Il bhuj (anche noto come
kutti) è un'arma bianca originaria dell'India settentrionale.
Esso è anche detto "pugnale dell'elefante" poiché
solitamente è presente un'incisione a forma di testa d'elefante sul
tallone della lama. La lunghezza totale dell'arma è di circa 60 cm,
di cui circa 25 spettano alla lama, la quale, larga e pesante, è
interamente affilata da una parte, e presenta sul dorso non tagliente
un contro-taglio ricurvo e affilato per circa un terzo della
lunghezza della lama. Il manico è in metallo e può essere cavo in
modo tale da permettere di alloggiare al suo interno un piccolo
pugnale. Solitamente è dotato, all'estremità, di un bottone
decorativo. Il fodero è, il più delle volte, in rame decorato a
sbalzo. Sia l'impugnatura che la lama del bhuj possono essere
incise o intarsiate d'oro o argento a scopo decorativo.
lunedì 22 agosto 2016
domenica 21 agosto 2016
Varuṇa
(SA)
«amī ya ṛkṣā nihitāsa
uccā naktam dadṛśre kuha cid diveyuḥ adabdhāni varuṇasya
vratāni vicākaśac candramā naktam eti»
|
(IT)
«Le stelle che in alto si
vedono la notte, di giorno vanno da altre parti. Non si possono
trasgredire le leggi di Varuṇa, la luna si muove ogni notte
vedendo ovunque.»
|
(Ṛgveda, I,
24-10)
|
Varuṇa (वरुण,
sanscrito vedico Váruṇa) è una delle più antiche e
importanti divinità vediche. Corrisponde all'avestico Ahura
Mazdā. Nei Veda, è il garante dell'Ordine cosmico (Ṛta),
Asura del cielo, della pioggia e dei fenomeni celesti, ma
anche della Legge e del mondo sotterraneo. È quindi il più
importante Asura nel Ṛgveda, e sovrano degli Aditya.
Successivamente fu considerato re dei naga.
Nome
Come teonimo, Varuna ha radici
nei popoli indoeuropei. Conserva dei collegamenti con la cultura dei
Mitanni dove, nella iscrizione di Boğazköy risalente al XV secolo
a.C., compare il nome del dio Uruvannassil. Ambedue
sembrerebbero collegati al greco antico Ouranos.
La parola Varuna sembra derivare
dalla radice proto-indoeuropeo *wer- o *wel-, che
significa "coprire" (vedi anche "vala", "vrtra").
Sono state suggerite parentele con
altri nomi di divinità indoeuropee, ma le connessioni sono incerte:
in particolare Urano, dio del cielo nella mitologia greca, Perun, la
principale divinità dei pantheon slavi, Vörnir, gigante
della mitologia norrena (da *verunyos?), il dio della
mitologia slava Veles, e velnias, che in lituano significa
"diavolo". Molte di queste associazioni sono state
contestate dai linguisti, soprattutto la connessione con Urano.
Varuna corrisponde a Poseidone nella
mitologia greca o Nettuno nella mitologia romana, e il pianeta
Nettuno è chiamato Varuna nell'astrologia hindu.
Il nome del dio ha dato origine al nome
proprio indiano Varun.
Nei Veda
Varuṇa sembra essere una replica del
più antico deva-asura del cielo, Dyaus. Ma nelle sue prime
espressioni è il deva-asura del cielo notturno dove le stelle e la
luna rappresentano i suoi occhi. Egli giudica il comportamento umano,
punendo i malvagi. Varuṇa è l'unica divinità dei Veda che
osserva un comportamento severo ed etico. I suoi occhi sono
denominati spaśa che significa "guardare" ma anche
"spiare". Nei medesimi testi egli è spesso indicato come
samrāj (sovrano) epiteto usato solo raramente per Indra.
Nella solenne cerimonia del varuṇapraghāsa, i partecipanti
erano tenuti a confessare i loro peccati al sacerdote officiante.
Come capo degli Aditya, Varuna ha
aspetti di una divinità solare; come il più importante Asura, però,
è più legato a problemi morali e sociali che alla deificazione
della natura. Insieme a Mitra — originariamente personificazione
del giuramento — è maestro di rta, supremo custode
dell'ordine e dio della legge; Varuna e Mitra sono spesso fusi in
Mitra-Varuna (uno dvandva). Varuna è anche legato a Indra nel
Rigveda, e fuso in Indra-Varuna.
Come dio del cielo, Varuna corrisponde
a, o regna su, la metà oscura del cielo — o oceano celeste
(Rasā), da cui il legame con acqua e pioggia — o il lato oscuro
del Sole, che viaggia da Ovest a Est durante la notte. Lo Atharvaveda
descrive Varuna come onnisciente, e punitore dei bugiardi: le stelle
sono i suoi mille occhi, che osservano l'uomo.
Nel Rigveda, Indra, capo dei
deva, è sei volte più presente di Varuna, che pure è nominato 341
volte; questo può indurre in errore sulla reale importanza di Varuna
nell'antica società vedica, ma è dovuto alla concentrazione del
Rigveda sui rituali a base di fuoco e soma, entrambi
strettamente associati a Indra; Varuna con la sua onniscienza e
onnipotenza nelle questioni umane ha invece tutti i tratti di una
divinità dominante.
Epoche successive
Varuna divenne poi dio dell'oceano e
dei fiumi, oltre che custode delle anime degli annegati; in quanto
tale, Varuna è anche un dio degli Inferi, re dei naga, e può
garantire l'immortalità. È anche uno dei Lokapāla (लोकपाल),
come Guardiano dell'Ovest.
L'arte più tarda rappresenta Varuna
come divinità lunare, come un uomo pallido con un'armatura d'oro e
un cappio o un laccio di pelle di serpente, a cavallo del mostro
marino Makara.
sabato 20 agosto 2016
Clan Taira
Il clan Taira (平氏
Taira-uji,
lettura kun'yomi) o
Heishi (lettura on'yomi dei kanji precedenti), anche Heike
(平家
lettura on'yomi per
"famiglia Taira"), fu un'importante famiglia discesa
dall'Imperatore Kammu ed imparentata con diversi imperatori
giapponesi, che esercitò un considerevole potere in Giappone durante
il periodo Heian.
