giovedì 9 gennaio 2020

Fattoria della bile

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Fattoria della bile è il nome con cui vengono comunemente chiamati gli allevamenti intensivi di orsi tibetani, detti anche orsi della luna, nel sud-est asiatico, dove tali animali vengono rinchiusi in gabbie strettissime per estrarne la bile, ingrediente utilizzato nella medicina tradizionale cinese.

Storia
Da sempre considerata un ingrediente importante per la medicina tradizionale cinese, la bile era un tempo estratta da orsi precedentemente uccisi. Durante gli anni settanta l'orso tibetano (principale specie che viene utilizzata per l'estrazione) divenne specie protetta in quanto in via d'estinzione e se ne proibì la caccia. Fu allora ideato questo processo più economico e veloce in quanto un singolo orso durante tutto l'arco della sua vita, che dura mediamente intorno ai 20 anni, produce molto più materiale sfruttabile di un esemplare ucciso.

Prelievo e sue conseguenze
Gli orsi subiscono prelievi quotidiani attraverso cateteri di metallo inseriti nella cistifellea in condizioni igieniche pessime che causano spesso infezioni e tumori. Inoltre, per stimolare la produzione di bile, vengono alimentati con pastoni privi di numerosi nutrienti e vitamine normalmente necessari per la loro buona salute, portando spesso a fenomeni di denutrizione. Infine, a causa delle dimensioni ridotte delle gabbie di detenzione (si parla mediamente di circa 2 m³, per animali che possono raggiungere anche l'altezza di più di 2 m) sono comuni piaghe e deformazioni ossee che portano alla paralisi. Gli orsi che riescono a sopravvivere a tali torture impazziscono, arrivando spesso a compiere pratiche autolesioniste che possono portare alla morte prematura dell'animale. Per evitare questo, è pratica comune tra gli allevatori estirpare denti e artigli.

Iniziative
Nel 1993, la prima persona ad interessarsi attivamente alla questione degli orsi della luna fu l'inglese Jill Robinson che fondò l'Animal Asia Foundation nel 1998 e successivamente il Centro di Recupero degli orsi salvati nel 1999. Le trattative con il governo cinese per la completa e definitiva chiusura di questi luoghi sono tuttora in fase di realizzazione.


mercoledì 8 gennaio 2020

Yun (Street Fighter)

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Storia e descrizione
Yun Lee è il fratello gemello di Yang, nonché allievo di Gen, il quale ha insegnato loro l'arte del Kung Fu. Gen è stato anche il maestro di Chun-Li, considerata quindi da loro una specie di "zia".
Risiedenti in Hong Kong, entrambi i fratelli vengono considerati i protettori della città e sono proprietari di un famoso ristorante, in cui lavorano. Yun partecipa al torneo di Street Fighter per testare le sue abilità e per sconfiggere Gill, il capo della setta degli Illuminati.
In Super Street Fighter IV Arcade Edition (ambientato precedentemente rispetto al terzo capitolo), dopo la partenza di Chun-Li, parte a sua volta in compagnia del fratello, mosso dalla curiosità di scoprire verso quale avventura sta viaggiando la ragazza.
Nel suo filmato finale in Street Fighter III: Third Strike, lo si vede imprecare contro il dio Gill per fargli rendere conto che le sue idee sono da criminale e gli dice di lasciare in pace la loro città e così tutto il resto della popolazione.
Suo fratello Yang gli è rivale, e il fatto di non riuscire a superarlo crea in lui un senso d'inferiorità. Difatti nel dialogo d'intermezzo di Yang nella modalità Arcade che avviene prima del combattimento, si legge che vorrebbe sfidarlo per testare solo i suoi miglioramenti, ma in realtà vorrebbe batterlo per essere considerato il più forte tra i due.
In tutte le serie (escludendo SFIII e SSFIV: AE) Yang fa da partner a Yun in determinate situazioni durante i combattimenti (quali Super Moves e Special combos).
Nei loro rispettivi filmati, dopo aver sconfitto Gill, tornano a casa da Houmei e Shaomei, due sorelle che lavorano con loro al ristorante, le quali covano dell'amore nei loro confronti.
Yun e Yang inoltre appaiono nel filmato introduttivo di Chun-Li in Street Fighter IV, per poi essere stati aggiunti come personaggi giocabili nell'aggiornamento Super Street Fighter IV Arcade Edition.

