lunedì 9 novembre 2020

Si possono imparare le arti marziali da soli?

NO.

La ragione è che nelle arti marziali più che in altri sport l'unico modo per migliorare è allenarsi.

Non serve andare in palestra a fare pesi o guardare su youtube milioni di video se non hai qualcuno con cui provare tutto ciò.

Si dice che più i tuoi compagni di allenamento sono forti più tu puoi migliorare.



Per imparare qualsiasi arte marziale ci vogliono molti anni di pratica sotto la guida di un professionista pronto a limare e correggere tutti quei piccoli errori che un principiante non noterebbe mai.

Ancora più importante: per poter studiare qualsiasi arte marziale serve un compagno con il quale praticare e affinare le tecniche. Da solo finiresti a fare una specie di "danza", deprivata di qualsiasi contenuto marziale. È vero che ci sono molte arti marziali (come il Karate o il Tai Chi) che prevedono forme fatte da soli, ma si tratta di un lavoro di memorizzazione che non può prescindere dalla pratica a coppie.

E' vero che in circolazione si trovano una miriade di libri e video didattici, e questa abbondanza può far cadere nell'errore che potrebbero essere sufficienti per imparare. In realtà i manuali ed i video didattici servono come supporto didattico per chi sta studiando o per chi ha bisogno di un ripasso, no per chi parte da zero.
Un esperto (parlo di almeno 10 anni di pratica alle spalle) può in effetti imparare tecniche nuove dai libri o dai video, ma per farlo servono basi solide (ed una successiva messa in pratica in palestra di quanto visto). Libri e video sono un po' come delle ricette di cucina: un pasticcere professionista può fare una buona torta anche partendo da una ricetta del tutto nuova, ma deve avere solide basi tecniche per poterci riuscire. Di certo non proveresti a fare una torta come questa senza sapere neanche tenere un mestolo in mano!



Se vuoi avvicinarti alle arti marziali cerca un buon dojo ed un bravo maestro: è l'unica opzione. Quando sarai esperto, allora potrai trovare una tua strada da autodidatta, ma dopo aver costruito delle solide fondamenta su cui costruire.




domenica 8 novembre 2020

Vieteremmo la boxe?




No, pur capendo le ragioni di chi la vorrebbe vietare. Ci sono due persone che liberamente hanno scelto di salire sul quadrato. Vieteremmo di combattere a chi ha subito più di un certo numero stabilito di ko. Obbligheremmo gli arbitri a dare molti più k.o. tecnici. Ma non vieteremmo la boxe. Un'utopia. Avessimo la bacchetta magica permetteremmo di seguire gli sport di contatto solo a chi in vita sua abbia provato a praticare. Abbiamo letto di uno storico che raccontava la storia dei gladiatori. Finché il pubblico era costituito dai primi romani che avevano combattuto almeno in una guerra lo spargimento di sangue era minimo. Erano professionisti che conoscevano per esperienza diretta la violenza, la sapevano valutare e godevano della sola parte tecnica della lotta fra due loro pari. Quando pian piano il pubblico cambiò e fu costituito da cittadini alieni dalla guerra il sangue dei gladiatori cominciò a scorrere a fiumi.

sabato 7 novembre 2020

Perché un atleta più grosso è anche più lento, i muscoli non dovrebbero essere proporzionati anche in elasticità?

Devi sapere che la prestazione di un atleta dipende, tra le altre cose, anche dalla tipologia di fibre che costituiscono i suoi muscoli. Esistono due tipi di fibre: fibre bianche e fibre rosse.

Le fibre bianche sono fibre veloci, adatte agli sport di forza, nei quali è richiesta una potenza esplosiva, immediata, in cui il gesto atletico dura massimo qualche decina di secondi. Le fibre rosse invece sono fibre lente, adatte agli sport di resistenza, in cui la durata dello sforzo atletico parte dal limite di alcune decine di secondi e arriva anche a diverse ore. Le fibre rosse hanno questo colore perché sono irrorate dai vasi sanguigni che trasportano l'ossigeno alle cellule.



Ora, supponendo che il grosso a cui fa riferimento la domanda significhi molto muscoloso e non grasso, la prestazione di un atleta grosso dipende da:

  • Displina sportiva

  • Rapporto fibre bianche/fibre rosse

  • Rapporto peso/potenza

Quindi, negli sport in cui è richiesta una forza esplosiva, come ad esempio i 100 metri, sono avvantaggiati gli atleti muscolosi con prevalenza di fibre bianche. Al contrario negli sport di lunga durata come la maratona sono avvantaggiati gli atleti leggeri con prevalenza di fibre rosse. Ne deriva che un atleta molto muscoloso con prevalenza di fibre bianche risulterà lento sulle lunghe distanze poiché non in possesso della resistenza necessaria, così come un atleta con prevalenza di fibre rosse risulterà lento sulle brevi distanze perché privo della esplosivita' richiesta.

La percentuale del rapporto tra fibre bianche e fibre rosse in un atleta dipende in buona parte dalle caratteristiche di cui è stato dotato da madre natura e in parte minore dalla tipologia di allenamento adottata sino all'età adolescenziale.


venerdì 6 novembre 2020

Chi vincerebbe in uno scontro tra Bruce Lee e Mike Tyson? Perché?



Immaginando i due al momento top della forma fisica e professionale? Diciamo che Tyson avrebbe vinto nel giro di trenta secondi per KO e che l'unico dubbio sarebbe stato su quanti giorni di coma farmacologico sarebbero serviti a Lee per limitare i danni al cervello. Più difficile dire se i danni alla cassa toracica ed ai polmoni sarebbero stati permanenti: le costole quando si spezzano rischiano di bucare i polmoni. Non sarebbe stato un incontro, ma un massacro a senso unico, dove un vero combattente (Tyson) pesante quasi il doppio del suo avversario avrebbe trasformato in una polpetta il suo avversario (Lee), il quale il ring non lo ha mai visto in vita sua, in quanto fu sempre e soltanto un attore.

giovedì 5 novembre 2020

Miyamoto Musashi il migliore guerriero della storia

 

"In generale, la Via del Guerriero è l'accettazione risoluta della morte".


