lunedì 30 maggio 2011
domenica 15 maggio 2011
Elenco incompleto scuole kung fu
Palestre Kung Fu a Alessandria
Accademia Wu Tao Sport center
Sport Team Ovada
Palestre Kung Fu a Arezzo
Centro Kung Fu Montevarchi
Il Volo del Drago
Zenshin Club Arezzo
Palestre Kung Fu a Ascoli Piceno
Scuola Kung Fu Club
San Benedetto del Tronto
Palestre Kung Fu a Avellino
Tigre d'Oro
Avellino
Palestre Kung Fu a Bari
Wing Tsun Organization Bari
Bari
Palestre Kung Fu a Bergamo
Accademia arti marziali
Grassobbio
Scuola di Kung Fu KUAN YU
Clusone
Palestre Kung Fu a Bologna
Nei Kung ASD
Bologna
Scuola e Disciplina del kung-fu Imola
Imola
Palestre Kung Fu a Bolzano
Eternal Spring Kung Fu Bolzano
Bolzano
Shaolin Temple
Bolzano
Palestre Kung Fu a Brescia
Lushaolong
Bagnolo Mella
Eunka
Torbole Casaglia
Palestre Kung Fu a Cagliari
Discipline Orientali Interiori
Cagliari
Nei Chin
Quartu S. Elena
Scuola di Arti Marziali Cinesi
Cagliari
Palestre Kung Fu a Caltanisetta
Accademia wing tsun AWTA
Gela
Palestre Kung Fu a Campobasso
Scuola di Kung fu Maestro De Palma Carmine
Termoli
Scuola di Kung fu Maestro De Palma Carmine
Petacciato
Palestre Kung Fu a Caserta
Li ChengLi Cheng
Mignano Monte Lungo
Palestre Kung Fu a Catania
I Dragoni dell'Etna
Catania
Palestre Kung Fu a Catanzaro
Accademia Nazionale Italiana Wushu Kung Fu
Catanzaro
Wudang Pai Yuan - Long Dao - Battista Tan Pao
Catanzaro
Palestre Kung Fu a Cesena
Nei Wai Chuan Shaolin Kung Fu
Cesena
S.S. Montigallo
Savignano sul Rubicone
Sha Ko Club
San Vittore
Palestre Kung Fu a Chieti
Scuola di Kung fu Maestro De Palma Carmine
Vasto
Palestre Kung Fu a Crotone
Tang Lang Tao
Crotone
Palestre Kung Fu a Cuneo
Centro studi Wu-Wei A.S.D.
Genola
Centro Studi Discipline Orientali
Valgrana
Scuola del Principio Unico
Alba
Wing Tsun Cuneo
Cuneo
Palestre Kung Fu a Ferrara
Associazione Neigong
Ferrara
Palestre Kung Fu a Firenze
Scuola del Fiume
Scandicci
Centro Studi Discipline Orientali
Vinci
Istituto di Wushu della Città di Firenze
Firenze
Scuola del fiume - Shaolinquan
Scandicci
Shaolin Kung Fu Firenze
Firenze
Palestre Kung Fu a Foggia
Olimpic Studio
Cerignola
Palestre Kung Fu a Frosinone
Li Cheng c/o palestra Athena
Sora
Palestre Kung Fu a Genova
Kung Fu LAB - Divulgazione gratuita
Genova
Martial Arts & Healing Academy
Genova
Team Kung Fu Hung Gar
Genova
Wing Chun Genova
Genova
Kwoon Wing Chun Kung Fu
Bolzaneto
Palestre Kung Fu a Gorizia
Tiger Club
Gradisca d'Isonzo
Piccolo Drago Rosso A.s.d.
Ronchi dei Legionari
Wing Tsun Extreme
Staranzano
Palestre Kung Fu a Imperia
C.W.K.
San Remo
Radiosa Primavera Kung Fu Imperia
Imperia
Shanhai Jow Ga A.C.
Ventimiglia
Palestre Kung Fu a Latina
Centro Dan Tian Gaeta
Gaeta
Palestre Kung Fu a Lecce
Kung-Fu Shen - Scuola delle Tre Armonie
Cursi
Scuola Arti Orientali Il Sole
Lecce
Palestre Kung Fu a Livorno
Gong Fu Traditional Institute
Livorno
Acquaviva
Livorno
Wing Tsun Italia
Banditella
Palestre Kung Fu a Lodi
Wu Wei WingTsun
Lodi
Palestre Kung Fu a Milano
M.A.F. Kung Fu
Agrate Brianza
Martial Arts Kung-fu Association
Seveso
Shaolin Wuseng Houbeidui - Italy
Milano
A. S. Scuola Arti Marziali Milano
Milano
Accademia Tao Wing Chun
Milano
CSKK
Bresso
EWA-SGM "Forza e Coraggio"
Milano
Jian Long Ba Gua Zhang A.S.D.
Melzo
Kung Fu Chang Gaggiano
Gaggiano
Kung Fu Kuan Shoot Boxing Club
Lenate sul Seveso
Kwoon Kung Fu Wu Yinsu
Milano
New Dragon
Cinisello Balsamo
Palestra Ursus
Cisliano
Rasen
Milano
Shaolin Wu Shi
Milano
Sport prevenzione e salute
Milano
Tana dei Dragoni
Milano
Tigre Nera Team
Seveso
Wu Shu Kuan
Milano
Wu Tan
Milano
Xu Zai Xing Kung Fu
Milano
Palestre Kung Fu a Modena
WingTsun Modena
Modena
Palestre Kung Fu a Napoli
La Tana del Drago Rosso - Napoli
Napoli
Atlantide A.S.I.A.
Qualiano
Olimpo Alcantara ASD
Quarto
wellC Wellness Chiaia
Napoli
Wing Tsun Napoli
Napoli
Palestre Kung Fu a Padova
Associazione Kung Fu Chang Padova
Limena
Kyu Shin Ryu A.S.D.
Camposampiero
The Kwon
Padova
Palestre Kung Fu a Palermo
Wing Tsun Palermo
Palermo
Palestre Kung Fu a Pavia
Centro Arti Marziali Pavia C.A.M.
Pavia
Scuola Kungfu M Chang
Pavia
Shaolin Mei Hua Ch'Uan Asd
Pizzale
Wu Shu Kuan2 Voghera A.S.D.
