giovedì 24 luglio 2025

Perché l’Aikido fatica nelle risse di strada: una riflessione sull’efficacia reale delle tecniche

L’Aikido è spesso celebrato per la sua eleganza e filosofia di armonia, ma quando si tratta di vere situazioni di combattimento da strada, molti esperti e praticanti esperti mettono in dubbio la sua efficacia. Il motivo è semplice: le tecniche così come comunemente insegnate nell’Aikido non si adattano quasi mai alle dinamiche caotiche, imprevedibili e spesso brutali di un conflitto reale.

Secondo valutazioni pratiche, circa il 90% delle tecniche di Aikido si applica solo in una ristrettissima cerchia di circostanze ben precise, spesso lontane da ciò che accade in una rissa reale. Questo significa che nella maggior parte dei casi, chi si affida all’Aikido si troverà a dover ricorrere a basi molto semplici — e proprio queste basi sono prevalentemente orientate a non subire danni piuttosto che a concludere il conflitto in modo efficace.

L’approccio tipico dell’Aikido si concentra infatti soprattutto sulla difesa personale in termini di schivata, controllo e neutralizzazione dell’aggressore senza danneggiarlo gravemente. Questi principi, sebbene nobili, non sempre sono sufficienti per chi ha davvero bisogno di chiudere un confronto fisico. Imparare a non farsi male è importante, ma non sempre è sufficiente per controllare l’avversario o porre fine a uno scontro in modo rapido e decisivo.

Per chi desidera una preparazione marziale più pratica e applicabile in situazioni di strada, alternative come l’Hapkido o il Judo spesso risultano più funzionali. Questi stili enfatizzano un lavoro più diretto sul controllo fisico e la lotta a contatto pieno, oltre a prevedere un allenamento al combattimento con resistenza reale, dove l’avversario oppone resistenza vera, insegnando così a reagire al dolore, alla confusione e alla pressione fisica.

Il vero combattimento da strada non premia tanto la tecnica raffinata, ma qualità come la determinazione, la capacità di sopportare il dolore, l’aggressività e la capacità di proteggere le proprie vulnerabilità. Qui l’Aikido tradizionale mostra i suoi limiti, perché spesso lascia l’allievo scoperto — letteralmente — e si affida a una sorta di “compassione” verso l’avversario, immaginando un controllo quasi magico su chi invece sarà, nella realtà, un aggressore imprevedibile e non cooperativo.

Proprio per questo, il cosiddetto “combattimento di resistenza” è cruciale: allenarsi con un partner che oppone vera resistenza aiuta a capire cosa funziona davvero sotto pressione. Nell’Aikido, però, questo tipo di allenamento è raro e spesso evitato, perché doloroso e rischioso. La maggior parte delle scuole predilige esercizi codificati, a basso impatto e controllati, che sono poco rappresentativi di ciò che avviene in una rissa reale.

L’Aikido come viene insegnato oggi può essere un’ottima disciplina per migliorare l’equilibrio, la coordinazione, la calma interiore e per imparare a non farsi male. Tuttavia, chi desidera una preparazione marziale per affrontare situazioni di conflitto reale dovrebbe valutare attentamente l’efficacia delle tecniche insegnate, cercando magari discipline più orientate al combattimento reale e, soprattutto, praticando con partner che oppongano resistenza autentica.





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