Se parliamo di arti marziali tradizionali orientali, sappiamo che la stragrande maggioranza di esse nascono con intenti filosofici e salutisti. Dalla "forma" (kata) si estrapolano poi le tecniche di combattimento. Ovviamente nessuno dei movimenti era stato concepito con l'intento di ferire o annientare il nemico, semmai una volta adattati al combattimento (sportivo) può essere fatto uno studio su come quella specifica tecnica possa provocare più o meno danni. Bisogna anche specificare che esistono centinaia di arti marziali di questo tipo, il kung fu da solo possiede un'infinità di sotto varianti, e che per questo la conoscenza di noi occidentali è limitata soltanto alle più famose. Potrebbe assolutamente essere possibile che alcuni di questi stili vengano concepiti con intenti più bellicosi.
Prendiamo ad esempio la Lethwei (pugilato marziale birmano). È molto poco conosciuta nel mondo, eppure è un'arte marziale molto cruenta e poco comparabile con le altre. In origine non c'erano regole e la violenza era massima. Nel tempo si è adattata allo sport, pur rimanendo molto violenta. In questa disciplina gli arti e la testa vengono considerati vere e proprie armi. Una delle strategie tipiche della Lethwei è annientare le armi del nemico per renderlo inoffensivo. Ecco che molte delle tecniche (gomitate, pugni e ginocchiate su tutti) servono specificatamente per lesionare le armi avversarie, ovvero braccia (bicipiti, tricipiti, frattura dell'omero…), gambe (lesione al quadricipite, frattura tibia…) e anche la testa (con gomitate e testate).
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