Nel mondo delle arti marziali miste (MMA) e degli sport da combattimento, la statura e la portata di un atleta rappresentano un vantaggio evidente sulla carta: una maggiore altezza e un allungo superiore consentono di colpire prima e mantenere gli avversari a distanza. Ma fino a che punto queste caratteristiche fisiche fanno la differenza in termini di successo? La risposta non è semplice e richiede un’analisi che consideri la combinazione di fattori tecnici, strategici e fisici.
Il caso di Stefan Struve, ex lottatore UFC, è illuminante. Con i suoi 2 metri e 11 centimetri, Struve possedeva un vantaggio naturale enorme in altezza e portata rispetto alla maggior parte dei suoi avversari. Eppure, la sua carriera è stata caratterizzata da alti e bassi, con vittorie significative come quella contro l’ex campione Stipe Miocic, ma anche da numerose sconfitte. Il motivo? Struve spesso non adattava il suo stile di combattimento alle sue caratteristiche fisiche. Combattendo con tecniche più adatte a un lottatore di statura media — circa 1,75 metri — non riusciva a sfruttare pienamente il suo vantaggio in portata. Solo quando adottava calci, ginocchiate e movimenti adeguati alla sua struttura imponente, come nella vittoria contro Miocic, mostrava il suo vero potenziale. Questo dimostra che la mera altezza non basta: è l’abilità nell’applicare tecniche coerenti con la propria corporatura a fare la differenza.
Allo stesso modo, Jon Jones, ex campione dei pesi massimi leggeri UFC, ha costruito gran parte del suo successo sull’uso sapiente della sua portata e altezza, superiori alla media nella sua categoria. Jones sfruttava efficacemente calci lineari, gomitate, colpi di precisione e tattiche di controllo del ring, ottimizzando la sua struttura fisica per tenere gli avversari a distanza e dominare il combattimento. Nonostante alcune controversie e debolezze nel suo record, la sua capacità di combinare tecnica, strategia e caratteristiche fisiche è stata cruciale per la sua longevità e il successo nell’ottagono.
Un esempio estremo è Semmy Schilt, alto circa 2 metri e mezzo, che ha dominato sia le MMA sia il kickboxing di alto livello. Cresciuto con una formazione completa che spaziava dal Kyokushin Karate al Judo, passando per il Kickboxing e il Catch Wrestling, Schilt ha saputo sviluppare un repertorio tecnico e tattico adattato perfettamente alla sua imponente statura. La sua agilità, rapidità e capacità di gestione del ritmo, combinati con un’efficace strategia di combattimento, lo hanno reso un atleta temibile, capace di vincere tornei prestigiosi come il K-1 e il Glory Kickboxing contro avversari di altissimo livello.
La portata e l’altezza rappresentano certamente un vantaggio tangibile nel combattimento, ma sono insufficienti se non accompagnate da una tecnica affinata e da una strategia consapevole. La capacità di adattare il proprio stile alle caratteristiche fisiche personali, di utilizzare le leve e l’allungo a proprio favore e di controllare il ritmo del match sono fattori decisivi per tradurre un vantaggio fisico in vittorie concrete. Come dimostrano i casi di Struve, Jones e Schilt, il successo nel combattimento è il risultato di un equilibrio virtuoso tra corpo, mente e tecnica.