Il nome del clan nacque come un kabane,
titolo onorifico concesso da alcuni imperatori ad alcuni discendenti
della famiglia reale che non avevano diritto alla successione. Il
primo a ricevere il kabane Taira no Ason fu nell'889 Taira no
Takamochi, nipote dell'Imperatore Kammu, che è così ritenuto il
fondatore della linea Kammu Heishi; a questi si aggiunsero i Nimmyō
Heishi, i Montoku Heishi e i Kōkō Heishi. In realtà gli stessi
Kammu Heishi erano discendenti da due linee, perché Kammu aveva
concesso il titolo anche al suo altro nipote Takamune-ō.
Un pronipote di Takamochi, Taira no
Korihira, divenne daimyō della provincia di Ise. Un suo pronipote,
Taira no Kiyomori, sostenne l'Imperatore Go-Shirakawa contro
l'Imperatore claustrale Sutoku, sostenuto da suo padre Tadamasa,
nella ribellione di Hōgen (1156). Pochi anni dopo la sua vittoria si
schierò contro il clan Minamoto e al fianco dell'Imperatore Nijō
nella ribellione di Heiji (1160); dopo questa vittoria fu nominato
Daijō-daijin (gran ministro dello Stato) e il clan Taira
divenne il più potente del Giappone.
Sua figlia Tokuno sposò Takakura, 80º
imperatore del Giappone (1169-1180). Nel 1180 Kiyomori influenzò
così la successione imperiale mettendo sul trono suo nipote Antoku,
che era ancora un bambino; questo scatenò la guerra Genpei, della
quale Kiyomori non vide la fine, in quanto morì nel 1181, e che il
clan nel 1185 perse nella decisiva battaglia di Dan-no-ura. Il potere
passò così nelle mani del clan Minamoto e in particolare del suo
capo Minamoto no Yoritomo. La storia di questi anni è narrata nello
Heike monogatari ("storia della famiglia Taira"), un
romanzo epico del XIV secolo.
Sebbene il clan Taira abbia
considerevolmente perso di importanza con l'avvento del clan
Minamoto, molti clan discendenti dei Kammu Heishi prosperarono; tra
questi i clan Hōjō, Chiba e Miura, che essendosi alleati con i
Minamoto nella guerra Genpei ottennero posizioni di estremo rilievo
nello shogunato di Kamakura, e il clan Hatakeyama, che ottenne
posizioni di prestigio nello shogunato Ashikaga.
Albero genealogico
Kammu (737-806), 50º imperatore (r.
781-806) della dinastia imperiale del Giappone
Katsurabara
Takami
Takamochi, il primo della casata a
ricevere il kabane Taira no Ason da cui derivò il
cognome del clan
Kunika (+ 935)
Sadamori
Korehira
Masanori
Masahira
Masamori
Tadamori (+ 1153)
Kiyomori (+ 1181), nominato
Daijō-daijin (gran ministro dello Stato)
Shigemori (+ 1179)
Munemori (+ 1185)
Tokuno (+ 1213) = Takakura, 80º
imperatore del Giappone (1169-1180)
Tomomori (+ 1185)
Norimori (+ 1185)
Koretoki, capostipite del clan Hōjō
venerdì 19 agosto 2016
Ditangquan
Ditangquan (地躺拳)
è un esercizio di arti marziali cinesi contenente numerose tecniche
di caduta. Molti stili possiedono un esercizio con questo nome che
però assume caratteristiche e sequenze diverse. Il wushu moderno o
sportivo ha codificato diversi taolu sulla base del changquan.
Secondo l'enciclopedia di Baidu questo stile è anche detto
Digongquan 地功拳(Pugilato
del Conseguimento al Suolo), Bazhequan 八折拳
(Pugilato degli Otto Cambiamenti di Direzione), o
Ditangquan 地趟拳 (Pugilato
Che si sposta al suolo). Qin Yanbo riporta anche il nome Jiudi
Shiba Gun 就地十八滚
(Diciotto rotolamenti diretti al suolo)
Stili
Uno stile con questo nome sarebbe stato
praticato durante il periodo della dinastia Song Meridionale nello
Shandong, per poi diffondersi in ogni parte della Cina, esso viene
chiamato anche digongquan (地功拳).
Il nome antico è Jiugun shiba die (九滚十八跌).
Se ne trovano tracce nel libro “Xu wenxian tong kao 续文献通考”
scritto da Wang Qi (王圻)
durante la dinastia Ming. Anche nel famigerato Jixiao Xinshu ci
sarebbe un riferimento al Ditangquan, che viene visto nella frase:
Shandong...Qiandie Zhang zhi die 山东...千跌张之跌,
cioè Nello Shandong delle Cadute è Zhang detto Mille Cadute.
Alcuni stili vanno sotto il nome generico di Ditangquan. Si tratta
di:
- dixingquan (地行拳)
- gouquan (狗拳)
Genealogie
Il libro Ditangquan riporta un
albero genealogico con cinque generazioni che si dipartono da Heng
Daqiang 恒大枪 di Beiping in
due ramificazioni, rispettivamente in Shandong ed Hebei. Alla seconda
generazione nel ramo dello Shandong è posto Ba Douniu 霸斗牛
ed in quello dell'Hebei Su Guangtai 苏广泰.
Sequenze
La voce dell'enciclopedia dell'Istituto
Confucio riporta questo elenco di taolu a mano nuda: Ditangquan 地趟拳,
Jingang Ditang 金刚地趟,
Digong Shiba Gun 地功十八滚,
Baxian Digong 八仙地功,
Shiba Lianzhu 十八连珠,
Ditang Chang, Zhong e Duan 地趟长-中-短,
Bazhequan 八折拳, ecc. e
questi con armi Digongdao 地功刀,
Guntangdao 滚趟刀,
Gunlongqiang 滚龙枪, ecc.
giovedì 18 agosto 2016
Torii Suneemon
Torii Suneemon (鳥居
強右衛門; 1540 – 1575) è stato un samurai
giapponese della famiglia Torii, conosciuto per il suo coraggio e per
l'incredibile valore dimostrato nella battaglia di Nagashino (1575).