Aspetto e carattere
Il suo simbolo di riconoscimento è il suo amato capello blu, dal quale non si separa mai. Indossa un abito cinese con bottoni ocra, uguale a quello del fratello tranne che per il colore (bianco il suo, rosso quello di Yang), dei larghi pantaloni neri e delle scarpe da ginnastica del medesimo colore. Ama andare sullo skateboard e fare ironia, inoltre è abbastanza presuntuoso e molto sicuro di sé.

Comparse
Appare nei seguenti titoli:
-Street Fighter III (New Generation, Second Impact, Third Strike)
-Street Fighter Alpha 3 Max
-Capcom VS Snk 2
-Capcom Fighting Evolution
-Super Street Fighter IV Arcade Edition

Attacchi
Le mosse speciali di Yun sono:
- You Hou (Super Art 1 in Street Fighter III: 3rd Strike; Ultra Combo 1 in Super Street Fighter IV: Arcade Edition)
- Sourai Rengeki (Super Art 2 in Street Fighter III: 3rd Strike; Ultra Combo 2 in Super Street Fighter IV: Arcade Edition)
- Genei Jin (Super Art 3 in Street Fighter III: 3rd Strike; Super Combo in Super Street Fighter IV: Arcade Edition)
La sua mossa caratteristica, oltre che la più famosa, è il Genei Jin, che gli permette per un tempo limitato di effettuare combo altrimenti impossibili e di muoversi molto velocemente acquistando un'aura verde acqua che lascia una scia durante i suoi movimenti.

Curiosità
  • Yun è esteticamente ispirato allo skater Kien Lieu e al personaggio Duo Maxwell dell'anime Gundam Wing.
  • ユン(Yun) in giapponese significa nuvola bianca.


martedì 7 gennaio 2020

Monti Wudang

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Monti Wudang (in cinese: 武当山, Wǔdāng Shān), conosciuti anche col nome di Wu Tang Shan o semplicemente Wudang, sono una piccola catena montuosa che si trova nella provincia di Hubei, in Cina, poco a sud della città di Shiyan. Sono monti sacri e mete di pellegrinaggio per i fedeli taoisti e rappresentano una delle mete più rilevanti per il turismo cinese.
Queste montagne sono luoghi importanti sin dai tempi antichi per la presenza dei numerosi monasteri taoisti che vi si trovano, famosi come centri accademici di ricerca, insegnamento e pratica della meditazione, delle arti marziali cinesi, della medicina tradizionale cinese e delle pratiche e arti connesse all'agricoltura taoista. Già durante la dinastia Han le montagne attrassero l'attenzione dell'imperatore (fra il I e il III secolo). Durante la dinastia Tang (fra il 618 e il 907) venne costruito il primo tempio. Nel 1994 i templi delle montagne Wudang vennero inclusi nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Nel 1956 una grande quantità di statue antiche raffiguranti divinità e santi vennero fuse. Durante la rivoluzione culturale (1966 - 1976), con la quale venne attuata una capillare destituzione ed eliminazione delle religioni, i templi vennero svuotati, danneggiati, molti distrutti e dimenticati per decenni. Le attività religiose sono riprese di recente con il revival del Taoismo, alcuni templi, ricostruiti o restaurati, stanno tornando attivi e si stanno costituendo nuove comunità di monaci. Alcuni monasteri si sono organizzati in un'associazione, la Chiesa taoista dei monti Wudang. Nel giugno 2005 numerose comunità monastiche e maestri spirituali che si trasferirono in Taiwan per sfuggire alle persecuzioni sono stati autorizzati a fare ritorno presso i templi.
Fra gli edifici, costruiti ed ampliati soprattutto durante la dinastia Ming, si trovano costruzioni risalenti al VII secolo. Il complesso templare ha una grande valenza artistica, in quanto esprime l'apogeo raggiunto dall'arte e architettura cinese in un periodo di circa 1.000 anni.



lunedì 6 gennaio 2020

Veda

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I Veda (in alfabeto devanāgarī वेद, sanscrito vedico Vedá) sono un'antichissima raccolta in sanscrito vedico di testi sacri dei popoli arii che invasero intorno al XX secolo a.C. l'India settentrionale, costituenti la civiltà religiosa vedica, divenendo, a partire dalla nostra era, opere di primaria importanza presso quel differenziato insieme di dottrine e credenze religiose che va sotto il nome di Induismo.