Voghera
Palestre Kung Fu a Perugia
Il Kung Fu
Ponte della Pietra
Palestre Kung Fu a Pesaro
Shen Long Shaolin Kung Fu Guan
Pesaro
Shen Long Shaolin Kung Fu Guan
Sant'Angelo in Lizzola Loc. Montecchio
Shen Long Shaolin Kung Fu Guan
Fano
Palestre Kung Fu a Pescara
Palestra Koreos
Pescara
Palestre Kung Fu a Piacenza
K un Ch ien
Carnapeto Piacentino
Palestre Kung Fu a Pisa
Accademia Wing Tsun Toscana
Perignano
Bodyquan
Pontedera
Drago Rosso
S. Miniato Basso
Scuola di Arti Marziali - Fragale
Pisa
Team Andrea Volpi
Pisa
Wing Tsun - Palestra Ginnasia club
Bientina
Palestre Kung Fu a Pistoia
Scuola di Wing Chun Kung Fu
Montecatini Terme
Wing Tsun Pistoia
Pistoia
Palestre Kung Fu a Prato
Shiro Saigo
Prato
Wushu Extreme
Prato
Chin Woo
Figline di Prato
Palestre Kung Fu a Rimini
Il Centro
Riccione
Scuola del Principio
Rimini
Palestre Kung Fu a Roma
Accademia delle Arti Marziali
Roma
Associazione Polisportiva Culturale Futura
Roma
La Tana del Drago Rosso
Roma
La Tana del Drago Rosso - Colleferro
Colleferro
Otto Trigrammi
Roma
Wing Txun
Roma
GIS Club Google Map
Roma
I Shen Chia Kung Fu
Roma
La via del Wing Tsun
Roma
Le Sette Stelle
Roma
Liang Long Guan c/o ASD Judo Preneste
Roma
Martial Arts Temple
Roma
Orientalarts Academy
Roma
Otzuka Club
Roma
Tempio dei 5 Elementi
Roma
Wing Tsun Kuen
Roma
Palestre Kung Fu a Salerno
Accademia di Wu Shu Gong Fu Tradizionale
Salerno
Marco Polo
Salerno
Wing Tsun Salerno
Salerno
Palestre Kung Fu a Savona
Polisportiva del Finale
Finale Ligure
Shindokai Savona
Savona
Wing Tsun Varazze
Varazze
Palestre Kung Fu a Siena
La Tana del Drago Rosso - Siena
Colle di Val D'Elsa
Gymnasium Google Map
Poggibonsi
Hu Long WuShu KungFu
Rapolano Terme
Kung Fu Chang Siena
Siena
Kung Fu Wushu Siena
Poggibonsi
Palestre Kung Fu a Torino
Accademia Tao Shu
Burolo
Canavesana Arti Marziali
Ivrea
Italian Chin Woo Athletic Association
Rocca Canavese
Scuola Arti Orientali Pinerolo
Pinerolo
Accademia Jing Wu
Torino
Accademia Sport Kombat Cirie'
Cirie'
ASD Movimentarti
Torino
Dojo Budokan
Torino
Fight and Fun
Torino
Kung Fu Chang Pinerolo
Pinerolo
Kung Fu Wushu Venaria
Grugliasco
Pei P ai Kung Fu
Pinerolo
Scuola Arti Marziali Sholucas
Bardonecchia
Seibukan
Torino
Palestre Kung Fu a Trento
WingTsun KungFu
Pergine Valsugana
A.S.K.C. Lao Kuan
Arco
Palestre Kung Fu a Trieste
Atletica Wing Tsun Trieste
Trieste
Palestre Kung Fu a Udine
Wu Shi Tao Udine
Udine
Shaolin ch Uan
Pasian di Prato
Wu Hsing Kung Fu Chang
Adorgnano di Tricesimo
Palestre Kung Fu a Vercelli
Accademia Italiana Kung Fu Taiji Kwoon Tai
Vercelli
Samdo
Vercelli
Palestre Kung Fu a Verona
Tao Long
Verona
Lok Yiu Wing Chun Kung Fu
San Massimo
Palestre Kung Fu a Vicenza
Italia Poon Ze Team
Vicenza
Kung Fu Castelgoberto
Castelgoberto
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sabato 14 maggio 2011
Il logo ITALIA WING CHUN KUEN
La forma triangolare rappresenta l'integrità strutturale del Wing Chun.
Una sua iniziale comprensione nei primi anni di allenamento porterà alla precisa e dettagliata conoscenza del sistema progredendo in modo forte e diretto all'interno di esso.
La forma triangolare inoltre rappresenta i tre metodi d'insegnamento del Wing Chun: Sentire, Vedere, Fare.
Infine il triangolo rappresenta le tre persone necessarie allo studente per imparare: Te stesso; il Tuo Sifu; il Tuo compagno.
Il colore giallo nella tradizione Cinese rappresenta "la conoscenza" riflette quindi lo spirito del Wing Chun atto ad un miglioramento personale.
La forma "Mui Fa" o "Fiore di Prugno" rappresenta i cinque saggi che sopravvissero all'incendio del Tempio Shaolin; uno di questi saggi Ng Mui si dice sia stata la Badessa fondatrice del sistema Wing Chun.
Ognuno dei cinque petali del "Mui Fa" rappresenta insieme le uniche caratteristiche che definiscono le attitudini del vero Artista Marziale:
Rispetto - Disciplina - Umiltà - Onestà - Dedizione.
I doppi coltelli incrociati "Dao" sono i coltelli tradizionali del sistema Wing Chun. Essi sono posizionati in modo tale da formare una bassa intersezione delle lame, imitando il primo movimento della Siu Nim Tao.
Questo allineamento crea un asse centrale che rappresenta la Linea Centrale del Wing Chun "Chung Seen".
I due caratteri Cinesi che si trovano a lato del triangolo sono "Wing" e "Chun" e danno il nome al sistema di Kung-Fu.
I sei caratteri Cinesi posti verticalmente significano: Italia Wing Chun Kuen.
Wing Chun Kuen significa "Pugno della Radiosa Primavera" denotando che questo è un sistema di combattimento.