Biografia
Suneemon era onorario di Okudaira
Sadamasa e membro della guarnigione di Nagashino quando la fortezza
venne posta sotto assedio dalle forze di Takeda Katsuyori. Già
distintosi per il coraggio e noto per la destrezza nel muoversi nella
zona, si offrì volontario nella pericolosissima missione di
spionaggio attraverso le linee degli assedianti, per chiedere
rinforzi presso Tokugawa Ieyasu, a Okazaki. Dopo aver avvertito con
successo Tokugawa, venne catturato da Takeda durante il viaggio di
ritorno a Nagashino.
Torii venne quindi imprigionato e
costretto ad urlare ai suoi compatrioti che non avrebbero ricevuto
alcun rinforzo, incitandoli ad arrendersi. Egli invece iniziò ad
incoraggiare la sua guarnigione, spiegando che l'armata di Tokugawa
stava ormai arrivando e quindi li invitò a resistere al nemico
ancora per poco.
C'è controversia riguardo al momento
in cui Suneemon pronunciò queste parole: secondo alcuni prima di
essere ucciso, secondo altri durante il suo supplizio, prima di
morire. Venne comunque crocifisso per ordine di Takeda, indignato per
il suo gesto.
Nella cultura
Suneemon divenne, grazie al suo
sacrificio, uno dei più famosi esempi del coraggio samurai nella
storia. Un onorario di Takeda, Ochiai Michihisa, a partire da quel
momento, utilizzò una bandiera raffigurante Torii Suneemon appeso
alla croce.
Nel 1923, una stazione ferroviaria
sorta sul luogo in cui morì Suneemon prese il nome di stazione di
Torii.
mercoledì 17 agosto 2016
Ashina Morikiyo
Ashina Morikiyo (蘆名
盛舜; 1490 – 21 novembre 1553) è stato un daimyō
giapponese del periodo Sengoku, quindicesimo capo del clan Ashina.
Morikiyo assunse il controllo del clan
Ashina nel 1517 dopo che suo fratello Moritaka morì senza figli.
Assistette Date Tanemune in un attacco contro la famiglia Kasai nel
1528 e si alleò con i clan Date, Ishikawa, e Iwase contro gli
Shirakawa nel 1534. Gli succedette il figlio Ashina Moriuji.
martedì 16 agosto 2016
Biao
Il biāo (鏢,
镖,
biāo, piao) è un'arma da lancio cinese assimilabile ai coltelli da
lancio. La traduzione letterale nel gergo marziale è "dardo".
Frequentemente ci si riferisce a questa arma come fēibiāo
(飛鏢,
飞镖,
fēibiāo, fei piao), cioè "dardo volante".
lunedì 15 agosto 2016
Mitra
Mitra è un'importantissima
divinità dell'induismo e della religione persiana ed anche un dio
ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I
secolo a.C. al V secolo d.C. Non è chiaro quanto vi sia in comune
fra questi tre culti. Benché "Mitra" sia un nome di
divinità molto antico, le notizie sui suoi culti sono scarse e
frammentarie. Quello ellenistico/romano non ha lasciato alcun testo e
sembra molto diverso dal Mitra dei Veda e dello zoroastrismo.
Anche l'Avesta, il testo fondamentale
della religione persiana, non è giunto fino a noi integralmente e le
parti sopravvissute sono costituite solo da inni, forse salvati
tramite la tradizione orale. La religione persiana è nota
principalmente tramite il Denkard, un compendio scritto solo nel IX
secolo. La difficoltà di utilizzare testi tardivi è ben illustrata
dal caso del principale testo escatologico persiano, lo Zand ī
Wahman yasn, spesso ma erroneamente chiamato Bahman yašt.
In questo testo Mitra conduce la battaglia finale contro i demoni.
Esso, inoltre, presenta somiglianze con il Libro di Daniele e con gli
Oracoli di Istaspe (un testo ellenistico del I secolo a.C.) e
perciò i suoi rapporti col mondo ebraico ed ellenistico sono oggetto
di accese discussioni. Oggi molti studiosi ritengono che il testo
persiano porti i segni di ripetute revisioni e aggiunte a un non ben
definito, e forse addirittura inesistente, "substrato avestano".
Il testo originale, se è mai esistito, sembra ridursi ai soli capp.
3–5, in cui la battaglia escatologica di Mitra non compare.
Mitra nel mondo indo-persiano
Il culto di Mitra nasce nel 1200 a.C. e
compare nei Veda come uno degli Aditya, una delle divinità solari e
dio dell'onestà, dell'amicizia e dei contratti. Nella civiltà
persiana, dove il suo nome veniva reso come Mithra, assunse
anche le caratteristiche marziali che i Veda assegnano a Indra e
acquistò col tempo sempre maggiore importanza fino a diventare una
delle maggiori divinità dello zoroastrismo.
In entrambe le culture, si distingue
per la sua stretta relazione con gli dei che regnano sugli Asura
(ahura in iranico) e proteggono l'ordine cosmico (Ṛta
per i Veda, asha in iranico): Varuna in India e Ahura Mazda in
Iran. Mitra/Mithra, quindi, dovrebbe essere una divinità
proto-indo-iranica il cui nome originario può essere ricostruito
come Mitra.
Etimologia e origini
La parola mitra può avere due significati:- amicizia
- patto, accordo, contratto, giuramento o trattato
Il più antico riferimento conosciuto
del nome Mitra si trova su un'iscrizione di un trattato
risalente approssimativamente al 1400 a.C., stipulato tra gli Ittiti
e il Regno hurrita di Mitanni nell'area sud-occidentale del lago di
Van. Il trattato è garantito da cinque dei indo-iranici: Indra,
Mitra, Varuna e i due cavalieri, gli Ashvin o Nasatya. Gli Hurriti
erano guidati da una casta aristocratica guerriera che adorava questi
dei.
Mitra nei Veda
Negli inni vedici, Mitra è sempre
invocato insieme con Varuna, tanto che le due divinità sono
combinate nel termine Mitravaruna.
Varuna è signore del ritmo cosmico delle sfere celesti, mentre Mitra genera la luce all'alba. Nel più tardo rituale vedico una vittima bianca viene prescritta per Mitra, una nera per Varuna.
Varuna è signore del ritmo cosmico delle sfere celesti, mentre Mitra genera la luce all'alba. Nel più tardo rituale vedico una vittima bianca viene prescritta per Mitra, una nera per Varuna.