Penso che Miyamoto Musashi sia stato il migliore guerriero della storia. L'essere umano più abile nelle arti marziali della storia giapponese oltre che un uomo incredibilmente intelligente. Il suo epico libro de "i cinque anelli" è una lezione obbligatoria in molte scuole militari come la West Point ecc. assieme ad altri libri strategici come "L'arte della guerra" di Sun Tzu e "Sulla guerra" di Klaushevitz. Da giovane partecipò a molte guerre e vinse numerosi duelli. Invecchiato e sviluppatosi spiritualmente, rimpianse profondamente tutte le morti che aveva provocato ragion per cui sostituì le sue katana con bastoni di legno; continuò a combattere per molti anni a seguire, facendo sempre sfigurare i suoi nemici che ne uscivano feriti o storpi; Miyamoto riuscì sempre a risparmiare loro la vita; era anche famoso per saper usare 2 spade in 2 mani e per viaggiare in giro per il Giappone alla ricerca di nuovi avversari. Era in grado di combattere decine di nemici contemporaneamente e pare vincesse sempre molto facilmente, non gli importava della fama e del denaro, della famiglia, delle donne; voleva solo combattere. Era un guerriero puro. Non aveva bisogno di nient'altro.

La sua arma più pericolosa era la sua mente: tutti i combattimenti erano già vinti prima che iniziassero, e questa è citata come strategia dei 5 anelli. C'è anche un bel film, acclamato dalla critica negli USA con dell'ottima musica hip hop di sottofondo, che parla di un tizio strano e di colore che vive da solo con i suoi piccioni sul tetto di un palazzo. In realtà è un killer che segue i principi dei 5 anelli di Musashi Bushido. Il film è come leggere il suo libro e vederlo messo in pratica: Ghost Dog - Il codice del samurai








Scuola Budokan Musashi in Giappone


mercoledì 4 novembre 2020

Una tecnica di difesa poco conosciuta




Mettiamola così senza entrare nei particolari.

E' stato notato da tempo che in un combattimento reale le parti vulnerabili di chiunque (quindi indipendenti in buona parte da peso/sesso/fisicità) sono situate "dal collo in su" o dal ginocchio in giù e quindi si è pensato di aggredire quelle specifiche parti.

Il problema è sempre il solito: chi viene aggredito è meno "cattivo" dell'aggressore o è meno forte o ha remore morali a provocare danni fisici.

Per rispondere alla domanda riporto un'unica tecnica tanto complessa quanto efficace, bisogna essere artisti.

Immaginiamo di riuscire a tirarla su una clavicola.




martedì 3 novembre 2020

Perché il Giappone è chiamato la terra del Sol Levante?



Tra il 500 e il 600, il reggente della casa imperiale Giapponese, Shotoku Taishi, inviò una lettera all’ imperatore Yang dei Sui (Cina), che iniziava con un saltuto “dal sovrano del paese dove il sole sorge, al sovrano del paese dove il sole tramonta”. Ovviamente questa metafora non si basava solo sulla geografia, ma anche sui rapporti tra le due nazioni. La Cina si è sempre definita Terra centrale nella propria visione sinocentrista. Il Giappone ai tempi era indicato come un paese di barbari ad est del mare o molto più frequentemente il paese dei “wa” cioè dei nani. La cina era ad un livello culturale e di sviluppo superiore al Giappone, che era ovviamente un tributario già dai tempi di Himiko. Dopo l’introduzione del Buddhismo e una politica di catch-up non indifferente, nel sesto secolo il Giappone era già una potenza militare in grado di sostenere una guerra in Korea. Il definirsi “paese dove il sole sorge”" (la missiva era scritta in cinese con i caratteri 日出所)in contrasto con il paese dove il sole tramonta, stava ad indicare che per il Giappone il tempo dei tributi e dello sminuente “wa”, era finito. L’imperatore Cinese non la prese proprio bene, per intenderci, ma da quel momento le fonti cinesi riportano che i “wa” si definivano paese dove ha origine il sole (日本)ed il nome è rimasto.

Giappone deriva dalla parola (non so se la grafia sia corretta in quanto questo gruppo di dialetti non ha scrittura) Jit-pun (si pronuncia pressapoco Jippn) che è la pronuncia in Min dei caratteri e . La pronuncia del cinese in passato non era la stessa di quella del cinese moderno che è basato sulle varianti del Nord. Gli occidentali ovviamente hanno conosiuto il Giappone tramite la Cina prendendo questa pronuncia come ufficiale.


lunedì 2 novembre 2020

Un'opera letteraria palindroma

Un poeta cinese del IV Secolo di nome Su Hui scrisse una poesia sotto forma di una griglia di ventinove caratteri per ventinove. Il poema venne soprannominato Xuanji Tu.

Questa la storia alla base del poema:

Un uomo di nome Dou Tao di Qinzhou fu esiliato nel deserto, lontano da sua moglie Lady Su. Alla partenza da Su, Dou giurò che non avrebbe sposato un'altra persona. Tuttavia, non appena arrivò nella regione desertica, sposò un'altra donna. Lady Su compose una poesia circolare, la scrisse su un pezzo di tessuto broccato e gliela inviò.

Un'altra fonte afferma che la griglia nel suo insieme era un poema palindromico comprensibile solo a Dou, e che quando lui la lesse, lasciò la moglie del deserto e tornò da Su Hui.

Ogni riga può essere letta in avanti o all'indietro, in orizzontale, in verticale o in diagonale. Questa disposizione consente ben 2.848 letture diverse.


domenica 1 novembre 2020

Delle arti marziali che ho sempre voluto praticare ma non ho mai avuto modo di fare!

Ce ne sono due che mi vengono in mente su due piedi, poi anche qualcun'altra.