Il logo è stato disegnato nel 1989 ad Hong Kong dopo la consultazione del Gran Maestro Yip Chun e di Si-kung S. Rawcliffe mentre i caratteri Cinesi sono stati scritti direttamente dal Gran Maestro Yip Chun per Si-fu Riccardi a Birmingham (GB) nel 1996.
La combinazione di questi simbolismi tradizionali e moderni integrati nel logo dell'uniforme rappresentano l'ideologia e la metodologia dell'Italia Wing Chun Kuen.
L'Italia Wing Chun Kuen combina le tradizionali metodologie d'insegnamento, mantenute ed incrementate attraverso i secoli.
Con la precisa ripetizione pratica delle tecniche, impiega ed utilizza le stesse nel moderno mondo reale applicandole al vero combattimento da strada.
Gli studenti, come prima cosa, imparano ad eseguire solo i movimenti, quindi ad allenarli con un compagno ed infine ad applicarli nel mutevole scenario di allenamento nelle condizioni di combattimento da strada.
L'allenamento nelle scuole I.W.C.K. accentua le tecniche nella loro applicazione reale, non con competizioni nei tornei o con la semplicistica pratica delle forme.
Ma dopo un grande allenamento, atto a rifinire e comprendere le tecniche e le strutture di base, sfociando in seguito all'esplorazione individuale, all'interpretazione delle stesse rapportate alla realtà da strada.
venerdì 13 maggio 2011
Turcasso
Il
turcasso
è una particolare tipologia di
custodia per le frecce, altrimenti detta faretra.
Data l'influenza ellenica e medio
orientale e la datazione storica d'inizio dell'utilizzo del termine,
col termine turcasso è più precisamente indicata la faretra in uso
agli arcieri turchi. Tipicamente si differenzia dall'equivalente
guaina per frecce a tracolla per il suo alternativo fissaggio alla
cintura. Confezionato prevalentemente con pelle conciata, il
turcasso, è stato rinvenuto in differenti fogge, presentando come
parti costituenti anche pelli di bovini e velli ovini.
Al vocabolo "turcasso" sono
attribuite etimologie differenti, secondo lo studio dell'etimo di
diverse culture e lingue (greco, turco, persiano), come lo sono anche
le diverse accezioni che definiscono la scelta del termine. In lingua
italiana, il vocabolo era già in uso nel XIV secolo, tanto da
comparire nella Divina Commedia:
«E trasse del Turcasso due dardi di diverse opere, ed
effetti: l'una caccia l'amore, ed è di piombo il suo ferro:
l'altro il fa venire, ed è d'oro la sua gorbia...» |
(Dante Alighieri, Paradiso (Divina Commedia),
canto 1) |
La parola turcasso viene utilizzata
anche da Italo Calvino in "Le città invisibili" - "Un
turcasso pieno di frecce indicava ora l'approssimarsi di una guerra,
ora l'abbondanza di cacciagione oppure la bottega d'un armaiolo."
(II Capitolo).
Simbolo molto utilizzato
iconograficamente, il turcasso, appare in diversi vessilli e bandiere
del passato ed altri odierni. La bandiera della Repubblica Cispadana
lo inserisce al centro della fascia bianca, raffigurandolo in
verticale, con quattro frecce al suo interno, circondato da un serto
di lauro (alloro), sormontante la corona civica e ornato da un trofeo
di armi.
giovedì 12 maggio 2011
Sagaris
Sagaris
è la parola che in greco antico
indica la scure d'arcione utilizzata dalle popolazioni nomadi che
abitavano le steppe euro-asiatiche e l'altopiano dell'Iran: Saka,
Sciti, Medi, Persiani, Parti, Kushan, Tocari e Mossineci. Stando a
diversi autori greci (Diodoro Siculo, Strabone ecc.), la sagaris
sarebbe stata arma d'elezione anche delle leggendarie Amazzoni.
I reperti archeologici, soprattutto
iconografici, in nostro possesso, descrivono la sagaris come un'ascia
d'armi dal manico lungo 70-80 cm e la testa piccola, con lama di
scure da una parte e "penna" a becco di piccone
dall'altra.
Alcuni ritrovamenti (teste di martello invece che lame di scuri) porterebbero a supporre che il termine sagaris venisse utilizzato dai greci per indicare non un'arma specifica ma una tipologia di armi bianche d'arcione aventi forma più o meno simile in uso ai cavalieri della steppa.
Alcuni ritrovamenti (teste di martello invece che lame di scuri) porterebbero a supporre che il termine sagaris venisse utilizzato dai greci per indicare non un'arma specifica ma una tipologia di armi bianche d'arcione aventi forma più o meno simile in uso ai cavalieri della steppa.
La sagaris può ad oggi essere
considerato l'archetipo da cui svilupparono le varie armi bianche
d'arcione del maturo Medioevo europeo. Non a caso, già gli autori
del Rinascimento (es. il bavarese Giovanni Aventino, autore del
chronicon Annales Bojorum) indicarono nelle Amazzoni gli inventori
della scure d'arcione, diffusasi in Europa partendo dalle steppe
orientali.
Seppur veicolata alla nostra memoria da
fonti greche, nella cultura ellenica la sagaris fu sempre arma
barbara, non greca, brandita da guerrieri provenienti da una realtà
bellica "aliena" dominata non dalle forze di fanteria
pesante ma dalla cavalleria. Numerosi storici dell'Antica Grecia e
dell'Impero romano, confermano l'uso della scure d'arcione nota come
sagaris da parte delle popolazioni della steppa eurasiatica, come i
Sarmati e gli Sciti, le origini dei quali sono sempre fatte risalire
alle Amazzoni, donne guerriere il cui esercito era composto
prevalentemente da forze di cavalleria leggera armata di arco
composito ed ascia.