Nel Shatapatha Brahmana l'Uno
appaiato è descritto come "il Consiglio ed il Potere":
Mitra rappresenta il sacerdozio, Varuna il potere regale.
Mitra nel mondo iranico
La riforma di Zarathustra mantenne
molte divinità del più antico pantheon indo-iranico, riducendole di
numero, in una complessa gerarchia, retta dagli Amesha Spenta. I
"Benefici Immortali" i quali erano sottoposti alla tutela
del supremo Ahura Mazda, il "Signore Saggio", come tutto il
cosmo era parte del Bene o del Male.
In tarde parti dell'Avesta, Mithra si
mette in luce tra gli esseri creati, guadagnandosi il titolo di
"Giudice delle Anime". Come protettore della verità e
nemico dell'errore, Mithra occupò una posizione intermedia nel
pantheon zoroastriano come il più grande degli yaza ta, gli
esseri creati da Ahura Mazda per aiutarlo nella distruzione del male
e l'amministrazione del mondo. Egli divenne il rappresentante divino
di Ahura-Mazda sulla terra ed era incaricato di proteggere i giusti
dalle forze demoniache di Angra Mainyu. Era quindi una divinità di
verità e legalità e, nel trasferimento al regno fisico, un dio
dell'aria e della luce. Come nemico degli spiriti del male e delle
tenebre, proteggeva le anime e, come psicopompo, le
accompagnava in paradiso (concetto ed anche parola di origine
persiana). Poiché la luce è accompagnata dal calore, era il dio
della vegetazione e della crescita: ricompensava il bene con la
prosperità e combatteva il male. Mitra era detto onnisciente,
infallibile, sempre attento e che mai riposa. La nascita di Mitra
veniva celebrata al solstizio d'inverno, chiamato in persiano Shab-e
Yalda, come si addice ad un dio della luce. In Mesopotamia Mitra era
facilmente identificato con Shamash, dio del sole e della giustizia.
Come dio che concede la vittoria, Mitra
era una divinità preminente nel culto ufficiale del primo Impero
persiano, dove erano a lui consacrati il settimo mese ed il
sedicesimo giorno degli altri mesi. Mitra il "Grande Re"
era particolarmente adatto come dio tutelare dei regnanti: nomi
regali che incorporano il nome del dio (es. "Mitridate")
compaiono nell'onomastica dei Parti e degli Armeni, nonché in
Anatolia, Ponto e Cappadocia. Il suo culto si estese prima con
l'impero dei Persiani in tutta l'Asia Minore, per poi propagarsi per
tutto l'impero di Alessandro Magno e dei suoi successori.
I principi parti dell'Armenia erano
sacerdoti ereditari di Mitra: molti templi furono eretti al dio in
Armenia, che rimase una delle ultime roccaforti del culto
zoroastriano di Mitra fino a quando divenne il primo regno
ufficialmente cristiano.
Sotto gli achemenidi, a partire dalle
iscrizioni di Artaserse II di Persia, la suprema terna divina Ahura
Mazda-Mitra-Apam Napat venne spesso sostituita dalla terna
Ahura-Mitra-Anahita grazie all'inserimento della divinità Anahita,
che nella Persia occidentale corrispondeva alla mesopotamica Ishtar,
il pianeta Venere. Talvolta Anahita sembra essere la consorte di
Mitra. Non risultano, invece, fonti per affermare che Anahita ne
fosse la madre, come afferma il noto polemista Acharya.
Mitra nel mondo greco-romano
Alla fine del XIX secolo il contenuto
della religione mitraica dell'età imperiale fu ricostruito da Franz
Cumont come una combinazione in culto sincretico del Mithra persiano
con altre divinità persiane e probabilmente anatoliche. Dopo il
congresso di Manchester del 1971, invece, gli studiosi si sono
orientati a sottolineare le differenze fra il nuovo culto e quello
indo-persiano.
Le origini del culto mitraico
nell'impero romano non sono del tutto chiare e sarebbero state
influenzate significativamente dalla scoperta della precessione degli
equinozi da parte di Ipparco di Nicea. Mitra, appunto, sarebbe la
potenza celeste capace di causare il fenomeno. Il culto si sviluppò
forse a Pergamo nel II secolo a.C.; Ulansey, invece, ne localizza
l'origine in Cilicia nei pressi di Tarso. Il dio entra nella storia
greco-romana con in testa il berretto frigio sotto la protezione dei
re del Ponto e dei Parti (molti dei quali ebbero il nome Mitridate =
dono di Mitra) e delle armi dei pirati della Cilicia collegati
a Mitridate VI del Ponto. Comunque questo nuovo culto non divenne mai
popolare nell'entroterra greco, mentre si diffuse a Roma all'incirca
nel I secolo a.C., si propagò attraverso tutto l'Impero romano e in
seguito fu accolto da alcuni imperatori come una religione ufficiale.
Nella cultura ellenistica Mitra era confuso con Apollo - Helios. Il
sacrificio caratteristico di questo nuovo culto, assente nel culto
indo-persiano, era la tauroctonia.
La tauroctonia
In ogni tempio romano dedicato a Mitra
il posto d'onore era dedicato alla rappresentazione di Mitra
nell'atto di sgozzare un toro sacro. Mitra è rappresentato come un
giovane energico, indossante un cappello frigio, una corta tunica che
s'allarga sull'orlo, brache e mantello che gli sventola alle spalle.
Mitra afferra il toro con forza, portandogli la testa all'indietro
mentre lo colpisce al collo con la sua corta spada. La raffigurazione
di Mitra è spesso mostrata in un angolo diagonale, col volto girato.
Un serpente ed un cane sembrano bere
dalla ferita del toro (dalla quale a volte sono rappresentate delle
gocce di sangue che stillano); uno scorpione, invece, cerca di ferire
i testicoli del toro. Questi animali sono proprio quelli che danno
nome alle costellazioni che si trovavano sull'equatore celeste, nei
pressi della costellazione del Toro, nel lontano passato ("era
del toro"), quando durante l'equinozio di primavera il sole era
nella costellazione del toro.
domenica 14 agosto 2016
Gunki monogatari
Gunki monogatari (軍記物語
lett. "Racconti di
guerra") è un genere letterario giapponese tipico dei
periodi Kamakura e Muromachi che si concentra sul racconto di guerre
e conflitti, specialmente guerre civili combattute tra il 1156 e il
1568. Tra le opere di questo genere rientrano lo Hōgen monogatari
e lo Heiji monogatari. Il più famoso gunki monogatari
è lo Heike monogatari.