Savate



La Savate è una forma di kickboxing proveniente dalla Francia. Conosciuta anche come Boxe Francese, la parola "savate" significa letteralmente "vecchia scarpa". Probabilmente deriva dalla parola francese "sabot", prestito dall'inglese al francese, termine usato per indicare le calzature pesanti indossate dai militari francesi all'epoca.

A differenza di qualcosa come il Muay Thai, la Savate consente solo il calcio con i piedi (la Muay Thai permette di utilizzare gli stinchi come superfici di impatto), motivo per cui usano scarpe appositamente progettate con dita rinforzate. Ci sono diverse tecniche di calci Savate che sfruttano questo vantaggio, con le dita dei piedi che scavano nelle costole, nel fegato o all'interno delle cosce, per non parlare della testa, se il bersaglio è a tiro. Il calcio rapido dato alla pianta della gamba è una specialità della disciplina. Mentre le scarpe sono generalmente vietate nelle arti marziali, il Savate fa eccezione.

Sto solo scalfendo la superficie di cosa sia il savate, c'è un intero sistema di combattimenti da strada al suo interno. Compreso il combattimento con il bastone dinamico chiamato le cane. Era praticato principalmente nelle città portuali del sud della Francia, in particolare Marsiglia, ed aveva regole differenti dalla boxe di Queensbury del tempo (la boxe inglese antica era diversa, era un sistema di combattimento completo, che comprendeva pugni, calci e altro). Era nato in risposta all'ambiente pericoloso che erano quelle città portuali.

Penso che l'affascinante tecnica del calcio aggiungerebbe davvero qualcosa alla propria abilità di combattimento complessiva. È una dinamica leggermente diversa da quello che si vede di solito e sarebbe molto divertente lavorarci.

Sfortunatamente, non è facile trovare un buon dojo di savate nella mia zona, quindi probabilmente non avrò modo di cimentarmici.


Kali/Arnis/Escrima/Arti marziali filippine



Le arti marziali filippine sono principalmente un sistema di combattimento basato sulle armi che è però altrettanto efficace nel combattimento corpo a corpo, come parte del loro curriculum di mano e mano.

I bastoni prendono il posto dei machete barong nell'addestramento e sono armi utili a modo loro. (Prenditi una bastonata di legno duro sulla testa e poi mi dici se non è efficace, se uno è in grado di darla bene) È anche noto per essere in grado di usare oggetti più comuni sotto forma di armi improvvisate. Mi piace questo approccio, sembra divertente e potenzialmente molto utile.

C'è anche un aspetto “preso” dalle FMA che mi garba. Le arti marziali filippine prendono in prestito ciò che è efficace da altre arti marziali o stili di combattimento, senza vergogna, e lo integrano nella loro disciplina. Io amo tutto ciò. È uno dei motivi per cui mi è piaciuta la prima arte marziale che abbia praticato, il Kyokushin, che rubava apertamente ad altri stili se la rendeva efficace. C'è una certa mancanza di ego e un focalizzazione su una tecnica fruttuosa da cui sono attratto.

Sembra dare adito a un duro lavoro, richiede molta concentrazione e dedizione. Molto divertente, adoro le sfide.

Però, per quanto ci siano più opzioni di arti marziali miste che di savate nella mia zona, nessuna di queste è ciò che io chiamo "vicina". Stiamo parlando di più di un'ora di macchina da dove abito. C'è una palestra di ju jitsu brasiliano nella mia zona la quale ha un praticante di Kali che dà lezioni informali, ma non ho ancora scelto la mia nuova destinazione.

Ora, alcune altre che mi interessano:


  • Sambo

      Perché è una forma di lotta basata sulle prese che deriva dal judo, con cui ho molta familiarità, e dalla lotta greco-romana. Con possibili influenze dal ju jitsu brasiliano nelle aree di sottomissione.

  • Krav Maga

      Solo per vedere di cosa si tratti. Si sentono così tante informazioni contrastanti su questa disciplina e si vede una così ampia variazione nella qualità dell'allenamento… Sarebbe bello fare una piccola esperienza in prima persona.

  • Varie scuole di Kenjutsu

      Ho fatto un po' di kenjutsu in passato, ma sarebbe stato divertente farne di più. E questa è una di quelle discipline che si possono praticare fino alla vecchiaia. Contiene molta filosofia e la sua pratica è interessante. Non è un'autodifesa efficace, è più un viaggio marziale. Ma va benissimo, non si propone come autodifesa. Trovo anche che le katane siano esteticamente gradevoli e mi diverto a collezionarle tra le altre spade.

  • Jeet Kune Do

      La filosofia marziale di Bruce Lee si è evoluta, o avrebbe dovuto farlo, da quando l'ha inventata. Non ho idea di quanto sia effettivamente efficace, ho sentito storie contrastanti. Ma sarebbe divertente testarlo da me. Però i veri praticanti scarseggiano.

Sono sicuro che ce ne sarebbero altre se ci pensassi più a fondo, ma queste sono quelle più chiare nella mia mente. Le arti marziali sono un viaggio di una vita e, da quanto posso vedere, ho ancora molta strada da fare.


sabato 31 ottobre 2020

Il karate è davvero utile in situazioni di combattimento nella vita reale?


Noi tendiamo ad avere una visione sportiva del karate.
Nel karate sportivo, gli atleti usano il pugno diretto, calcio circolare o laterale, laterale girato, calcio a uncino.
Il calcio frontale è usato meno.
Usano poi la spazzata, spesso abbinata ad un attacco di pugno, per coprire la visuale all'avversario.
Insomma, 6 o 7 attacchi e sono sempre quelli.
Potrebbe bastare, perchè saper fare benissimo 6 o 7 tecniche è meglio che saperne fare 1000 in modo approssimativo, ma ciò che rende poco pratico, realistico ed utilizzabile il karate è che il combattimento è sempre interrotto.
Lo interrompono per un contatto, un contatto eccessivo, un colpo irregolare un' uscita…
Tu mandi i bambini a lezione e tutti i maestri sono ossessionati dalle gare!
Acquisiscono la cintura nera attraverso le gare.

