Continuano ad essere molte le donne che subiscono violenza dentro le mura domestiche. I casi sono sette milioni, mentre una donna su dieci denuncia l’accaduto. Maltrattamento, violenza, sofferenze fisiche e soprattutto morali. Esistono quattro casi su dieci in cui si verificano ferite più gravi nell’inferno domestico. E’ un dato assai preoccupante, eppure c’è ed è estremamente pericoloso.
Ci sono donne che imparano a convivere con il dolore, figli che vengono educati alla sopraffazione familiare, uomini che non smettono mai. Sono i casi di tante donne indifese, che a volte non riconoscono i casi come questo che viene considerato un vero e proprio reato, forse per ignoranza o peggio ancora per paura. Ci sono le ferite più gravi che sono quelle interiori e riguardano le patologie riguardanti la lacerazione dell’identità : depressione, paura cronica, ansia, umiliazione, perdita dell’autostima. Si fa avanti un muro fatto di calvari interiori, quelli dell’intimità sensibile della donna.
Eppure casi sociali, ordinari come questi, sono sempre lì pronti a ripresentarsi in vari modi e si ripercuotono sulla pelle e nell’animo più profondo e tenero. I compagni o i mariti che picchiano, che violentano e che purtroppo arrivano all’estremo ed uccidono, cosa pensano quando fanno queste cose? Forse niente, forse alla troppa rabbia che hanno per se stessi, perché si sentono falliti e riversano tutto il loro odio sulla “propria” donna. Siamo forse animali? Eppure per queste specie di esseri lo siamo. Si nascondono dietro un bel volto, una bella identità trasfigurando l’intimità dell’animo femminile. Non riconoscono nulla, non afferrano niente di ciò che sono le “donne”, sanno solo fare i forti ed occultare le prove.
Uno dei casi più eclatanti accaduto un paio di anni fa è quello di un noto campione dello sport, Francesco Porzio, ex pallanuotista, oro olimpico. Inizia tutto con una telefonata al 113, è la moglie 43enne di Porzio, Marzia Coppola che chiede aiuto è sconvolta, urla al suo cellulare che il marito la vuole ammazzare di botte. La volante arriva dopo pochi minuti, la donna intontita da un calcio infertogli durante il pestaggio del marito spiega dolorante l’accaduto.
Pare che il marito abbia strappato i fili del telefono per evitare che chiamasse la polizia ma la donna, salita in camera, trova il tempo per chiudere la porta a chiave e chiamare col cellulare gli agenti di polizia, (con a capo il vicequestore Pasquale Errico). Quest’ultimo, osservando i fatti, ha arrestato Francesco Porzio con l’accusa di maltrattamenti in famiglia, lesioni personali gravi e atti persecutori.
Le aggressioni sono ad oggi secondo i dati Istat il 56,7% e 7 volte su 10 il colpevole è il compagno o marito. Negli ultimi due anni sono state massacrate di botte e uccise centinaia di donne e la cosa più grave è che stavolta secondo l’Eurispes la percentuale è aumentata del 15%. Veramente assurdo! Le donne potrebbero spezzare le catene e denunciare i fatti accaduti, ma si sentono inermi, indifese e sole, ma non è così. Solo con la denuncia potranno evitare danni magari peggiori, altrimenti i casi rimasti impuniti aumenteranno e a pagarne le conseguenze sono ancora donne e figli, piccoli e indifesi.
Ancora una volta si parla di questo e ancora una volta di percentuali in aumento. Bisogna mettersi una mano sulla coscienza e pensare che la vita e la dignità della donna è importante. Bisogna recuperare il coraggio e la stima per se stesse perché ognuna di noi vale. Ribellarsi significa fermare la violenza, non permettendo all’uomo di ripetere l’accaduto e voi donne recupererete la vostra libertà .
La libertà di vivere e sentirvi importanti proprio come è giusto che sia. Quella libertà che vi è stata privata in tante occasioni, di anni perduti dietro al “mostro”, quel mostro che vi ha privato della gioia, della bellezza della vita, lo stesso che vi ha portato alla depressione, alle varie patologie inerenti le ossessioni, le paure, l’omertà e peggio ancora, lo stesso che picchia i vostri figli.
La morte delle donne non riguarda solo quella fisica, ma anche quella dell’animo, fatta di tolleranza, di pazienza, di sopportazione. La morte del cuore, quella che quando ti prende è difficile recuperare, quella peggio degli incidenti stradali, delle malattie, del cancro, quelle per la quale voi stesse potete dire, basta! Mi chiedo spesso, durante i miei studi e approfondimenti su questi casi, chi è e come si sente colui che attua questi reati. Gli chiederei cos’è realmente e cosa si sente di essere dopo averlo fatto. Come fa a guardare negli occhi altre donne pensando di averlo fatto alla propria di donna, cosa mai si cela dietro la psiche distorta e malata di un essere come quello che violenta, massacra, pesta la propria donna. Quello che è certo è che lo faranno sempre, per questo vanno denunciati.
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