Autori
Diversamente dalle opere di periodo
Heian come il Genji monogatari, l'autore di molti gunki
monogatari è ignoto, e generalmente si presume siano opera di
più autori diversi che avrebbero modificato e riscritto le storie
più volte nell'arco dei secoli.
Trasmissione
I gunki monogatari sono stati
trasmessi principalmente in due modi: come yomimono (testi
scritti) e attraverso la recitazione accompagnata dal suono del liuto
di preti ciechi conosciuti come biwa hōshi, che viaggiando in
diversi luoghi del Giappone ne avrebbero permesso la diffusione.
La loro longevità nella tradizione
orale ha portato allo sviluppo dell'errata concezione per cui i gunki
monogatari sarebbero stati originariamente scritti con l'unico
scopo di essere memorizzati e recitati, mentre in realtà essi
avevano anche la funzione di narrare pseudo-storicamente le battaglie
fra clan rivali. Comparazioni fra manoscritti originali accuratamente
conservati hanno rivelato infatti come lo Heike monogatari sia
stato originariamente redatto come cronaca degli scontri fra le
famiglie Taira e Minamoto, e durante la sua stesura l'autore avrebbe
attinto, oltre che a narrazioni orali, anche a diari e altre fonti
storiche. Dato che la versione originale fu scritta per essere letta,
non recitata, fu poi successivamente modificata per renderla adatta
alla recitazione, pertanto l'odierna versione ufficiale dello Heike
monogatari sarebbe il risultato di diverse trascrizioni di queste
recitazioni orali.
Stile e forma
Rispetto alle storie di guerra del
periodo Heian scritte in kanbun (prosa cinese), i gunki
monogatari sono scritti in un mix di giapponese e cinese.
Nonostante i testi siano principalmente in prosa, occasionalmente
includono anche poesie, solitamente waka.
La struttura generale dei gunki monogatari consiste
generalmente in tre parti, che descrivono rispettivamente le cause
della guerra, le singole battaglie e le conseguenze del conflitto.
Come risultato della trasmissione orale, i testi sono generalmente
episodici, spezzati in diverse piccole storie che spesso si
concentrano su singoli episodi o personaggi. I gunki monogatari
danno particolare importanza proprio alle esperienze individuali e ai
pensieri dei singoli guerrieri, spostando la prospettiva su coloro
che sono materialmente impegnati nel conflitto e spesso simpatizzando
o esprimendo un giudizio morale sulle loro azioni. Se esaminiamo ad
esempio le diverse versioni dello Heike monogatari, possiamo
infatti notare come quelle più antiche includano solo una
descrizione generale della battaglia, mentre altre successive
riportano anche le azioni individuali dei singoli personaggi.
Inoltre, le versioni più recenti trasformano i soldati da comuni
umani a figure idealizzate di eroi incarnanti l'etica guerriera.
Queste ultime aggiunte sono presumibilmente frutto della tendenza,
tipica della trasmissione orale, di integrare a persone ed eventi
reali temi prescritti, in modo da rendere la recitazione più
piacevole ed efficace. Per questi motivi i gunki monogatari
possono essere considerati un misto di fatti reali e finzione.Tematiche principali
Etica guerriera
I gunki monogatari danno grande
enfasi all'etica guerriera intrecciata al sistema di valori morali
tipici del codice samurai, che prescriveva prima di tutto la lealtà
verso il proprio superiore, l'importanza dell'onore personale e
l'invito ad affrontare la morte con coraggio. I soldati preferivano
morire ed essere in seguito elogiati piuttosto che continuare a
vivere con un nome macchiato dalla vergogna: un esempio di ciò è
rappresentato nell'Heike Monogatari da Sanemori, un guerriero
che, nonostante la sua età, continua a combattere il nemico per
proteggere la ritirata delle forze degli Heike. L'etica guerriera
prescriveva una linea di condotta ben precisa che i soldati dovevano
seguire a prescindere dai loro sentimenti o dalle loro inclinazioni
personali, ad esempio rifiutando la compassione quando questa è in
conflitto col dovere. Sempre citando un esempio presente nello Heike
monogatari, la prevalenza del dovere sulla compassione è
evidente nell'episodio in cui il giovane soldato Genji Yukishige si
ribella contro Takahashi Nagatsuna e lo uccide nonostante
quest'ultimo gli abbia risparmiato la vita poiché molto somigliante
al suo stesso figlio. Questa rigida aderenza al codice di lealtà
riappare anche nel famoso episodio di Astumori-Naozane, dove le
esortazioni etiche del soldato sono più importanti del rimorso e lo
obbligano ad uccidere.
Oltre a prescrivere il "giusto" codice morale da
perseguire, l'etica guerriera limitava le azioni dei soldati anche
livelli più superficiali: tagliare le mani dei nemici come trofei di
guerra ad esempio era considerato la norma sui campi di battaglia, ma
veniva al contrario condannato come un atto non onorevole se il
nemico si era già arreso.Buddhismo
L'altro fondamentale sistema di valori
che governa l'etica dei gunki monogatari è quello del
buddhismo, questo non necessariamente in opposizione all'etica
guerriera. Nonostante le loro intrinseche differenze infatti, nei
gunki monogatari queste due componenti sono combinate. Ciò è
possibile poiché la forma di buddhismo presente nei gunki
monogatari è quello di Amida, che insegna che tutti coloro che
si pentono dei loro peccati, e quindi anche i guerrieri che
commettono atti violenti, rivolgendosi a lui potranno rinascere nel
suo paradiso e raggiungere lì l'illuminazione. Inoltre, secondo
questa forma di buddhismo è possibile raggiungere l'illuminazione in
questa vita a causa della deteriorazione terrena della legge (mappō).