Dai nomadi della steppa, la sagaris
passò in dotazione alla cavalleria pesante dell'Impero persiano che
se ne servì per gli scontri nelle mischie. Narrando la vita di
Alessandro Magno, lo storico Plutarco ci informa che, durante la
Battaglia del Granico (334 a.C.), il Macedone rischiò di essere
ucciso proprio da un colpo di scure vibratogli dal satrapo persiano
Spitridate:
(EL)
«συμπεπτωκότων δ’ αὐτῶν, ὁ
Σπιθριδάτης ὑποστήσας ἐκ πλαγίων
τὸν ἵππον καὶ μετὰ σπουδῆς
συνεξαναστάς, κοπίδι βαρβαρικῇ
κατήνεγκε, καὶ τὸν μὲν λόφον ἀπέῤῥαξε
μετὰ θατέρου πτεροῦ, τὸ δὲ κράνος
πρὸς τὴν πληγὴν ἀκριβῶς καὶ μόλις
ἀντέσχεν, ὥστε τῶν πρώτων ψαῦσαι
τριχῶν τὴν πτέρυγα τῆς κοπίδος.» |
(IT)
«I due caddero a terra avvinghiati e Spitridate, di lato, con
il cavallo ritto sulle zampe posteriori, egli stesso ritto sul
cavallo, menò giù un fendente con la sua scure barbarica: spezzò
il cimiero con una delle penne mentre l'elmo a stento resistette
al colpo, tanto che il filo della scure sfiorò i primi capelli.» |
(Plutarco, Vite Parallele - Alessandro, 16) |
|
Successivamente, la sagaris passò in
dotazione ai catafratti, la cavalleria pesante persiana nata dal
sincretismo culturale dell'Impero di Alessandro mescolante
caratteristiche degli hetairoi macedoni e della cavalleria sogdiana
di Dario III.
mercoledì 11 maggio 2011
Zhìyǐ
Zhìyǐ Tiāntái Dàshī
(智顗
天台 大師, anche: Chih-i, Tche-yi, 智者
Zhìzhě; coreano: 지의,
Jiui o 지자, Jija; giapponese:
Chigi o Chisha; Hubei, 538 – Monti Tiantai, 597) è stato un monaco
buddhista cinese, Patriarca della scuola Tiāntái.
Ventiseiesimo patriarca della scuola
buddhista cinese Tiāntái (天台宗,
giapp. Tendai), secondo il lignaggio che segue la lista dei ventitré
patriarchi indiani indicati nel Fù fǎzàng yīnyuán zhuàn
(付法藏因緣傳, cor.
Bubeopjang-inyeon, giapp. Fuhōzōin'enden, Trasmissione del tesoro
del Dharma, T.D. 2058.50) tradotto, secondo la tradizione, dal
sanscrito al cinese da Jíjiāyè (吉迦夜,
Kekaya or Kiïkara?, date non disponibili) e da Tányào (曇曜,
intorno al 450-490) nel 472 e a cui, nel VI secolo, furono aggiunti i
tre patriarchi cinesi: Huìwén (慧文,
V secolo), Huìsī (南嶽,
515-577) e Zhìyǐ. Zhìyǐ è comunque considerato il vero fondatore
della scuola Tiāntái avendone eretto il primo monastero sulla
omonima catena montuosa situata nella provincia cinese dello
Zhèjiāng.
Zhìyǐ
(il suo biǎozì era 德安,
pinyin: Déān) nacque nel 538 a Jingzhou (oggi Hubei, situata nella
provincia dello Hunan), figlio di un funzionario della Dinastia Liang
meridionale (502-557) di nome Chén Qǐzǔ ((陳起祖).
Secondo alcune cronache monastiche e secondo il Tiāntái Zhìzhě
Dàshī biézhuán (天台智者大師別伝,
cor. Cheontae Jijadaesa byeonjeon, giapp. Tendai Chishadaishi
betsuden), la biografia redatta dal suo principale discepolo ed erede
nel Dharma, Guàndǐng (灌頂,
561-632), Zhìyǐ all'età di sei anni ascoltò in un tempio la
recitazione del Guānyin jīng (觀音經,
Sutra di Avalokiteśvara, XXV capitolo del Sutra del Loto, giapp.:
Kan'nongyō) e ne fu profondamente impressionato; tale evento segnò
il resto della sua vita. La sua famiglia decadde durante le guerre
dinastiche e Zhìyǐ perse entrambi i genitori durante il conflitto;
all'età di diciotto anni entrò come novizio nel tempio di Guoyan
(果願寺, oggi nel Distretto
di Xiangzhou) contro la volontà del fratello maggiore, Chén Zhen,
all'epoca alto ufficiale dell'esercito. Nel tempio di Guoyan studio
sotto il maestro Huìkuàng (慧曠).
Dopo un periodo nel monastero del Monte
Daxian (大賢山, Dàxián shān
nello Hengzhou,), all'età di ventitré anni Zhìyǐ raggiunse il
monastero del Monte Dasu (大蘇山,
Dàsū shān, nello Henan) dove insegnava Nányuè Huìsī (南岳慧思,
515-577) venticinquesimo patriarca secondo il lignaggio Tiāntái.
Huìsī conferì la piena ordinazione
monastica a Zhìyǐ e ne divenne il maestro avviandolo
all'approfondimento del Saddharmapuṇḍarīkasūtra (Sutra del
Loto, cin. 妙法蓮華經 Miàofǎ
Liánhuā Jīng, giapp. Myōhō Renge Kyō, conservato nel Fǎhuābù),
del Mahāyāna Mahāparinirvāṇasūtra (Grande sutra mahayana della
totale estinzione, cin. 大般泥洹經
Dà bān níhuán jīng, giapp. Dainehankyō, conservato nel
Nièpánbù) e del Buddhavataṃsakasūtra o Avataṃsakasūtra
(Sutra della ghirlanda preziosa, cin. 華嚴經
Huāyán jīng, giapp. Kegon kyō, conservato nel Huāyánbù).
Insegnandogli in particolar modo le tecniche meditative del fǎhuā
sānmèi (法華三昧, giapp.
hokke zanmai, Samadhi del Loto) tipiche della scuola Tiāntái.
Secondo la tradizione, Zhìyǐ ottenne
il profondo “risveglio” quattordici giorni dopo l'incontro con
Huìsī, “risveglio” che fu subito riconosciuto dal suo maestro
che lo nominò suo erede nel Dharma. Zhìyǐ rimase con Huìsī sul
Monte Dasu per altri sette anni. Lo scoppio di un'ulteriore guerra
dinastica separò nel 567 il maestro dall'allievo: Huìsī tornerà
al monastero di Nányuè (南岳,
meglio conosciuto come Tempio del Monte Heng, 南岳大庙,
attualmente nello Henan) da dove era partito anni prima e lì morirà
all'età di sessantadue anni.