Il karate è invece un universo molto più complesso e completo.
Ci sono tecniche di calcio, gomito, persino testate, proiezioni.
Si studia allora il bunkai, ossia l' applicazione pratica dei kata.
Pochissimi insegnanti lo insegnano, perchè moltissimi non lo conoscono.
La maggior parte delle cinture nere non conosce il bunkai, per cui esegue i kata, come la coreografia di un balletto.
C'è sempre stato il problema di codificare il karate.
Molto prima che Gichin Funakoshi codificasse lo Shotokan, è stato scrtto un antico testo, "Bubishi", definito la bibbia del karate.
Esso illustra tantissime tecniche di "karate da strada", pratiche per l' autodifesa.
Non dimentichiamo che il karate prevede anche combattimento a terra.
Si tratta di tecniche di rottura e colpi, non si lotta, perchè i Giapponesi ritenevano inutile inserire nel karate quanto esisteva già nel jujitsu e bastava andarselo a studiare; sarebbe stata una ripetizione delle stesse cose.




venerdì 30 ottobre 2020

E' meglio la kick boxing o la boxe?




La domanda in sé e per sé non ha nessun significato: sono due discipline da combattimento a contatto pieno differenti. Anzi, ne esistono anche delle declinazioni per dilettanti a contatto leggero. Cambia tutto: impostazione, colpi, allenamento. Peraltro anche se oggi esiste ancora la "kick boxing" degli anni '60 - '80, tutta la "kick" è un po' confluita in quello che erroneamente viene chiamato "K1", dal nome di una società giapponese di promozione delle arti marziali. Nella boxe il footwork è fondamentale ed è complementare al movimento del busto, che può permettersi anche schivate molto basse; la stessa cosa portata nella kick ti farebbe solo prendere una ginocchiata in faccia. Gli allenamenti sono sovrapponibili in certi casi e spesso i praticanti di K1/Muay Thai vanno a studiare con i pugili per migliorare la pugilistica, ma NON si può pensare alla kick come una "boxe con i calci" perché è tutta un'altra cosa, a partire dalla catena cinetica usata nei movimenti, alla postura, alle uscite (un pugile spesso esce a 90° sui colpi, anche perché non si aspetta una spazzata, per dire), all'allenamento di resistenza (i pugili dilettanti si muovono sulle 5 riprese, i profesionisti sulle 10/12 mentre un match di K1 è normalmente di 3 riprese, 5 per i titoli). Non ultimo, oltre alle gambe (calci e ginocchiate), il clinch nella boxe ha funzione stancante o riposante, nella kick può essere usato per bloccare, colpire e proiettare, mentre nella Thai è proprio una sezione del combattimento a parte sviluppata come un'arte dai thaiboxer. Quindi, per concludere: prova un po' quello che ti piace di più, che è più congeniale alle tue esigenze, in base anche alle palestre che hai in zona, ma non mettere due discipline differenti sul piedistallo per vedere quale sia meglio, perché non otterrai mai una risposta corretta, né da altri né da te stesso.

giovedì 29 ottobre 2020

Chi avrebbe vinto un incontro tra Bruce Lee e Muhammad Ali?

Si tratterebbe sicuramente del campione dei pesi massimi Cassius Clay (Muhammad Ali).

La differenza di dimensioni tra i due è stata notevole. Bruce Lee era 5'8″ e non ha mai pesato più di 145 libbre, mentre Muhammad Ali era 6'3″ e pesava da 210 a 240 libbre nei suoi giorni di combattimento.

Bruce Lee- BMI 22.0 ( Altezza 5.8 , peso 145 libbre)

Cassius Clay (Muhammad Ali) - BMI 27,5 (Altezza 6'3, peso 220 libbre)



La foto qui sopra è un buon esempio di come si confronterebbero l'uno accanto all'altro.

Si dice che Bruce Lee fosse silenzioso e che lo fosse anche Muhammad Ali.

Il Muhammad Ali degli anni '60 era il più veloce dei pesi massimi di sempre. Nel 5 maggio 1969 Sports Illustrated, il jab di Ali è stato misurato con un omegascope. Il jab di Ali, è stato trovato, potrebbe distruggere una tavola di balsa a 16,5 pollici di distanza in 19/100 di secondo. In realtà ha coperto la distanza in 4/100 di secondo, che è il battito di ciglia.

Considerando che Ali aveva velocità simili con i suoi pugni, ecc. Avrebbe buttato giù Bruce con molta più forza letale di quanto Lee potesse fare da solo. Sopra di esso Ali avrebbe avuto anche una maggiore inerzia, così sarebbe stato inamovibile e avrebbe potuto prendere facilmente alcuni dei colpi di Lee.

Considerando che i pugni di Ali avrebbero accelerato velocemente a causa della sua velocità. Avrebbero potuto essere molto più letali di quanto si pensasse.

Ogni combattimento dipende anche da quanti danni una persona può subire. Ali era piuttosto bravo. Il suo solito trucco era quello di esaurire i suoi avversari, mentre lui stesso non avrebbe subito molti danni. L'ha usato su alcuni dei più grandi pugili del suo tempo solo per vincere. In ogni incontro, quando sembrava vulnerabile, pensava solo a tornare in gioco.

Lee aveva un vantaggio con i suoi calci, ma anche Ali avrebbe potuto bloccarli o schivarli facilmente. E avrebbe contrattaccato con pugni di ogni tipo.



Inoltre, Bruce stesso considerava Ali migliore di lui. Bruce sapeva di cosa era capace e ha visto in Ali un pugile o un atleta molto più bravo.

Come lo stile di combattimento di Bruce Lee è stato ispirato da Muhammad Ali (e perché)

"Il documentario ha mostrato Ali in diversi dei suoi combattimenti. Bruce ha allestito un ampio specchio a figura intera per riflettere l'immagine di Ali sullo schermo. Bruce guardava nello specchio, muovendosi insieme ad Ali.

"La mano destra di Bruce seguiva la mano destra di Ali, il piede sinistro di Ali seguiva il piede sinistro di Bruce. Bruce stava combattendo nei panni di Ali.