Concetti chiave del buddhismo nei gunki
monogatari comprendono il karma (l'idea per cui le circostanze
attuali sono punizioni o premi per le nostre azioni passate) e
l'impermanenza (l'idea per cui tutte le cose sulla terra non sono
eterne ma sono destinate ad avere una fine). Questi temi appaiono
apertamente in piccoli sermoni inseriti nei testi, in particolare lo
Heike monogatari stesso può essere visto come un lungo
sermone sul buddhismo.
sabato 13 agosto 2016
Sakamoto Ryōma
Sakamoto Ryōma (坂本
龍馬; Kōchi, 3 gennaio 1836 – Kyoto, 10 dicembre
1867) è stato un samurai giapponese, a capo del movimento volto a
rovesciare lo shogunato Tokugawa durante il periodo Bakumatsu in
Giappone.
Biografia
Primi anni
Sakamoto Ryōma nacque a Kōchi, nel
dominio Tosa, l'odierna prefettura di Kōchi sull'isola di Shikoku.
Secondo il calendario giapponese, è nato il 15º giorno dell'11º
mese, del sesto anno dell'era Tenpō. Le precedenti generazioni della
sua famiglia, commercianti di sake, erano diventati abbastanza ricchi
da guadagnarsi il rango di samurai mercanti, o goshi, che era
il più basso rango nella gerarchia sociale dei samurai. A differenza
di altri domini, a Tosa i samurai jōshi (di alto rango) e
kashi (di basso rango) erano trattati in modo molto differente
e vivevano in luoghi separati. Anche nella generazione di Ryōma, la
terza generazione della famiglia Sakamoto, il grado della sua
famiglia rimase kashi. All'età di dodici anni, Ryōma fu
iscritto in una scuola privata, ma questo rappresentò un episodio di
breve durata della sua vita, poiché non era molto incline allo
studio. Sua sorella maggiore lo iscrisse così ai corsi di scherma
quando aveva 14 anni, dopo essere stato vittima di bullismo a scuola.
Con il tempo raggiunse l'età adulta e divenne un maestro di spada.
Nel 1853, gli fu permesso di trasferirsi a Edo dove divenne discepolo
di Chiba Sadakichi, un maestro di spada. Quell'anno, il commodoro
Perry degli Stati Uniti arrivò con una flotta di navi verso il
Giappone, ponendo fine alla sua secolare politica isolazionista.
Implicazioni politiche
Terminati gli studi nel 1858, Sakamoto
tornò a Tosa. Nel 1862, il suo amico Takechi Hanpeita (o Takechi
Zuizan) creò un'organizzazione di matrice conservatrice all'interno
del dominio nota come "Kinnoto", il cui slogan politico era
"riverire l'Imperatore, espellere gli stranieri". Si
trattava di circa 200 samurai, per lo più di rango inferiore, che
premevano per una riforma del governo di Tosa. Dal momento che il
signore di Tosa aveva rifiutato di riconoscere l'organizzazione, essi
complottarono per assassinare Yoshida Tōyō, il quale venne ucciso
il 6 maggio di quell'anno, ma solo dopo che Sakamoto ebbe lasciato
Tosa. Ryōma infatti partecipò all'ideazione del piano, senza
tuttavia essere d'accordo con la sua attuazione, perché Takechi era
interessato a una rivoluzione del solo clan Tosa, mentre Ryōma era
dell'avviso che dovesse essere fatto qualcosa per tutto il Giappone.
Decise così di lasciare Tosa e separarsi da Takechi. In quel
periodo, a nessuno era permesso di lasciare il proprio clan senza
un'autorizzazione, pena la morte. Una delle sorelle di Ryōma si
suicidò per il disonore, mentre egli fece ricorso allo pseudonimo di
Saitani Umetarō (才谷
梅太郎).
Periodo Bakumatsu
Divenuto un rōnin, Sakamoto
decise di assassinare Katsu Kaishū, un alto funzionario dello
shogunato Tokugawa che fu sostenitore sia della modernizzazione sia
della occidentalizzazione del Giappone. Tuttavia, Katsu Kaishū
persuase Ryōma della necessità di un piano a lungo termine per
aumentare la forza militare del Giappone. Invece di uccidere Katsu,
Ryōma iniziò a lavorare come suo assistente e protetto. Nel 1864,
come lo shogunato Tokugawa iniziò a prendere una linea dura, Ryōma
fuggì a Kagoshima nel dominio di Satsuma, il quale stava divenendo
un centro importante per il movimento anti-Tokugawa. Ryōma negoziò
l'alleanza segreta tra il dominio di Chōshū e quello di Satsuma.
Satsuma e Chōshū storicamente erano stati nemici assoluti, e la
posizione di Ryōma in qualità di "estraneo neutrale" fu
fondamentale nel colmare le distanze tra le parti.
Sakamoto lavorò sotto la direzione di
Katsu Kaishū nella creazione di una forza navale moderna (con
l'aiuto delle potenze occidentali) per consentire a Satsuma e Chōshū
di resistere contro le forze navali dello shogunato Tokugawa. Ryōma
fondò la marina privata e la società di commercio Kameyama Shachū
(亀山社中)
nella città di Nagasaki con l'aiuto di Satsuma. Più tardi Kameyama
Shachū prese il nome di Kaientai.
La successiva vittoria di Chōshū
sull'esercito Tokugawa nel 1866 e il crollo imminente dello shogunato
Tokugawa permise a Ryōma di avvantaggiarsi nei confronti dei suoi ex
compagni di Tosa, e fu richiamato a Kōchi con tutti gli onori del
caso. Il dominio Tosa era ansioso di ottenere una soluzione negoziata
tra lo shōgun e l'Imperatore, che avrebbe impedito alla potente
Alleanza Satchō di rovesciare i Tokugawa con la forza e di emergere
quindi come una nuova forza dominante nel governo del Giappone. Ryōma
giocò un ruolo cruciale nelle successive trattative che portarono
alle dimissioni volontarie dello shōgun Tokugawa Yoshinobu nel 1867,
portando così alla restaurazione Meiji.