Origine dei Veda
«Il Veda è Brahma; è uscito da Lui come suo alito.»
(Pranatoshimi, 19)
Il termine sanscrito vedico veda indica il "sapere", la "conoscenza", la "saggezza", e corrisponde all'avestico vaēdha, al greco antico οἶδα (anticamente ϝοἶδα, da leggere "woida"), al latino video. Per il fatto che essi non hanno un autore umano ma sono stati solo "uditi" vengono chiamati Shruti (“ciò che è udito”).
La letteratura vedica origina da un popolo, gli Arii, che intorno al 2200 a.C. migrò verso l'India nord-occidentale (allora indicata come Saptasindhu सप्त सिंधु, Terra dei sette fiumi, in avestico Hapta Hindu) provenendo dall'area di Balkh (oggi in Afghanistan settentrionale). Un altro raggruppamento di questo popolo, gli Iranici, sempre provenienti dalla medesima area, invase invece l'attuale Iran fondandovi una cultura religiosa che successivamente fu in parte raccolta nell'Avestā. Fu dunque nell'area dell'Afghanistan settentrionale che i Veda acquisirono le loro prime caratteristiche religiose e linguistiche.
Elemento centrale delle credenze religiose degli Arii era lo Ṛta (in alfabeto devanāgarī ऋत, in avestico Aša) ovvero la Legge cosmica, e il suo "guardiano" Asura Varuṇa (वरुण devanāgarī, avestico Ahura Mazdā), concentrandosi il sacrificio religioso nella bevanda sacra, il soma (सोम devanāgarī, avestico haoma) e sul rito del fuoco (devanāgarī अग्नि agni, avestico āthra).
Con l'ingresso di questi popoli Arii nell'India settentrionale, e con i conseguenziali scontri militari con le popolazioni autoctone, acquisì rilievo religioso l'eroico dio guerriero Indra (इन्द्र).
Mentre con il successivo accoglimento anche di culti autoctoni, spesso fondati su pratiche sciamaniche e sull'utilizzo di formule magiche (mantra, मन्त्र), la cultura religiosa degli Arii si sviluppò e si diffuse sul territorio indiano in quelle caratteristiche che saranno poco dopo organizzate dai "cantori" (devanāgarī: ऋषि ṛṣi) dei primi due Veda: il Ṛgveda e alcune parti dell'Atharvaveda (2000-1700 a.C.).

La suddivisione dei Veda e loro datazione
La raccolta dei Veda consiste:
  • nelle quattro Saṃhitā (संहिता): Ṛgveda (ऋग्वेद), Sāmaveda (सामवेद), Yajurveda (यजुर्वेद) e Atharvaveda (अथर्ववेद), composte tra il 2000 a.C. e il 1100 a.C.;
  • nei Brāhmaṇa (ब्राह्मणं), commentari alle quattro Saṃhitā composti tra il 1100 a.C. e l'800 a.C.;
  • nelle Āraṇyaka (आरण्यक), testi esoterici riservati agli eremiti delle foreste o comunque recitati al di fuori del contesto dei villaggi, composte tra il 1100 e l'800 a.C.;
  • nelle Upaniṣad (उपिनषद), opere di ulteriore approfondimento composte tra l'800 e il 500 a.C.;
  • nei Sūtra (सूत्र) e nei Vedāṅga (वेदाङ्ग), opere di codificazione dei riti, composti dal 500 a.C. in poi.
Va tenuto presente che questa suddivisione è quella universalmente considerata dagli studiosi di questa letteratura religiosa. In un significato più stretto, e più comune, per Vedà si intendono solo i quattro Saṃhitā, mentre dal punto di vista tradizionale solo i primi quattro raggruppamenti (i quattro Saṃhitā, i Brāhmaṇa, gli Āraṇyaka e le Upaniṣad) sono considerati apauruṣeya, ovvero non composti dagli esseri umani e quindi appartenenti alla Śruti.