Tutti dicono che un giorno dovrò combattere con Ali". Bruce disse: "Sto studiando ogni sua mossa. Sto imparando a capire come pensa e come si muove".



Bruce sapeva che non avrebbe mai potuto vincere un combattimento contro Ali. Guarda la mia mano", disse. E' una piccola mano cinese. Mi ucciderebbe".

Ecco fatto. Lee sapeva benissimo di cosa era capace.


mercoledì 28 ottobre 2020

Genseiryū

Indian Genseiryu Karate-do Federation (IGKF) | Learn Beyond Karate!


Genseiryū (玄制流) è uno stile di karate che affonda le proprie radici nello Shuri-te, uno dei tre stili originali del karate di Okinawa in Giappone. Fu sviluppato da Seiken Shukumine (1925–2001) che combinò tecniche classiche con le proprie innovazioni, sviluppando in tal modo le particolari caratteristiche del Genseiryū. Shukumine ebbe due insegnanti famosi: Sadoyama e Kishimoto. Il nome Genseiryū fu usato per la prima volta nel 1953. In giapponese il nome si compone di tre differenti caratteristiche (kanji):玄制流.

Dissoluzione nel 1962
Nel corso degli anni, alcuni allievi di Seiken Shukumine respinserò Taido e quindi continuarono il Genseiryū anche se Shukumine smise di insegnare il Genseiryū nei 1962. Poiché l'organizzazione ufficiale di Seiken Shukumine fu sciolta nel 1962, alcuni studenti decisero di provare Taido, ma successivamente lo abbandonarono costituendo dello lori organizzazioni, facendo un balzo "indietro" al Genseiryū e seguendo la loro strada. Questi sono gli altri: Nippon Karate-dō Budō Kyokai, Genwakai, Ryounkai, Keneikai e Seidokai. Butokukai, che furono costituiti tre anni prima del uscita dal mondo del karate da parte di Seiken Shukumine, fu continuata da Kunihiko Tosa, accettando la responsabilità di diventare il successore ufficiale. La più vecchia organizzazione di Genseiryū still esistente tutt'oggi è la Genseiryū Karate-do International Federation (1959).



martedì 27 ottobre 2020

Perché le arti marziali si sono sviluppate in tutta l'Asia ma non nel resto del mondo?

Una domanda alquanto fuorviante. L'Europa e l'Africa hanno dozzine di arti marziali autoctone, semplicemente la maggior parte, con forse le sole eccezioni del pugilato (arte romana poi modernizzata dagli inglesi), lotta greco-romana/wrestling (entrambe derivazioni del Pancrazio olimipico) e la capoeira in misura minore non hanno usufruito dello stesso marketing che la mania di fare film d'arti marziali seguita al successo di Bruce Lee ha fornito alle controparti asiatiche. Senza contare che da noi un poco alla volta la società si è demilitarizzata, mentre nella maggior parte delle società asiatiche fino a tempi recenti permaneva una mentalità tribale che includeva anche l'essere pronti allo scontro fisico.

Detto questo, le arti marziali anche occidentali si stanno riprendendo a vari livelli. Lo scherma europea sta diventando molto popolare in tutto il mondo, incluso Cina e India



Kali, kickboxing e Krav Maga prendono a piene mani dalle discipline europee.



Karatè e Judo sono diventate praticamente danza classica, da quando gli occidentali le hanno trasformate in sport olimpici.



La capoeira anche se pochi la praticano come arte marziale diventa sempre più popolare:



Il pancrazio classico ha solo cambiato nome, adesso si chiama MMA



E c'è un gran ritorno di stili classici come il coltello veneziano ed il bastone genovese.




E gente che cerca di modernizzare il Flos Duellatorum.



Che non derivino in maniera troppo diretta dalle scuole romane o italiane, abbiamo il Savate Francese



Il Glima scandinavo



Per non lasciarci indietro niente, abbiamo anche l'Africa con il Dambe



Il Laamb



Bastone Etiope



Scherma Zulu



Lo Nguni



Lotta Turkana



Se riesci a fare un film che possa battere lo strapotere mediatico di Hong Kong, sono sicuro che la gente si metterebbe in fila per vederlo, se fatto bene. L'unico film interessante da questo punto di vista, per quanto di per sè orribile, è La Prova con Van Damme, la solita ora e mezza della sua faccia incazzata e spaccate, ma per lo meno i combattenti che arrivano da ogni parte del mondo combattono veramente ognuno con uno stile differente.


lunedì 26 ottobre 2020

Perché le tecniche di forgiatura della katana giapponese non si sono mai diffuse in Europa?

 Non ce n'e' mai stato il bisogno.

Le katane hanno cominciato a comparire nella loro forma moderna nel periodo Muromachi, ovvero tra il 1392 ed il 1573; il periodo coincide con lo sviluppo delle armi da fuoco in Europa.

Verso meta' del 1400 infatti gli archibugeri sono un reparto comune da trovare negli eserciti dei vari stati italiani ed in realta' potrebbero essere stati inventati persino un secolo prima, dato che la prima menzione del termine "archibugio" risale al 1364 (quando il duca di Milano ne acquisto' 70. Si sospetta che in realta' nel documento si riferissero agli schioppi che si', sono un'arma completamente diversa per quanto oggigiorno i termini siano sinonimi). Nel 1500 compaiono invece le prime pistole, rendendo le spade sempre piu' obsolete non soltanto in guerra ma persino nella difesa personale e nel brigantaggio.

E' gia' chiaro che in questo scenario l'importare le tecniche di forgiatura delle katane, peraltro gelosamente custodite dai fabbri, da una nazione che non soltanto è sempre stata lontanissima ma persino ostile con gli stranieri si mostrava gia' come un'idea poco sensata.


