Se dovessi concentrare l’arte giapponese in un solo principio, sarebbe quello dell’opposizione a qualsiasi forma di simmetria. Nell’arte giapponese la mancanza di simmetria è una costante.
Questo principio può venire esteso all’irregolarità e all’incompletezza. Tutti e tre questi concetti, secondo i giapponesi, generano movimento ed instabilità, quindi sono gravidi di possibilità.
Se dovessi scegliere un secondo principio, sarebbe quello del minimalismo. Se in dubbio, non mettere, ma togli. Solo il minimalismo può permettere alle caratteristiche individuali degli oggetti di esprimersi. Vedi le pietre qui sopra.
Un terzo principio è il tempo. Il passare del tempo abbellisce e rende meno evidente la mano dell'essere umano. Vedi il muschio.
Un quarto principio è quello della naturalezza. Una naturalezza di solito del tutto artificiale. Nei giardini giapponesi l'artificiale sembra naturale e viceversa. MI ricordo una volta a Ninnaji, Kyoto, per un attimo mi domandai se una cicala morta in un giardino fosse stata messa di proposito nella posizione perfetta in cui si trovava. Mi resi subito conto che questo non era possibile, ma è significativo sia successo.
Un quinto principio è quello dello Yūgen, eleganza, che, forse appropriatamente, non ho mai capito. Si tratta comunque di un’eleganza che va intuita più che compresa.
Il bello deve provocare un distaccamento dal mondo.
il bello infine deve includere in sé il silenzio.
Notare come tutti e sette questi principi siano evidenti.
Questi sono i sette principi dell'estetica zen che, privati del loro sfondo religioso, sono ora divenuti l'ossatura dell'estetica giapponese.
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