Zhìyǐ invece si dirigerà verso
Nanchino (capitale della dinastia Chen meridionale, 557-589),
risiedendo nel tempio di Wǎguān (瓦官寺,
Wǎguānsì) per otto anni, dove tenne una prima serie di lezioni sul
Sutra del Loto, poi raccolta nel Fajie cidi chumen (giapp. Hokkai
shidai hatsumon ).
Nel 575, all'età di trentotto anni,
Zhìyǐ sentì la necessità di tornare alla vita meditativa e decise
di dirigersi verso una catena montuosa isolata e selvaggia,
denominata Tiāntái (天台,
Terrazza celeste), situata a sud di Nanchino, sul versante costiero
della provincia dello Zhejiang. Lì Zhìyǐ praticò la meditazione
sulla vetta più alta della catena, il Monte Huading (华顶山).
Presto raggiunto da alcuni seguaci, e grazie alla fama spirituale che
ne seguì, nel 577 l'imperatore della Dinastia Chen (557-589), Xuān
(宣, conosciuto anche come Chén
Xù, 陳頊, regno: 568-82)
promulgò un editto che destinava le entrate della Prefettura di
Shifeng al monastero Tiāntái. Parte di questi finanziamenti furono
utilizzati da Zhìyǐ anche per convincere i pescatori del luogo a
cambiare attività economica, la quale consisteva nella continua
uccisione di esseri viventi.
Nel 584, Zhìyǐ fu raggiunto sui monti
Tiāntái da un giovane monaco di Zhang'an (oggi nello Zhejiang),
Guàndǐng (灌頂, 561-632),
che diventò il suo principale discepolo e il suo successore nel
lignaggio Tiāntái.
Dopo dieci anni passati sulle vette,
nel 585 fu convinto dall'imperatore Hòu Zhǔ (後主,
conosciuto anche come Chén Shúbǎo, 陳叔寶,
ultimo imperatore della dinastia Chen, regno: 582-89) a rientrare a
Nanchino. Accompagnato da Guàndǐng, a Nanchino Zhìyǐ tenne una
seconda serie di lezioni sul Sutra del Loto, successivamente raccolta
nel Miàofǎliánhuājīng wénjù (妙法蓮華經文句,
anche Fǎhuā wénjù, Parole del Sutra del Loto, giapp.
Myōhōrengekyō mongu, T.D. 1718) dal suo discepolo e che
rappresenta la sua prima opera maggiore. Sempre a Nanchino vi fu
l'incontro tra Zhìyǐ e Zhìkǎi (智鎧,
533-610) al quale Zhìyǐ insegnò la tecnica meditativa dello
zhǐguān (止觀) e la
devozione al Sutra del Loto.
Nel 588 Nanchino fu attaccata dalle
armate settentrionali della neonata Dinastia Sui (già Dinastia Zhou
settentrionale) e Zhìyǐ, Guàndǐng e Zhìkǎi si diressero prima
sul Monte Lu (廬山 Lú shān,
dove Zhìkǎi si fermò) poi al tempio di Nányuè dove era
risieduto, fino alla morte, il suo maestro Huìsī. Dopo il
rovesciamento della Dinastia Chen, Zhìyǐ si recò a Dangyang (nello
Hubei) e vi fondò il tempio Yuquan (玉泉寺)
sull'omonimo monte, dove tenne altre lezioni sul Sutra del Loto
raccolte, sempre da Guàndǐng, nel Miàofǎ liánhuā jīngxuán yì
(妙法蓮華經玄義, anche
Fǎhuā xuányì , Il profondo significato del Sutra del Loto della
Legge meravigliosa, giapp. Myōhō renge kyōgen gi, T.D. 1716,
33.618-815), la seconda delle sue opere maggiori.
L'anno successivo, 594, espose la sua
terza opera maggiore il Móhē Zhǐguān (摩訶止觀,
Grande trattato di calma e discernimento, giapp. Maka Shikan, T.D.
1911). Tornò quindi al monastero del monte Tiantai, dove morì nel
597 all'età di cinquantanove anni, dopo aver impartito i suoi ultimi
insegnamenti raccolti nel Guānxīn lùn (觀心論,
Vedere la mente, giapp. Kanjin ron, T.D. 1920, 46.584-587).
Mentre era ancora in vita, il primo
imperatore della dinastia Sui, Wén (文,
conosciuto anche come Yáng Jiān, 揚堅,
regno: 581-604), lo insignì del titolo di Zhìzhě dàshī (智者大師,
Maestro Sapiente); dopo la sua morte, in epoca Tang, ricevette
l'appellativo di Tiāntái dàshī (天台大師,
Grande Maestro Tiāntái).
Gli aspetti più interessanti della
dottrina buddhista insegnata da Zhìyǐ, e che rappresentano il cuore
dell'insegnamento della scuola Tiāntái, si fondano su un originale
sviluppo della scuola indiana dei Mādhyamika promossa da Nāgārjuna
nel II secolo. Questa dottrina, denominata della Triplice verità
(cin. 圓融三諦 yuánróng
sāndì, giapp. enyū santai) sostiene che dal punto di vista della
Verità assoluta (sans. paramārtha-satya o śūnyatā-satya, cin. 空諦
kōngdì, giapp. kūtai) tutta la Realtà che ci appare è
vuota di proprietà inerente: essa è impermanente dal punto di vista
temporale e, nel contempo, non c'è un fenomeno che non dipenda dagli
altri fenomeni. Questa vacuità (sans. śūnyatā, cin. 空
kōng, giapp. kū) si poggia tuttavia sulla Verità
convenzionale (sans. saṃvṛti-satya, cin. 假諦
jiǎdì, giapp. ketai) dove i singoli fenomeni vengono
percepiti nella loro unicità. La sintesi esperienziale di queste due
Verità, apparentemente contraddittorie, porta alla realizzazione
della terza verità, la Verità di mezzo (sanscrito mādhya-satya,
cin. 中諦 zhōngdì, giapp.
chūtai). È evidente l'originalità di questa posizione rispetto
allo sviluppo dottrinale contemporaneo della scuola dei Madhyamika
indiana (in particolare con l'opera di Candrakīrti) dove invece
veniva chiaramente indicata la prevalenza della Verità assoluta
(paramārthasatya) come 'vera' realtà delle cose, rispetto alla
Verità convenzionale (samvrtisatya), una 'verità' solamente
funzionale, strumentale, che non corrisponde alla vera Realtà che è
sempre e comunque vacuità (śūnyatā). Tale posizione viene
interpretata da Zhìyǐ come una possibile lettura nichilista della
dottrina del Buddha Śākyamuni.