Ultimi anni e morte
Ryōma fu assassinato all'età di 31
anni (secondo il vecchio calendario lunare è nato il giorno 15 del
mese 11°, e ucciso il giorno del suo compleanno nel 1867) presso la
locanda Ōmiya (近江屋)
di Kyoto, non molto tempo prima che la restaurazione Meiji avesse
luogo.
venerdì 12 agosto 2016
Bhaga
Bhaga (भागा)
è un termine Sanscrito il cui significato è signore, padrone,
ma usato anche per indicare ricchezza o prosperità. La sua
origine è remota, e termini provenienti dalla medesima radice
indoeuropea si trovano in molte lingue di origine indoeuropea: in
greco Zeus bagaious, in avestico Bagha, in persiano
antico Baga, nell'Antico slavo ecclesiastico Bogu e Bogatu, in
lingua lituana Bogotas e Nabagas.
Significati
In Avestano il termine bagha ha un
significato incerto, ma viene usato per definire un "signore o
un padrone". Dall'aggettivo segue il sostantivo, e tale termine
potrebbe diventare l'epiteto del nome precedente, ad esempio Signor
X. In alternativa, potrebbe essere parte di un composto dvandvah,
cioè letto come "X e Baga", che implicherebbe Baga quale
figura specifica.
Nelle lingue slave il termine è
trasformato in bogu e in persiano bagha. Questa parola
bogu in slavo indica indistintamente le divinità, e un altro
termine, affine al Devitico daeva, è usato per indicare il
dio creatore, Rod, equivalente slavo di Brahma. La semantica è
simile a quella della parola "lord" lingua inglese,
(da hlaford ossia pane guardiano), con l'idea che tra
le funzioni di un capo o leader vi sia la distribuzione delle
ricchezze tra i suoi seguaci. Il nome della città Baghdad condivide
le sue origini con il persiano Medio Baga: baga-dati o dono
divino, in persiano moderno: Baghdad.
Tre le divinità vediche Bhaga è
uno degli Aditya, e rappresenta la divinità della ricchezza e del
matrimonio. Nel Rigveda Bhaga è il dio che sovrintende alla
distribuzione dei beni e al destino di ogni uomo in relazione al suo
merito. La parola sembra affine a Bhagavan e Bhagya,
termini usati in diverse lingue indiane per indicare, rispettivamente
Dio e destino.
giovedì 11 agosto 2016
Kyūjitai
Kyūjitai (旧字体),
letteralmente "forma antica dei caratteri", sono gli
antichi kanji tradizionali della lingua giapponese, oltre 45000,
derivati dagli ideogrammi cinesi. La relativa versione semplificata è
costituita dagli shinjitai, "forma nuova dei caratteri",
oggi comunemente utilizzati per scrivere in giapponese. I caratteri
semplificati comparvero già secoli fa e si diffusero nella lingua
scritta comune sia in Cina che in Giappone, anche se considerati poco
eleganti, finché dopo la seconda guerra mondiale vennero
ufficializzati in entrambi i paesi. In Giappone, fino
all'approvazione, il 16 novembre 1946, della lista dei 1850 tōyō
kanji semplificati per la stampa (poi sostituita dalla lista dei 1945
jōyō kanji nel 1981, ulteriormente modificata nel 2010), i kyūjitai
erano noti come seiji (正字,
"caratteri corretti") o seijitai (正字體).
Anche dopo l'abbandono ufficiale della forma tradizionale, i kyūjitai
furono ancora usati spesso nella stampa durante tutti gli anni
cinquanta a causa del ritardo nel rinnovamento dei set tipografici. I
kyūjitai vengono talvolta utilizzati ancora oggi da alcuni
autori, dal momento che il loro uso non è vietato, ma solo
deprecato. Ad esempio, i caratteri kyūjitai sono ancora
frequenti nei nomi propri di persona, ed integrano i 293 jinmeiyō
kanji, i caratteri comunemente usati per i nomi propri.
mercoledì 10 agosto 2016
Ashina Morishige
Ashina Morishige (蘆名 盛隆; 1575 – 8 novembre 1631) è stato un daimyō giapponese del periodo Sengoku, appartenente al clan Ashina.
Morishige era il secondo figlio di
Satake Yoshishige ed era conosciuto anche come 'Yoshihiro'.
Nel 1587 sposò la figlia di Ashina Moritaka. La sua successione come
daimyō degli Ashina dopo l'assassinio di Moritaka creò conflitti
all'interno del clan e una serie di servitori si avvicinò ai Date,
che si erano offerti per fornire un erede. Così gli Ashina e i
Satake si allearono contro il clan Date e si scontrarono contro
quest'ultimi nella battaglia di Hitadori nel 1585. Il fallimento di
quella campagna e problemi interni al clan consentirono a Date
Masamune di mettere fine agli Ashina. Date Masamune sconfisse
Morishige nella battaglia di Suriagehara e successivamente catturò
Kurokawa (1589). A Morishige fu permesso di andare in ritiro nella
provincia di Hitachi dal clan Satake.
martedì 9 agosto 2016
Naoe Kanetsugu
Naoe Kanetsugu (直江
兼続; 1559 – 23 gennaio 1620) è stato un samurai
giapponese vissuto dal periodo Sengoku a quello Edo. Figlio maggiore
di Higuchi Kanetoyo, Kanetsugu è noto per aver servito due
generazioni di daimyō Uesugi. È anche conosciuto con il suo titolo
di corte, Yamashiro no Kami (山城守)
o col suo nome di nascita, Higuchi Kanetsugu (樋口
兼続).
Kanetsugu servì prima Uesugi Kenshin
come koshō (小姓)
. Dopo la morte di Kenshin servì il suo figlio adottivo Kagekatsu.
Il fratello di Kanetsugu, Ōkuni Sanehiro, fu anch'egli un famoso
servitore Uesugi.
Biografia
Kanetsugu nacque come Yoroku (与六)
al castello di Sakato nella provincia di Echigo. Suo padre, Higuchi
Sōemon Kanetoyo era un vecchio servitore di Nagao Masakage, il
signore del castello di Sakato. Quando Yoroku raggiunse l'età adulta
sposò la prima cugina Osen da lato materno, la vedova del servitore
Uesugi Naoe Nobutsuna, e prese il nome della famiglia Naoe per
diventare il capo della famiglia poiché Osen non aveva avuto nessun
figlio dal precedente matrimonio e quindi non aveva nessun erede con
diritto di successione. Divenne consigliere Uesugi all'età di
ventidue anni, distinguendosi velocemente come un eccezionale
comandante, e fu coinvolto in molti scontri che ebbero luogo nella
costa del mar del Giappone con Sassa Narimasa e Maeda Toshiie.