Le quattro Saṃhitā
«Io mi rifugio nella Parola che si manifesta come Ṛg-veda, / nella Mente come Yajur-veda, / nel Respiro come Sāma-veda. / Io faccio assegnamento sulla vista e sull'udito.»
(Vājasaneyī Saṃhitā XXXVI; citato in Raimon Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, a cura di Milena Carrara Pavan, traduzioni di Alessandra Consolaro, Jolanda Guardi, Milena Carrara Pavan, BUR, Milano, 2001)


Ṛgveda
Il più antico testo dei Veda è il Ṛgveda, che risulta essere anche la più antica opera della cultura indoeuropea. Nelle sue parti più antiche (inserite nei libri dal II al VII compresi) viene datato tra il XX e il XV secolo a.C. Esso si compone di una raccolta di 1.028 inni denominati sùkta (lett. "ben detto"), composti da complessive 10.462 strofe di diversi versi metrici denominate mantra (o più comunemente come ṛks, "versetto, invocazione"), suddivisi in dieci libri indicati come maṇḍala (lett. "cicli"), di diseguale ampiezza, struttura e datazione, per un totale di 153.836 parole. Il contenuto di questo Veda corrisponde ad elementi di culto sacrificale propri della civiltà degli Arii (con particolare riguardo alle divinità di Agni, Ṛta-Varuṇa e Soma) appena giunti nell'India nordoccidentale, che intersecano aggiunte poco più tarde inerenti alla valorizzazione di divinità guerriere come Indra, il dio del fulmine.

Sāmaveda
Il Sāmaveda si fonda sul Ṛgveda. Esso consiste in una raccolta di strofe (complessive 1.875, comprese le ripetizioni) la cui maggior parte (salvo 78) già compaiono nel Ṛgveda (nei libri VIII e XIX). Esso non si compone quindi di "canti" (sāmans) piuttosto di mantra cantati da un sacerdote, l'udgātṛ (o udgātár) e dai suoi tre assistenti. La più nota versione del Sāmaveda, quella dei Kauthuma trasmessa nel Gujarāt, si compone di due raccolte:
  • il Pūrvarcika che si compone di 585 inni suddivisi in quattro sezioni. Le prime tre sezioni sono dedicate rispettivamente agli Dèi Agni, Indra e Soma; la quarta, non sempre riportata in tutte le edizioni, si compone di canti da recitarsi all'interno dei villaggi (grāmageyagāna) e canti da recitarsi al di fuori di essi (araṇyageyagāna);
  • lo Uttarāchika che si compone di 400 inni rituali da recitarsi secondo delle melodie.
Una terza suddivisione di questo Veda inerisce al Mahānāmnyārcika, riportato in dieci mantra, che tuttavia viene omesso nelle più recenti edizioni.

Yajurveda
Lo Yajurveda è il trattato di formule inerenti al sacrificio (yajus). Mentre il Sāmaveda si occupa esclusivamente del rito del soma, lo Yajurveda riassume tutto il rituale vedico. Contiene le formule sacrificali, scritte talvolta come litanie, che erano praticate dall'officiante denominato adhvaryu. Ne disponiamo due versioni: Kṛṣṇa Yajurveda (Yajurveda nero) e Śukla Yajurveda (Yajurveda bianco). Sono composti in parte in versi e in parte in prosa ed è il più antico esempio di prosa letteraria in sanscrito.

Atharvaveda
L'Atharvaveda (anche Atharvāṅgirasaḥ o Brahmaveda) è il trattato delle formule magiche e della medicina. Consiste di una raccolta di formule magiche (brahman) sia positive (atharvan) sia negative (aṅgirga), di carattere popolare. Inizialmente non fu considerato autorevole ma poi venne inglobato nella raccolta della letteratura religiosa degli arii e adottato come manuale rituale dei brahmani. Esistono due recensioni di questo veda denominate Śaunaka e Paippalāda.