(Giusto per curiosita', questo era lo schioppo)


Il secondo aspetto era invece legato alla tecnica di forgiatura. Forgiare l'acciaio (ovvero riscaldare e martellare il metallo) è un procedimento che è sempre stato utilizzato per creare ed utensili di qualita' superiore ma occorre tenere a mente che è anche un processo che brucia e disperde il carbone del metallo nell'atmosfera.

Forgiare rimane comunque conveniente per altri motivi (introdurre irregolarita' nei pattern su cui il metallo si è sedimentato dopo la fusione, indurendolo), ma piegare e ripiegare gli stessi blocchi di metallo 10 volte indebolisce l'acciaio rendendolo sempre piu' fragile e vicino al ferro.

Come mai quindi i fabbri giapponesi lo usavano per rendere le spade piu' robuste? Perche' le tecniche di fusione erano piu' arretrate in Giappone rispetto all'Europa. Il tatara, la grande fornace tradizionale giapponese, utilizzava un processo gia' noto nell'Impero Romano… e proprio in virtu' di questa arretratezza si trattava di fornaci incapaci di fondere uniformemente i metalli al loro interno.

Questo il risultato della fusione:



una lastra metallica piena di impurita' che andava rotta con scalpelli e martelli per cercare al suo interno i pezzi di tamahagane, il vero acciaio giapponese, che comunque restava un acciaio pieno di impurita' anche se ricco di carbonio (cosa importante, visto che il lungo processo di forgiatura ne avrebbe rimosso molto).

La ripiegatura del metallo era quindi una tecnica ingegnosa utilizzata per compensare un acciaio estremamente fragile: le impurita' nel tamahagane, dal punto di fusione inferiore all'acciaio, piega dopo piega venivano liquefatte e distribuite uniformemente lungo tutta la lunghezza del metallo per creare infine una lama priva di sacche di impurita' che l'avrebbero resa piu' fragile in certi punti.

Nello stesso periodo i fabbri occidentali fondevano invece i metalli nei crogioli, dove la maggiore temperatura produceva acciai superiori che non richiedevano una forgiatura cosi' lunga ed elaborata; anzi, utilizzarla su acciai gia' privi di impurita' ne avrebbe soltanto abbassate resistenza e qualita'.


domenica 25 ottobre 2020

Uno dei migliori aneddoti conosciuti su Sun Tzu

Prima di assumere Sun Tzu, il re di Wu volle testare le abilità di Sun Tzu ordinandogli di addestrare un harem di 360 concubine in modo che diventassero bravi soldati.

Sun Tzu divise le donne in due compagnie, nominando le due concubine favorite dal re come comandanti delle compagnie. Quando Sun Tzu ordinò alle concubine di guardare a destra, risero. In risposta, Sun Tzu disse che il generale, in questo caso egli stesso, era responsabile di assicurarsi che i soldati capissero i comandi impartiti.

Di conseguenza, Sun Tzu ribadì il comando e di nuovo le concubine scoppiarono a ridere.

Sun Tzu ordinò quindi l'esecuzione delle due concubine preferite del re, tra le proteste del re. Egli spiegò che se i soldati capivano i comandi del generale, ma non obbedivano, era colpa degli ufficiali.

Sun Tzu disse anche che, una volta nominato un generale, era suo dovere portare a termine la sua missione, anche se il re avesse protestato. Dopo che entrambe le concubine furono uccise, furono scelte due nuove donne come ufficiali per sostituirle.

Successivamente, entrambe le compagnie, ormai ben consapevoli del prezzo di un'ulteriore frivolezza, eseguirono gli ordini in modo impeccabile.



sabato 24 ottobre 2020

 

La storia della Naginata dalle origini all’età moderna




Origini che si perdono nella notte dei tempi

Sebbene la naginata sia probabilmente la più antica arma del Giappone, non ne abbiamo tracce storiche sino al VIII secolo d.c. L’alabarda giapponese fa la sua prima apparizione ufficiale tra le pagine del Kojiki di O no Yasumaro, pubblicato del 712 d.c.. Prima di questa data, non vi sono dati certi, e possiamo solo fare delle supposizioni in merito alle origini e all’utilizzo di quest’arma bianca.

Alcuni storici ritengono che la naginata sia l’evoluzione di uno strumento agricolo, una specie di lunga zappa, che venne adoperata a partire dal III secolo a.C. dai contadini giapponesi non solo per la coltivazione dei campi, ma anche per la difesa dai predoni. Altri ritengono che quest’arma sarebbe una diretta evoluzione della spada giapponese, avvenuta dopo l’introduzione dell’acciaio in Giappone dall’Asia. Il nuovo materiale, che venne a sostituirsi nella costruzione delle lame al bronzo, permise l’invenzione di nuove armi, più lunghe e più robuste. Tra queste annoveriamo la naginata e lo yari (la picca giapponese). Infine c’è chi ritiene che l’alabarda giapponese sia discesa direttamente dalle alabarde cinesi, giunte in Giappone durante le prime grandi migrazioni, attorno al 200 a.C.

Nessuna delle tre teorie sembra predominare sulle altre, ma la storia della Naginata in Giappone si estende per più di duemila anni.

La Naginata come contromossa all’uso della cavalleria

L’adozione della naginata come arma da guerra va di pari passo con l’avvento della cavalleria nelle grandi battaglie.


Per un guerriero appiedato, che non possegga un cavallo, fronteggiare un avversario montato a cavallo è un’impresa pressoché impossibile.


Il samurai a cavallo si trova naturalmente in una posizione privilegiata: è più in alto – difficile da raggiungere -, è più veloce ed ha la possibilità di colpire in favore di gravità – dall’alto verso il basso. In uno scontro di questo tipo, con la sola katana in mano, il guerriero appiedato è pressoché spacciato. Il cavaliere, invece, probabilmente ne uscirà indenne.

