Il nagamaki (長巻,
letteralmente "[lama con] inastamento lungo" in lingua
giapponese) è un'insolita arma inastata giapponese, a metà strada
tra il falcione (naginata) e la spada (tachi),
particolarmente in uso tra il XII ed il XIV secolo. Monta una pesante
lama lunga 2-4 shaku (60-120 cm) su di un'impugnatura di
lunghezza più o meno simile (60-90 cm).
Arma peculiarissima, il nagamaki
esula dalle normali tipologie di classificazione e può essere
accomunato solo allo spiedo da guerra in uso in Europa nel XV secolo.
Storia
Il nagamaki comparve durante
l'Epoca Kamakura (1192–1333) e restò in uso fino all'Epoca
Muromachi (1392–1573). Si ritiene che fosse l'arma prediletta da
Oda Nobunaga (1534-1582) e che Uesugi Kenshin (1530-1578) avesse una
propria guardia scelta di bushi armati di nagamaki.
Allo stato attuale della ricerca, si
ritiene che il nagamaki sia stato sviluppato dagli armaioli
nipponici partendo dalle lunghe spade da campo, nodachi e ōdachi,
destinate a contrastare le cariche di cavalleria sempre più in uso
in Giappone durante il XIV secolo. Il medesimo processo evolutivo
avrebbe portato anche allo sviluppo del naginata, sorta di
equivalente del falcione dell'Europa medievale.
La linea e la modalità d'utilizzo del
nagamaki, soprattutto nella versione a lama lunga, ricordano
molto un'arma cinese, lo zhǎnmǎ dāo, sviluppato durante il regno
della Dinastia Song (960-1279). Il peculiare rapporto
lama-impugnatura del nagamaki, la sua natura ibrida di "spada
inastata" ed il suo stretto rapporto con il naginata,
arma inastata vera e propria, permettono invece di sviluppare un
parallelismo con un'arma occidentale, lo spiedo da guerra, e con la
sua variante inastata, il brandistocco.
Costruzione
Il nagamaki monta una lama
monofilare simile a quella di un katana, lunga tra i 2 ed i 4 shaku
(60-120 cm) con una lunga impugnatura (tsuka) di 2-3 shaku
ricoperta di pelle e seta come gli altri tipi di spade giapponesi.
Nei casi in cui lo tsuka era privo di pelle o seta, il corpo
ligneo dell'impugnatura veniva rinforzato con degli anelli di
metallo.
Rispetto alle altre spade (katana,
tachi, wakizashi, tantō), il nagamaki era oggetto di
minori restrizioni circa misure e proporzioni delle parti: la
lunghezza della lama "scoperta" (nagasa) e del
codolo (nakago), tanto quanto quella della punta (kissaki)
non erano quindi fisse e codificata ma soggette a variazioni. In
alcuni casi un lungo codolo poteva permettere di riconfigurare la
lama di un nagamaki in un'asta, facendone un massiccio
naginata: il nagamaki Araki-ryū è in pratica un
naginata di oltre 4 kg e 2,4 m.
La presenza costante dello tsuka
nei nagamaki costituisce la principale differenza di
quest'arma rispetto al naginata, arma la cui lama è invece
inastata su di un'impugnatura di lancia vera e propria, e concorre a
classificare il nagamaki nel novero delle spade giapponesi.
Altra differenza tra il naginata
ed il nagamaki che concorre a classificare quest'ultimo più
come spada che come arma inastata è la modalità d'utilizzo. La dove
il naginata, come tutte le armi inastate vere e proprie,
prevede cambi d'impugnatura onde sfruttare al meglio le possibilità
di allungo e di parata offerte dall'asta, il nagamaki
prevedeva da parte del bushi una presa solida e ferma in linea
con quella del katana, con la mano destra sempre vicina allo
tsuba (la "guardia" dell'impugnatura).
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