Kanetsugu fu anche responsabile per le azioni del clan Uesugi contro
la coalizione Tokugawa durante le manovre che terminarono con la
battaglia di Sekigahara. Seguendo la resa del clan Uesugi ai Tokugawa
nel 1601, le loro proprietà furono trasferite sul più piccolo feudo
di Yonezawa, con entrate di 300.000 koku. A Kanetsugu fu garantito
uno stipendio prima del ritiro.
Dopo la morte
Dopo la sua morte, sua moglie Lady Osen
(お船),
come usanza di quel tempo, prese la tonsura, si tagliò i capelli e
divenne una monaca buddista. Il suo nome cambiò in Lady Teishin-ni
(貞心尼).
Teishin-ni aiutò comunque il giovane capo Uesugi, Uesugi Sadakatsu,
fino alla sua morte avvenuta nel 1637 ad 81 anni.
Personalità
Naoe Kanetsugu era rispettato per le
sue azioni. Ne "The Life of Toyotomi Hideyoshi" di Walter e
M.E. Dening si racconta di un aneddoto nel quale Hideyoshi, la cui
temporanea unificazione del Giappone aveva aperto la strada per lo
shogunato Tokugawa, decise di fare visita a Uesugi Kagekatsu, a quel
tempo signore di Kanetsugu, accompagnato da pochi servitori.
Quando ricevette la notizia, Kagekatsu
richiamò un consiglio per discutere su ciò che era meglio fare,
date le circostanze. La maggior parte dei consiglieri si schierò per
assassinare Hideyoshi, sostenendo che sarebbe stato di gran lunga il
modo più semplice di liberarsi di un pericoloso nemico. Ma Naoe
Kanetsugu condannò questo consiglio come indegno di un uomo che
teneva la posizione di Kagekatsu. «Hideyoshi viene tra noi senza
guardie» disse Kanetsugu, «è la prova del suo profondo rispetto
per il nostro signore. Con signori minori Hideyoshi non si esporrebbe
così tanto al pericolo. Sapendo che il nostro signore è un uomo di
nobile indole, si fida di noi. Se approfittiamo di questo e lo
uccidiamo, la storia della nostra viltà ed il tradimento sarebbe
tramandato ai posteri per la nostra vergogna eterna. No: lasciamo che
il nostro maestro incontri magnanimità con magnanimità; lasciamolo
avere udienza con Hideyoshi e vediamo se essi non riusciranno a
trovare a un accordo. Se non lo faranno, allora ci batteremo, ma non
prima Hideyoshi sia rispedito a casa».
lunedì 8 agosto 2016
Ōuchi Yoshitaka
Ōuchi Yoshitaka (大内
義隆; 18 dicembre 1507 – Nagato, 30 settembre 1551)
fu daimyō di Suo.
Biografia
Figlio di Ōuchi Yoshioki, nel 1522
partecipò con il padre alla guerra contro il clan Amago per il
controllo della provincia di Aki, succedette al padre (morto nel
1528) come capo del clan Ōuchi.
Negli anni '30 guidò un'azione
militare nel nord di Kyūshū e, sconfiggendo il clan Shoni, acquisì
il controllo dell'area. Nel 1540 riprese la lotta contro gli Amago
per il controllo della provincia di Aki.
L'invasione della provinicia di Izumo
si concluse disastrosamente con la morte del figlio adottivo di
Yoshitaka, Ōuchi Harumochi, e di molti dei soldati inviati contro
Amago Haruhisa. Dopo la sconfitta smise di coltivare l'ambizione di
espandere i suoi domini e si dedicò alle arti e alla cultura.
I suoi seguaci s divisero in due
fazione: una guidata da Sagara Taketo, che auspicava al mantenimento
della pace e al consolidamento del potere nelle terre conquistate, e
una che faceva capo a Sue Harukata, che propugnava la ripresa della
guerra di espansione: Ōuchi Yoshioki scelse come consiglieri i
primi, causando la ribellione di Sue Harukata che cercò di prendere
il controllo del clan.
Avendo il controllo delle truppe, Sue
ebbe facilmente la meglio su Yoshioki e lo costrinse a commettere
seppuku.
domenica 7 agosto 2016
Imagawa Yoshimoto
Imagawa Yoshimoto (今川
義元; 1519 – 12 giugno 1560) è stato un militare
giapponese. Appartenente al clan Imagawa e residente nella provincia
di Suruga, fu uno dei tre daimyō (signori feudali) che dominavano
sulla parte orientale del Giappone, e uno dei più importanti daimyō
della prima parte del periodo Sengoku.
Biografia
Quinto figlio di una famiglia numerosa
fu mandato ancora bambino in un tempio dove il suo nome venne
cambiato in Baigaku Shōhō, ma quando suo fratello maggiore
Ujiteru morì, forse avvelenato, i suoi diritti ereditari vennero
minacciati dal suo fratellastro Genkou Etan provocando così una
spaccatura all'interno della sua famiglia in due fazioni contrapposte
a sostegno dei due pretendenti. La fazione favorevole a Yoshimoto
sosteneva che poiché la madre di quest'ultimo era la legittima
consorte del capo clan, egli fosse il diretto erede; d'altro canto la
fazione a sostegno di Genkō Etan, sosteneva che essendo questi il
più anziano fosse il più appropriato a guidare la famiglia. Dopo
essere riuscito ad ottenere il controllo della sua famiglia,
Yoshimoto sposò la figlia di Takeda Nobutora alleandosi con la sua
famiglia e guadagnando così il controllo di una vasta area
comprendente le province di Suruga, Totomi e Mikawa.
In seguito strinse una triplice
alleanza con il clan Takeda, gli Hōjō e con Tokugawa Ieyasu, con il
quale mosse verso la capitale Kyōto. Tuttavia, nonostante fosse a
capo di un imponente esercito, venne arrestato lungo la marcia
dall'allora giovane ma astuto Oda Nobunaga che lo sconfisse ed uccise
nella battaglia di Okehazama. Tradito dallo stesso Togukawa, il clan
di quest'ultimo, i Matsudaira, si dichiararono indipendenti dal clan
di Imagawa alleandosi con Nobunaga e il clan Oda.
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