I Veda nelle tradizioni hindu
«Quello enunciato nel Veda è il Dharma supremo; in secondo luogo viene quello della tradizione sacra; segue poi quello praticato dagli uomini dabbene. Ecco i tre dharma eterni.»
(Mahābhārata, XIII, 141, 65; citato in La saggezza indiana, a cura di Gabriele Mandel, Rusconi, 1999)
La posizione assunta dalle varie tradizioni religiose e scuole religioso-filosofiche dell'Induismo nei confronti dei Veda, è da un lato strettamente connessa alla considerazione della parola in sé, dall'altro all'aspetto rivelatorio dei Veda stessi, la śruti. Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, va fatta una prima distinzione fra tradizioni vicine all'ortodossia brahmanica, e che riconoscono l'autorità dei Veda, e tradizioni che invece se ne allontanano.
Fra le Darśana, per la Mīmāmsā, che considera le parole eterne, i Veda risultano essere senza tempo e increati. Differente è la posizione dei razionalisti del Nyāya, per i quali i Veda sono emanati da Dio.


domenica 5 gennaio 2020

Ip Ching

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Ip Ching (Foshan, 7 luglio 1936) è un artista marziale cinese. È il secondogenito del celeberrimo shifu Yip Man, nonché uno dei cinque grandi maestri ancora viventi della scuola di Yip Man del Wing Chun.

Biografia
Ching è nato a Foshan, in Cina nel 1936, ed è il secondogenito di Yip Man. Già in giovane età Ip Ching ha iniziato il suo addestramento insieme a suo fratello Ip Chun, sotto la supervisione del loro padre Yip Man.
Nel 1962, dopo la formazione scolastica a Foshan, Ip Ching e suo fratello maggiore Ip Chun si riuniscono con il padre a Hong Kong. Ip Ching riprense la sua formazione sotto la guida diretta di Yip Man. Yip Man insegnava nella stessa casa dove oggi risiede Ip Ching. Oltre ad imparare il Wing Chun a casa di suo padre, Ip Ching è stato anche un acuto osservatore dell'insegnamento di suo padre agli altri studenti. Così facendo, ha a sua volta appreso informazioni preziose sui metodi di insegnamento del Wing Chun.
Dopo la morte di Yip Man nel 1972, Ip Ching ha continuato l'insegnamento del Wing Chun ed ha intrapreso la gestione di un'attività manifatturiera. Nel 1994 si ritirò dal lavoro in azienda per dedicarsi a tempo pieno all'insegnamento del Wing Chun. Annovera tra i suoi studenti, Shifu come Ron Heimberger, Tony Brooks, Garner Train, Eric Lee e molti altri ancora in tutto il mondo.


sabato 4 gennaio 2020

Yang Zhenduo

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Yang Zhenduo (tradizionale: 楊振鐸, semplificato: 杨振铎; ...) è un artista marziale cinese, rappresentante attuale del Taijiquan Stile Yang.
Terzo figlio di Yang Chengfu, Yang Zhenduo porta avanti le aspirazioni dei suoi avi, dedicando sé stesso a rendere popolare e diffondere il Taijiquan stile Yang.
Dai primi anni sessanta, vive a Taiyuan, nella provincia dello Shanxi (Cina - RPC), dove insegna Taijiquan.
Nel 1982 ha fondato l'Associazione Taijiquan stile Yang della provincia dello Shanxi, ora con decine di migliaia di studenti nella sola provincia.
Yang Zhenduo ha pubblicato un'edizione inglese del suo libro intitolata Taijiquan stile Yang, e una edizione cinese intitolata 太极拳,,(Taijiquan stile Yang, spada e sciabola). Ha fatto anche una serie di video didattici Taijiquan stile Yang (edizione per l'estero, 1990) e Taijiquan, spada e sciabola (1996), prodotti da China Sports Publishers.
Yang Zhenduo ha due figli, il maggiore Yang Daofang (1947) e il minore Yang Defang (1952). Il 29 ottobre 1998, Yang Zhenduo e suo nipote Yang Jun hanno fondato l'International Yang Style Tai Chi Chuan Association a Seattle, Washington (USA).