hollywood e nella Prima Guerra Mondiale. Nel 1921, durante una spedizione per "studiare" i gorilla in Congo, Akeley ebbe una profonda riflessione e finì per convincere il re del Belgio Alberto I a istituire il parco nazionale dei Virunga, il primo del suo genere in Africa. Così il poliedrico cacciatore diventò anche uno dei primi e più influenti esponenti della causa ambientalista della conservazione delle specie animali. Il naturalista, scultore, inventore, tassidermista e fotografo trovò la morte nella sua Africa, all'età di 62 anni quando morì a causa della dissenteria in Congo, nel 1926.