La
battaglia
di Noryang,
l'ultima grande battaglia della
campagna di invasioni giapponesi della Corea, venne combattuta dalla
flotta giapponese e dalle flotte congiunte di Cina e Joseon. Ebbe
luogo il 16 dicembre 1598 e si protrasse fino all'alba del giorno
successivo.
La dinastia Joseon, che guidava
l'omonimo Stato da poco più di duecento anni, dovette allearsi con
la dinastia Ming per fronteggiare le mire espansionistiche
giapponesi. Il controllo della flotta federata venne affidato
all'ammiraglio Yi Sun-sin e al generale Chen Lin, che attaccarono e
distrussero - e catturarono - più della metà delle 500 navi
giapponesi guidate da Shimazu Yoshihiro, prima che egli potesse
pericolosamente ricongiungersi al daymio Konishi Yukinaga. I
sopravvissuti giapponesi riuscirono faticosamente a trovare rifugio a
Pusan, per poi tornare, pochi giorni dopo, in madrepatria.
L'ammiraglio Yi morì in battaglia, vittima di un colpo sparato da un
archibugio nemico.
Preludio
Dopo una lunga serie di battute
d'arresto, sia nelle battaglie terrestri che navali, le forze
giapponesi dovettero fare marcia indietro verso le loro piazzeforti -
o wajō -, costruite lungo le coste sudorientali della Corea.
Le fortezze non erano però in grado di ospitare l'esercito nella sua
interezza, pertanto, nel giugno 1598, il potente daymio Hideyoshi
ordinò il rimpatrio di 70000 soldati, cioè la maggior parte
dell'esercito. Il 18 settembre 1598, Hideyoshi, determinato
propugnatore dell'invasione giapponese della Corea, morì nel
castello di Fushimi. Prima di morire, però, il Taikō aveva
disposto il rimpatrio delle forze di stanza nei presidî coreani, ma
la presenza di navi nemiche impediva alle guarnigioni di tornare a
casa.
La fortezza giapponese di Sunch'on - la
più occidentale di tutte - accoglieva ben 14.000 soldati, comandate
da Konishi Yukinaga, che aveva già diretto il contingente
d'avanguardia delle operazioni di invasione del 1592. Yi e Chen Li,
intanto, presidiavano la zona per impedire la ritirata di Konishi.
Questi non trovò altra soluzione che corrompere con vari regali Chen
Li, nel tentativo di guadagnarsi il via libera alle operazioni di
ritirata. Sulle prime, Chen accettò di far arretrare la flotta
federata, ma Yi si oppose fermamente; anche l'idea di un attacco alle
fortezze più piccole e vulnerabili, suggerita sempre da Chen Li,
venne scartata dall'ammiraglio, dato che se fosse stata azzardata
un'operazione lontana dal wajō di Konishi, le truppe ivi stanziate
si sarebbero date alla fuga.
Il 15 dicembre, circa 20.000 soldati
dei wajō di Sach'on (da non confondersi col wajō di Sunch'on),
Goseong e Namhae salparono dalle coste coreane con 500 navi e
cominciarono a raccogliersi a est dello stretto di Noryang nel
tentativo di impedire il blocco navale attuato da coreani e cinesi.
Shimazu Yoshihiro, già a capo del wajō di Sunch'on sopraccitato,
prese il comando delle operazioni.
I coreani volevano impedire a Konishi
di ricongiungersi alla flotta di Shimazu, che sarebbe stata poi
attaccata in un'accanita battaglia. Shimazu voleva attraversare lo
stretto di Noryang, unirsi alla flotta di Konishi e ritirarsi a
Pusan, e sapeva che Konishi stava tentando di creare scompiglio nelle
forze alleate; sperava anzi che i coreani si impegnassero su altri
fronti o continuassero ad attuare il blocco navale del wajō di
Sunch'on. Shimazu sperava così di attaccare i coreani dalle
retrovie.
La battaglia
Il 15 dicembre, una enorme flotta di
navi giapponesi stazionava nella baia di Sach'on, alla punta
orientale dello stretto di Noryang. Shimazu non era sicuro della
posizione della flotta di Yi: avrebbe potuto essere al wajō di
Konishi per l'attuazione del blocco navale oppure sulla stessa strada
della sua flotta per dirigersi alla volta di un wajō abbandonato più
a est; o, ancora, avrebbe potuto aspettare i giapponesi alla punta
occidentale dello stretto. Yi, invece, sapeva perfettamente dov'era
Shimazu, grazie ai suoi ricognitori e alle testimonianze dei
pescatori della zona.
Yi poteva contare sulla compattezza di
82 panokseon coreane - vere e proprie fortezze navali per
l'epoca -, equipaggiate a remi. La flotta cinese consisteva invece di
sei grosse navi da guerra, usate come navi ammiraglie (a vela e a
remi), 57 navi, equipaggiate di soli remi e più leggere perché
originariamente destinate ai commerci, e due panokseon
affidati da Yi a Chen Li. La flotta federata disponeva in totale di
8000 coreani, tra marinai e ufficiali, e quasi altrettante unità
cinesi (5000 uomini dello squadrone Guangdong e 2600 unità a
bordo della navi coreane).
Le navi coreane, meno numerose ma più
robuste e pesantemente armate, oltre che perfettamente disciplinate
al combattimento di squadra, dimostrarono una pesante superiorità
tattica sulle più fragili navi nipponiche. In particolare le
kobukson, antesignate delle corazzate, colpirono con i loro cannoni e
i lanciafiamme disposti a prua con risultati devastanti.
Yi morì nelle fasi finali della battaglia, che si concluse con la
distruzione della maggior parte della flotta nipponica e la fuga
delle restanti unità, e la notizia della sua morte fu data solo dopo
la fine della battaglia per non dare un vantaggio tattico
all'avversario. I giapponesi videro la morte del loro comandante, il
cui cadavere venne appeso all'albero maestro dell'ammiraglia coreana
per intimidire gli avversari. I coreani affondarono oltre 200 navi
sulle 500 impegnate dai nipponici.
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