L’uso massiccio della cavalleria nelle guerre dell’epoca Nara (VIII secolo) e Heian (VIII – XII secolo), portò allo sviluppo e alla diffusione di tutti quegli strumenti che permettevano di spostare su lunghezze più ampie la distanza di combattimento: gli archi e, ovviamente, la naginata e lo yari. Grazie alla sua lunghezza infatti e alla sua particolare conformazione, la naginata si prestava a un compito prima impossibile: l’azzeramento del fattore ‘cavallo’, che tanto vantaggio dava alla cavalleria giapponese. Un Bushi addestrato all’uso della naginata poteva facilmente recidere, con la sua arma, i tendini delle gambe dei cavalli, rendendoli inservibili. Il cavaliere, una volta azzoppato il cavallo, veniva inevitabilmente scaraventato a terra, diventando un facile obiettivo di un avversario armato di naginata o di yari, che grazie alla lunga distanza consentita da queste armi, riusciva a colpire il Bushi atterrato, mantenendosi fuori portata dai suoi eventuali fendenti. Inoltre le naginata, in mancanza di yari, potevano essere utilizzate come picche, opponendo ad una carica di cavalleria un muro di lame innestate, difficilmente superabile anche dal più agile dei cavalli.


Un’arma tutta al femminile?

Fino a qualche anno fa, si tendeva a considerare, anche in Giappone, la naginata un’arma principalmente femminile, ma non è sempre stato così…

Nel periodo di maggior utilizzo della naginata (e cioè tra VIII e il XVII secolo), quest’arma era ampiamente utilizzata dai Bushi e dai fanti – maschi. Vi sono state, sebbene non molte, donne samurai (le onna-bugeisha), in questo arco di secoli. Benché molte donne samurai di quest’epoca siano tradizionalmente raffigurate con la naginata in mano, non è storicamente provato che preferissero l’utilizzo dell’alabarda giapponese ad altre armi. La notissima Tomoe Gozen, che partecipò alla guerra Genpei (1180 – 1185), ci viene, per esempio, tramandata tramite le pagine del Heike Monogatari come una guerriera indomita (e bellissima) armata di arco e di katana…




Con l’avvento delle armi da fuoco (XVII secolo), gioco forza, lo stile di guerra cambiò e la Naginata perse parte della sua utilità nelle battaglie in campo aperto. Continuò però a essere tramandata e insegnata come parte della cultura del Bushi del suo addestramento, all’interno del bujutsu. Durante l’era Takugawa la naginata perse la sua importanza come arma da campo, e venne riconfigurata come arma da duello e da difesa delle fortezze e degli edifici privati. Ma chi restava ‘a casa’ a difendere le fortezze, le case e i monasteri quando i Bushi e i guerrieri erano impegnati nelle non rare battaglie? A chi spettava l’onore e l’onere e difendere gli averi e gli abitanti in assenza dei grandi guerrieri? Spettava alle donne della classe samurai, le onna-bugeisha, e ai monaci guerrieri, i temibili sohei. Fu così che la naginata, poco alla volta, passò di mano divenendo un’arma femminile. L’alabarda giapponese infatti è l’arma che – grazie alla maggiore distanza tra i contendenti e quindi alla minor probabilità del contatto diretto – permette di neutralizzare eventuali squilibri di forza, di altezza e di peso e quindi la più adatta ad essere maneggiata da una donna samurai che si trovi a dover combattere contro un uomo.


Le ultime battaglie e l’esercito delle donne di Takeko Nakano

Le ultime battaglie che videro sul campo dei reparti di Naginata avvennero nella seconda metà dell‘800, durante la guerra dei Boshin e la rivolta di Satsuma. Nel primo caso si fronteggiarono le forze fedeli allo shogun Tokugawa e le forze fautrici della restaurazione dell’imperatore Meiji, nel secondo, invece alcuni ex samurai fautori della restaurazione insorsero contro il governo Meiji, a causa della cancellazione della classe dei samurai e dell’eccessiva occidentalizzazione promossa da tale governo. In entrambi i casi le sorti delle guerre furono favorevoli alla fazione imperiale.



Nella guerra dei Boshin, e nello specifico nella battaglia di Aizu, ricordiamo l’impresa dello Joshitai – l’esercito femminile. Lo Joshitai, era un reparto non ufficiale composto da una ventina di donne samurai armate di naginata e guidate da Nakano Takeko. Queste onna-bugeisha scesero in campo di fianco alle truppe dello shogun per difendere dall’assedio il castello di Aizu-Wakamatsu, affrontando all’arma bianca le forze imperiali, soverchianti in numero e armate di fucili. La battaglia andò come si può facilmente immaginare, e Nakano Takeko, ferita a morte, pur di non cadere nelle mani nemiche, si suicidò con l’aiuto della sorella Yuko. Il castello cadde poco tempo dopo.


Takeko Nakano è normalmente considerata l’ultima donna samurai della storia giapponese.


La sua figura, come quella di tutto lo Joshitai, è oggetto ancora oggi di grande rispetto e di rievocazioni.


La storia moderna della Naginata

La storia moderna della Naginata, segue per lo più, il destino di tutte le altre arti marziali giapponesi. Con la restaurazione Meji, e con la cancellazione della classe samurai la Naginata passò dall’essere una disciplina marziale in senso stretto, ad essere una disciplina pedagogica riservata alle ragazze nipponiche. La Naginata venne introdotta nelle discipline scolastiche agli inizi del ‘900 come alternativa femminile al Judo e al Kendo praticato dai ragazzi. Tale prassi proseguì per tutto il periodo Showa (sino cioè al 1989), con la sola pausa dell’occupazione alleata e della proibizione delle arti marziali in Giappone.

Durante la seconda guerra mondiale e con la fondazione della All Japan Naginata Federation (1955) si procedette ad una standardizzazione della disciplina della Naginata, cercando di integrare in un’unica forma il contributo di tutte le antiche scuole (ryu) giunte sino all’epoca moderna. Il processo di uniformazione è terminato con gli anni cinquanta con la creazione dell’Atarashii Naginata, la Naginata moderna. Al giorno d’oggi, grazie all’AJNF in tutto il mondo si pratica la Naginata Atarashii, normalmente chiamata semplicemente “Naginata”.