L'insegnamento di Zhìyǐ della
Triplice verità legge il mondo fenomenico (la Verità convenzionale)
nella Verità ultima per cui anche la mondanità, se ben compresa
alla luce della Triplice Verità, non è distinta ed appartiene
proprio alla Verità ultima, in quanto tutte le cose e tutta la
Realtà additano l'Illuminazione. Grazie a questo insegnamento vi è
una riconciliazione della bellezza, dell'estetica e in generale di
tutte le attività umane, con più ascetici insegnamenti buddhisti
sulla verità. Così la poesia, ad esempio, può essere considerata
come un mezzo che conduce al perfezionamento spirituale. La
contemplazione della poesia è semplicemente contemplazione del
Dharma. Ciò può essere affermato per ogni altra forma d'arte, di
studio e di attività. La traccia di questo percorso di svelamento
della Realtà, secondo la scuola Tiāntái, ha inizio con l'opera di
Huìwén (慧文, vissuto
intorno alla metà del VI sec., di lui non rimane alcuna opera) a cui
la tradizione dà il merito di aver, per primo, intuito la
'simultaneità delle tre consapevolezze': consapevolezza della
vacuità di ogni fenomeno, consapevolezza della sua unicità
provvisoria e quindi consapevolezza unita di vacuità e unicità
provvisoria di ogni fenomeno o suoi insiemi. All'opera di Huìwén
segue quella di Huìsī (南嶽,
515-577, si conservano di lui diverse opere), grande cultore del
Sutra del Loto (sanscrito Saddharmapundarīkasūtra, cin. 妙法蓮華經
Fǎhuā jīng o Miàofǎ Liánhuā Jīng, giapp. Myōhō renge
kyō o Hokkekyō, è conservato nel Fǎhuābù). Huìsī intuisce nel
simbolo del Loto, che non ha fiore che non produca frutti, una
metafora della stessa vita. Non c'è vita che non si poggi sulla
buddhità, sulla natura di Buddha. Quando la vita si esprime nelle
condotte esse stesse non possono che condurre verso la stessa
buddhità. Ogni azione è azione della natura di Buddha e conduce
alla buddhità stessa, questo anche quando colui che agisce non ne è
consapevole. La dottrina delle 'Tre consapevolezze' di Huìwén unita
alle intuizioni di Huìsī sul Sutra del Loto, con particolare
riguardo al II capitolo dove vengono elencate le dieci talità della
Realtà ognuna vista contemporaneamente nella sua vacuità e unicità
provvisoria, portano Zhìyǐ ad esprimere la prima dottrina compiuta
della scuola Tiāntái. È da tener presente il fondamentale ruolo
del Sutra del Loto nell'insegnamento della scuola Tiāntái, in
quanto questo sutra contiene una complessiva reinterpretazione, sotto
forma di rivelazione, di tutte le dottrine buddhiste all'epoca
discusse, sia nell'ambito del Buddhismo dei Nikāya (Hīnayāna) sia
in quello del Mahāyāna. La lettura che dà di quest'opera Zhìyǐ
non è tuttavia una lettura polemica nei confronti degli śrāvaka
(聲聞, shēngwèn) e dei
pratyekabuddha (緣覺,
yuánjué), le due vie Hīnayāna secondo i mahayanisti indiani,
bensì esprime la consapevolezza che all'interno di una lettura
radicale della interdipendenza di tutti i fenomeni, anche i
comportamenti ritenuti 'inferiori' da parte dei mahayanisti rivestono
un autentico lavoro del Buddha. Questo profondo lavoro ermeneutico da
parte Zhìyǐ trova origine nel fatto che, grazie soprattutto
all'opera di Kumārajīva (344-413), dei suoi collaboratori e dei
suoi discepoli, il Canone buddhista cinese conteneva ormai la quasi
totalità delle principali opere buddhiste indiane. L'origine di tali
opere, sutra e commentari, veniva per tradizione attribuita allo
stesso Buddha Shakyamuni. Purtuttavia, erano evidenti le
contraddizioni tra queste opere. Il Sutra del Loto rileggeva tutti
questi insegnamenti fornendo un'organica interpretazione e fornendo
un ulteriore e innovativo messaggio di liberazione. Da qui la scelta
del Tiantai di farsi portavoce di questa antichissima opera buddhista
indiana e del suo messaggio rivelatore.
La lettura del Sutra del Loto alla luce
della elaborazione, di impronta Mādhyamika, della Triplice verità
porta Zhìyǐ a elaborare la dottrina dello yīniàn sānqiān (一念三千,
"tremila mondi in un istante di vita", giapp. ichinen
sanzen). Questa dottrina esprime un complesso olismo e omnicentrismo
radicale che caratterizza l'unicità dell'insegnamento Tiāntái nel
panorama delle dottrine buddhiste. Essa sostiene che, dal punto di
vista del pensiero, tutti i mondi (le singole esperienze e la
individuazione dei singoli oggetti di esperienza) esistono
certamente, ma la pratica meditativa consente di scorgerne la loro
ambiguità, la loro indeterminatezza. Essi esistono solo in quanto la
mente li delimita in modo arbitrario sia dal punto di vista spaziale
che da quello temporale. Visti nella loro continuità temporale e nel
loro condizionamente reciproco questi 'mondi' non possono essere
considerati che 'vuoti', privi di un'identità inerente. Ma il
pensiero, ovvero la vita, non si accontenta della loro vacuità,
soffrendo d'altro canto per la loro incostante 'esistenza' (ogni
fenomeno appare, esiste e scompare): è l'ambiguità di questi
'mondi' a generare la sofferenza negli esseri senzienti (sanscrito
sattva, cin. 衆生 zhòngshēng,
giapp. shūjō) ed è il continuo esercizio di consapevolezza dello
zhǐguān sulla dottrina dello yīniàn sānqiān e dello yuánróng
sāndì (Triplice verità) che può portare, secondo Zhìyǐ la
salvezza da questa condizione. Le realtà possibili in un solo
pensiero (sans. eka-kṣaṇa, cin. 一念
yīniàn, giapp. ichinen) indicati in questa dottrina, sono
tremila (sanscrito tri-sāhasra, cin. 三千
sānqiān, giapp. sanzen) in quanto inglobano tutte le
condizioni esperibili: 10 sono le condizioni esistenziali Dieci
mondi, (十界 cin. shíjiè,
giapp. jùkai) che vanno dalla condizione infernale (sanscrito
apāya-bhūmi, 地獄 cin. dìyù,
giapp. jigoku) vincolato all'odio, alla stato di buddha (佛
cin. Fó, giapp. butsu), che corrisponde alla realizzazione
del nirvana non statico (sans. apratiṣṭhita-nirvāṇa, 無住涅槃
cin. wúzhù nièpán, giapp. mujū nehan) proprio di chi
realizza la piena illuminazione (sans. samyak-saṃbodhi, 正等覺
cin. zhèngděngjué, giapp. shōtōkaku). Tali condizioni
esistenziali vanno moltiplicate per sé stesse in quanto tutte queste
condizioni, da quella infernale a quella buddhica, implicano
potenzialmente le altre nove esistenze al loro stesso interno. Queste
cento potenziali esistenze vanno poi moltiplicate per le 10 talità
(vera natura dei dharma, sans. tathātā, 如是實相
cin. rúshì shíxiàng, giapp. nyoze jissō) indicate nel
Sutra del Loto e che corrispondono a: caratteristiche, natura,
essenza, forza, azione, causa, condizione, retribuzione, frutto e
uguaglianza di tutte queste talità tra loro. Questi mille dharma
vanno poi moltiplicati per i tre mondi (sans. loka, 世
cin. shì, giapp. se) ovvero per i cinque aggregati (sans.
pañca skandha, 五蘊 cin.
wǔyùn, giapp. goun), per gli esseri costituiti dai cinque aggregati
(sanscrito sattva, cin. 衆生
zhòngshēng, giapp. shūjō) e per il luogo in cui essi
vivono (sanscrito talima, 地 cin.
dì, giapp. ji), raggiungendo il numero di tremila mondi (sanscrito
tri-sāhasra, cin. 三千 sānqiān,
giapp. sanzen). La vita può manifestarsi in queste tremila
condizioni cambiando costantemente anche a seconda dei vissuti della
mente, ma questi tremila mondi sono, per la dottrina Tiāntái, tutti
immancabilmente vuoti (sans. śūnyatā, cin. 空
kōng, giapp. kū) e non sono né esistenti né non esistenti.
martedì 10 maggio 2011
Masakari
Il
masakari
(鉞)
(anche conosciuta come
fuetsu
(斧鉞)
e
ono
(斧))
è una grossa ascia giapponese da guerra ad un solo taglio, per certi
aspetti analoga a modelli cinesi e occidentali.
A differenza delle scuri occidentali o
cinesi non presenta un manico rotondo o ottagonale, ma un manico
rettangolare. Anche la lama è particolare dato che è molto curva
verso il basso, questa forma a gancio probabilmente serviva ad
agganciare l'arma del nemico per disarmarlo.
L'arte che ne trasmette l'uso in
battaglia faceva parte di alcune tradizioni di bujutsu, tuttavia a
partire dall'epoca Heian quest'arma fu gradualmente abbandonata in
favore di altre più maneggevoli e utili nelle grandi battaglie
campali. Rimase così per lo più relegata nelle dimore o nei templi,
come arma da difesa o simbolica.
lunedì 9 maggio 2011
Imperatore di Giada
L'Imperatore di Giada
(玉皇
Pinyin: Yù Huáng o 玉帝 Yù
Dì), informalmente conosciuto anche come
Padre Cielo
(天公
Tiān Gōng) e formalmente come
Puro Imperatore di Giada
(玉皇上帝
Yu Huang Shangdi o 玉皇大帝
Yu Huang Dadi), è il sovrano del paradiso della mitologia
cinese e una delle maggiori divinità del pantheon della religione
taoista.
Dal Nono secolo, era anche il patrono
della famiglia imperiale cinese, era infatti considerato il
corrispondente celeste dell'imperatore terrestre. Nell'antica Cina
era rappresentato come il capostipite di una burocrazia celeste.
A un cratere del satellite Rea, di
Saturno, scoperto dal Voyager 2, è stato dato il nome della divinità
cinese.
Ci sono molte storie nella mitologia
cinese riguardanti l'Imperatore di Giada.
Una leggenda racconta che
originariamente era il principe del Regno della pura Felicità e
della Mistica Luce Celeste. Alla nascita emise uno straordinario
bagliore luminoso che aveva invaso tutto il regno. Già in gioventù
era intelligente e saggio. Spese tutta la sua giovinezza nel
sostentamento dei poveri, dei sofferenti e degli ammalati, ottenendo
grande rispetto e benevolenza da ogni creatura.
Successivamente il padre morì, ed egli ascese al trono. Si assicurò che nel suo regno chiunque potesse trovare pace e felicità, e fatto questo iniziò a ritirarsi su di un monte per studiare e coltivare il Tao.
Dopo 1.750 periodi di tempo, ciascuno di 120.976 anni, ottenne l'Immortalità Dorata. Dopo altri cento milioni di anni di accrescimento, divenne finalmente l'Imperatore di Giada.
Successivamente il padre morì, ed egli ascese al trono. Si assicurò che nel suo regno chiunque potesse trovare pace e felicità, e fatto questo iniziò a ritirarsi su di un monte per studiare e coltivare il Tao.
Dopo 1.750 periodi di tempo, ciascuno di 120.976 anni, ottenne l'Immortalità Dorata. Dopo altri cento milioni di anni di accrescimento, divenne finalmente l'Imperatore di Giada.
C'è un mito poco conosciuto su come
l'Imperatore di Giada divenne il capo di tutti gli dèi del
paradiso.
All'inizio dei tempi, la Terra era un luogo inospitale e non adatto alla vita. Gli uomini andavano incontro a tremende difficoltà; ma non avevano solo a che fare con una difficile sopravvivenza, ma anche con vari tipi di esseri mostruosi.