Al pari del Kendo, la Naginata moderna è un’arte di combattimento a due, che può essere praticata anche a livello agonistico sia dagli uomini che dalle donne.





venerdì 23 ottobre 2020

Da cosa nasce la credenza che l'anima di un samurai sia contenuta nella sua katana?

Anche nel mondo occidentale accadde questo processo, basti pensare alla Durlindana o a Excalibur.

Già in tempi remoti, in Asia centrale le spade rivestivano una posizione importante, come simboli religiosi prebuddhisti, soprattutto in Nepal, Tibet e Cina. Probabilmente, le spade cerimoniali cinesi hanno influenzato la forma arcaica delle katana.

Tuttavia, la katana ha rappresentato sempre qualcosa di intrinsecamente "vivo" per un samurai, nella cultura popolare, soprattutto per l'animismo che pervade il Sol Levante. Le spade venivano considerate delle vere e proprie entità spirituali, quasi se non alla pari con i kami.

Non solo la personalità dell'utilizzatore era contenuta nell'arma, nella katana risiedeva pure l'anima di chi l'aveva forgiata. Famosi sono Masamune ed un altro fabbro, Muramasa, ritenuto (probabilmente a torto) suo allievo.

Entrambi grandi forgiatori, ma il primo era un artigiano stimatissimo, come lo erano le sue lame, di conseguenza; mentre Muramasa era il classico genio squilibrato. Era credenza comune che le spade di Muramasa esercitassero un potere particolarmente forte sull'utilizzatore, e che spingessero quest'ultimo ad avere sete di sangue, inclusi omicidi e il suicidio.

Si dice che Ieyasu Tokugawa venne ferito accidentalmente due volte da delle creazioni di Muramasa. Inoltre, Ieyasu era preoccupato del fatto che, secondo dicerie, suo nonno era stato ucciso da una katana Muramasa, e suo padre pugnalato con un'altra delle fatiche del diabolico fabbro. Ci sono pure opere kabuki che citano la nefasta influenza di queste lame maledette. Ovviamente, però, per le fazioni anti-Tokugawa, queste lame erano consideratissime… La paranoia di Tokugawa per Muramasa divenne così grande che Sanada Yukimura, un samurai ostile a Ieyasu, utilizzò apposta una Muramasa, perché portava iella all'odiato nemico. Se da un lato lo shogun aveva paura delle lame perché lo avevano ferito, dall'altra i nemici credevano che le Muramasa lo avessero ferito proprio per una maledizione che gravava contro lo shogun stesso. Questo non fece altro che conferire forza ad una credenza, trasformandola in un vero e proprio maleficio.

Queste spade vennero cancellate dagli annali delle corporazioni degli esperti.

La Honjo Masamune è una delle più famose katane, simbolo dello Shogunato ed uno dei Tesori Nazionali giapponesi. Rimasta in Giappone fino al 1945, è passata di mano in mano, in possesso di celebri guerrieri come Totoyomi Hideyoshi, lo stesso Ieyasu Tokugawa, fino all'ultimo possessore in terra nipponica (ed ultimo possessore noto), Tokugawa Iemasa. Un' altra Masamune é stata in possesso di Ishida Mitsunari, ed è quella che vediamo qui sotto:



Come si evince dai dati qui sopra, i samurai erano ben contenti di impugnare un'opera di Masamune, poiché il forgiatore veniva considerato non solo abilissimo, ma anche retto ed equilibrato. Quindi le sue creazioni non potevano che essere eccellenti, in un certo senso "benigne".

Queste credenze sono correlate soprattutto alle energie psicofisiche necessarie e rivolte allo scopo, degli utilizzatori e dei creatori, che verrebbero "infuse" nella spada. In Giappone, l'animismo ha ancora oggi degli effetti più o meno visibili sulla società. Basti pensare al concetto di kegare. Il kegare è una contaminazione spirituale che avviene per contatto.

Probabilmente, esso è un ragionamento non dissimile a quello che i samurai adottavano con le lame del "fabbro maledetto"; e questo nonostante all' epoca questi artigiani fossero guardati con stima e rispetto, proprio per l'aiuto che davano, forgiando lame micidiali ma moralmente degne, in quanto i fabbri stessi dovevano essere esempi di moralità.

Allo stesso modo, i samurai impregnavano spiritualmente le loro armi, tanto è vero che le katane stesse venivano, e vengono ribattezzate con il nome del loro possessore originario, o più illustre, come nel caso delle succitate Ishida Masamune, o della Honjo Masamune (tutti e due nomi della famiglia di appartenenza, non nomi personali in senso stretto). A volte, queste armi venivano conquistate ad avversari stimati per la loro abilità, e per questo avevano già un valore altissimo, come ci insegna la Honjo Masamune, conquistata probabilmente da Honjō Shigenaga; la leggendaria spada fu presa dalle mani di Umanosuke, che aveva già un buon numero di teste nemiche, quali trofei.


giovedì 22 ottobre 2020

All'epoca del Giappone feudale, le donne potevano diventare Samurai o gli era proibito?

 

Posto che il termine migliore è bushi, guerriero, perché samurai è un termine vicino ad attendente che si è poi avvicinato a samurai, la risposta è sì.

Ecco la voce in inglese di Wikipedia.

Era comunque un fenomeno raro.

Onna-bugeisha (女 武 芸 者, "artista marziale femminile") era un tipo di guerriera femminile appartenente alla nobiltà giapponese. Queste donne erano impegnate in battaglia, di solito insieme agli uomini samurai. Erano membri della classe bushi (samurai) nel Giappone feudale e venivano addestrati all'uso delle armi per proteggere la famiglia, la famiglia e l'onore in tempo di guerra. Icone importanti come Tomoe Gozen, Nakano Takeko e Hōjō Masako sono famosi esempi di onna-bugeisha.

Aggiungo solo una piccola curiosità per gli amanti del budo. Nella foto qui sotto la guerriera impugna una naginata, arma che, pur essendo usata anche dagli uomini, per le sue caratteristiche tecniche venne adottata dalle donne che difendevano la propria casa quando i mariti erano in guerra.