A quest'epoca, non c'erano molte divinità a proteggere gli umani, e gli Xian (immortali) del cielo erano minacciati da potenti demoni. L'Imperatore di Giada era ancora un semplice immortale che aiutava, come poteva, gli umani sulla Terra, ma era triste poiché i suoi poteri non bastavano ad alleviare le sofferenze degli uomini. Decise così di ritirarsi su una montagna e coltivare il Tao. Lo fece per 3000 periodi di tempo, ognuno di 3 miliardi di anni.
Sfortunatamente, una potente entità del Male stava conquistando la Terra e sottomettendo gli Xian e gli dèi del cielo, per proclamare la sua sovranità sull'intero Universo. Ma anche l'entità maligna si ritirò per accrescere i suoi poteri, e dopo altri 3000 periodi di tempo di 3 miliardi di anni ognuno, tornò, reclutò un'armata di demoni e si preparò per attaccare il Cielo.
Gli Xian immortali si prepararono alla guerra, ma gli dèi non erano abbastanza potenti per respingere i demoni. In questo periodo erano i Tre Puri i sovrani degli esseri celesti.
Fortunatamente l'Imperatore di Giada concluse il suo accrescimento nello stesso periodo della guerra. Era ormai abbastanza potente per sconfiggere il Male.
Salì al cielo, constatò che la guerra stava per iniziare e che i demoni erano troppo potenti per essere sconfitti dagli dèi presenti. Decise di sfidare i demoni e la guerra iniziò. Montagne crollarono e fiumi strariparono; comunque l'Imperatore di Giada uscì dalla guerra vittorioso, grazie alla grande saggezza che aveva coltivato. Dopo aver scacciato i demoni più potenti, gli altri furono sconfitti dagli Xian e dagli dèi.
Grazie alla sua saggezza, dèi e immortali proclamarono l'Imperatore di Giada loro sovrano.
All'inizio dei tempi, la Terra era un luogo inospitale e non adatto alla vita. Gli uomini andavano incontro a tremende difficoltà; ma non avevano solo a che fare con una difficile sopravvivenza, ma anche con vari tipi di esseri mostruosi.
A quest'epoca, non c'erano molte divinità a proteggere gli umani, e gli Xian (immortali) del cielo erano minacciati da potenti demoni. L'Imperatore di Giada era ancora un semplice immortale che aiutava, come poteva, gli umani sulla Terra, ma era triste poiché i suoi poteri non bastavano ad alleviare le sofferenze degli uomini. Decise così di ritirarsi su una montagna e coltivare il Tao. Lo fece per 3000 periodi di tempo, ognuno di 3 miliardi di anni.
Sfortunatamente, una potente entità del Male stava conquistando la Terra e sottomettendo gli Xian e gli dèi del cielo, per proclamare la sua sovranità sull'intero Universo. Ma anche l'entità maligna si ritirò per accrescere i suoi poteri, e dopo altri 3000 periodi di tempo di 3 miliardi di anni ognuno, tornò, reclutò un'armata di demoni e si preparò per attaccare il Cielo.
Gli Xian immortali si prepararono alla guerra, ma gli dèi non erano abbastanza potenti per respingere i demoni. In questo periodo erano i Tre Puri i sovrani degli esseri celesti.
Fortunatamente l'Imperatore di Giada concluse il suo accrescimento nello stesso periodo della guerra. Era ormai abbastanza potente per sconfiggere il Male.
Salì al cielo, constatò che la guerra stava per iniziare e che i demoni erano troppo potenti per essere sconfitti dagli dèi presenti. Decise di sfidare i demoni e la guerra iniziò. Montagne crollarono e fiumi strariparono; comunque l'Imperatore di Giada uscì dalla guerra vittorioso, grazie alla grande saggezza che aveva coltivato. Dopo aver scacciato i demoni più potenti, gli altri furono sconfitti dagli Xian e dagli dèi.
Grazie alla sua saggezza, dèi e immortali proclamarono l'Imperatore di Giada loro sovrano.
Ci sono parecchie storie riguardanti i
dodici animali dello zodiaco cinese, e su come siano stati scelti. In
una leggenda, l'Imperatore di Giada, già sovrano del Cielo e della
terra da parecchi anni, decise di visitare la Terra personalmente. Si
stupì nell'ammirare le curiose creature terrestri. Decise di
prenderne dodici, da portare al Cielo, per mostrarle agli esseri
divini.
Gli animali che portò via furono: un
topo, un gatto, un toro, una tigre, un coniglio, un drago, un
serpente, un cavallo, una capra, una scimmia, una gallina, e un cane.
Il gatto, il più bello degli animali, chiese al topo di informarlo
il giorno in cui l'Imperatore di Giada sarebbe venuto a prenderli. Ma
il topo, geloso della bellezza del gatto paragonata alla sua, non lo
informò. Conseguentemente, il gatto non si presentò all'arrivo
dell'Imperatore di Giada, e fu sostituito con il maiale. L'Imperatore
di Giada, affascinato dagli animali, decise di attribuire ad ognuno
di essi un anno del calendario. Quando il gatto venne a sapere cosa
era successo, si arrabbiò furiosamente con il topo. La leggenda
vuole spiegare anche l'origine dell'inimicizia tra gatti e topi.
In origine l'Imperatore di Giada era
assistente del Divino maestro delle Origini Celesti, Yuan-shi
tian-zong. La mitologia vuole che Yuan-shi tian-zong fosse l'origine
di tutto, e che avesse scelto l'Imperatore di Giada come suo
successore. L'Imperatore di Giada è anche considerato successore del
Maestro Divino della Porta Dorata. I volti dei due dèi sono
raffigurati sui braccioli del trono dell'Imperatore di Giada.
Il compleanno dell'Imperatore di Giada
è festeggiato durante il primo mese lunare. In questo giorno i
templi taoisti svolgono un rituale in onore del dio, l'Adorazione del
Cielo (拜天公 bài tiān
gōng), durante il quale preti e monaci si prostrano ai piedi delle
statue, bruciano incenso e preparano cibo votivo.
La festa del Capodanno cinese è
anch'essa un giorno di adorazione: la leggenda vuole che in questo
giorno l'Imperatore di Giada svolga la sua ispezione annuale delle
azioni umane, per poi punire quelle maligne e ricompensare quelle
benevole. Nel giorno del Nuovo Anno vengono bruciati incensi e si
offrono doni all'Imperatore di Giada e al dio Zao Jun, divinità
della casa e della famiglia.
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